Inapplicabilità della tesi del “falso innocuo” nella materia degli appalti pubblici
18 Luglio 2018
La tesi del “falso innocuo” non può trovare applicazione nella materia degli appalti pubblici poiché il falso è innocuo quando non incide neppure minimamente sugli interessi tutelati, mentre nelle procedure di evidenza pubblica la completezza delle dichiarazioni già di per sé costituisce un valore da perseguire perché consente la celere decisione in ordine all'ammissione dell'operatore economico alla gara ed una dichiarazione inaffidabile, perché falsa o incompleta, è già di per sé stessa lesiva degli interessi considerati dalla norma, a prescindere dal fatto che l'impresa meriti o meno di partecipare alla procedura competitiva (C.d.S. V, 3 giugno 2013 n. 3045; T.A.R. Trentino Alto Adige - Trento I, 12 marzo 2014 n. 89; T.A.R. Abruzzo - Pescara I, 12 ottobre 2015 n. 387; T.A.R. Calabria - Catanzaro I, 20 novembre 2017 n. 1753).
Il mero decorso del tempo previsto dall'art. 445 c.p.p. per le sentenze di applicazione della pena costituisce presupposto per chiedere al giudice dell'esecuzione penale la dichiarazione di estinzione del reato, ma solo dopo il suo ottenimento il partecipante a procedure di affidamento di appalti pubblici è esonerato dal relativo obbligo dichiarativo (C.d.S. V, 23 marzo 2015 n. 1557) e la pronuncia, pur se riferita all'art. 38, comma 1, lett. c) del d.lg. 12 aprile 2006 n. 163 conserva attualità, tanto più che l''art. 80, comma 3, del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 dispone che l'esclusione dalle gare di appalto per l'affidamento dei contratti pubblici “non va disposta e il divieto (di partecipazione) non si applica quando il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna…”, richiedendo quindi esplicitamente una pronuncia di estinzione ai fini che qui rilevano. |