Regolamento - 18/12/2008 - n. 4 art. 48 - Applicazione del presente regolamento alle transazioni giudiziarie e agli atti pubbliciApplicazione del presente regolamento alle transazioni giudiziarie e agli atti pubblici 1. Le transazioni giudiziarie e gli atti pubblici esecutivi nello Stato membro d’origine sono riconosciuti in un altro Stato membro e hanno la stessa esecutività delle decisioni ai sensi del capo IV. 2. Le disposizioni del presente regolamento sono applicabili, se del caso, alle transazioni giudiziarie e agli atti pubblici. 3. L’autorità competente dello Stato membro d’origine rilascia, su istanza di qualsiasi parte interessata, un estratto della transazione giudiziaria o dell’atto pubblico utilizzando, a seconda dei casi, il modulo di cui agli allegati I e II ovvero agli allegati III e IV. InquadramentoSecondo una scelta già compiuta dal legislatore comunitario con i regolamenti (CE) nn. 44/2001 e 2201/2003 e confermata dal regolamento (UE) n. 1215/2012, anche il regolamento (CE) n. 4/2009 equipara, con riferimento al regime del riconoscimento e dell'esecutività, le transazioni giudiziarie e gli atti pubblici esecutivi nello Stato membro alle decisioni emesse nel medesimo Stato membro. In questo senso depone il primo paragrafo dell'art. 48 il quale espressamente prevede l'applicabilità alle transazioni giudiziarie ed agli atti pubblici esecutivi formati nello Stato membro delle norme dettate, con riferimento alle sole decisioni, al capo IV. Ciò significa che anche con riferimento agli atti indicati all'art. 48 troverà applicazione l'esaminato, duplice regime di circolazione previsto per le decisioni. Ad un regime estremamente semplificato (che non richiede l'exequatur) operante per le transazioni concluse e gli atti pubblici formati negli stati vincolati dal protocollo del 2007 sulla legge applicabile si contrappone quindi un più rigido regime (che, come visto, sostanzialmente ricalca quello già posto dal regolamento CE n. 44/2001) operante per le transazioni concluse e gli atti pubblici formati negli Stati membri non vincolati dal protocollo. Peraltro, nonostante l'ampiezza del rinvio alle norme contenute nel capo IV, deve ritenersi che, con riferimento alle transazioni ed agli atti pubblici, non sia applicabile il rimedio previsto dall'articolo 19 (destinato, secondo quanto si evince dai presupposti normativamente posti per il riesame, ad operare esclusivamente a fronte di decisioni), ma, solo, quello disciplinato all'art. 21. La circolazione delle transazioni giudiziarie e degli atti pubblici avviene sulla base del mero rilascio, da parte dell'autorità competente dello Stato d'origine, di un estratto del titolo esecutivo conforme, a seconda dei casi, agli allegati indicati all'art. 48.3. Problematica appare, infine, la previsione dell'art. 48.2 ai sensi del quale le norme del regolamento sono applicabili, «se del caso», alle transazioni giudiziarie ed agli atti pubblici. La questione assume rilievo con particolare riferimento alla possibilità di richiedere provvedimenti cautelari sulla base di una transazione giudiziaria o di un atto pubblico esecutivo. Pur mancando precedenti giurisprudenziali sul punto, la soluzione affermativa potrebbe trovare fondamento alla luce del contenuto dell'allegato I il quale reca una piena equiparazione degli atti di cui all'art. 48 alle decisioni. La nozione di transazione giudiziaria e di atto pubblico nei regolamenti (CE) nn. 4/09, 2201/2003 e 44/2001Come osservato in dottrina (Silvestri, 2016, 1294), la disciplina comunitaria della circolazione dei provvedimenti incidenti sulla materia familiare lato sensu intesa è caratterizzata, tra l'altro, dal fatto che il legislatore europeo non considera tali provvedimenti unitariamente, ma per essi pone una regolamentazione differenziata a seconda del rapporto sul quale gli stessi incidono. Ne deriva che la complessiva disciplina dei rapporti pur relativi ad un medesimo nucleo familiare può risultare dalla combinazione di norme contenute in testi differenti e di atti (anche stragiudiziali) riconducibili a categorie non del tutto omogenee. Proprio la segnalata, non perfetta omogeneità degli atti stragiudiziali suscettibili di circolazione sulla base dei diversi regolamenti