Codice Civile art. 178 - Beni destinati all'esercizio di impresa (1).

Gustavo Danise
aggiornato da Francesco Bartolini

Beni destinati all'esercizio di impresa (1).

[I]. I beni destinati all'esercizio dell'impresa di uno dei coniugi costituita dopo il matrimonio e gli incrementi dell'impresa costituita anche precedentemente si considerano oggetto della comunione solo se sussistono al momento dello scioglimento di questa [177 b e c].

(1) Articolo così sostituito dall'art. 57 l. 19 maggio 1975, n. 151. L'art. 55 della stessa legge, ha modificato l'intitolazione di questa Sezione e soppresso la suddivisione in paragrafi.

Inquadramento

L'art. 178 costituisce l'ultima ipotesi da analizzare di comunione de residuo. Infatti, i beni ed incrementi dell'impresa di cui è titolare esclusivo un coniuge ricadono in comunione legale solo se sussistono al momento della scioglimento della stessa. Tale fattispecie si distingue, pertanto, da quelle descritte nell'art. 177 comma 1 lett. d) e comma 2 c.c. riguardanti i casi in cui l'azienda è gestita da entrambi i coniugi. La ratio dell'art. 178 è la medesima dell'art. 177 lett. b) e c) e consiste nel contemperamento tra la tutela dell'attività imprenditoriale del singolo coniuge con le esigenze solidaristiche proprie della famiglia. Va sottolineatal'originalità dell'istituto della comunione de residuo, che si forma su alcuni beni nel momento in cui si scioglie la comunione legale tra i coniugi. Quindi, l'istituto rappresenta una contraddizione in termini, perché determina un effetto legale di contitolarità di beni nel momento in cui la contitolarità di beni in comunione legale si scioglie. Ciò accredita l'ipotesi che la comunione de residuo determini in realtà un rapporto di debito/credito per la metà dei frutti, proventi ed incrementi aziendali sussistenti e non consumati all'atto dello scioglimento della comunione.

Le norme codicistiche sulla comunione legale si applicano anche alle unioni civili se non disposto diversamente dai costituenti con convenzione matrimoniale come sancito dall'art. 1 comma 13 l. n. 76/2016. Il regime patrimoniale nelle convivenze di fatto è invece regolato dai conviventi con un contratto di convivenza ex art. 1 comma 50 ss. della medesima legge.

Ratio della norma

La ratio della disposizione mira a contemperare le esigenze imprenditoriali di un coniuge con le istanze solidaristiche proprie della comunione legale; da un lato, si assicura al coniuge che gestisce personalmente un'azienda di disporre dei beni aziendali, di cui risponde personalmente, fintantoché permane la comunione legale tra i coniugi; quando quest'ultima si scioglie prevalgono le istanze solidaristiche della famiglia, garantendo all'altro coniuge di percepire la metà degli incrementi o dei beni residuati in funzione compensativa del contributo fornito al sostentamento del consorzio familiare (anche con lavoro domestico, ad es.). La sintesi tra queste opposte esigenze viene realizzata attraverso il differimento della contitolarità di beni ed incrementi aziendali residuati al momento dello scioglimento della comunione. La funzione della norma è quindi analoga a quella dell'art. 179, lett. d), c.c., che qualifica come personali i beni che servono all'esercizio della professione e che intende parimenti garantire la libertà di scelta e di organizzazione nello svolgimento dell'attività lavorativa o professionale (Auletta, 119). Autorevole dottrina evidenzia che dovrebbero essere esclusi dalla comunione de residuo ex art. 178 i beni appartenenti a terzi, ma utilizzati dal coniuge imprenditore nel ciclo produttivo, e quelli che già appartenevano ad entrambi i coniugi, nonché i beni «personali» di cui all'art. 179 c.c., per cui, in definitiva, i beni che cadono in comunione de residuo sarebbero oggetto di «acquisti» effettuati durante il matrimonio che entrerebbero, se non destinati all'esercizio di un'impresa, direttamente in comunione; ma  questo effetto non si verifica proprio per permettere al coniuge imprenditore una gestione meno vincolata e più autonoma (Schlesinger, 136 ss.). Si  rinvia in questa sede  al commento  all'art. 177 lett. b) e c) con riferimento alle altre due ipotesi di comunione de residuo  ed alla natura reale (contitolarità) od obbligatoria (credito sulla metà che residua) del diritto del coniuge sui beni destinati all'impresa quando la comunione si scioglie. La seconda tesi è affermata da autorevoli autori (Corsi, 190; Santosuosso, 1983, 172; Schlesinger, 120, il quale ammette peraltro la contitolarità per i beni mobili). D'altra parte, si afferma che allo scioglimento della comunione vi è l'esigenza di fornire idonea garanzia e adeguata provvista (in termini di contitolarità e non di credito) al coniuge dell'imprenditore, che ha indirettamente contribuito all'acquisizione di quei beni (Finocchiaro A. e M., 796).

