Regolamento - 18/12/2008 - n. 4 art. 47 - Casi che non rientrano nell’articolo 46

Giuseppe Fiengo

Casi che non rientrano nell’articolo 46

1. Fuori dei casi previsti dall’articolo 46 e fatti salvi gli articoli 44 e 45, il patrocinio a spese dello Stato può essere concesso conformemente alla legislazione nazionale, in particolare per quanto riguarda le condizioni della valutazione delle risorse del ricorrente o della fondatezza della richiesta.

2. Nonostante il paragrafo 1, la parte che nello Stato membro d’origine ha usufruito in tutto o in parte del patrocinio a spese dello Stato o dell’esenzione dai costi e dalle spese beneficia, nel procedimento di riconoscimento, di esecutività o di esecuzione, del patrocinio più favorevole o dell’esenzione più ampia previsti dalla legge dello Stato membro dell’esecuzione.

3. Nonostante il paragrafo 1, la parte che nello Stato membro d’origine ha usufruito di un procedimento gratuito dinanzi ad un’autorità amministrativa figurante nell’allegato X beneficia, nel procedimento di riconoscimento, di esecutività o di esecuzione, del patrocinio in conformità del paragrafo 2. A tal fine, la parte presenta un documento stilato dall’autorità competente dello Stato membro d’origine attestante che essa soddisfa le condizioni economiche per poter beneficiare, in tutto o in parte, del patrocinio a spese dello Stato o di un’esenzione dai costi e dalle spese.

Le autorità competenti ai fini del presente paragrafo figurano nell’allegato XI. Tale allegato è stabilito e modificato secondo la procedura di gestione di cui all’articolo 73, paragrafo 2.

Inquadramento

Le norme comprese nel capo V del regolamento (CE) n. 4/2009 costituiscono, senza dubbio, una delle chiavi per la realizzazione effettiva degli obiettivi perseguiti dal legislatore europeo nell'ambito della cooperazione giudiziaria in materia di obbligazioni alimentari. Tali norme assumono un rilievo così importante nella prospettiva della piena ed efficace applicazione degli ulteriori capi del regolamento qui in esame, da essere state considerate quale una sorta di «presupposto di fatto» rispetto a quella tutela dei diritti del creditore di alimenti che le disposizioni in materia di giurisdizione, legge applicabile e circolazione delle decisioni tendono a realizzare (Pancaldi, 2010, 1371).

Non a caso si è da più parti osservato come l'entità delle spese da anticipare per la realizzazione (spesso coattiva) del credito alimentare è tale (specie ove si consideri anche la frequente situazione di difficoltà economica nella quale versa il creditore — o, nel caso di titolare del credito minorenne, la persona che, per conto del creditore, agisce in giudizio) da costituire un forte deterrente all'adozione di iniziative tese alla tutela del diritto agli alimenti (Pancaldi, 2010, 1372; Castellaneta — Leandro, 2009, 1106; Malatesta, 2009, 834).

La consapevolezza del particolare rilievo che, con riferimento alle obbligazioni alimentari, assume il diritto al patrocinio a spese dello Stato ha pertanto indotto il legislatore europeo, sulla scia, ancora una volta, delle soluzioni già elaborate in seno alla Conferenza dell'Aia (e, in particolare, per quanto qui interessa, della convenzione dell'Aia del 23 novembre 2007 sull'esazione internazionale di prestazioni alimentari nei confronti di figli e altri membri della famiglia), ad introdurre, con il regolamento (CE) n. 4/2009 un sistema di particolare favore nell'accesso al patrocinio a spese dello Stato in caso di controversie alimentari transfrontaliere; sistema esplicitamente (si veda il considerando 36 del regolamento) destinato ad integrare la disciplina posta dalla direttiva 2002/8/CE del Consiglio del 27 gennaio 2003 intesa a migliorare l'accesso alla giustizia nelle controversie transfrontaliere attraverso la definizione di norme minime comuni relative al patrocinio a spese dello Stato.

Fermi i limiti della presente trattazione, deve peraltro osservarsi come la rilevanza del patrocinio a spese dello Stato nella prospettiva del diritto effettivo all'accesso ad un processo equo sia un elemento acquisito ormai da tempo (anche) in sede europea.

Tanto è a dirsi, innanzi tutto, con riferimento al sistema della Convenzione europea dei diritti dell'uomo nell'ambito del quale il diritto al gratuito patrocinio è istituto funzionale alla realizzazione del principio di parità delle armi e di esercizio effettivo del diritto all'equo processo. La norma di riferimento è, in particolare, l'articolo 6.3 lettera c) di tale convenzione il quale, disciplinando tanto il processo civile quanto quello penale, fa espresso riferimento al patrocinio a spese dello Stato in relazione al solo processo penale. La Corte di Strasburgo ha, come a breve si dirà, tuttavia interpretato la disposizione da ultimo citata come relativa anche al processo civile; anche con riferimento a tale processo, pertanto, potrà invocarsi il patrocinio a spese dello Stato da parte di colui che non abbia i mezzi necessari per pagare un difensore e sempre che tale patrocinio risponda agli interessi della giustizia (rispondenza che, per la Corte, ricorre in caso di complessità — giuridica o fattuale — della controversia o di difficoltà, per la parte, nel rappresentare i propri interessi, secondo quanto accade ove l'ordinamento nazionale imponga la costituzione in giudizio con il ministero di un difensore).