rende opportuno (specie alla luce di quanto si dirà nel prossimo paragrafo) esaminare assai brevemente le nozioni di transazione ed atto pubblico accolte dai diversi strumenti di cooperazione giudiziaria (con particolare riferimento a quelli destinati ad operare in materia familiare). Quanto al regolamento (CE) n. 4/2009 si è già segnalato, nel commentare l'art. 2, come la nozione di transazione sia ben più ristretta di quella generale accolta nell'ordinamento interno. In particolare, infatti, il legislatore comunitario, evocando la nozione già accolta all'art. 24 del regolamento (CE) n. 805/2004, fa riferimento ad una transazione che sia comunque sottoposta ad un vaglio giudiziale; vaglio che si giustifica alla luce della tradizionale indisponibilità che caratterizza il rapporto alimentare e che, tuttavia, pare sempre più in via di superamento sulla base della disciplina della c.d. negoziazione assistita. È bene precisare che il regolamento ha riguardo alla transazione giudiziaria sotto il solo profilo dell'efficacia transfrontaliera della stessa; tanto la disciplina idonea a determinarne la natura esecutiva, quanto, prima ancora, quella relativa ai poteri attribuiti al giudice con riferimento alla stessa dovranno invece essere individuati alla luce della lex fori (Castellaneta — Leandro, 2009, 1094). Alla nozione di atto pubblico rilevante ai fini del regolamento qui in esame sono invece, come detto, riconducibili due categorie di atti: il documento in materia di obbligazioni alimentari la cui autenticità (relativa tanto alla firma, quanto al contenuto dell'atto) sia attestata — secondo le regole dello Stato d'origine — da un'autorità pubblica o da altra autorità in tal senso autorizzata (art. 2.1 n. 3, lett. a) e la convenzione in materia di obbligazioni alimentari conclusa con le autorità amministrative dello Stato membro d'origine o da queste autenticata (art. 2.1 n. 3, lett. b). Ai fini della circolazione, peraltro, le transazioni giudiziarie e gli atti pubblici devono presentare il carattere dell'esecutività nello Stato membro d'origine. Le nozioni qui esaminate si pongono nel solco delle corrispondenti categorie già delineate dal regolamento (CE) n. 44/2001. Il regolamento (CE) n. 4/2009 contiene tuttavia talune precisazioni rispetto allo strumento di cooperazione giudiziaria che, come detto, ne costituisce il precedente storico. Ed infatti, quanto alla transazione, il regolamento in materia di obbligazioni alimentari non fa riferimento (a differenza dell'art. 58 del regolamento CE n. 44/2001) alla sola transazione conclusa davanti al giudice nel corso di un processo, ma, come visto, anche alla transazione già conclusa dalle parti e che sia stata solo «approvata» dall'autorità giurisisdizionale. Quanto invece all'atto pubblico, manca, nel regolamento del 2001 (il quale, tuttavia, all'art. 57.3, pure rinvia alla legge dello Stato d'origine per l'individuazione delle condizioni di autenticità dell'atto) una precisazione relativa ai profili di autenticità corrispondente a quella contenuta all'art. 2.1 n. 3) lettera d) del regolamento del 2009. Speculare rispetto alla nozione di atto pubblico delineata dal regolamento (CE) n. 4/2009 all'art. 2.1 n. 3) lettera b) è, invece, la nozione di atto pubblico già accolta, con specifico (ed esclusivo) riferimento alla materia alimentare, all'art. 57.2 del regolamento (CE) n. 44/2001. Le differenze maggiori emergono invece confrontando il regolamento del 2009 con il regolamento (CE) n. 2201/2003. Tale ultimo strumento di cooperazione giudiziaria, infatti, pone, all'art. 46, una definizione assai meno dettagliata (e, quindi, più ampia) di atti (diversi dalle decisioni) suscettibili di circolazione nello spazio giudiziario europeo. La norma da ultimo citata, infatti, si limita, quanto agli atti pubblici, a far riferimento agli atti pubblici «formati e aventi efficacia esecutiva in uno Stato membro» e, quanto agli «accordi» (che, quindi, non sono definiti quali transazioni giudiziarie), a far riferimento agli accordi tra le parti (non è quindi previsto — almeno secondo la normativa europea — il necessario intervento del giudice) aventi efficacia esecutiva nello Stato membro d'origine. Negoziazione assistita e separazione