L'irrilevanza, ai fini della partecipazione alle gare pubbliche, dell'organizzazione mediante contratti di governance alla luce del D. Lgs. n. 50/2016

Marco Velliscig
02 Agosto 2018

La circostanza che la struttura organizzativa di un operatore economico si fondi sul ricorso a rapporti contrattuali atipici, piuttosto che a rapporti di lavoro subordinato, è di per sé irrilevante, una volta che la stazione appaltante ha potuto valutare e apprezzare l'idoneità del contratto di governance ad assicurare in capo all'impresa concorrente la direzione e il controllo degli operatori addetti alla materiale esecuzione del servizio
Massima

La circostanza che la struttura organizzativa di un operatore economico si fondi sul ricorso a rapporti contrattuali atipici, piuttosto che a rapporti di lavoro subordinato, è di per sé irrilevante, una volta che la stazione appaltante ha potuto valutare e apprezzare l'idoneità del contratto di governance ad assicurare in capo all'impresa concorrente la direzione e il controllo degli operatori addetti alla materiale esecuzione del servizio.

Il caso

La vicenda decisa dal T.A.R. fiorentino attiene ad una procedura telematica di affidamento in concessione di servizi.

Il T.A.R. ha infatti rigettato il ricorso, presentato dall'operatore economico classificatosi secondo, avverso il provvedimento di aggiudicazione della procedura ad evidenza pubblica che censurava, in via principale, la congruità dell'offerta dell'aggiudicataria e, con motivi aggiunti, il possesso dei requisiti di partecipazione in capo all'impresa aggiudicataria con specifico riferimento al modello organizzativo adottato.

In particolare, il ricorrente lamentava la mancanza dei requisiti di partecipazione dell'aggiudicataria che, nelle giustificazioni rese durante il sub-procedimento di verifica dell'anomalia, aveva dichiarato di avvalersi di un modello organizzativo incentrato su una struttura centrale e su strutture periferiche, queste ultime affidate a imprese diverse e vincolate alla prima da contratti atipici di governance, così da eludere, secondo la tesi della ricorrente, la normativa sul subappalto o quella sui concorrenti plurisoggettivi.

La questione

La questione giuridica sottesa alla pronuncia in esame riguarda l'ammissibilità ad una procedura ad evidenza pubblica di un operatore economico che si avvalga, in base alla propria organizzazione interna, di altri soggetti giuridici ad esso legati da contratti atipici di governance.

Il contratto atipico di governance, per quanto qui in rilievo, è il negozio giuridico in forza del quale un soggetto, detto affiliato, entra a far parte dietro corrispettivo dell'organizzazione e dell'operatività (tramite una rete integrata di imprese) di un altro soggetto, detto affiliante, sottoponendosi al potere di direzione e controllo (a sua volta comprensivo del monitoraggio e della vigilanza) del secondo ma mantenendo una propria soggettività giuridica distinta dall'affiliante, senza quindi dare luogo ad un soggetto giuridico unitario risultante dalla somma delle due imprese contraenti.

Si tratta di organizzazioni aziendali complesse tendenzialmente organizzate in due distinte strutture operative accomunate da “un'unica logica realizzativa e gestionale” (T.A.R. Torino, Sez. I, sentenza 19 dicembre 2012 n. 1365): una struttura centrale unica, che gestisce una centrale operativa, e numerosi centri logistici operativi (c.d. C.L.O.) decentrati, affidati a singole imprese (affiliate) locali che debbono effettuare gli interventi richiesti dalla centrale operativa dell'affiliante in base al vincolo obbligatorio costituito dai contratti di governance individualmente sottoscritti con l'affiliante.

Tale contratto, al netto di alcuni dubbi inizialmente sorti (cfr. T.A.R. Lecce, Sez. III, sentenza 27 giugno 2012 n. 1444 e T.A.R. Pescara, Sez. I, ordinanza 23 febbraio 2012 n. 40 ivi cit.), si distingue da quello atipico di franchising perché l'affiliato non commercializza prodotti o servizi dell'affiliante traendo da tale attività l'utile d'impresa, ma esegue un servizio nei confronti di terzi secondo le direttive dell'affiliante (e, tendenzialmente, mediante l'utilizzo delle sue attrezzature e sotto la sua insegna) verso un corrispettivo erogatogli (in misura forfettaria) da quest'ultima (cfr. Cons. St., Sez. V, sentenza 25 febbraio 2015 n. 936).

La giurisprudenza amministrativa si era già più volte pronunciata sulla compatibilità di tale struttura imprenditoriale rispetto alla disciplina previgente (il D. Lgs. n. 163/2006, c.d. Codice De Lise), ed aveva definito il modello in esame come “un'organizzazione d'impresa ramificata che fa capo” all'affiliante (T.A.R. Pescara, Sez. I, sentenza 20 maggio 2013 n. 283). I giudici avevano inoltre stabilito che l'assetto organizzativo plurisoggettivo realizzato tramite contratti di governance non integra un'ipotesi “larvata” di subappalto nell'ipotesi in cui la posizione delle imprese affiliate risulti, all'esito dell'esame del caso concreto, “del tutto integrata nell'unitaria compagine operativa” dell'affiliante (Cons. St., Sez. V, sentenza 25 febbraio 2015 n. 936) ed esse non agiscano con propria organizzazione di mezzi ed accollandosi il rischio d'impresa bensì come mere esecutrici materiali nei confronti dell'affiliante.

