La distribuzione del ricavato è la fase del processo esecutivo successiva alla vendita forzata o all'assegnazione, ed è preordinata alla ripartizione della somma ricavata tra i creditori intervenuti nell'esecuzione, avuto riguardo alle cause di prelazione, ovvero alla sua assegnazione all'unico creditore procedente.
Inquadramento
La distribuzione del ricavato è la fase del processo esecutivo successiva alla vendita forzata o all'assegnazione, ed è preordinata alla ripartizione della somma ricavata tra i creditori intervenuti nell'esecuzione avuto riguardo alle cause di prelazione. Essa, in altri termini, integra la fase c.d. distributiva del processo di espropriazione forzata, nella quale trova naturale attuazione il concorso dei creditori sul ricavato dell'esecuzione, e succede alla fase propriamente espropriativa, caratterizzata dall'imposizione, prima, e dall'attuazione, poi, sui beni del debitore, del vincolo di destinazione alle finalità esecutive della procedura.
La distribuzione della somma ricavata rinviene la propria disciplina generale negli artt. 509-512 c.p.c., norme da integrare con quelle speciali dettate con riguardo ai singoli tipi di espropriazione (artt. 541 e 542 c.p.c. per quella mobiliare; artt. 596-598 c.p.c. per quella immobiliare).
Non sempre tale fase trova svolgimento. Infatti, non si ha distribuzione del ricavato – oltre che nel caso di espropriazione infruttuosa per mancata vendita dei beni o per inesistenza dei crediti pignorati -, né quando vi sia un'assegnazione satisfattiva a favore dell'unico creditore o di un creditore titolare di diritto di prelazione, il cui credito superi o pareggi il valore del bene pignorato; né, a rigore, nel caso in cui alla procedura esecutiva partecipi solo il creditore pignorante, difettando in tal caso il concorso dei creditori e, con esso, l'esigenza stessa di procedere a un riparto (si discorre allora, più propriamente, di fase c.d. satisfattiva dell'espropriazione forzata).
Giova anticipare sin d'ora come l'illustrazione delle fasi in cui si articola la distribuzione del ricavato verrà effettuata, nel presente contributo, con principale riguardo all'espropriazione immobiliare; mentre all'espropriazione mobiliare (presso il debitore o presso terzi) sarà dedicato un separato paragrafo.
La composizione della somma ricavata
La disciplina generale in materia si apre, come accennato, con l'art. 509 c.p.c., che provvede a dettagliare la composizione della somma ricavata, ossia la “massa attiva” costituente oggetto della futura distribuzione tra i creditori (ovvero dell'attribuzione all'unico procedente). Ai sensi di tale norma, essa comprende: a) quanto proveniente a titolo di prezzo o conguaglio delle cose vendute o assegnate; b) quanto proveniente a titolo di rendita o provento delle cose pignorate; c) quanto proveniente a titolo di multa e risarcimento di danno da parte dell'aggiudicatario.
Con riguardo all'ipotesi ricordata sub a), il conguaglio delle cose assegnate è costituito da quanto derivi dall'assegnazione satisfattiva dei beni pignorati al creditore assegnatario, laddove il valore delle cose medesime sia superiore rispetto all'ammontare del relativo credito: tale somma, a norma dell'art. 162 disp. att. c.p.c., deve essere depositata nelle forme dei depositi giudiziari. La fattispecie sub b), poi, è idonea a comprendere sia i frutti civili dei beni pignorati, sia il ricavato dalla vendita dei frutti naturali degli stessi. Mentre con riguardo a quella riportata sub c), essa è idonea a comprendere, da un lato, il risarcimento del danno a carico dell'aggiudicatario inadempiente, quale differenza tra prezzo offerto e quello minore per cui sia avvenuta la vendita (artt. 540,574 e 587 c.p.c.); nonché, con riguardo alle multe, sia le somme versate dal debitore exart. 495 c.p.c. ove non si concluda il procedimento di conversione del pignoramento, sia la perdita della cauzione prestata nelle ipotesi disciplinate agli artt. 580,584 e 587 c.p.c.
Il progetto di distribuzione
L'attuazione del concorso dei creditori sulla somma ricavata, così come definita dall'art. 509 c.p.c., si realizza mediante la predisposizione di un progetto di distribuzione.