Ancora più esplicita — con riferimento alla materia qui in esame — è la previsione contenuta nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea che, all'articolo 47, dopo aver riconosciuto a ciascun individuo la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare, al paragrafo 3, attribuisce a quanti non dispongono di mezzi sufficienti, il diritto di accedere al patrocinio a spese dello Stato ove lo stesso sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia.

In questa sede è possibile solo rilevare, a conferma di quanto sin qui osservato, come il dato sistematico confermi la portata che il patrocinio a spese dello Stato assume nel complessivo sistema della Carta. L'articolo 47 è infatti contenuto nel capo VI, dedicato alla giustizia; ne discende che la disciplina del gratuito patrocinio è strumentale alla effettività della tutela giurisdizionale prima ancora che alla tutela di istanze solidaristiche (secondo quanto accade, invece, in alcuni ordinamenti nazionali, come quello tedesco).

Con la sentenza 21 settembre 2004, Santambrogio c. Italia, ricorso n. 61945/00, la Corte EDU, consapevole della differente formulazione letterale dell'articolo 6.3 (applicabile al solo processo penale) e dell'articolo 6.1 (relativo a tutti i processi), ha ribadito il proprio orientamento secondo il quale il sistema convenzionale non obbliga gli Stati ad accordare il gratuito patrocinio per tutti i giudizi civili. Atteso tuttavia che la Convenzione mira a proteggere diritti non teorici o illusori, ma concreti ed effettivi e che tale finalità di protezione vale anche per il diritto di accesso ai tribunali e considerato altresì il rilievo eminente che il diritto ad un equo processo assume in una società democratica, la Corte di Strasburgo ha ritenuto che gli Stati contraenti devono determinare gli strumenti mediante i quali vanno adempiuti gli obblighi derivanti dalla Convenzione; strumenti tra i quali va annoverato un sistema di gratuito patrocinio il quale, peraltro, non può funzionare senza la previsione di meccanismi idonei a selezionare i casi suscettibili di beneficiarne. Fermo restando, prosegue la Corte, che un sistema che condiziona l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato alla situazione finanziaria del richiedente o alle chances di successo della procedura non è contrario alla Convenzione, deve tuttavia valutarsi in modo concreto la qualità del sistema di gratuito patrocinio in un determinato ordinamento e verificarsi se il metodo scelto, con riferimento allo specifico caso, dalle autorità nazionali sia conforme alla Convenzione (in concreto, con riferimento ad una richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato in relazione ad una domanda di divorzio, la Corte di Strasburgo ha ritenuto che non sia violato l'articolo 6 della CEDU da un ordinamento, quale quello italiano, che subordina l'ammissione al patrocinio a determinati requisiti patrimoniali — comprensivi anche del valore di beni immobili dei quali l'istante sia comproprietario — e nel quale il vaglio sulle domande di ammissione è attribuito a organi — commissioni per il gratuito patrocinio — con composizione tale da assicurarne l'imparzialità e che adottano decisioni suscettibili di impugnazione).

La riconducibilità del patrocinio a spese dello Stato per il processo civile all'equo processo quale contemplato all'articolo 6.1 della CEDU è stato successivamente ribadito, tra le altre, da Corte EDU,15 febbraio 2005, Steel e Morris c. Regno Unito; sentenza con la quale la Corte ha anche confermato come la questione della necessità della concessione del gratuito patrocinio perché il processo possa considerarsi equo deve essere risolta avendo riguardo alle peculiarità del caso concreto, valorizzando, in particolare, l'entità della posta in gioco per la parte richiedente il patrocinio a spese dello Stato, la complessità del diritto e della procedura applicabili e la capacità della parte di difendere in modo effettivo i propri diritti.

Con la sentenza 22 dicembre 2010, C-279/09, DEB Deutsche Energiehandels- und Beratungsgesellschaft mbH c. Bundesrepublik Deutschland, la Corte di giustizia ha affrontato la questione della possibilità di ammettere al patrocinio a spese dello Stato anche la persona giuridica (possibilità non esclusa in via di principio, ma da valutare — secondo la citata decisione — sulla base delle norme applicabili e della situazione della persona giuridica interessata). La decisione (significativa in quanto resa pur in assenza di puntuali previsioni normative di diritto dell'Unione ed in assenza di una soluzione univoca negli ordinamenti degli Stati membri) assume rilievo ai fini del regolamento qui in esame poiché la Corte di Lussemburgo, nel richiamare la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (in particolare, la sentenza del 9 ottobre 1979, Airey c. Irlanda), ha ribadito che il gratuito patrocinio deve essere accordato quando, in caso di mancata concessione, sarebbe vanificata la garanzia di un accesso effettivo alla giustizia. La collocazione dell'articolo 47 nel capo dedicato alla giustizia impone inoltre, secondo la Corte, che la valutazione in ordine alla necessità della concessione del patrocinio a spese dello Stato sia effettuata partendo dal diritto della persona le cui posizioni soggettive e libertà garantiti dall'Unione sono state violate e non dall'interesse generale della società (il quale ultimo può, in ogni caso, pure venire in rilievo ai fini della valutazione da compiere quanto alla concessione del gratuito patrocinio).

