La cessione e/o l'affitto di azienda non esonerano dall'onere dichiarativo prescritto dall'art. 38, co. 1, lett. f, vecchio codice
25 Giugno 2018
Il caso. L'Amministrazione comunale indiceva una gara d'appalto per l'aggiudicazione di un contratto avente ad oggetto «il servizio di gestione delle aree di sosta a pagamento ubicate sulla strada di proprietà comunale». La seconda classificata impugnava l'aggiudicazione, contestando l'ammissione della prima per la presunta omessa dichiarazione di due gravi errori professionali, rilevanti ai sensi dell'art. 38, co. 1, lett. f, D.lgs. n. 163 del 2006, imputabili alla cessionaria dell'azienda nonché alla società da cui l'aggiudicataria aveva acquisito la locazione dell'azienda medesima. Nelle more del giudizio di primo grado, intervenuta l'ordinanza cautelare che aveva disposto la sospensione della suddetta aggiudicazione, la stazione appaltante revocava l'aggiudicazione disposta e provvedeva ad aggiudicare definitivamente la gara alla seconda classificata, la quale, pertanto, dichiarava nel giudizio pendente la sopravvenuta carenza di interesse. Contro il provvedimento di revoca veniva, quindi, proposta impugnazione dall'originaria vincitrice, la quale contestava l'esistenza di un onere dichiarativo relativamente agli errori commessi dalla società locatrice o dalla precedente proprietaria dell'azienda stessa. Il TAR, in prima battuta, e il Consiglio di Stato poi, oltre a dichiarare irricevibile il ricorso (per la mancata richiesta da parte del ricorrente di un termine entro il quale effettuare nuovamente la notifica non andata a buon fine, non ritenendo sufficiente la mera istanza di differimento di udienza) ne accertavano comunque l'infondatezza nel merito.
Ratio dell'estensione dell'onere dichiarativo: Il Consiglio di Stato, nel respingere l'appello de quo, ha confermato la pronuncia emessa dal giudice di prime cure, con la quale era stata accertata la legittimità del provvedimento di esclusione per omessa dichiarazione dei gravi errori professionali di cui all'art. 38, co. 1, lett. f, D.lgs. n. 163 del 2006. In particolare, il Collegio ha ritenuto di dover dar seguito all'orientamento espresso dall'Adunanza plenaria n. 10 del 2012, secondo il quale l'onere dichiarativo in oggetto incombe sia sui soggetti cessati dalla carica nell'anno precedente alla data di pubblicazione del bando, sia sugli amministratori e direttori tecnici delle aziende che il concorrente abbia acquisito mediante cessione d'azienda nell'anno precedente. Pur dando atto dell'assenza, nel previgente Codice dei contratti, di una disposizione che prevedesse in caso di cessione o affitto di azienda un obbligo specifico di dichiarazione in ordine ai requisiti soggettivi degli amministratori e direttori tecnici della cedente, tuttavia, il Collegio ha precisato che «il citato art. 38 comprende anche ipotesi non testuali, ma pur sempre ad essa riconducibili sotto il profilo della sostanziale continuità del soggetto imprenditoriale a cui si riferiscono». A suffragare tale impostazione, il giudice adito ha richiamato anche la giurisprudenza successivamente formatasi, che ha chiaramente equiparato alla cessione il contratto di affitto di azienda in ragione della medesima «identità di ratio» (Cons. St., Sez. V, 11 giugno 2018, n. 3607; Cons. St., Sez. V, 21 agosto 2017, n. 4045; Cons. St., Sez. V, 3 febbraio 2016, n. 412). Pertanto, alla luce della ricostruzione compiuta e degli orientamenti giurisprudenziali sul punto consolidatisi, il Consiglio di Stato ha evidenziato la necessità di estendere l'obbligo di attestazione dei requisiti di moralità anche degli amministratori cedenti l'azienda al fine di evitare che partecipi a una gara una società già previamente «utilizzata per commettere illeciti e “ripulita” mediante il ricambio degli amministratori ovvero attraverso un successivo passaggio di mano», sussistendo in tali ipotesi una presunzione di continuità tra vecchia e nuova gestione, superabile soltanto dando prova concreta e puntuale della cesura e della totale autonomia e indipendenza reciproca. |