Prima di soffermarsi su tale ipotesi, tuttavia, l'art. 510 c.p.c. prende in considerazione l'eventualità in cui, nel processo esecutivo, sia presente soltanto il creditore procedente, senza l'intervento di altri creditori. In tal caso, la norma dispone che il giudice dell'esecuzione, sentito il debitore, disponga a favore dell'unico creditore il pagamento di quanto gli spetta per capitale, interessi e spese. Ciò, come anticipato, parrebbe implicare che, laddove vi sia un unico creditore partecipante all'esecuzione, non abbia luogo una vera e propria fase di distribuzione del ricavato, bensì una diretta attribuzione della somma pecuniaria, previa audizione del debitore. Ciò nonostante, il rimedio a diposizione del debitore per sollevare contestazioni avverso l'attribuzione disposta a favore dell'unico creditore procedente rimane quello disciplinato dall'art. 512 c.p.c., ancorché dedicato alla risoluzione delle controversie sorte “in sede di distribuzione”.
Con riguardo, poi, all'ipotesi del concorso nell'espropriazione forzata di una pluralità di creditori, la norma generale di cui all'art. 510 c.p.c. prosegue precisando che la somma ricavata sia distribuita dal giudice dell'esecuzione tra i creditori medesimi, avuto riguardo alle cause legittime di prelazione e fatte salve le somme da destinare ad accantonamento.
In entrambe le ipotesi, il giudice dell'esecuzione conserva sempre (anche in mancanza di apposita contestazione sollevata dal debitore esecutato) il potere-dovere di verificare d'ufficio l'idoneità del titolo esecutivo e la correttezza della quantificazione del credito operata dal creditore, con provvedimento impugnabile mediante opposizione agli atti esecutivi exart. 617, comma 2, c.p.c. A tal fine, in forza dei generali poteri di direzione del procedimento di cui all'art. 484 c.p.c. – ma si tratta di potere delegabile anche al professionista -, può fissare un termine alle parti per la produzione dei documenti indispensabili alla verifica delle ragioni di credito, a pena di esclusione dal progetto di distribuzione.
Con riguardo specifico all'espropriazione forzata immobiliare, l'art. 596 c.p.c. (nel testo modificato, da ultimo, dal d.lgs. n. 149/2022), prevede che, entro trenta giorni dal versamento del prezzo (termine, questo, tutt'altro che perentorio), il professionista delegato exart. 591-bis c.p.c. provveda, secondo le direttive impartite dal giudice dell'esecuzione, alla formazione del progetto di distribuzione, anche parziale, contenente la graduazione dei creditori che vi partecipano, e alla sua trasmissione al giudice dell'esecuzione.
Si ricorda, infatti, che l'art. 591-bis c.p.c., come modificato dal citato d.lgs. n. 149/2022, prevede, quale regola generale, che nell'espropriazione immobiliare abbia sempre luogo la delega al professionista: solo nei casi eccezionali previsti dal comma 2 della norma (ossia laddove, sentiti i creditori, il giudice dell'esecuzione ravvisi l'esigenza di procedere direttamente alle operazioni di vendita a tutela degli interessi delle parti), alla formazione del progetto di distribuzione, al suo deposito in cancelleria e alla fissazione dell'udienza di audizione delle parti provvede il giudice dell'esecuzione.
Il progetto di distribuzione parziale (ammesso solo nelle espropriazioni immobiliari) prevede una distribuzione solo parziale del ricavato, entro il limite del novanta per cento delle somme da ripartire: il dieci per cento residuo è trattenuto per le necessità della procedura e per eventuali successive modifiche del riparto, in base all'esito delle controversie distributive o delle azioni proposte dai creditori non titolati contestati al fine di procurarsi un titolo esecutivo entro il termine loro assegnato.