Con l'art. 178 (che riguarda sia beni immobili che mobili) il legislatore ha privilegiato l'esercizio dell'impresa (conciliandolo al tempo stesso con la tutela dell'altro coniuge, proprio nello stabilire la particolare ipotesi della comunione de residuo (Cass. n. 18456/2005).

Rapporto con l'art. 177 comma 1 lett. d) e cpv.

Con riferimento all'art. 178, la dottrina ha profuso i maggiori sforzi nel delinearne i confini applicativi rispetto alle fattispecie descritte nei commi 1 lett. d) e comma 2 dell'art. 177 c.c. Secondo la dottrina maggioritaria, il criterio discretivo va ricercato, da un lato, nella partecipazione di un coniuge ad una società con responsabilità personale illimitata ovvero, dall’altro, nella partecipazione a società nelle quali la responsabilità personale del socio è limitata ai conferimenti. In quest'ultima ipotesi trova applicazione l'art. 177, lett. a) c.c.; diversamente nella prima si applica l'art. 178 con la conseguenza che la partecipazione sociale ricade in comunione solo se sussiste al momento dello scioglimento della comunione (Inzitari, 128 ss.; Campobasso, 461; Schlesinger, 547; Costi, 181; Jaeger,Il nuovo diritto; Marchetti, 159 ss.; Auletta, 358; Bonilini, 137 ss.; Krogh, 729 ss.; Baralis-Barone, 1483; Surdi, 1494 ss.). Secondo un'altra corrente di pensiero, la distinzione non è legata al fatto che la partecipazione sociale possa considerarsi strumentale all'esercizio di una attività imprenditoriale: in questo caso la partecipazione rientrerebbe nella comunione residuale prevista dall'art. 178, indipendentemente dal tipo di società (Balestra, 83; Corsi, 135 ss.; Di Martino, 133 ss.; Tanzi, 320 ss.; Mazzone, 44 ss.; Di Sapio, 317 ss.; Galasso, 211 ss.; Capecchi, 375). Un orientamento del tutto minoritario sostiene che le partecipazioni sociali non rientrino mai nella comunione immediata ai sensi dell'art. 177, lett. a), c.c. indipendentemente dalla natura della società, e possano al più rientrare nella comunione differita di cui all'art. 178 (Russo, 291 ss.)

La giurisprudenza di merito sostiene che gli acquisti di partecipazioni sociali in costanza di matrimonio, che importano a carico del socio una responsabilità illimitata e personale, sono soggetti alla comunione del residuo ex 178 (Trib. Catania 17 luglio 2007 e Trib. Udine 27 gennaio 2007; in precedenza tale orientamento era stato espresso da Trib. Roma 18 febbraio 1994, in Fam. e dir. 1995, 53. Il Trib. Milano 26 settembre 1994, in Fam. e dir., 1995, 52, ha chiarito che l'unico criterio discretivo per stabilire se la partecipazione societaria rientri in comunione immediata o differita è costituito dalla natura limitata o illimitata della responsabilità del socio. Per quanto riguarda la partecipazione ad una società di persone la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 6876/2013) ha affermato che essa non cade in comunione immediata ex art. 177 cpv. ma in comunione de residuoex art. 178, così superando l'orientamento sostenuto in precedenza secondo cui qualsiasi partecipazione sociale, anche in società di persone, cade in comunione immediata ai sensi dell'art. 177, lett. a) c.c. (Cass. n. 2569/2009).

