Regolamento - 27/11/2003 - n. 2201 art. 46Gli atti pubblici formati e aventi efficacia esecutiva in uno Stato membro nonché gli accordi tra le parti aventi efficacia esecutiva nello Stato membro di origine sono riconosciuti ed eseguiti alle stesse condizioni previste per le decisioni1. [1] Articolo abrogato dall'articolo 104 del Regolamento del Consiglio del 25 giugno 2019, n. 1111, a decorrere dal 1° agosto 2022, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 100, paragrafo 2, del medesimo Reg. 1111/2019. InquadramentoLa norma in commento conferma, attribuendo efficacia esecutiva automatica anche agli accordi tra le parti ed agli atti pubblici, il rilievo secondo cui le decisioni suscettibili di riconoscimento in accordo con il Regolamento in esame possono anche essere emanate da organi non giurisdizionali (cfr. Baratta, 157). Esecutività automatica degli atti pubblici e degli accordi tra le partiLa norma, consentendo il riconoscimento e l'esecuzione di atti pubblici e di accordi intercorsi tra le parti conferma il rilievo secondo cui le decisioni suscettibili di riconoscimento in accordo con il Regolamento in esame possono anche essere emanate da organi non giurisdizionali (Baratta, 157). Peraltro, alla luce della recente sentenza della Corte di Giustizia, 20 dicembre 2017, ha chiarito che non rientra nella nozione di “divorzio”, anche ai fini del Regolamento in esame, la decisone nella quale non intervenga un'autorità di uno Stato membro (nella specie, era intervenuto solo un Tribunale religioso). Occorre in particolare chiedersi se gli accordi raggiunti dalle parti per la definizione della crisi familiare in sede di negoziazione assistita dagli avvocati di cui all'art. 6 del d.l. n. 132/2014, convertito nella l.n. 162/2014, rientrino nell'ambito applicativo del regolamento. La negoziazione assistita per la composizione della crisi familiare prevede due procedure distinte, a seconda che l'accordo che si prefigge di conseguire riguardi anche l'assetto degli interessi relativi a figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave bisognosi di cure e assistenze particolari, ovvero figli maggiorenni economicamente non autosufficienti, oppure non riguardi siffatti interessi. In questa sede, ai fini dell'esecutività automatica in altri ordinamenti, potrebbero rilevare gli accordi intercorsi tra le parti in ordine all'affidamento ed all'esercizio del diritto di visita nei confronti dei figli minori. La procedura di negoziazione assistita segue un particolare procedimento quando l'accordo raggiunto dalle parti sulla separazione o sul divorzio o sulla modifica delle condizioni di separazione e divorzio contempli anche specifiche disposizioni inerenti alla sistemazione dell'assetto degli interessi della prole, si tratti di figli minorenni, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave o figli maggiorenni economicamente non autosufficienti. In tale ipotesi, non solo vi è una più puntuale fissazione dei termini, ma in più la valutazione rimessa al pubblico ministero competente non è limitata alla mera regolarità formale dell'accordo, bensì attiene ad una incisiva e sostanziale verifica circa la rispondenza delle condizioni stabilite all'interesse morale e materiale dei figli. Per l'effetto, il procedimento si conclude, non con un mero nullaosta, bensì con un'eventuale autorizzazione. Anche in questo caso la competenza è radicata in capo al pubblico ministero, che dovrebbe esercitare le stesse ponderazioni che in passato ha esercitato, e che tuttora esercita, il tribunale, in sede di omologa della separazione consensuale ovvero di delibazione del divorzio congiunto. Raggiunto l'accordo, debitamente munito della certificazione dell'autografia delle parti a cura degli avvocati assistenti, il relativo deposito presso la segreteria dell'ufficio del pubblico ministero competente dovrà avvenire entro il termine di 10 giorni. La contingentazione dei tempi di deposito, senza che comunque il deposito tardivo determini alcuna decadenza, posto che non si tratta di termine perentorio, è giustificata dall'esigenza di avere rapidamente un avallo circa l'idoneità dell'assetto di interessi concordato in ordine ai figli, la cui tutela è riservata al vaglio dell'organo requirente. Una volta che l'accordo sia pervenuto nella disponibilità del pubblico ministero, gli accertamenti che dovranno essere effettuati si estendono sia agli aspetti di regolarità formale sia agli aspetti concernenti la soddisfazione sostanziale degli interessi della prole. Tuttavia, non sono conferiti all'organo requirente, né poteri di audizione delle parti, né facoltà di ascolto dei minori, né possibilità di assumere mezzi istruttori. La disciplina è più complessa nell'ipotesi in cui, effettuata un'approfondita comparazione tra le condizioni concordate e la difesa degli interessi della prole, il pubblico ministero ritenga che dette condizioni siano pregiudizievoli e non soddisfino adeguatamente detti interessi. In questo caso, il procuratore della Repubblica trasmette l'accordo non autorizzato, entro 5 giorni, al presidente del tribunale, che fissa, entro i successivi 30 giorni, la comparizione delle parti e provvede senza ritardo. A fronte di una scelta che avrebbe dovuto compiere il legislatore, si preferisce rimettere al giudice la stessa identificazione del modo di provvedere del presidente del tribunale cui siano trasmessi gli atti. Secondo una prima soluzione, siffatta trasmissione equivale ad una disposizione d'ufficio del mutamento del rito: la negoziazione assistita avente ad oggetto la separazione o il divorzio