Nella predisposizione del progetto di distribuzione il professionista delegato – il quale si avvarrà, fondamentalmente, delle note di precisazione del credito a tal fine espressamente richieste ai creditori intervenuti – è tenuto a effettuare una graduazione dei crediti, secondo il seguente ordine:
1) le passività prededucibili, da prelevare direttamente dall'attivo prima di distribuire il ricavato tra i creditori concorrenti, corrispondenti alle spese della procedura (pubblicità, tasse, imposte, spese di conservazione, gestione e manutenzione dei beni pignorati, cancellazione di iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli) e ai compensi degli ausiliari (perito, custode, delegato alla vendita);
2) le spese di giustizia contratte per atti conservativi o per l'espropriazione dei beni pignorati, ossia quelle sostenute dal creditore pignorante o da un creditore intervenuto munito di titolo esecutivo nell'interesse comune dei creditori, assistite da privilegio ex artt. 2755 e 2770 c.c. e, in quanto tali, preferite ad ogni altro credito anche pignoratizio o ipotecario e prevalenti sugli altri privilegi, generali e speciali: vi rientrano le spese per i compensi professionali relativi al precetto, al pignoramento e agli atti espropriativi necessari allo svolgimento della procedura (iscrizioni e trascrizioni immobiliari, istanza di vendita, certificazione notarile, anticipazioni agli ausiliari della procedura, ecc.);
In evidenza
Il disposto dell'art. 2770 c.c., laddove prevede l'ammissione in privilegio delle spese di giustizia fatte, per atti conservativi o per l'espropriazione di beni immobili, "nell'interesse comune dei creditori", implica il compimento di una valutazione da parte del giudice circa l'utilità o meno della spesa per la massa dei creditori, da riferirsi all'attitudine, anche solo potenziale e non effettiva, dell'atto a riuscire vantaggioso alla massa dei creditori partecipanti all'esecuzione, individuale o collettiva (Cass. civ., 10 febbraio 2020, n. 3020).
Le spese necessarie alla conservazione stessa dell'immobile pignorato e, cioè, le spese indissolubilmente finalizzate al mantenimento in fisica e giuridica esistenza dell'immobile pignorato (con esclusione, quindi, delle spese che non abbiano un'immediata funzione conservativa dell'integrità del bene, quali le spese dirette alla manutenzione ordinaria o straordinaria o gli oneri di gestione condominiale) in quanto strumentali al perseguimento del risultato fisiologico della procedura di espropriazione forzata, essendo intese ad evitarne la chiusura anticipata, sono comprese tra le spese “per gli atti necessari al processo” che, ai sensi del d.p.r. n. 115/2002, art. 8, il giudice dell'esecuzione può porre in via di anticipazione a carico del creditore procedente. Tali spese dovranno essere rimborsate come spese privilegiate ex art. 2770 c.c. al creditore che le abbia corrisposte in via di anticipazione, ottemperando al provvedimento del giudice dell'esecuzione che ne abbia disposto l'onere a suo carico (Cass. civ., 22 giugno 2016, n. 12877).
Nell'ambito dell'esecuzione immobiliare, per la distribuzione delle somme ricavate dalla vendita rientrano nelle spese sostenute per atti conservativi o di espropriazione, da porre in prededuzione a norma dell'art. 2770 c.c., esclusivamente quelle sostenute per spese e compensi del pignoramento, quelle della relazione notarile, della CTU, della pubblicità, nonché i compensi del difensore della parte che ha portato avanti la procedura esecutiva, normalmente coincidente con il creditore pignorante, oltre alle eventuali spese per atti conservativi, tra le quali non rientrano le spese di iscrizione ipotecaria. Il grado delle ulteriori spese di procedura, quali le altre spese legali sostenute dai creditori, normalmente intervenuti, che non abbiano posto in essere atti di impulso della procedura esecutiva, segue quello del credito cui afferiscono (Trib. Civitavecchia 23 aprile 2016).Nell'ambito dell'esecuzione immobiliare, per la distribuzione delle somme ricavate dalla vendita rientrano nelle spese sostenute per atti conservativi o di espropriazione, da porre in prededuzione a norma dell'art. 2770 c.c., esclusivamente quelle sostenute per spese e compensi del pignoramento, quelle della relazione notarile, della CTU, della pubblicità, nonché i compensi del difensore della parte che ha portato avanti la procedura esecutiva, normalmente coincidente con il creditore pignorante, oltre alle eventuali spese per atti conservativi, tra le quali non rientrano le spese di iscrizione ipotecaria. Il grado delle ulteriori spese di procedura, quali le altre spese legali sostenute dai creditori, normalmente intervenuti, che non abbiano posto in essere atti di impulso della procedura esecutiva, segue quello del credito cui afferiscono (Trib. Civitavecchia, 23 aprile 2016).
