Istanza per l'installazione di impianti diversi da quelli audiovisivi e dal GPS

Francesco Rotondi

Inquadramento

Il potere di controllo è espressione del potere gerarchico e di quello di direzione e organizzazione dell'impresa. La legge consente al datore di lavoro di organizzare l'attività dei propri collaboratori in posizione di supremazia gerarchica e di verificare il corretto adempimento della prestazione lavorativa. Tale potere incontra un limite nella previsione dell'art. 4 dello Statuto dei lavoratori la quale vieta il controllo occulto e in genere il controllo a distanza dell'attività dei lavoratori.

Formula

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Commento

Il potere di controllo è espressione del potere gerarchico nonché di direzione e organizzazione dell'impresa (artt. 2086 e 2104 c.c.). La legge consente al datore di lavoro di organizzare l'attività dei propri collaboratori in posizione di supremazia gerarchica verificando il corretto adempimento della prestazione lavorativa.

Tale potere incontra alcuni limiti, primo tra tutti quello contenuto nell'art. 4 della l. n. 300/1970, sia nel testo in vigore fino al 23 settembre 2015 sia nel testo novellato dal legislatore per effetto delle modifiche apportate dall'art. 23 del d.lgs. n. 151/2015 e dal successivo decreto correttivo approvato con d.lgs. n. 185/2015. Tale norma vietava in passato e continua a vietare oggi, l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori. Con la riforma del 2015 il legislatore ha tuttavia voluto operare un importante adeguamento della norma al fine di renderla più aderente alle necessità e agli obiettivi di una moderna organizzazione d'impresa. Il tutto nel fondamentale rispetto della privacy (d.lgs. n. 196/2003).

La norma, nel testo novellato, ha così adottato un meccanismo di bilanciamento tra la necessità di rivedere alcune rigidità proprie del periodo in cui è nato lo Statuto dei lavoratori (il 1970) e le necessità di tutela della privacy derivanti dalla potenziale raccolta di dati che deriva dall'uso degli strumenti di lavoro (art. 1 e art. 8 della l. n. 300/1970).

Da questo punto di vista la norma, nel testo novellato, ha voluto operare una distinzione fondamentale tra strumenti e apparecchi di controllo in senso stretto (di solito le apparecchiature fisse, quale le telecamere di sorveglianza) che necessitano di autorizzazione preventiva e gli strumenti di lavoro per i quali non è richiesta l'autorizzazione preventiva.

Accordo sindacale e autorizzazione amministrativa

Costituiscono limiti di carattere generale al potere di controllo del datore di lavoro l'art. 1 Stat. lav. che riconosce ai lavoratori il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero nei luoghi lavorativi nel rispetto dei principi della Costituzione (art. 21 Cost.) e dello stesso Statuto e, significativamente, l'art. 8 Stat. lav. che vieta al datore di lavoro, sia all'atto dell'assunzione che nel corso del rapporto, anche a mezzo di terzi, di effettuare indagini sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell'attitudine professionale del lavoratore. La ratio della norma è sempre stata quella di impedire che valutazioni non aventi alcuna attinenza con la capacità professionale del lavoratore potessero determinare l'adozione di comportamenti discriminatori nei confronti dello stesso. È per tale ragione che l'interpretazione e l'applicazione della norma, sia nel vecchio testo, sia nel nuovo testo, vengono valutate unitamente alla disciplina speciale relativa alla tutela della privacy (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 e Linee Guida del Garante 4 aprile 2017 – aggiornate il 4 ottobre 2017 sull'applicazione dei criteri per la valutazione di impatto sulla protezione dei dati DPIA – Data Protection Impact Assesment prevista dal Regolamento del Consiglio n. 2016/679).

In tale contesto, nulla è cambiato per le istallazioni “fisse”: la norma identifica sempre nelle RSA (o RSU) i soggetti con i quali stipulare gli accordi sindacali (con la particolarità relativa alle aziende con unità produttive in diverse province che possono stipulare gli accordi con le OOSS più rappresentative a livello nazionale). In mancanza di accordo, si procede con autorizzazione amministrativa. In merito alla procedura di richiesta dell'autorizzazione amministrativa il decreto correttivo del 2016 – art. 5 del d.lgs. n. 185/2016 – è intervenuto prevedendo che la competenza al rilascio dell'autorizzazione – in mancanza di accordo sindacale – non sia più affidata alla Direzione Territoriale del Lavoro (che, tra l'altro è Ufficio periferico del Ministero del lavoro) ma alla sede centrale o territoriale del nuovo organismo sorto anch'esso dalla riforma Jobs Act ossia l'Ispettorato Nazionale del lavoro (che con il Ministero del lavoro ha un rapporto di vigilanza e non gerarchico). La competenza ai fini dell'autorizzazione è affidata, rispettivamente, alle strutture territoriali o centrali dell'Ente a seconda che l'azienda interessata abbia un'unica unità produttiva ovvero più unità produttive ubicate in ambiti di competenza di diverse sedi territoriali dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro, prevedendo altresì che il relativo provvedimento amministrativo sia definitivo e, quindi, inappellabile. Scelta quest'ultima che è scaturita dalla necessità di voler precisare che avverso il relativo provvedimento amministrativo non è possibile presentare ricorso gerarchico ai sensi del d.P.R. n. 1199/1971. L'Ispettorato è tenuto a svolgere un'attenta istruzione della richiesta (cfr. circ. INL n. 5/2018).

I presupposti che obbligano al preventivo accordo con le Organizzazioni Sindacali (RSA o RSU) ovvero alla richiesta dell'autorizzazione amministrativa riguardano l'utilizzo di strumenti dai quali possa derivare, anche solo potenzialmente, un controllo a distanza dei lavoratori e sono caratterizzati da:

- esigenze organizzative e produttive;

- sicurezza del lavoro;

- tutela del patrimonio aziendale.

Particolarità

Va esclusa l'applicabilità dei limiti previsti dall'art. 4 dello Statuto dei Lavoratori in caso di lavoro domestico in ragione della particolare disciplina di tale forma di lavoro. Nell'ambito domestico, il datore di lavoro, anche nel caso di trattamento di dati riservati per finalità esclusivamente personali, incontra i vincoli posti dalla normativa sul trattamento dei dati personali a tutela della riservatezza e in particolare quanto previsto dall'art. 115 del d.lgs. n. 196/2003 (nota INL 8 febbraio 2017, n. 1004).

Sanzioni

Salvo che la condotta posta in essere dal datore di lavoro non configuri un reato più grave, la violazione dell'art. 4 St. lav. comporta la condanna al un'ammenda compresa tra i 154,00 e 1.549,00 Euro o l'arresto da 15 giorni a un anno. Nei casi più gravi la pena pecuniaria e quella detentiva possono essere applicate congiuntamente (art. 38 St. lav. richiamato dall'art. 171 d.lgs. n. 196/2003).

Per maggiori approfondimenti si veda il commento sub “Verbale di accordo” e sub “Autorizzazione all'installazione di impianti audiovisivi”.

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