Possibile falcidia dell’IVA anche nel concordato in continuità

Giovanni Pietro Rota
07 Agosto 2018

Possibilità, nel limite della quota realizzabile sul ricavato in caso di liquidazione, di prevedere la falcidiabilità per IVA e ritenute, sia nel concordato liquidatorio, che in continuità aziendale così come negli accordi di ristrutturazione del debito. E' quanto rappresentato nella recente circolare n. 16 del 23 luglio 2018 dell'Agenzia delle entrate in materia di trattamento dei crediti tributari e contributivi nella procedura di concordato preventivo, degli accordi di ristrutturazione del debito e nella disciplina da sovraindebitamento.

Possibilità, nel limite della quota realizzabile sul ricavato in caso di liquidazione, di prevedere la falcidiabilità per IVA e ritenute, sia nel concordato liquidatorio, che in continuità aziendale così come negli accordi di ristrutturazione del debito. E' quanto rappresentato nella recente circolare n. 16 del 23 luglio 2018 dell'Agenzia delle entrate in materia di trattamento dei crediti tributari e contributivi nella procedura di concordato preventivo, degli accordi di ristrutturazione del debito e nella disciplina da sovraindebitamento.

Dopo le circolari n. 40/E del 18.04.2008 e 19/E del 06.05.2015 con la recente circolare n. 16 del 23 luglio 2018, l'Agenzia delle Entrate, ripercorrendo l'evoluzione normativa e giurisprudenziale anche comunitaria sviluppatasi sulla materia, definisce l'attuale operatività dell'art. 182-ter l.fall. così come aggiornato dall'art. 1, comma 81 della L. 11/12/2016 n. 232 in vigore dal 1 gennaio 2017. Tale intervento normativo ha difatti in modo organico rivisto l'intera disciplina della transazione fiscale rimuovendo gli ostacoli che non consentivano, nell'utilizzo di tale disciplina, di prevedere nelle procedure di gestione della crisi una soddisfazione parziale per IVA e ritenute come confermata dal legislatore comunitario.

Tra i passaggi fondamentali riconosciuti nel documento di prassi che hanno imposto un'inversione di tendenza rispetto agli orientamenti giurisprudenziali nazionali v'è appunto la pronuncia della Corte di Giustizia UE del 7 aprile 2016 nella causa C-546/14. In tale ambito, difatti, la Corte di Giustizia comunitaria, in netta discontinuità con gli indirizzi domestici ed evidenziando come la procedura di concordato preventivo fosse soggetta a presupposti di applicazione rigorosa, ha confermato l'ammissibilità di una proposta di concordato preventivo non accompagnata dalla transazione fiscale che prevedesse la falcidia del credito IVA, in presenza di un esperto indipendente che ne attestasse la soddisfazione in misura non maggiore nel caso di fallimento. Nonostante tale pronuncia, la previgente disciplina della transazione fiscale ex art. 182 ter l.f. che vietava espressamente la possibilità di prevedere per tali elementi un pagamento parziale, consentendone solo la dilazione, di fatto escludeva la possibilità di prevedere un pagamento parziale per IVA e ritenute (Cass. n. 760 13/01/2017). Risultava semmai consentito, un pagamento parziale per le sole ritenute, nell'ipotesi di concordato preventivo non accompagnato dalla transazione fiscale (Cass. n. 1337 19/01/2017). Infatti, ante L. 232/2016, la disciplina dell'art. 182 ter l.f. rilevava quale sub-procedimento facoltativo per il debitore al quale lo stesso, stante al facoltatività, poteva quindi non aderire.

Per effetto dell'intervento della L. 232/2016, frutto della nuova riflessione legislativa sulla materia di derivazione comunitaria, la transazione fiscale dell'art. 182 ter l.f. assume rinnovata identità, divenendo il procedimento obbligatorio ogniqualvolta il debitore intenda proporre un pagamento ridotto o dilazionato di un debito tributario, incluso quello per IVA e ritenute, ora ammesso. La nuova transazione fiscale, come anche osservato nella Circolare in commento, “ha perso le connotazioni e gli effetti peculiari del previgente istituto della transazione fiscale, per uniformarsi ai tratti della procedura di concordato preventivo senza transazione fiscale o di accordo di ristrutturazione”. Nel concordato preventivo difatti la disciplina si innesta nel procedimento ordinario non rilevando più come un autonomo accordo con l'amministrazione finanziaria che necessita di un preventivo assenso rispetto all'adunanza dei creditori. Il debitore dovrà limitarsi a consegnare copia della domanda di concordato, completa in tutte le sue parti, agli uffici dell'Agenzia delle Entrate e dell'agente di riscossione competenti. L'Agenzia delle Entrate ovvero l'Ente Riscossione saranno legittimati ad esprimere in adunanza, ovvero nelle ordinarie modalità dell'art. 178 l.f., il proprio voto come tutti gli altri creditori. La parte di credito tributario non pagata integralmente dovrà essere degradata in un'apposita classe al chirografo e troverà soddisfazione, come gli altri crediti, nelle percentuali dell'art. 160, co. 4, l.f.. Viene meno, nella nuova disciplina del 182 ter l.f., il consolidamento del debito tributario, così come la cessazione della materia del contendere nei giudizi avente ad oggetto i tributi concordati.