I presupposti per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato

Le norme del capo V del regolamento (CE) n. 4/2009 tendono a salvaguardare il diritto di accesso alla giustizia quale valore assoluto, secondo quanto è del resto naturale, considerato che, come detto, l'accesso alla giustizia è espressione della tutela dell'individuo nell'esercizio del diritto fondamentale ad un equo processo (Castellaneta — Leandro, 2009, 1107). Ne discende che, pur essendo, come visto, il regolamento in esame massimamente ispirato alla tutela del creditore, le disposizioni del capo V sono invocabili, indifferentemente, tanto da parte del creditore quanto da parte del debitore. Del resto, come si avrà modo di precisare, anche le norme del capo VII del regolamento (le quali, pure, partecipano di una funzione di assistenza — sia pure sotto il profilo non economico, ma lato sensu informativo) sono applicabili (a determinate condizioni) anche al debitore.

Come osservato in dottrina (Castellaneta — Leandro, 2009, 1107), la disciplina dell'accesso alla giustizia riguarda tutti i soggetti che abbiano residenza abituale nello Stato al quale è presentata la domanda di patrocinio. Avuto riguardo all'ampiezza dei procedimenti con riferimento ai quali può essere chiesto il patrocinio, deve quindi ritenersi che possano venire in considerazione lo Stato del giudice adito in sede di cognizione, quello nel cui territorio deve essere riconosciuta o eseguita una decisione resa all'estero e quelli ai quali appartengono le autorità centrali coinvolte nella cooperazione amministrativa disciplinata a partire dall'articolo 49 del regolamento (Castellaneta — Leandro, 2009, 1107).

Tanto premesso, deve rilevarsi come i presupposti per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato debbano, secondo la regola generale, essere individuati alla luce delle norme vigenti nei singoli ordinamenti nazionali in particolare per quanto concerne la valutazione delle condizioni economiche e delle risorse dell'istante o della fondatezza della richiesta (art. 47.1). Le norme nazionali costituiscono quindi, in base al principio di c.d. «equivalenza», il limite non superabile in peius (non è pertanto possibile subordinare l'ammissione al patrocinio alla ricorrenza di presupposti più rigorosi di quelli previsti dalla legge nazionale di volta in volta applicabile — art. 44.4), ferma invece la possibilità di assicurare l'accesso alla giustizia con riferimento alle controversie transfrontaliere in materia alimentare secondo condizioni più favorevoli di quelle previste dalla disciplina del singolo Stato membro.

Risulta inoltre impedita (art. 44.5) la possibilità di imporre la costituzione di cauzioni o depositi a garanzia del pagamento dei costi e delle spese dei procedimenti in materia di obbligazioni alimentari; l'imposizione di simili prestazioni sarebbe del resto difficilmente compatibile con i presupposti per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato e, ancor di più, con la particolare, segnalata debolezza che, nella massima parte dei casi, caratterizza la posizione del creditore alimentare.

Deve inoltre rilevarsi come, ai sensi dell'articolo 44.3, gli Stati membri non sono obbligati, per l'ipotesi di domanda di cooperazione tra autorità centrali, a concedere l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel caso (allo stato non verificabile in Italia) in cui le norme nazionali consentano alle parti di agire senza necessità di difesa tecnica e l'autorità centrale fornisca gratuitamente i servizi necessari.

La regola generale è suscettibile di talune deroghe.

Ai sensi dell'articolo 46, innanzi tutto, il gratuito patrocinio deve, in linea di massima, essere sempre concesso con riferimento alle domande promosse avvalendosi della cooperazione tra autorità centrali e relative ad un credito alimentare in favore di un figlio di età inferiore ai ventuno anni.

La disposizione è chiara espressione del favor nei confronti di un creditore di alimenti il quale, per ragioni anagrafiche, è considerato soggetto particolarmente debole; soggetto che, anche in considerazione del verosimile, mancato svolgimento di attività lavorativa, presenta normalmente maggiori difficoltà nell'accesso al sistema giudiziale.

La norma non precisa quale sia il regime di ammissione al patrocinio a spese dello Stato con riferimento a prestazioni spettanti ad un creditore che abbia già compiuto i ventuno anni, ma maturate in relazione a periodi nei quali ancora non era stato compiuto il ventunesimo anno d'età. La lettera della disposizione (che fa riferimento alle domande relative ad «obbligazioni alimentari derivanti» da un rapporto di filiazione «nei confronti di una persona di età inferiore a 21 anni») ed il generale favor creditoris che, come ripetutamente detto, caratterizza il regolamento (CE) n. 4/2009 dovrebbe indurre a ritenere preferibile la soluzione dell'obbligatoria concessione del gratuito patrocinio ove il creditore (pur di età ormai superiore ai ventuno anni) tenda a recuperare il credito con riferimento ad un periodo temporale nel quale ancora non era stata superata la soglia d'età contemplata dall'articolo 46 del regolamento. In altri termini, pare preferibile guardare all'età del richiedente nel momento in cui è maturato il credito e non all'età del creditore al momento della presentazione dell'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Più complessa è, invece, la questione relativa al regime di ammissione al patrocinio a spese dello Stato in favore di un creditore ultraventunenne il quale, con la medesima domanda, intenda far valere un credito relativo tanto a prestazioni dovute prima del compimento dei ventuno anni, quanto con riferimento a prestazioni maturate successivamente al compimento di tale età. In questo caso, come è evidente, ulteriore complicazione (rispetto al caso precedentemente esaminato) deriva dalla mancata possibilità di frazionamento del credito. Alla luce del segnalato favor creditoris (e della difficile scindibilità della pur unitaria attività difensiva) non può tuttavia escludersi che, anche in tale ipotesi, debba trovare applicazione la (più favorevole) disciplina contenuta all'articolo 46.1 del regolamento.