3) i crediti assistiti da cause legittime di prelazione, secondo il relativo grado e a prescindere dal tempo dell'intervento. Ovviamente, regole diverse valgono a seconda che si tratti di espropriazione mobiliare (presso il debitore o presso terzi) ovvero immobiliare. Nella prima, trovano soddisfazione con preferenza i crediti muniti di privilegi speciali prevalenti ex lege sul pegno; seguono, nell'ordine, i crediti muniti di pegno sul bene o sul credito (o di ipoteca su beni mobili registrati), i crediti muniti di privilegi speciali postergati rispetto ai crediti muniti di pegno e i crediti muniti di privilegio generale sui mobili. Nell'espropriazione forzata immobiliare, invece, sono soddisfatti con preferenza i crediti muniti di privilegio speciale immobiliare e, a seguire, i crediti ipotecari (in base al grado) – relativamente ai quali, ai sensi dell'art. 2855 c.c. sono collocati nello stesso grado del credito ipotecario anche gli accessori, ossia le spese e gli interessi, laddove siano stati oggetto di specifica iscrizione (Cass. civ., 18 febbraio 2000, n. 1869; Cass. civ., 6 marzo 2012, n. 3494) - e i crediti muniti di privilegio sussidiario sugli immobili;
Orientamenti a confronto
CATEGORIA DI INTERESSI COLLOCATI IN PRELAZIONE IPOTECARIA: ORIENTAMENTI A CONFRONTO
Solo gli interessi corrispettivi, e non anche quelli moratori, i quali avrebbero sempre carattere chirografario
Cass.civ., 29 agosto 1998, n. 8657; Cass. civ., 17 settembre 1999, n. 10070; Cass. civ., 30 agosto 2007, n. 18312; Cass. civ., 24 ottobre 2011, n. 21998.
Anche gli interessi moratori
Cass. civ., 30 marzo 2015, n. 6403.
4) i crediti chirografari tempestivamente intervenuti;
5) i crediti chirografari tardivi;
6) i crediti postergati per legge (quale, ad es., quello di cui all'art. 2467 c.c.).
L'eventuale residuo è restituito al debitore esecutato ovvero al terzo proprietario che ha subito l'espropriazione.
Il progetto di distribuzione, a norma dell'art. 510, comma 2, c.p.c., deve essere redatto previo accantonamento delle somme che spetterebbero ai creditori intervenuti privi di titolo esecutivo, i cui crediti non siano stati in tutto o in parte riconosciuti dal debitore esecutato, sempre che tali soggetti presentino istanza a tal fine e dimostrino di aver promosso un'azione finalizzata a munirsi del titolo mancante, in ogni caso per un periodo di tempo non superiore a tre anni. Decorso tale temine, la distribuzione delle somme accantonate avviene, anche d'ufficio, previa convocazione del debitore e dei creditori, fatta eccezione di quelli già integralmente soddisfatti.
L'approvazione del progetto di distribuzione e l'effettuazione dei pagamenti
Entro dieci giorni dal deposito del progetto da parte del professionista delegato, il giudice dell'esecuzione lo esamina e, apportate le eventuali variazioni, lo deposita nelfascicolo della procedura affinché possa essere consultato dai creditori e dal debitore, e ne dispone la comunicazione al professionista delegato. Quest'ultimo fissa dinanzi a sé, entro trenta giorni, l'audizione delle parti per la discussione sul progetto di distribuzione. Si ricorda che l'udienza per l'approvazione del progetto di distribuzione rappresenta il termine ultimo per l'intervento dei creditori, anche se muniti di cause di prelazione.
In evidenza
Nel processo esecutivo è precluso l'intervento ai creditori, ancorché privilegiati, durante o dopo la celebrazione dell'udienza di discussione del progetto di distribuzione del ricavato della vendita, di cui all'art. 596 c.p.c. A tale regola non si può derogare nemmeno nel caso in cui, dopo l'approvazione del progetto di distribuzione, vengano acquisite alla procedura nuove somme di denaro ed il giudice fissi una nuova udienza per le conseguenti modifiche del progetto di distribuzione, in quanto tale udienza non solo non è necessaria, ma ha finalità meramente esecutive del progetto di distribuzione, che non può essere ridiscusso (Cass. civ., 8 giugno 2012, n. 9285).