La nozione di beni destinati all'esercizio dell'impresa e di incrementi

Secondo la tesi prevalente, l'art. 178 prevede per i beni destinati all'esercizio di un'impresa una disciplina differente rispetto a quella dei beni che servono all'esercizio di una professione (Tanzi, 302; Oppo, 372; Russo, 265 ss.); infatti, mentre questi ultimi rimangono definitivamente personali del coniuge che li ha acquistati — art. 179, lett. d) c.c. — i primi cadono in comunione se sono ancora presenti nel patrimonio dell'imprenditore al momento dello scioglimento della comunione, secondo le regole della comunione de residuo (Russo, 87 ss.). La dottrina minoritaria ritiene che non debba esservi disparità di disciplina giuridica fra i beni strumentali all'esercizio di una professione e i beni che fanno parte dell'azienda di un coniuge (Detti, 1160; De Filippis, 245; Rimini, 283). Per quanto concerne l'impresa costituita dopo il matrimonio, si afferma che nel caso in cui un coniuge costituisca un'impresa o acquisti un'azienda dopo il matrimonio, i beni destinati all'esercizio di esse rientrano nella comunione de residuo se sussistono al momento dello scioglimento della comunione legale. (Russo, 88; Santosuosso, 1996). Comunque deve trattarsi di un'azienda gestita da un solo coniuge (Oppo, 138; Corsi, 123), poiché l'azienda cade in comunione immediata sia se viene gestita da entrambi i coniugi, sia se non è gestita da alcuno dei coniugi come, ad esempio, nel caso di affitto. Nel caso in cui l'impresa fosse già costituita al momento del matrimonio, l'oggetto della comunione de residuo è limitato ai soli incrementi successivi al matrimonio; in pratica ricadrebbe in comunione l'aumento di valore o i l'avviamento dell'azienda nel suo complesso o dei singoli beni aziendali (Di Martino, 107). Secondo la migliore dottrina, al momento dello scioglimento della comunione, l'altro coniuge acquisterebbe un diritto di credito nei confronti dell'imprenditore e non un diritto reale sui beni aziendali (Schlesinger, 147; Galasso, 272 ss.; contra Oppo, 372; Jannarelli, 270). La destinazione di un bene all'esercizio dell'impresa consiste nella effettiva utilizzazione del bene nell'impresa (Tanzi, 283; Schlesinger, 142 ss.; Vigo, 643 ss.), a prescindere da un'espressa dichiarazione in tal senso da parte del coniuge imprenditore (Galasso, 271; contra Capecchi, 382). Ove vengano destinati all'impresa, dopo il matrimonio, beni personali di un coniuge, di cui il coniuge imprenditore era già proprietario prima del matrimonio, oppure dallo stesso ricevuti (anche durante il matrimonio) per donazione o successione, detti beni non cadono in comunione de residuo (Inzitari, 77 ss.; Schlesinger, 136 ss.; Russo, 115 ss.; Oppo, 107; Tanzi, 287 ss.; Costi, 41; Tondo, 1502; Krogh, 741 ss.; Vigo, 644; contra Jannarelli, 266). In caso di mutamento di destinazione di un bene aziendale nel corso del regime di comunione legale, il bene ricade nella comunione immediata, non essendo più sussistente la ragione che inibiva l'operatività del principio di cui all'art. 177, lett. a), c.c. (in tal senso Tanzi, 283; Schlesinger, 142 ss.; Jannarelli, 275; Santosuosso, 345; contra Russo, 120; Detti, 1162; Corsi, 130; Krogh, 741; Consonni, 868 ss.). Si ritiene altresì che non appartengano alla comunione de residuo ex art. 178 ma alla comunione immediata i beni aziendali che siano già ricaduti in comunione ai sensi dell'art. 177, lett. a), c.c. in quanto acquistati da un coniuge dopo il matrimonio e prima della destinazione all'impresa (Inzitari, 78; contra Jannarelli, 264). Nel silenzio della legge, ci si è chiesti se l'art. 178 sia applicabile anche se l'attività imprenditoriale venga esercitata da una società di cui uno dei coniugi è socio; ipotesi che si verifica di frequente per effetto dell'acquisto di una partecipazione ad una società di persone o di capitali, la quale esercita l'impresa ed è proprietaria dei beni ad essa destinati (Masucci, 18 motiva la lacuna della norma con l'intento del legislatore di lasciare libero l'interprete di apprezzare le singole fattispecie concrete in modo aderente alla realtà, senza i vincoli di un catalogo predefinito). Secondo l'orientamento prevalente, se il coniuge è socio in una società in nome collettivo oppure è socio accomandatario in una società in accomandita, il valore della partecipazione — ovvero il suo incremento, se è acquistata prima del matrimonio — rientra nella comunione de residuo prevista dall'art. 178 (Schlesinger, 109 e 146; Nuzzo, 92 ss.; Bianca, 102; Finocchiaro A. e M., 902 ss.; Comporti, 76 ss.; Costi, 34; Buonocore, 1142; Jannarelli, 270; Jaeger, Problemi, 1992; Gabrielli, 352; Mistretta, 168; Krogh, 732 ss.; Marchetti, 159 ss.; Metitieri, 1249; Surdi, 1492 ss.).