e divorzio in sede amministrativa.Il legislatore italiano, sulla scia delle esperienze di altri Stati (si pensi, in particolare, alla procédure participative francese), ha di recente introdotto, anche in materia di famiglia, istituti riconducibili all'ampia categoria dei sistemi alternativi di risoluzione delle controversie; istituti che, nella prospettiva di un alleggerimento dei carichi di lavoro dei tribunali, minano la tradizionale considerazione della materia familiare quale materia sottratta alla libera disponibilità delle parti e che suscitano talune perplessità avuto riguardo alla possibile (per la verità, non infrequente) ricorrenza di casi in cui il mutuo consenso dei coniugi celi un vero e proprio conflitto in ordine ai diritti, patrimoniali e non, dei figli (Poliseno, 2015, 34-35). Il riferimento è, in particolare, alla convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento di matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio disciplinata all'art. 6 del d. l.12 settembre 2014, n. 132 convertito nella l. 10 novembre 2014, n. 162 (alla quale, di seguito, si farà riferimento come negoziazione assistita forense), ed all'accordo di separazione consensuale ed alla richiesta congiunta di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio innanzi all'ufficiale dello stato civile disciplinato all'art. 12 del medesimo d. l. n. 12 settembre 2014, n. 132 (di seguito, negoziazione assistita amministrativa). Lungi dall'esaminare in modo approfondito tali norme (rinviandosi, a tale scopo, alla parte dell'opera che ha ad oggetto gli istituti di recente introduzione), in questa sede è necessario verificare se gli atti conclusivi dei procedimenti deformalizzati (Danovi, 2014, 951) introdotti dal legislatore del 2014 siano suscettibili di circolazione secondo le modalità previste all'art. 48 del regolamento (CE) n. 4/2009. A tale scopo è tuttavia indispensabile delineare, sia pure in modo estremamente sommario, i caratteri dei due istituti. Ebbene, con riferimento alla negoziazione assistita forense, l'art. 6 della l. 10 novembre 2014, n. 162 prevede la possibilità per i coniugi, assistiti da almeno un avvocato per parte, di raggiungere una soluzione consensuale in ordine alla separazione personale, alla cessazione degli effetti civili del matrimonio ed allo scioglimento del matrimonio (nei soli casi previsti all'art. 3, comma 1, n. 2, lettera b, l. 1 dicembre 1970, n. 898), nonché in relazione alla modifica delle condizioni di separazione e divorzio. L'accordo (che deve rispettare le prescrizioni contenute all'art. 5 della citata l. 10 novembre 2014, n. 162 e che, stante la mancata riproduzione del divieto posto all'art. 12, co. 3, della legge 10 novembre 2014, n. 162, può contenere anche patti di trasferimento patrimoniale) è oggetto di una differente disciplina procedimentale a seconda che vi siano o meno figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ai sensi dell'art. 3, comma 3, l. 5 febbraio 1992, n. 104 o economicamente non autosufficienti. In caso di assenza di tali soggetti (evidentemente ritenuti particolarmente deboli, tanto da giustificare un più intenso controllo da parte della competente procura della repubblica), l'accordo concluso dai coniugi è trasmesso al procuratore della repubblica presso il tribunale competente il quale, ove non ravvisi irregolarità, rilascia il nullaosta per gli adempimenti previsti all'art. 6, comma 3. Ove vi siano i soggetti indicati all'art. 6, comma 2, l'accordo — se ritenuto rispondente all'interesse dei figli — sarà oggetto di autorizzazione da parte della procura della repubblica. Nel caso in cui, invece, ne rilevi la mancata conformità all'interesse dei figli, il procuratore della repubblica trasmetterà, entro cinque giorni, l'accordo al presidente del tribunale il quale, entro i successivi trenta giorni, fisserà la comparizione delle parti. È bene anticipare già in questa sede come, secondo i primi commenti, lungi dallo svolgere la funzione tradizionalmente assegnatagli ai sensi dell'art. 70, n. 2 c.p.c. nelle cause di separazione e divorzio, il pubblico ministero è chiamato, ove i coniugi intendano avvalersi della negoziazione assistita forense, a svolgere una funzione di vero e proprio controllo