Conferma del congedo di maternità con astensione posticipata dal lavoro (D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, art. 20)

Paola Salazar
Aggiornato da Alessandra Croce

Inquadramento

E' fatto divieto al datore di lavoro di adibire al lavoro la donna lavoratrice (i) durante i 2 mesi precedenti la data presunta del parto (salvo quanto previsto sul congedo flessibile) e (ii) durante i tre mesi dopo il parto (salvo quanto previsto sul congedo flessibile). In alternativa, dal 1° gennaio 2019, è riconosciuta alle lavoratrici la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo il parto entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.

Formula

Si fa seguito alla Sua comunicazione del ………………ed alla documentazione sanitaria allegata, per confermarLe che il congedo per maternità flessibile decorrerà dal ……………. fino alla data del …………………. .

La preghiamo di restituirci l'unita lettera sottoscritta per ricevuta.

Luogo e data…….

Il datore di lavoro……

Commento

Il Testo Unico di cui al d.lgs. n. 151 del 2001 prevede la cd flessibilità del congedo di maternità individuandone la disciplina nell'art. 20.

Pertanto, ferma restando la durata complessiva del congedo di maternità, le lavoratrici hanno la facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto.

Tuttavia, ciò è possibile solo se il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro. Detta documentazione deve essere prodotta al datore di lavoro nel momento in cui la lavoratrice fa richiesta di congedo flessibile.

Con emanando decreto deve essere definito l'elenco dei lavori ai quali non si applicano le disposizioni appena richiamate.

Più nello specifico il differimento del periodo di congedo di maternità obbligatorio puo' essere compreso tra un solo giorno e il massimo di un mese.

Il periodo di flessibilità, a seguito di fatti sopravvenuti o a fronte di una espressa richiesta della lavoratrice, può essere successivamente interrotto.

Inoltre, la certificazione sanitaria deve avere una data non successiva alla fine del 7° mese ed attestare la compatibilità dell'avanzato stato di gravidanza con la permanenza al lavoro fin dal primo giorno dell'8° mese (INPS, msg. 13279/2007 che sottolinea che all'opposto, le domande di flessibilità cui siano allegate certificazioni sanitarie con data che va oltre la fine del 7° mese, dovranno essere integralmente respinte).

La lavoratrice, dunque, che intende godere dell'astensione flessibile dal lavoro dovrà comunicarlo al datore di lavoro ma anche all'Inps utilizzando all'uopo lo specifico modello predisposto dall'istituto.

Si annoti che nell'ipotesi in cui la compatibilità tra lo stato di gravidanza e la permanenza al lavoro non fosse tempestivamente e sufficientemente provata per carenza di documentazione oppure per tardiva esibizione della stessa, il datore di lavoro che consentisse, comunque, la prosecuzione dell'attività da parte dell'interessata durante l'8° mese, incorrerebbe nella violazione di cui all'art. 16 del T.U. e, conseguentemente, nell'applicazione della sanzione di cui al successivo art. 18 (arresto fino a sei mesi).

E, sotto il profilo del trattamento economico, l'indebita permanenza al lavoro della lavoratrice determinerebbe la perdita del diritto all'indennità per le relative giornate e, in ogni caso, la non computabilità nel periodo post partum delle giornate medesime, secondo quanto disposto dall'art. 22 del d.P.R. n. 1026/1976.

Per l'ipotesi di cui al nuovo comma 1.1. dell'art. 16 del d.lgs. n. 151/2001, come inserito - a decorrere dal 1° gennaio 2019 - dall'art. 1, comma 485, l. 30 dicembre 2018, n. 145, si rinvia alla formula “Congedo port partum”.

L'art. 2, comma 1, lett. b), d.lgs. 30 giugno 2022, n. 105, ha aggiunto all'art. 18 del T.U. il comma 1-bis, il quale prevede che il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal lavoro di cui agli articoli 16, 16-bis e 17, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all'articolo 46-bis del d.lgs. 11 aprile 2006, n. 198, o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti, impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni.

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