In tema di espropriazione immobiliare, la previsione, ex art. 565 c.p.c. - sia nel testo ante riforma di cui al d.l. n. 35/2005 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 80/2005, che in quello ad essa successivo - secondo cui il limite temporale ultimo dell'intervento tardivo del creditore chirografario è "prima dell'udienza di cui all'art. 596 c.p.c., doveva e deve intendersi nel senso che tale intervento è ormai precluso dopo che l'udienza abbia avuto inizio (nella data e nell'ora fissate) e si sia ivi svolta un'attività di trattazione effettiva, ancorché venga disposto, in esito ad essa, un rinvio in prosieguo, restando, invece, lo stesso ancora possibile se, in tale udienza, siano compiute attività esclusivamente dirette a rimediare ad una nullità impediente il suo normale svolgimento e finalizzate all'adozione del conseguente provvedimento, con fissazione di una nuova udienza ex art. 596 cod. proc. civ., ovvero se l'udienza stessa non venga tenuta per mero rinvio derivante da ragioni di ufficio. In tali casi, l'intervento è ancora possibile prima dell'udienza di rinvio (Cass. civ., 31 marzo 2015, n. 6432).
In tema di espropriazione forzata immobiliare, la domanda di sostituzione esecutiva, ai sensi dell'art. 511 c.p.c., deve essere proposta prima dell'inizio dell'udienza exart. 596 c.p.c. ovvero, per i processi iniziati dopo il 28 febbraio 2023, prima dell'inizio dell'audizione delle parti innanzi il professionista delegato per la discussione sul progetto di distribuzione (Cass. civ., 1° agosto 2023, n. 23482).
Se il creditore subcollocatario, dopo aver avanzato l'istanza ex art. 511 c.p.c., cede il proprio credito, la domanda di sostituzione dev'essere disattesa dal giudice dell'esecuzione senza ulteriore indagine, in quanto, al solo rilevante momento della distribuzione, il credito non è più nella titolarità dell'intervenuto, né può farsi applicazione dell'art. 111 c.p.c., perché l'interveniente in sostituzione non è propriamente parte della procedura, dato che il suo intervento non costituisce esercizio dell'azione esecutiva nei confronti dell'esecutato o del sostituito; resta comunque ferma la possibilità, per il cessionario del credito, di proporre un'ulteriore e autonoma domanda ex art. 511 c.p.c. prima dell'inizio dell'udienza ex art. 596 c.p.c. (Cass. civ., 20 dicembre 2023, n. 35657).
La mancata comparizione delle parti per la discussione del progetto di distribuzione davanti al professionista delegato (o all'udienza dinanzi al giudice dell'esecuzione, nell'eccezionale ipotesi in cui non sia stata conferita delega al professionista) comporta, ai sensi dell'art. 597 c.p.c., l'approvazione tacita del progetto.
Se il progetto è approvato, espressamente o tacitamente, o si raggiunge l'accordo tra tutte le parti, se ne dà atto nel processo verbale e il professionista delegato (ovvero, ancora, il giudice dell'esecuzione in caso di mancata delega) ordina il pagamento agli aventi diritto delle singole quote entro sette giorni (art. 598 c.p.c.).
Se vengono sollevate contestazioni davanti al professionista delegato, questi ne dà conto nel processo verbale e rimette gli atti al giudice dell'esecuzione, il quale provvede a risolvere la controversia distributiva ai sensi dell'art. 512 c.p.c.
Da tale assetto discende che la comparizione delle parti davanti al giudice dell'esecuzione, nel caso in cui siano state sentite dal professionista delegato per la discussione sul progetto di distribuzione, non è necessaria, ma confinata al caso in cui, nel corso dell'audizione disposta ai sensi dell'art. 596, comma 2, c.p.c., sorgano contestazioni che impediscano l'approvazione del progetto di distribuzione.
A differenza di quanto accade nell'espropriazione mobiliare (presso il debitore o presso terzi), in mancanza di accordo tra le parti non è possibile, nell'espropriazione immobiliare, procedere a una distribuzione giudiziale: tale situazione comporta l'insorgere di una controversia exart. 512 c.p.c., all'esito della quale potrà allora procedersi alla distribuzione (per un approfondimento sul tema, si rinvia alla relativa Bussola curata da A. Crivelli).
In evidenza
In questo procedimento, tutti i creditori, compresi gli intervenuti, sono litisconsorti necessari (Cass. civ., 3 marzo 1987, n. 2233).