In giurisprudenza di merito si è dichiarata inefficace la dichiarazione di entrambi i coniugi partecipanti all'atto di acquisto nella quale si affermi l'estraneità del bene alla comunione per la destinazione dello stesso all'impresa di uno di essi, se tale destinazione non si realizza nei fatti (Trib. Piacenza 1 marzo 1991, in Giur. mer., 1993, 64). La Cassazione ha statuito che, nel caso in cui l'acquisto abbia per oggetto un bene immobile, non è necessario, perché il bene sia escluso dalla comunione immediata, che all'atto di acquisto partecipi anche l'altro coniuge, non trovando applicazione l'art. 179, comma 2, c.c. rimanendo essi esclusi automaticamente, seppur temporaneamente, dal patrimonio coniugale, senza necessità di specifica indicazione o di partecipazione di entrambi i coniugi all'atto di acquisto, atteso che, mentre la prima norma prende in considerazione beni qualificati da un'oggettiva destinazione all'attività imprenditoriale del singolo coniuge, la seconda si occupa di beni soggettivamente qualificati dall'essere strumento di formazione ed espressione della personalità dell'individuo (Cass. n. 19204/2015; che conferma Cass. n.18456/2005 e Cass. n. 7060/1986; in tal senso, in giur. di merito, anche Trib. Piacenza 9 aprile 1991, in Dir. fam. 1991, 1033; Trib. Monza 8 giugno 1988, in Foro pad., 1989, I, 192). Il coniuge che voglia sottrarre alla comunione immediata un bene da lui acquistato durante il matrimonio ha l'onere della prova che il bene è stato da lui destinato all'esercizio dell'impresa (Cass. n 7060/1986). Si è applicato l'art. 178 e non l'art. 179, lett. d), c.c. al tassista, in quanto titolare di una impresa artigiana (Trib. Milano 1 giugno 1995, in Giust. civ. 1995, 3991; App. Bologna 27 gennaio 1986, in Dir. fam. 1986, 573). La Cassazione ha precisato in un'altra pronuncia che il credito verso il coniuge socio di una società di persone, a favore dell'altro coniuge in comunione «de residuo», è esigibile al momento della separazione personale, che è causa dello scioglimento della comunione, ed è quantificabile nella metà del plusvalore realizzato a tale momento (Cass. n. 6876/2013). Da segnalare che la Cassazione, con Cass. Ord. n. 28872/2021 ha rimesso alle S.U. la questione afferente alla interpretazione da offrire alla nozione di “beni” facenti parte dell'azienda gestita da uno coniugi, poiché da un lato, si pone l'orientamento espresso nella succitata sentenza Cass. n 6876/2013 che identifica tale nozione con il diritto di credito al controvalore per metà dei beni aziendali spettante al coniuge non imprenditore al momento della separazione, che rappresenta anche il momento di scioglimento della comunione legale e dall'altro si sostiene l'interpretazione letterale della nozione per cui essa atribuirebbe natura reale dei beni aziendali, per cui sono da considerarsi in comproprietà dei coniugi al momento dello scioglimento della comunione. Le S.U. sono quindi chiamate a mettere un punto fermo su questa querelle interpretativa.