La norma da ultimo citata è, peraltro, destinata a non trovare applicazione (con la conseguente operatività della segnalata regola generale) nel caso in cui l'autorità centrale richiesta della cooperazione con riferimento ad una domanda diversa da quella di riconoscimento o di riconoscimento e dichiarazione di esecutività di una decisione (art. 56.1 lett. a) e da quella di esecuzione di una decisione emessa o riconosciuta nello Stato membro richiesto (art. 56.1, lett. b) ritenga la domanda o il ricorso manifestamente infondati. Come conferma il carattere «manifesto» della infondatezza, la disposizione ha natura eccezionale; essa, verosimilmente, è destinata a trovare applicazione nel caso in cui il preteso creditore intenda, mediante il sistema di cooperazione amministrativa disciplinato al capo VII del regolamento, conseguire un accertamento relativamente ad un credito ictu oculi non annoverabile nella nozione autonoma di credito alimentare. In dottrina (Pesce, 2013, 391) si è ritenuto che la manifesta infondatezza possa ricorrere anche nel caso in cui, in base alla lex causae, la domanda tesa a conseguire la condanna al pagamento di una prestazione alimentare debba ritenersi ab origine non suscettibile di accoglimento.

Ulteriore deroga alla regola generale è prevista all'articolo 47.2 il quale, limitatamente all'attività necessaria ai fini di un procedimento di riconoscimento, di dichiarazione di esecutività o di esecuzione promosso da un istante il quale abbia già beneficiato del patrocinio a spese dello Stato o dell'esenzione dai costi e dalle spese, prevede che l'istante beneficia del patrocinio più favorevole o dell'esenzione più ampiaprevisti dalla legge dello Stato membro dell'esecuzione. Disposizione analoga è, all'articolo 47.3, dettata con riferimento al caso di ammissione al gratuito patrocinio per una domanda di riconoscimento, di dichiarazione di esecutività o di esecuzione di una decisione emessa da un'autorità amministrativa figurante nell'allegato X all'esito di una procedura nella quale la parte ha beneficiato del patrocinio a spese dello Stato. Pur non essendovi un'espressa previsione in tal senso, in dottrina si ritiene che, alla luce dei paragrafi 2 e 3 dell'articolo 47, il beneficiario del patrocinio nello Stato d'origine può, per ciò solo, godere del patrocinio anche nello Stato richiesto pur se l'ordinamento di tale ultimo Stato non lo preveda (Villata, 2014, 121; Castellaneta — Leandro, 2009, 1108); una simile soluzione pare conforme a quel principio di continuità del patrocinio a spese dello Stato al quale fa riferimento anche il considerando 37 del regolamento.

Infine, proprio alla luce del considerando da ultimo citato, si è osservato come un soggetto possa beneficiare del patrocinio previsto dalla legge dello Stato di esecuzione anche nel caso in cui lo stesso non abbia titolo per ottenerlo alla luce della legge dello Stato d'origine (Castellaneta — Leandro, 2009, 1108).

Il contenuto del patrocinio a spese dello Stato

A differenza di quanto accade in relazione ai presupposti per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, la disciplina del contenuto del patrocinio non è resa mediante — almeno in via generale — rinvio alle norme nazionali di volta in volta applicabili. L'estensione di tale patrocinio viene, con riferimento alla materia delle controversie alimentari transfrontaliere, invece individuata in via autonoma ed uniforme dallo stesso regolamento (CE) n. 4/2009 (Villata, 2014, 122; Pesce, 2013, 392).

Una simile autonoma individuazione si giustifica alla luce dell'esigenza di assicurare un trattamento omogeneo delle parti indipendentemente dallo Stato membro al quale sia rivolta l'istanza di ammissione al patrocinio. Peraltro deve sin da ora segnalarsi come le norme in materia di accesso alla giustizia (analogamente a quanto, come si vedrà, accade con riferimento alla disciplina della cooperazione in sede amministrativa) sono di regola formulate in modo particolarmente ampio e si caratterizzano per la propria trasversalità rispetto alle previsioni di diritto processuale internazionale contenute nel regolamento (CE) n. 4/2009; esse, in altri termini, possono interessare tanto la fase del giudizio di cognizione, quanto la fase del riconoscimento, della dichiarazione di esecutività e, infine, dell'esecuzione della decisione adottata nello Stato membro d'orgine (Pesce, 2013, 389).