o la modifica delle condizioni di separazione o divorzio, quando vi sia prole, si trasformano in procedimento giudiziale di separazione o di divorzio o di modifica delle condizioni di separazione o divorzio quando l'accordo conclusivo della procedura di negoziazione non sia approvato dal pubblico ministero competente. Sicché la trasmissione disposta dal pubblico ministero al presidente del tribunale introduce d'ufficio il procedimento di separazione consensuale, che potrà concludersi con un'eventuale omologa ovvero con il rigetto ai sensi degli artt. 158, comma 2, c.c. e 711 c.p.c., oppure il procedimento di divorzio congiunto, che potrà concludersi con una sentenza di divorzio ovvero con il mutamento del rito del divorzio da congiunto in contenzioso, ai sensi dell'art. 4, sedicesimo comma, della legge sul divorzio, oppure il procedimento camerale di modifica delle condizioni di separazione ai sensi dell'art. 710 c.p.c. o delle condizioni di divorzio ai sensi dell'art. 9 della legge sul divorzio, che potranno concludersi con la disposizione delle stesse modifiche concordate dalle parti ovvero con la disposizione di modifiche previste d'ufficio nell'interesse della prole. Questa impostazione sembra avallata da quella giurisprudenza la quale, premesso che l'accordo con il quale due genitori, non legati da vincolo di coniugio, regolamentano le condizioni di affidamento, mantenimento, collocamento ed esercizio del diritto di visita, non può essere stipulato mediante il procedimento di negoziazioneassistita, ha ritenuto che, purtuttavia detto accordo — stipulato ai sensi dell'art. 2 d.l. n. 132/2014 — una volta depositato presso il Tribunale competente, alla luce del diniego del p.m., può essere considerato alla stregua di un ricorso congiunto ex art. 337-bis c.c., con la conseguenza che il Tribunale deve convocare i genitori ai fini della ratifica delle conclusioni da loro condivise (Trib. Como, 13 gennaio 2016, in ilfamiliarista.it, con nota di Simeone). In base alla ricostruzione alternativa, i poteri spettanti al presidente del tribunale cui gli atti sono trasmessi sono anch'essi sui generis e non richiamano altri procedimenti già contemplati dall'ordinamento giuridico. In primo luogo, all'esito dell'audizione, non avendo il diniego espresso dal pubblico ministero efficacia vincolante verso il presidente del tribunale, qualora quest'ultimo si persuada che le condizioni all'origine predisposte dalle parti siano rispondenti agli interessi dei figli, anche in guisa dei chiarimenti forniti dalle parti, autorizzerà definitivamente l'accordo. Diversamente, può accadere che il presidente del tribunale, anche in conseguenza dell'audizione delle parti, si persuada del fatto che le condizioni all'origine concordate non sono conformi agli interessi della prole, come già aveva ritenuto il pubblico ministero, sicché potrà indicare alle parti le soluzioni alternative che, consentendo di rettificare le disposizioni difformi, permettano l'autorizzazione. Ove le parti aderiscano alle modifiche proposte dal presidente del tribunale, quest'ultimo autorizzerà l'accordo con le rettifiche approvate dai genitori. Inoltre, può accadere che le parti non acconsentano alle modifiche suggerite dal presidente del tribunale e, in tale evenienza, il presidente rigetterà definitivamente la richiesta di autorizzazione e chiuderà così il procedimento. Sarà poi un'autonoma scelta delle parti quella di proporre al pubblico ministero un'ulteriore accordo da autorizzare per la via della negoziazione assistita ovvero introdurre un procedimento giudiziale. Nella prassi applicativa si è evidenziato che in materia di negoziazioneassistita avente ad oggetto negozi compositivi di crisi familiare la fase avanti al Presidente è da ricondurre «lato sensu» alle forme del rito camerale e al giudicante deve riconoscersi autonomia di valutazione rispetto al diniego del p.m. quanto alla portata delle condizioni della separazione o del divorzio, o della modifica delle originarie pattuizioni, anche sulla scorta delle delucidazioni che le parti possono fornire comparendo personalmente in udienza (Trib. Torino VII, 13 maggio 2016). Sempre in sede di merito, si è sottolineato che l'accordo di separazione personale concluso da una coppia con figli minori attraverso la procedura di negoziazione assistita da avvocati, che, non avendo ottenuto il nulla osta del p.m., sia stato trasmesso al presidente del Tribunale ai sensi dell'art. 6, comma 2, d.l. n. 132/2014, dopo l'udienza presidenziale, va omologato dal Tribunale in composizione collegiale se ritenuto conforme alle norme imperative (Trib. Pistoia, 16 marzo 2015, in Giustiziacivile.com, con nota di Vaccari). Potrebbe quindi ritenersi che anche gli accordi raggiunti in sede di negoziazione assistita per lo scioglimento o l'attenuazione del vincolo coniugale rientrino nell'ambito di applicazione del Regolamento in quanto esulerebbero dalla nozione di “divorzio privato”, stante l'intervento necessario della pubblica autorità, come evidenziato, mediante il nulla osta ovvero l'autorizzazione del pubblico ministero, nonché l'omologa da parte del Tribunale ove detta autorizzazione sia stata negata. Per altri verso, in mancanza di figli, la separazione ed il divorzio possono essere richiesti anche dinanzi all'ufficiale di stato civileex art. 12 d.l. n. 132/2014. In questa ipotesi, la presenza di una pubblica autorità induce a ritenere, anche se non si tratta di un giudice, che i procedimenti rientrino nell'ambito di applicazione del Regolamento. 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