sulla congruità delle condizioni pattuite, analogamente a quanto sino al 2014 fatto esclusivamente dal giudice; funzione che presuppone un'attività cognitiva complessa per la quale l'ufficio della procura rischia peraltro di non essere adeguatamente attrezzato (Poliseno, 2015, 37). Da ultimo, ai sensi del comma 3 dell'art. 6, l'accordo raggiunto a seguito della convenzione produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che, nei casi di cui al comma 1, definiscono i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione e divorzio. Ciò significa, con particolare riguardo a quanto qui interessa, che tali accordi (ove muniti del nulla osta o, a seconda dei casi, dell'autorizzazione da parte della procura della repubblica) saranno titolo esecutivo. Titolo esecutivo assimilabile a quelli stragiudiziali, atteso che l'art. 5, comma 2-bis della l. 10 novembre 2014 n. 162 ne richiede la trascrizione nel precetto ai sensi dell'art. 480, comma 2, c.p.c. (Silvestri, 2016, 1291). Con riferimento alla negoziazione assistita amministrativa, l'art. 12l.10 novembre 2014, n. 162 prevede (per il solo caso in cui non vi siano figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ai sensi dell'art. 3, comma 3, l. 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero economicamente non autosufficienti) che i coniugi possono — con l'assistenza facoltativa di un avvocato — concludere, avanti al sindaco quale ufficiale dello stato civile, un accordo di separazione personale ovvero, nei casi di cui all'art. 3, co. 1, n. 2), lettera b) della legge 1 dicembre 1970, n. 898, di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, nonché di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. L'atto contenente l'accordo è compilato e sottoscritto immediatamente dopo il ricevimento delle dichiarazioni dei coniugi relative alla volontà di separarsi o di far cessare gli effetti civili del matrimonio o di ottenerne lo scioglimento secondo le modalità concordate o alla volontà di modificare le condizioni di separazione o di divorzio. Tale atto tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono, nei casi di cui al comma 1, i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. L'art. 12 della l. 10 novembre 2014, n. 162 (a differenza dell'art. 6) dispone che l'accordo non può contenere patti di trasferimento patrimoniale. La formulazione letterale della norma potrebbe indurre a ritenere che l'accordo non possa avere ad oggetto (neppure) pattuizioni relative all'assegno di mantenimento per il coniuge o all'assegno di divorzio (assegni che, come detto, rientrano nella nozione di obbligazione alimentare accolta dal regolamento CE n. 4/2009). Una simile soluzione è stata — in un primo momento — accolta anche dalla circolare del Ministero dell'interno del 28 novembre 2014, n. 19 (si vedano, in particolare, le formule 121-ter e 121-quater di tale circolare). Pare tuttavia preferibile, al fine di evitare il sostanziale fallimento dell'istituto (che sarebbe altrimenti destinato ad operare limitatamente agli accordi aventi ad oggetto il solo status), ritenere che l'accordo cui ha riguardo l'art. 12 possa avere ad oggetto anche pattuizioni relative alle prestazioni alimentari (nel senso accolto dal regolamento qui in esame). In tal senso, del resto, milita anche il riferimento dell'art. 12 alle modifiche delle condizioni di separazione e divorzio (in termini, Casaburi, 2015, 48); riferimento che non può non esser inteso se non come avente riguardo alle statuizioni economiche adottate, appunto, in sede di separazione e divorzio. È quindi preferibile ritenere che il divieto posto all'art. 12, co. 3 sia relativo ai soli trasferimenti patrimoniali non aventi natura alimentare (nel senso del regolamento CE n. 4/2009). Del resto, prendendo espressamente le distanze dalla posizione assunta con la circolare 28 novembre 2014, n. 19, lo stesso Ministero dell'interno, con la successiva circolare 24 aprile 2015, n. 6, ha previsto la possibilità che l'accordo raggiunto in sede di negoziazione conclusa ai sensi dell'art. 12 contempli l'obbligo di pagamento di una somma a titolo di assegno periodico tanto in caso di separazione, quanto in caso di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio. Risulta