Il progetto di distribuzione parziale è sottoposto alle parti e approvato nelle stesse forme del progetto di distribuzione definitivo e può parimenti mettere capo a una controversia distributiva exart. 512 c.p.c. In ogni caso, una volta che sia stato approvato ed eseguito, il progetto di distribuzione parziale gode del medesimo regime di stabilità del riparto definitivo.
In evidenza
In tema di espropriazione immobiliare, è ammissibile la revoca del progetto di distribuzione di cui all'art. 596 c.p.c. fino a quando esso non abbia avuto esecuzione, ai sensi dell'art. 487 c.p.c. del medesimo codice, vale a dire finché il cancelliere non abbia emesso i mandati di pagamento e questi non siano stati riscossi (Cass. civ., 28 dicembre 2012, n. 23993).
Occorre poi ricordare che l'art. 596, comma 3, c.p.c., consente la distribuzione anticipata del ricavato a fronte di fideiussione. Allo scopo di evitare che le somme depositate sul conto della procedura restino bloccate per un lungo periodo di tempo, il giudice dell'esecuzione può cioè disporre, in via provvisoria, la distribuzione anche parziale delle somme ricavate in favore di creditori non titolati (contestati dal debitore), aventi diritto al solo accantonamento exart. 510, comma 3, c.p.c., e ai creditori i cui crediti costituiscano oggetto di controversia distributiva exart. 512 c.p.c., qualora sia presentata una fideiussione autonoma, irrevocabile e a prima richiesta, rilasciata da banche, società assicuratrici o intermediari finanziari che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie e che sono sottoposti a revisione contabile, idonea a garantire la restituzione alla procedura delle somme che risultino poi essere state ripartite in eccesso, oltre agli interessi sino all'effettiva restituzione. La fideiussione è escussa dal custode o dal professionista delegato su autorizzazione del giudice dell'esecuzione. La possibilità di ottenere la distribuzione anticipata a fronte di fideiussione è riconosciuta anche ai creditori che avrebbero diritto alla distribuzione delle somme ricavate, nel caso in cui risulti insussistente, in tutto o in parte, il credito del creditore non titolato avente diritto all'accantonamento ovvero del creditore il cui credito sia oggetto di controversia distributiva.
La distribuzione del ricavato nell'espropriazione mobiliare (presso il debitore o presso terzi)
Nell'espropriazione mobiliare e in quella presso terzi, se i creditori concorrenti chiedono la distribuzione della somma ricavata secondo un piano concordato, il giudice dell'esecuzione, sentito il debitore, provvede in conformità: si tratta della c.d. distribuzione amichevole, disciplinata dall'art. 541 c.p.c.
In tale ipotesi, il piano di riparto è predisposto in accordo dai creditori ed è posto a corredo dell'istanza di distribuzione amichevole, avanzata sempre su istanza di parte, al fine di essere sottoposto all'approvazione del giudice. Prima di provvedere in ordine alla distribuzione, il giudice è tenuto a sentire il debitore, anche se non vi è unanimità di vedute in ordine alla necessità dell'adesione del debitore al piano stesso. Per quanto riguarda il contenuto della valutazione che compie il giudice nella fase di approvazione del riparto, esso costituisce propriamente una omologazione, finalizzata a verificare che tutti i creditori (e, per chi lo ritenga indispensabile, il debitore) abbiano partecipato al piano di riparto.
Laddove non venga presentata un'istanza di distribuzione amichevole, ovvero manchi l'accordo di uno o più debitori (nonché, per chi lo ritenga condizione necessaria, quello del debitore), ovvero ancora il giudice non approvi l'accordo presentato, ciascuno dei creditori può chiedere che si proceda alla distribuzione della somma ricavata: in tal caso, si farà luogo alla distribuzione giudiziale, disciplinata al successivo art. 542 c.p.c. La distribuzione del ricavato può essere richiesta da qualunque creditore intervenuto, anche se privo di titolo esecutivo, e anche se il suo credito è stato contestato dal debitore exart. 499, comma 6, c.p.c. (sempreché, in tal caso, si sia premurato di proporre tempestiva domanda volta a ottenere un titolo esecutivo). Il giudice dell'esecuzione, sentite le parti, distribuisce la somma ricavata nel rispetto delle cause legittime di prelazione e ordina il pagamento delle singole quote attribuite a ciascun creditore concorrente; l'eventuale residuo è restituito all'esecutato. L'ordinanza che dispone il riparto è soggetta al rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi exart. 617, comma 2, c.p.c.