Nel solco dei principi di garanzia a tutela del credito enunciati dalla Corte UE, nella nuova transazione fiscale ruolo centrale assume il professionista chiamato a garantire che i crediti tributari saranno, secondo il piano di concordato, soddisfatti “in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione”. Come osservato dall'amministrazione finanziaria nella circolare 16, questa attestazione sarà ancora più onerosa negli accordi di ristrutturazione del debito dovendo il professionista, nell'istituto ex art. 182 bis l.f., attestare, quanto ai crediti fiscali, la convenienza del trattamento proposto rispetto alle alternative concretamente praticabili. Un'analisi comparativa che, secondo l'amministrazione finanziaria, non potrà quindi limitarsi alla sola ipotesi fallimentare, ma che dovrà valutare l'alternativo ricorso del debitore ad altri strumenti quali ad esempio il concordato preventivo, la liquidazione ordinaria etc. – attestazione di rilievo, posto che quest'ultima, per specifica disposizione normativa, costituisce oggetto di specifica valutazione da parte del tribunale.

Conclusa la rappresentazione della nuova disciplina dell'art. 182 ter l.f., l'agenzia delle entrate approfondisce, nel documento, il tema dei crediti per tributi oggetto di contenzioso e contestati. Nel concordato preventivo l'amministrazione precisa che la proposta di concordato dovrà, in ogni caso, rappresentare la complessiva esposizione per debiti tributari che includa anche le pretese oggetto di accertamento giudiziale. Ciò al fine di consentire all'amministrazione finanziaria l'espressione di voto anche per i crediti incerti nonché di rendere nota ai creditori l'intera esposizione passiva. In ogni caso, il trattamento del debito tributario proposto in sede di concordato dovrà essere applicato all'importo della pretesa come risultante dalla pronuncia che definisce il giudizio tenendo conto che lo stesso sarà trattato con priorità sulla base del comma 4, art. 43 l.f., richiamato dal comma 2, dell'art. 169 l.f. . Secondo l'amministrazione finanziaria, quanto ai crediti contestati, essa potrà richiedere l'accantonamento di un importo pari alla percentuale di soddisfacimento del credito contestato (tema questo che, a parere di chi scrive, dovrà essere valutato dagli organi della procedura caso per caso). Negli accordi di ristrutturazione dei debiti, quanto ai crediti contestati, l'Agenzia delle entrate precisa invece che, a seguito dell'eliminazione della disposizione sulla cessata materia del contendere contenuta nel comma 5 del previgente art. 182-ter l.f., il riferimento è da ricercare nei criteri generali dettati in materia processuale sul tema. In caso di risoluzione dell'accordo, ai sensi del successivo comma 6, si determina pertanto la reviviscenza dell'originaria pretesa tributaria.

In conclusione, nella circolare in commento si prende atto dell'orientamento di stampo comunitario che non ritiene che il pagamento parziale del debito Iva si ponga in contrasto con il divieto di rinuncia generale e indiscriminata del tributo, purché restino ferme le condizioni richieste dal comma 2, dell'art. 160 l.f.. La soddisfazione del credito Iva non dovrà tuttavia risultare inferiore a quella che sarebbe realizzabile dalla liquidazione dei beni sui quali grava il diritto di prelazione, attestata da un professionista, dovendosi garantire il rispetto dell'ordine delle cause legittime di prelazione e, quindi, della par condicio creditorum. Principi che, conferma l'amministrazione finanziaria, seppur pronunciati riguardo ad un concordato liquidatorio devono ritenersi altresì validi per il concordato in continuità aziendale.

La nuova disciplina ha decorrenza dal 01.01.2017. E' precisato dall'amministrazione finanziaria che potranno pertanto essere modificate le proposte che al 01.01.17 non fossero già state votate ovvero le proposte di accordo che non fossero a tale data già stata sottoscritte dall'amministrazione finanziaria.

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