invece esclusa, alla luce della circolare da ultimo citata, la possibilità di concludere un accordo avente ad oggetto la corresponsione di un assegno una tantum atteso che lo stesso integrerebbe — si legge nella circolare — un'attribuzione patrimoniale (mobiliare o immobiliare) vietata dall'art. 12, l. 10 novembre 2014, n. 162. La circolazione nello spazio giudiziario europeo degli accordi di negoziazione assistita in materia alimentareIndividuati in modo estremamente sommario i caratteri della negoziazione assistita forense e di quella amministrativa, occorre verificare se ed in quale misura gli atti disciplinati agli articoli 6 e 12 della l. 10 novembre 2014, n. 162 possano (ove l'obbligazione alimentare abbia natura transnazionale) circolare secondo le modalità previste dal regolamento (CE) n. 4/2009. È in altri termini necessario verificare se tali atti siano riconducibili alle nozioni di transazione giudiziaria e (soprattutto) di atto pubblico cui ha riguardo l'art. 48 del regolamento in esame. In proposito deve anticiparsi come la soluzione preferibile pare essere differente a seconda che si abbia riguardo all'istituto disciplinato all'art. 6 o a quello regolato all'art. 12. Tale ultima norma presenta, in verità, minori problemi con riferimento al profilo qui analizzato, attesa la pacifica qualificabilità del sindaco quale ufficiale dello stato civile e, pertanto, la riconducibilità della negoziazione conclusa ai sensi dell'art. 12 all'atto pubblico. Del resto, come si è visto, l'art. 2.3, lett. a), ii) del regolamento attribuisce la qualità di atto pubblico al documento (avente ad oggetto obbligazioni alimentari) che sia stato, nel paese d'origine, redatto o registrato come atto pubblico e la cui autenticità risulti attestata da un'autorità pubblica. Dubbi sono stati invece manifestati in dottrina (Silvestri, 2016, 1292) quanto alla riconducibilità della negoziazione assistita forense alla nozione di atto pubblico accolta dal regolamento. Fermo restando che la categoria dell'atto pubblico (delineata in ragione delle attribuzioni di colui che forma l'atto) è in costante evoluzione tanto per effetto di interventi del legislatore, quanto per effetto di precisazioni della giurisprudenza (specie penale), pare in realtà arduo attribuire agli avvocati che assistono le parti la qualità di pubblico ufficiale. È indubbio che, in taluni casi, una simile qualità è effettivamente attribuita all'avvocato (basti pensare, ad esempio, a quanto disposto dall'art. 6, l. 21 gennaio 1994, n. 53); si tratta tuttavia di ipotesi nelle quali la qualità di pubblico ufficiale è espressamente attribuita. Nulla è invece in proposito previsto dalla l. 10 novembre 2014, n. 162. A dire il vero, anzi, si è osservato che un'indicazione contraria alla qualificabilità quale pubblico ufficiale dell'avvocato che svolga la propria attività in sede di negoziazione forense si ricava dall'art. 5, co. 3 della stessa legge 10 novembre 2014, n. 162. Tale norma, infatti, precisa che, nel caso in cui le parti concludano un contratto o compiano un atto per il quale è prevista la trascrizione, la trascrizione medesima potrà essere eseguita solo successivamente all'autenticazione della sottoscrizione del processo verbale da parte di un pubblico ufficiale a ciò autorizzato (Silvestri, 2016, 1293). Neppure, si è sostenuto, l'intervento (è, ai fini che qui interessano, indifferente che lo stesso si concretizzi in un mero nulla osta o in una vera e propria autorizzazione) della procura può consentire di qualificare la negoziazione assistita quale atto autenticato dall'autorità amministrativa (Silvestri, 2016, 1303). Basti in proposito osservare, infatti, come — tra l'altro — la procura sia chiamata a valutare un accordo che si è perfezionato (e, quindi, è già stato sottoscritto) ben prima del deposito presso i propri uffici. La mancata riconducibilità della negoziazione assistita forense all'atto pubblico quale contemplato dal regolamento (CE) n. 4/2009 rischia peraltro di creare una situazione per certi versi paradossale ove si considerino tanto uno dei principali obiettivi di tale regolamento (che, come più volte detto, va individuato nella semplificazione ed accelerazione delle modalità di