L'ampiezza della disciplina relativa al contenuto del patrocinio a spese dello Stato ben risulta dalla tecnica legislativa adoperata in sede di formulazione dell'articolo 45 del regolamento. A fronte di una disposizione di carattere generale (la prima parte del paragrafo 1 prevede infatti che il patrocinio sia relativo all'assistenza necessaria per consentire alle parti di conoscere e far valere i propri diritti e per garantire che le domande, anche ove presentate attraverso le autorità centrali, siano trattate in modo completo ed efficace) tesa ad individuare in modo generico il contenuto del patrocinio, lo stesso primo paragrafo dell'articolo 45 contiene poi un'elencazione di specifiche attività (strumentali al perseguimento delle finalità poco prima individuate in modo generico) i cui costi sono coperti dal patrocinio a spese dello Stato. Anche tale specifica elencazione, relativa ad attività per le quali il legislatore comunitario ha inteso escludere qualsiasi libero apprezzamento ad opera delle parti o — soprattutto — delle autorità statali (Castellaneta — Leandro, 2009, 1107), risulta peraltro particolarmente ampia e destinata a comprendere tanto attività stragiudiziali quanto (ed in prevalenza) attività giudiziali.

Nel primo senso il riferimento è alla lettera a) dell'articolo 45, la quale fa riferimento alla consulenza precontenziosa che sia tesa al conseguimento di una soluzione prima della proposizione di una domanda in giudizio. Avuto riguardo all'esplicita finalità di tale consulenza, in dottrina (Castellaneta — Leandro, 2009, 1107) si è escluso che l'articolo 45 faccia riferimento ad una consulenza finalizzata a valutare l'opportunità di un'azione legale.

Quanto alle attività giudiziali, il patrocinio a spese dello Stato è destinato a coprire le spese relative all'assistenza legale per adire un'autorità — anche giurisdizionale — e per la rappresentanza in giudizio (lettera b), all'esonero o all'assunzione a carico delle spese processuali ed agli onorari delle persone incaricate di compiere atti durante il procedimento (lettera c), alle spese di interpretazione (lettera e) e di traduzione dei documenti necessari per la definizione della controversia (lettera f), nonché (lettera g) alle spese di viaggio a carico del beneficiario del patrocinio quando la presenza fisica in aula dello stesso sia necessaria ex lege o richiesta dal giudice adito e questi non possa sentire tale persona in modo appropriato (essenzialmente per il tramite di mezzi di comunicazione a distanza, si pensi, ad esempio, ai sempre più frequenti collegamenti a mezzo skype e, in ogni caso, alle possibilità offerte dal regolamento CE n. 1206/2001 del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell'assunzione delle prove in materia civile o commerciale).

Con disposizione dalla formulazione alquanto farraginosa (Castellaneta — Leandro, 2009, 1107) l'articolo 45, alla lettera d), pone anche una previsione relativa al rimborso delle spese di soccombenza. La norma, in sostanza, indipendentemente dallo Stato in cui ha luogo il rimborso, prevede che debba tenersi conto di cosa sarebbe accaduto se il soccombente avesse avuto residenza abituale nello Stato del giudice adito (Castellaneta — Leandro, 2009, 1108, i quali proseguono osservando come, in sostanza, la norma ha riguardo al caso di soccombenza di una parte ammessa al patrocinio e non residente nello Stato del foro).

Ferma l'ampiezza dell'elencazione contenuta all'articolo 45, deve ritenersi che la stessa non abbia carattere esaustivo; conseguentemente potranno essere posti a carico dello Stato concedente il patrocinio anche costi e/o spese relativi ad attività non riconducibili a quelle specificamente elencate, purchè tali attività risultino strumentali alle finalità genericamente indicate nella prima parte del medesimo articolo 45.

Deve da ultimo effettuarsi un rilievo critico in relazione ad un fenomeno che, sovente, si manifesta nella prassi italiana. Non v'è dubbio che l'accesso effettivo alla giustizia da parte del creditore (più ancora che del debitore) di alimenti presupponga una forte sinergia tra autorità centrale (che, come si dirà in sede di esame delle norme del capo VII, ha un ruolo assai importante al fine della concreta realizzazione degli obiettivi perseguiti dal regolamento) ed ordini degli avvocati. Tale sinergia è tuttavia destinata ad essere incrinata nel caso in cui non vi sia piena corrispondenza tra le informazioni richieste e quelle effettivamente rese. Il riferimento è, in particolare, ai non infrequenti casi nei quali, nonostante la richiesta da parte dell'autorità centrale di avvocati con specifiche competenze in materia di esecuzione, gli ordini di volta in volta richiesti si limitano a trasmettere l'elenco degli iscritti i quali hanno manifestato la disponibilità ad assistere parti ammesse al patrocinio a spese dello Stato. Tale (mera) trasmissione, specie ove si considerino i possibili profili di complessità che possono riguardare le controversie alimentari transfrontaliere, presenta significativi profili di criticità anche alla luce della giurisprudenza di Strasburgo (sulla quale vedi subito infra) per la quale la qualità della difesa assicurata mediante il patrocinio a spese dello Stato è destinata ad incidere sullo stesso rispetto effettivo del diritto all'equo processo.