Il Collegio fiorentino è stato quindi nuovamente chiamato a valutare la compatibilità dell'assetto imprenditoriale fondato su contratti di governance con la normativa nazionale in materia di requisiti di partecipazione a procedure ad evidenza pubblica.

Secondo la tesi del ricorrente il modello societario così realizzato sarebbe infatti incompatibile con l'attuale normativa codicistica per (sostanzialmente) due distinti ordini di ragioni.

Il primo motivo verte sulla non riconducibilità del contratto atipico di governance (e, conseguentemente, dell'assetto organizzativo da esso derivante) ad alcuno dei modelli soggettivi espressamente ammessi dal Codice. Il modello organizzativo non integrerebbe, infatti, un'ipotesi di associazione temporanea di imprese, mancando tanto il requisito dell'occasionalità quanto quello della funzionalizzazione del vincolo alla singola procedura, né un consorzio ordinario, né una holding, bensì un subappalto dissimulato, peraltro eccedente il limite del 30% dell'importo complessivo posto a gara.

Il secondo motivo riguarda l'ammissibilità dell'offerta presentata da un concorrente che si avvalga dell'attività di soggetti terzi, di fatto spendendo i loro requisiti e formulando un'offerta tecnica viziata ed un'offerta economica dalla quale emergerebbe la traslazione del rischio d'impresa in capo agli affiliati (atteso l'importo forfettario ad essi riconosciuto per ogni intervento e quindi l'alea rispetto alla “domanda” di interventi).

La soluzione giuridica

Nel decidere il ricorso il T.A.R. si è posto in continuità rispetto alla giurisprudenza amministrativa consolidata sotto la vigenza del Codice De Lise ed ha anzitutto ribadito come l'assetto imprenditoriale derivante da una serie di contratti di governance tra affiliante ed affiliate dia luogo ad un unitario centro d'imputazione e non ad un'ipotesi di subappalto mascherato, a condizione che i terzi manchino “di ogni autonomia” nell'esecuzione delle prestazioni in favore dell'affiliante.

In particolare, nell'escludere la traslazione del rischio d'impresa in capo alle affiliate, il Collegio ha specificato anzitutto che il contratto di governance non genera effetti obbligatori per l'affiliato nei confronti della stazione appaltante, ma solo rispetto all'affiliante. I giudici hanno poi evidenziato che non sussiste un collegamento diretto tra le prestazioni oggetto del contratto pubblico e quelle dedotte nel contratto di governance le quali costituiscono, al più, species del più ampio genus. Non vi sarebbe poi traslazione del rischio d'impresa dall'affiliante/aggiudicatario all'affiliato poiché quest'ultimo mantiene il diritto a ricevere dall'affiliante il compenso forfettario pattuito anche nelle ipotesi in cui il primo non abbia diritto a riceverlo dalla stazione appaltante.

Il T.A.R. ha infine specificato che, qualora l'affiliante prenda parte ad una procedura ad evidenza pubblica spendendovi la propria compagine operativa decentrata mediante contratti di governance, non è tenuto ad indicare preventivamente di quali imprese terze, ad esso legate dal vincolo contrattuale in oggetto, intenda avvalersi nell'esecuzione del contratto poiché rimane l'unico responsabile dell'esecuzione del contratto pubblico.

Osservazioni

Dalla sentenza in commento sembra potersi dedurre una generale libertà concessa agli operatori economici che intendano partecipare a procedure ad evidenza pubblica di strutturare la propria organizzazione d'impresa avvalendosi, anche mediante contratti atipici, di soggetti terzi, purché questi ultimi non siano dotati, rispetto all'affidatario, di alcun grado di autonomia organizzativa e gestionale. In punto di traslazione del rischio sull'affiliato, tuttavia, si osserva che, nella modello organizzativo decentrato qui analizzato, l'affiliante e l'affiliato sembrano sopportare in pari misura, ferma la valutazione da effettuarsi caso per caso, quantomeno il c.d. rischio di domanda (a dire il rischio dovuto alla mancanza di utenza) e il c.d. rischio di disponibilità (cioè la capacità del concessionario di fornire il servizio oggetto della concessione).

L'orientamento sopra descritto, ormai consolidato, pare inoltre essere espressione di una tendenza generale dell'Ordinamento ad ampliare (anche in aderenza al principio del favor partecipationis) le forme di partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica e trova un riscontro normativo all'art. 105, comma 3, lett. c-bis, del D. Lgs. n. 50/2016, introdotto dal D. Lgs. n. 56/2017 (c.d. decreto correttivo), il quale (pur molto criticato in dottrina) dispone che non costituiscono subappalto “le prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell'appalto” e che “i relativi contratti sono depositati alla stazione appaltante prima o contestualmente alla sottoscrizione del contratto di appalto”.

Il Legislatore del Correttivo ha quindi fatto un passo ulteriore rispetto alla giurisprudenza amministrativa stabilendo, tramite una presunzione iuris et de iure, l'irriconducibilità alla disciplina del subappalto dei contratti (genericamente definiti) “di collaborazione”, senza tuttavia prevedere il requisito della completa subordinazione (intesa come assenza di qualunque forma di autonomia) dell'affiliato all'affiliante nell'esecuzione delle prestazioni.

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