Bibliografia

Auletta, Gli acquisti ricompresi in comunione, in Trattato Bessone, Il diritto di famiglia, IV, 2, Torino, 1999; Balestra, Attività d'impresa e rapporti familiari, in Trattato diritto civile, a cura di Alpa e Patti, Padova, 2008, 83; Baralis-Barone, Impresa individuale, associazione in partecipazione e società, in relazione alla comunione legale dei beni: aspetti civilistici e tributari, in Riv. not. 1980, 1483; Bianca, La famiglia, Milano, 2005; Bonilini, Manuale di diritto di famiglia, Torino, 2000; Buonocore, Comunione legale tra coniugi e partecipazione a Società per azioni e a Società cooperative, in Riv. not. 1977, I, 1142 ss.; Campobasso, Vendita del pacchetto azionario di società in liquidazione per perdite, in Riv. dir. priv. 1996, 461 ss.; Capecchi, l'oggetto della comunione legale, in Il Nuovo diritto di Famiglia, Trattato Ferrando, II, Torino, 2008, 375; Comporti, Gli acquisti dei coniugi in regime di comunione legale, in Riv. not. 1979, I, 76 ss.; Consonni, in Riv. not. 1993, I, 868 ss.; Corsi, Il regime patrimoniale della famiglia, I, Milano, 1979; Detti, Oggetto, natura, amministrazione della comunione legale dei coniugi, in Riv. not. 1976, 1160; De Filippis, Trattato breve di diritto di famiglia, Padova, 2002, 245; Di Martino, Gli acquisti in regime di comunione legale fra coniugi, Milano, 1987; Di Sapio, in Diritto di famiglia e persone, 2000, 317 ss.; Finocchiaro A. e M., Diritto di famiglia, Milano, 1984; Gabrielli, Regime patrimoniale della famiglia, Padova, 1990; Galasso, Regime patrimoniale della famiglia, Commentario, Bologna, 1999, 211 ss.; Inzitari, Impresa e società nella comunione legale familiare, in Contratto e impresa 1986, 128 ss.; Jaeger, Il nuovo diritto di famiglia, Atti convegno sind. avv. e proc. Milano, 1992; Jaeger, Problemi sui rapporti tra gli istituti commercialistici e il nuovo diritto di famiglia, Il nuovo diritto di famiglia, Milano, 1992; Krogh, Scritti in onore di Capozzi, I, 2, Milano, 1992, 729 ss.; Marchetti, Il regime patrimoniale della famiglia a dieci anni dalla riforma, Atti del Convegno di studi di Bologna, 159 ss.; Masucci, Comunione legale e partecipazioni sociali, Napoli, 2000; Mazzone, in Contr. imp., 1997, 44 ss.; Metitieri, Nuovo diritto di famiglia: l'intervento del giudice nell'ambito di alcuni rapporti patrimoniali familiari, in Riv. not. 1978, I, 1249 ss.; Mistretta, Partecipazioni sociali e comunione legale dei beni: l'interpretazione come governo della complessità, Milano, 2004; Nuzzo, L'oggetto della comunione legale tra i coniugi, 1984, 92 ss.; Oppo, Diritto di famiglia e Diritto dell'impresa, in Riv. dir. civ. 1977, I, 372 ss.; Rimini, Acquisto immediato e differito nella comunione legale fra coniugi, Padova, 2001; Russo L'oggetto della comunione legale e i beni personali. Artt. 177-179, in Schlesinger, Comm. dir. it. fam., Milano, 1999, 291ss.; Santosuosso, Il regime patrimoniale della famiglia, in Commentario al codice civile, I, 1, Torino, 1983; Schlesinger, in Commentario al diritto italiano della famiglia, a cura di Cian, Oppo e Trabucchi, III, Padova, 1992; Surdi, in Diritto famiglia e persone, 1999, 1494 ss.; Tanzi, La comunione legale, in Trattato, a cura di Bianca, Milano, 1989, 320 ss.; Tondo, in Riv. not. 1981, I, 1502;.Vigo, in Riv. not. 1999, I, 643 ss.

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