La Corte di Strasburgo ha, ripetutamente, affermato che la CEDU tutela diritti non teorici o illusori, ma concreti ed effettivi. Ne deriva che la mera nomina di un avvocato non è, di per sé, idonea ad assicurare l'effettività dell'assistenza che l'avvocato può fornire all'imputato (Corte EDU, 27 aprile 2007,Sannino c. Italia; Corte EDU, 24 novembre 1993, Imbrioscia c. Svizzera). Non è tuttavia possibile imputare allo Stato la responsabilità di tutte le lacune dell'avvocato nominato d'ufficio (o scelto dall'imputato), atteso che l'indipendenza del foro rispetto allo Stato impone di ritenere che il modo di concreto esercizio della difesa è essenzialmente di competenza della parte e del suo avvocato (sia questi nominato mediante le norme in materia di patrocinio a spese dello Stato o sia retribuito dall'assistito). L'articolo 6 della CEDU impone tuttavia allo Stato di intervenire solo se la lacuna dell'avvocato d'ufficio sia manifesta (Corte EDU, 27 aprile 2007, Sannino c. Italia). Il principio per il quale l'assegnazione di un avvocato deputato a rappresentare una parte in un procedimento non garantisce, di per sé, che l'assistenza sia effettiva è stato ribadito, con riferimento ad un procedimento civile (e, pertanto, alla luce dell'art. 6.1 CEDU) relativo ad un caso di sottrazione internazionale di minore anche da CorteEDU, 25 giugno 2013,Anghel c. Italia. La medesima decisione, premesso che lo Stato può esser chiamato a rispondere della violazione della convenzione non per qualunque negligenza dell'avvocato (venendo la stessa, di regola, in rilievo con riferimento al solo rapporto tra rappresentato e rappresentante), ha tuttavia precisato che la responsabilità dello Stato può ravvisarsi in circostanze particolari che devono essere apprezzate alla luce delle peculiarità del caso concreto. In particolare, la Corte di Strasburgo ha affermato di dover valutare se lo Stato abbia dato prova di diligenza nell'assicurare al ricorrente il pieno ed effettivo godimento, in sede civile, del diritto di proporre impugnazione ai sensi dell'articolo 6 e se gli errori, in conseguenza dei quali il ricorrente non ha svolto attività difensiva (nel caso concreto, non ha proposto ricorso per cassazione avverso la decisione del giudice di merito), siano manifesti ed imputabili agli avvocati del gratuito patrocinio ed, eventualmente, se siano stati il risultato di un sistema inadeguato. Premessa la preoccupazione per le comunicazioni lacunose e contraddittorie date dagli attori del sistema del gratuito patrocinio (Consiglio dell'ordine degli avvocati e Ministero di giustizia) in ordine ai mezzi di impugnazione della decisione ed ai tempi per la proposizione del gravame, la Corte europea ha, con riferimento al caso concreto, ritenuto che gli errori (nei quali erano incorsi entrambi gli avvocati nominati mediante il patrocinio a spese dello Stato) in ordine al termine per la proposizione dell'impugnazione ove, come nel caso concreto, determinanti nel negare l'accesso al giudice, possono dare luogo ad un'ipotesi di mancata rappresentanza effettiva e concreta; ipotesi che comporta responsabilità dello Stato per violazione della convenzione.

L'accesso alla giustizia nel regolamento (CE) n. 4/2009 ed in altri testi internazionali ed europei.

Il regolamento (CE) n. 4/2009 non è certo il primo testo normativo che si preoccupa di assicurare l'effettività delle proprie disposizioni mediante una puntuale disciplina delle modalità di accesso alla giustizia.

Tanto era già accaduto (solo per rimanere al precedente più vicino, tanto sotto il profilo temporale, quanto in relazione alla ratio sottesa a tali strumenti) con la convenzione dell'Aia del 23 novembre 2007 sull'esazione internazionale di prestazioni alimentari nei confronti di figli e altri membri della famiglia. Funzionale all'accesso alla giustizia con riferimento alle controversie transfrontaliere è inoltre la direttiva 2002/8/CE del Consiglio del 27 gennaio 2003 intesa, appunto, a migliorare l'accesso alla giustizia nelle controversie transfrontaliere attraverso la definizione di norme minime comuni relative al patrocinio a spese dello Stato..

La convenzione dell'Aia presenta, anche con riferimento all'accesso alla giustizia, una formulazione assai simile a quella del regolamento qui in esame; circostanza che si spiega, ancora una volta, con il già segnalato sostanziale parallelismo dei lavori svolti in sede di Conferenza dell'Aia e di elaborazione del regolamento (CE) n. 4/2009.

Sostanzialmente analoghe sono le previsioni dell'art. 14 della convenzione e dell'art. 44 del regolamento.