attuazione coattiva del credito alimentare), quanto la frammentazione (alla quale poc'anzi si è fatto riferimento) che il legislatore europeo prospetta con riferimento al regime dei provvedimenti in materia familiare in funzione del rapporto sul quale i medesimi incidono. Ed infatti, la segnalata, più ampia nozione di atto pubblico accolta, all'art. 46, dal regolamento (CE) n. 2201/2003, consente senza problemi di annoverare la negoziazione assistita forense tra gli atti pubblici (in particolare, tale negoziazione è riconducibile agli «accordi tra le parti aventi efficacia esecutiva nello Stato membro d'origine» — così il citato art. 46). Ciò significa che lo stesso accordo potrà liberamente circolare nello spazio giudiziario europeo nella parte in cui abbia ad oggetto materie disciplinate dal regolamento (CE) n. 2201/2003, ma altrettanto non potrà fare nella parte in cui abbia ad oggetto obbligazioni alimentari. Tanto — ed il paradosso risulta sotto questo profilo accentuato — nonostante l'assai frequente connessione esistente tra le materie oggetto dei regolamenti (CE) nn. 2201/2003 e 4/2009 (in termini, Silvestri, 2016, 1297 ss.). D'altronde non pare agevole superare la segnalata impasse qualificando l'esito della negoziazione assistita forense quale transazione giudiziaria e, in particolare, stando alla nozione accoltane all'art. 2.1 n. 2), quale transazione in materia di obbligazione alimentare «approvata dall'autorità giurisdizionale». Anche ove si aderisca alla posizione dottrinaria (Poliseno, 2015, 37) secondo la quale, nella materia qui esaminata, la procura svolgerebbe un'attività analoga a quella tradizionalmente riservata al giudice nei procedimenti di separazione e divorzio, perplessità sussisterebbero, quanto meno, con riferimento al profilo (rispetto al quale nulla è previsto dagli artt. 6 e 12 della l. 10 novembre 2014, n. 162) dell'impugnabilità dell'atto conclusivo del procedimento disciplinato all'art. 6; impugnabilità che, secondo quanto si desume dall'art. 2.2, i) del regolamento (pur specificamente dettato con riferimento alle autorità amministrative considerate — ai fini del regolamento qui in esame — alla stregua di autorità giurisdizionale) vale ad integrare un requisito imprescindibile perché possa rinvenirsi, appunto, un'autorità giurisdizionale ai fini del regolamento (CE) n. 4/2009. Ove si ritenga che l'accordo concluso in sede di negoziazione assistita forense avente ad oggetto obbligazioni alimentari transfrontaliere non sia annoverabile tra gli atti suscettibili di circolazione secondo le modalità del regolamento qui in esame, occorre verificare se il medesimo accordo possa circolare sulla base di ulteriori strumenti di cooperazione giudiziaria. In dottrina (Silvestri, 2016, 1303 ss.) si è esclusa l'applicabilità del regolamento (CE) n. 805/2004, atteso che lo stesso considera come non contestato il credito (tra l'altro) ove il debitore l'abbia espressamente riconosciuto (pur sempre) in un atto pubblico (art. 3, n. 1, lett. d); atto pubblico che, ancora una volta, non sarebbe rinvenibile nel caso qui in esame. L'accordo, piuttosto, potrebbe essere alla base di un ricorso proposto ai sensi del regolamento (CE) n. 1896/2006 il quale, tra l'altro (secondo quanto risulta dal punto 3 del modulo d'ingiunzione), fa riferimento al «domicilio del creditore di alimenti». BibliografiaCasaburi, Separazione e divorzio innanzi al sindaco: ricadute sostanziali e processuali, in Foro it. 2015, V, 44 ss.; Dalfino, La procedura di negoziazione assistita da uno o più avvocati, tra collaborative law e procédure partecipative, in Foro it. 2015, V, 28 ss.; Danovi, Il d. l. n. 132/2014: le novità in tema di separazione e divorzio, in Fam. e dir. 2014, 949 ss.; Poliseno, La convenzione di negoziazione assistita per le soluzioni consensuali di separazione e divorzio, in Foro it. 2015, V, 34 ss.; Silvestri, La circolazione nello spazio giudiziario europeo degli accordi di negoziazione assistita in materia di separazione dei coniugi e cessazione degli effetti civili del matrimonio, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2016, 4, 1287 ss.; Trisorio Liuzzi, La procedura di negoziazione assistita da uno o più avvocati, in Foro it. 2015, V, 22 ss. |