La stabilità del riparto
Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale (espresso, ad es., da Cass. civ., 22 giugno 2020, n. 12127), il provvedimento che chiude il procedimento di espropriazione forzata, pur non avendo efficacia di giudicato sostanziale per mancanza di contenuto decisorio, è caratterizzato da una definitività insita nella chiusura di un procedimento giurisdizionale svoltosi con l'osservanza delle forme atte a salvaguardare gli interessi delle parti e incompatibile con qualsiasi sua revocabilità, sussistendo un adeguato sistema di rimedi per risolvere gli eventuali contrasti insorti all'interno del procedimento esecutivo: di conseguenza, il soggetto espropriato non può esperire, dopo la chiusura del procedimento di esecuzione forzata, l'azione di ripetizione dell'indebito nei confronti del creditore procedente o intervenuto per ottenere la restituzione di quanto questi abbia riscosso, sul presupposto dell'illegittimità, per motivi sostanziali, dell'esecuzione forzata.
In evidenza
Le parti del processo esecutivo hanno l'onere di denunciare con l'opposizione ex art. 617 c.p.c. l'erroneo trasferimento all'aggiudicatario di un cespite che è oggetto di pignoramento, essendo inammissibile un'azione (nella specie di rivendica) autonoma, cioè distinta dai rimedi tipici dell'esecuzione forzata, da esse proposta per contrastare gli effetti dell'esecuzione, ponendoli nel nulla o limitandoli (Cass. civ., 21 settembre 2022, n. 27677).
Non cessa la materia del contendere nei giudizi di opposizione agli atti esecutivi ancora pendenti in caso di conclusione della procedura espropriativa mediante distribuzione del ricavato, perché l'eventuale accoglimento dell'opposizione potrebbe determinare la riapertura del processo esecutivo che sia comunque proseguito fino alla sua definizione (Cass. civ., 16 gennaio 2025, n. 1042).
L'orientamento non appare condivisibile in quanto la distribuzione del ricavato, anche quando non sia stata né contestata né impugnata, resta un mero atto esecutivo, che se è idoneo a stabilizzare gli esiti materiali dell'esecuzione forzata, non può incidere sul piano del diritto sostanziale. In altri termini, una siffatta preclusione della condictio indebiti non può mai derivare dal riparto bensì, unicamente, da un provvedimento emesso all'esito del processo di cognizione che accerti con efficacia di giudicato il diritto del creditore a ottenere la prestazione conseguita con il riparto.
Diverso è il caso in cui sia il creditore, al di fuori del processo esecutivo, a voler contestare l'ordine di distribuzione delle somme: in tal caso, infatti, sul piano del diritto sostanziale manca, tra i creditori di uno stesso debitore, una relazione diretta e giuridicamente rilevante. Il “rango” dei rispettivi crediti, cioè, è aspetto che assume una ragione d'essere solo all'interno della distribuzione del ricavato: di talché, una volta che la stessa si sia conclusa, dev'essere esclusa la possibilità per un creditore di rivolgersi a un altro creditore, che sia stato soddisfatto, per far valere la preferenza che l'ordinamento giuridico accorda alla sua posizione.
Riferimenti
Bonsignori, Assegnazione forzata e distribuzione del ricavato, Milano, 1962;
Capponi, Diritto dell'esecuzione civile, Torino, 2025;
De Carolis, De Stefano, P. Farina, L'esecuzione forzata, Milano, 2025;
Enti, Distribuzione della somma ricavata, EdD, XIII, Milano, 1964;
Ghedini-Mazzagardi, Il custode e il delegato alla vendita nel processo esecutivo immobiliare, Milano, 2017;
Luiso, Diritto processuale civile, III, 2025;
Tedoldi, Esecuzione forzata, Pisa, 2023;
Travi, Distribuzione della somma ricavata, NsDI, V, Torino, 1960.
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Sommario
L'approvazione del progetto di distribuzione e l'effettuazione dei pagamenti
La distribuzione del ricavato nell'espropriazione mobiliare (presso il debitore o presso terzi)