Anche la convenzione (art. 15) prevede l'obbligo di concessione del patrocinio a spese dello Stato in caso di obbligazioni alimentari derivanti da un rapporto di filiazione di una persona di età inferiore ai ventuno anni ed un caso di deroga (per l'ipotesi di manifesta infondatezza della domanda) analogo a quello disciplinato all'articolo 46.2 del regolamento. In dottrina si è peraltro rilevato criticamente che nessun riferimento è stato effettuato al fatto che, ai sensi dell'art. 2.2 della convenzione, gli Stati contraenti possono limitare l'ambito di applicazione della convenzione alle obbligazioni (per quanto concerne quelle fondate su un rapporto di filiazione) a favore di un minore di anni diciotto. Ebbene, nel caso in cui uno Stato si avvalga di una simile facoltà, si è affermato che risulta difficile comprendere come, trovandosi nella posizione di Stato richiesto, lo stesso possa assicurare assistenza gratuita, sulla base della convenzione, ad un soggetto al quale la stessa convenzione non è applicabile (Pesce, 2013, 400).

La previsione dell'art. 17, infine, risulta nella sostanza analoga a quella contenuta all'articolo 47 del regolamento.

Così individuati i significativi elementi in comune ai due testi normativi da ultimo citati, occorre tuttavia osservare come, quanto meno con riferimento a due profili, il regolamento (CE) n. 4/2009 risulti strumento più avanzato di tutela del creditore di alimenti anche per quanto riguarda il profilo dell'accesso alla giustizia.

In primis, deve rilevarsi che lo strumento elaborato in seno alla Conferenza dell'Aia non contiene alcuna disposizione relativa al contenuto del patrocinio a spese dello Stato. Tale circostanza comporta la possibile concretizzazione di quei rischi di non uniforme riconoscimento delle garanzie di accesso alla giustizia che, come detto, il legislatore europeo ha inteso scongiurare mediante l'elencazione non tassativa contenuta all'art. 45 del regolamento.

In secundis, la disciplina contenuta nella convenzione è destinata a trovare una meno frequente applicazione rispetto a quella regolamentare. In proposito deve infatti osservarsi come, in conseguenza della mancata previsione, da parte della convenzione del 2007, di titoli di giurisdizione, la disciplina del gratuito patrocinio dettata dallo strumento convenzionale può ritenersi operante con riferimento alle sole domande tese ad ottenere il riconoscimento o l'esecuzione di una decisione adottata in uno Stato contraente diverso da quello richiesto (Pesce, 2013, 401-402). Ancora, l'inserimento degli artt. 14 e ss. nel capo III della convenzione (intitolato alla presentazione delle domande tramite le autorità centrali) consente di ritenere applicabile la disciplina generale in materia di accesso alla giustizia dettata dalla convenzione del 2007 per le sole domande inoltrate attraverso le autorità centrali, non — anche — per quelle direttamente proposte dalla parte avanti alla competente autorità dello Stato straniero contraente. Con riferimento alle domande proposte direttamente l'art. 37 della convenzione prevede infatti l'applicabilità delle sole norme tese a precludere l'imposizione di cauzioni e depositi a garanzia del pagamento dei costi e delle spese del procedimento (art. 14.5 della convenzione) e di quella (art. 17, lett. b) tesa ad assicurare, in ogni caso, l'ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato per quella parte che abbia fruito di analogo beneficio nello Stato d'origine (Pesce, 2013, 402).

Infine, ulteriore elemento di favor creditoris, contenuto nel regolamento (CE) n. 4/2009 va ricercato nella mancata trasposizione nello strumento regolamentare della disposizione (contenuta all'art. 16 della convenzione) che consente di derogare alla pur generale previsione di ammissione al patrocinio a spese dello Stato per crediti alimentari spettanti a figli che non abbiano ancora compiuto i ventuno anni di età ove lo Stato richiesto intenda, in applicazione dell'art. 63, subordinare la concessione dell'assistenza legale gratuita alla valutazione delle risorse del figlio.

L'attenzione per il patrocinio a spese dello Stato è stata manifestata dal legislatore comunitario anche mediante l'emanazione, sulla base dell'art. 81.2, lettera e) del TFUE, della direttiva 2002/8/CE del Consiglio del 27 gennaio 2003 intesa a migliorare l'accesso alla giustizia nelle controversie transfrontaliere attraverso la definizione di norme minime comuni relative al patrocinio a spese dello Stato in tali controversie; direttiva recepita in Italia dal decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 116.

Si è detto che, secondo quanto risulta dal considerando 36 del regolamento qui in esame, le disposizioni di tale direttiva devono essere integrate dalle norme regolamentari in materia di controversie alimentari transfrontaliere. Peraltro si è condivisibilmente osservato che, a ben vedere, il regolamento (CE) n. 4/2009, lungi dal limitarsi ad integrare le previsioni della direttiva, crea un regime particolare in materia di accesso alla giustizia per le obbligazioni alimentari transfrontaliere tanto da porsi quale strumento normativo destinato, in virtù del principio di specialità, a sostituire la disciplina contenuta nella direttiva (Castellaneta — Leandro, 2009, 1107).

Proprio tale effetto sostitutivo riduce il rilievo che la direttiva assume ai fini del presente esame.

In questa sede è appena il caso di rilevare come la direttiva contenga, sotto molteplici profili, una disciplina simile a quella dettata dal regolamento in materia di obbligazioni alimentari. Tanto è a dirsi, ad esempio, con riferimento alla natura complessiva delle disposizioni della direttiva che non ostano all'applicazione, da parte degli Stati membri, di disposizioni più favorevoli per i richiedenti il patrocinio o ai beneficiari del medesimo patrocinio (così, il considerando 31).

Ancora, sussiste una sostanziale specularità tra i due strumenti normativi qui confrontati quanto al contenuto del patrocinio da considerare come «adeguato» (artt. 3 e 7), ferma restando la previsione, per gli Stati membri, dell'obbligo di fornire l'assistenza legale o la rappresentanza in giudizio nei procedimenti per i quali la parte può stare personalmente in giudizio ove l'autorità competente decida che tale assistenza legale e/o rappresentanza in giudizio sia comunque necessaria al fine di assicurare l'uguaglianza delle parti o in considerazione della complessità della controversia (art. 3.3 della direttiva) e della possibilità per gli Stati membri di chiedere ai beneficiari del patrocinio di corrispondere un contributo «ragionevole» a copertura delle spese processuali considerate le condizioni previste all'articolo 5 (art. 3.5).

Anche nel sistema della direttiva la determinazione delle condizioni economiche in presenza delle quali deve essere assicurato l'accesso al gratuito patrocinio è rimesso allo Stato membro del foro. La direttiva si preoccupa di specificare (art. 5.2) che tali condizioni devono essere fissate avendo riguardo ad elementi oggettivi quali — a titolo esemplificativo — il reddito, il patrimonio o la situazione familiare (da valutare anche alla luce delle risorse a disposizione delle persone a carico del richiedente). Ancora, la direttiva prevede che (art. 5.3) gli Stati membri possono individuare dei limiti di reddito al di sopra dei quali si presume (solo in via relativa) l'esistenza di condizioni economiche tali da non consentire l'accesso al patrocinio a spese dello Stato e che (art. 5.4), in ogni caso, simili eventuali limiti non precludono la possibilità, per il richiedente, di dimostrare la mancata disponibilità di risorse economiche tali da garantire un effettivo accesso alla giustizia «a causa della differenza del costo della vita tra lo Stato membro del domicilio o della dimora abituale e quello del foro».

Anche la direttiva prevede infine il principio di continuità del patrocinio a spese dello Stato (art. 9).

Così delineati i tratti salienti della disciplina dettata dalla direttiva, preme segnalare, innanzitutto, come tale strumento normativo connoti (rispetto al regolamento) in modo parzialmente differente sotto il profilo soggettivo il richiedente l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato. L'art. 2 della direttiva fa infatti riferimento alla parte che è domiciliata o dimora abitualmente in uno Stato membro diverso da quello del foro o in cui la sentenza deve essere eseguita, mentre, come si è detto, il regolamento (CE) n. 4/2009 fa riferimento alla residenza abituale. La distinzione (secondo quanto del resto già osservato con riferimento al titolo generale di giurisdizione contenuto nel regolamento CE n. 44/2001 e, prima ancora, nella convenzione di Bruxelles del 1968) si giustifica in considerazione del rilievo eminentemente economico delle controversie transfrontaliere cui ha riguardo la direttiva.

Ancora, la disciplina dettata dallo strumento normativo da ultimo citato risulta maggiormente analitica con riferimento alla regolamentazione della procedura (alla quale è dedicato un intero capitolo — il IV); tale circostanza si giustifica anche in considerazione del fatto che, con riferimento alle controversie rientranti nell'ambito di applicazione della direttiva non sussiste — di massima — quel regime di cooperazione tra autorità centrali che (come detto e come meglio si dirà a breve) costituisce strumento fondamentale di semplificazione (anche con riguardo alle modalità di accesso alla giustizia) delle attività destinate ad assicurare l'effettiva realizzazione del credito alimentare.

Da ultimo, deve osservarsi come la direttiva 2003/8/CE conviva con l'Accordo europeo del 27 gennaio 1977 sulla trasmissione delle domande di assistenza giudiziaria. Tale accordo, pure teso ad eliminare gli ostacoli economici che possono pregiudicare l'effettivo accesso alla giustizia, assume attualmente rilievo nello spazio giudiziario europeo poiché risulta applicabile anche nei confronti del Regno di Danimarca al quale non è invece applicabile la direttiva 2003/8/CE.

Bibliografia

Castellaneta - Leandro, Il regolamento CE n. 4/2009 relativo alle obbligazioni alimentari, in Nuove leggi civ. comm., 2009, 1051 ss.; Malatesta, La convenzione e il protocollo dell'Aia del 2007 in materia di alimenti, in Riv. dir. int. priv. e proc. 2009, 829 ss; Pancaldi, La disciplina processualcivilistica delle obbligazioni alimentari alla luce del nuovo regolamento Ce n. 4 del 2009, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2010, 1353 ss.; Pesce, Le obbligazioni alimentari tra diritto internazionale e diritto dell'Unione europea, Roma, 2013; Villata, Considerazioni in merito alla disciplina della cooperazione tra autorità centrali secondo il regolamento (CE) n. 4/2009, in Sangiovanni (a cura di), Obbligazioni alimentari nelle controversie familiari transfrontaliere, Roma, 2014.

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