Contratto estimatorio e revocatoria
25 Settembre 2018
“Il 18 settembre 2011 la società alfa fallita nel giugno 2015 stipula un accordo commerciale con premi al raggiungimento di risultati di fatturato (emissione di note di credito sull'intero fatturato). Al 28 marzo 2013 la fallita accumula debiti per forniture per 800.000 euro; nella stessa data le parti stipulano accordo contenente riconoscimento di debito per gli 800.000,00, obbligo di retrocessione di materiale per 500.000,00 così disciplinato: "la società alfa (fallita) si obbliga a rendere entro il 2 aprile 2013 il materiale venduto con emissione di fatture di vendita". Le parti si obbligano contestualmente a stipulare un estimatorio. In pari data 28 marzo 2012 le parti stipulano un estimatorio nel quale nulla menzionano circa i rapporti di cui alla scrittura privata e dal 13 aprile 2013 la fallita inizia ad emettere fatture di (retro) vendita per la restituzione della merce giacente (per i 500.000 euro) come da intese di cui alla scrittura privata 28 marzo 2013 e da contratto estimatorio, pur senza menzionare nulla nella descrizione della prestazione, se non i nomi dei beni rivenduti. La merce non si muove mai dai magazzini dove era già stoccata prima della stipula dell'estimatorio. Il 6 aprile 2018 la curatela della fallita esercita la revocatoria ex art. 67, comma 1 n. 1 e n. 2 delle fatture di retrovendita del 13 aprile 2013. Domanda: pacifica la non decadenza della domanda sulle retrovendite, ma il dubbio afferisce al fatto che le retrovendite sono mera conseguenza di accordo di scioglimento del contratto del 28 marzo 2013 ed accordo di stipula dell'estimatorio 28 marzo 2013 per i quali ormai la revocatoria è decaduta per tardività per il decorso di 5 anni di cui all'art. 69-bis l.fall. L'art. 2903 c.c. non sembra aiutare per capire. Sono a chiedere cosa ne pensate sul fatto che oggetto della revocatoria avrebbe dovuto essere anche l'estimatorio o l'intesa da cui deriva l'obbligo di retrovendita. Tesi dubbia, ma è sostenibile? Oppure è molto più evidente il fatto che le retrovendite sono entro i 5 anni e quindi revocabili?”
Riferimenti normativi Art. 67, comma 1, l.fall. “Sono revocati, salvo che l'altra parte provi che non conosceva lo stato d'insolvenza del debitore: 1) gli atti a titolo oneroso compiuti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso; 2) gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento; 3) i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per debiti preesistenti non scaduti; 4) i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento per debiti scaduti”. Art. 2903 c.c. “L'azione revocatoria si prescrive in cinque anni dalla data dell'atto”.
Il quesito descrive la seguente situazione di fatto. A seguito di debiti insorti in virtù di una partnership commerciale, la società Alfa, in data 28 marzo 2013, sottoscrive con la partner Beta un accordo con il quale, previo riconoscimento di un debito nei confronti di Beta pari a 800.000 Euro, si obbliga a rivendere alla stessa Beta la merce acquistata entro il 2 aprile 2013. Nel contesto di tale contrattazione, le parti si obbligano a formulare un futuro contratto estimatorio, che, infatti, sottoscrivono in quella stessa data. Successivamente, dal 13 aprile 2013, Alfa emette una serie di fatture di retrovendita del materiale acquisito da Beta, indicando come causale la scrittura privata del 28 marzo e il contratto estimatorio. La società Alfa fallisce nel giugno del 2015 e, in data 6 aprile 2018, la Curatela esercita azione revocatoria fallimentare [art. 67, comma 1, nn. 1) e 2)] sulle cessioni di merce svolte da Alfa a Beta di cui alle fatture del 13 aprile 2013. Si propone una riflessione sul fatto per cui oggetto della revocatoria possano essere solamente le retrovendite in esecuzione dell'accordo del 28 marzo, ovvero debba necessariamente considerarsi anche la suddetta scrittura privata. Il quesito impone, innanzitutto, di chiarire l'oggetto dell'azione revocatoria prevista dalla legge fallimentare, nonché dal Codice civile. La disciplina prevista dal codice civile prevede un'azione giudiziale in grado di rendere inefficaci per il creditore gli atti con i quali il debitore abbia disposto del suo patrimonio, recando pregiudizio alle ragioni, appunto, di coloro che invocano la sentenza costitutiva. La disciplina fallimentare amplia il perimetro dell'azione revocatoria, tant'è che la fattispecie ex art. 67, comma 1, n. 2) l.fall. permette al curatore di rendere inefficaci nei confronti della massa dei creditori gli atti estintivi di precedenti obbligazioni pecuniarie non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento se compiuti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento. È evidente come l'azione revocatoria fallimentare preveda, quindi, uno spettro maggiore di atti passibili di inefficacia, proprio in considerazione della particolare tutela dovuta ai creditori a fronte della conclamata insolvenza del debitore. L'analisi impone di distinguere le ipotesi a seconda della qualificazione della fattispecie negoziale in oggetto. Si prendono le mosse dal caso in cui il contratto formulato in data 28/03/2012 costituisca effettivamente un contratto estimatorio, ossia quel contratto (regolato dall'art. 1556 c.c.) ai sensi del quale una parte (tradens) consegni una o più cose mobili all'altra (accipiens), mentre quest'ultima si obbliga a pagarne il prezzo ovvero a restituirle nel termine stabilito. Colui che riceve la merce, conseguentemente, diviene soggetto passivo di un'obbligazione c.d. facoltativa, dovendo lo stesso principalmente pagare il prezzo pattuito e, solo in via secondaria, restituire la merce. In prima battuta, si analizza il caso in cui l'azione esercitata sia la revocatoria fallimentare di cui all'art. 67, comma 1, n. 2). Innanzitutto, non si nutrono particolari dubbi che, in tale circostanza, oggetto della revocatoria possano essere solo ed esclusivamente il trasferimento dei beni a terzi. La norma, infatti, è chiara nell'individuare l'atto revocabile anche nell'adempimento di una precedente obbligazione, restando indifferente il regolamento negoziale che l'ha generata. Da questo punto di vista, quindi, il titolo generante l'obbligazione resta del tutto estraneo alla fattispecie. Tuttavia, varrebbe la pena chiedersi se, considerato che con un contratto estimatorio le parti costituiscono un'obbligazione facoltativa, l'adempimento di tale obbligazione con la restituzione della merce possa essere considerato un mezzo anomalo di pagamento, costituendo lo stesso una facultas solutionis. Differente, invece, il caso in cui nella fattispecie non possa individuarsi un contratto estimatorio. Spesso, infatti, le parti risolvono un pregresso indebitamento stipulando un contratto atipico che prevede la retrovendita delle merci acquisite. La differenza con l'accordo estimatorio è quindi evidente. Mentre in quest'ultimo, infatti, la merce diviene di proprietà dell'accipiens solamente una volta che sia stata pagata, nel contratto atipico vi sono due trasferimenti di proprietà: il primo a favore dell'acquirente, il secondo (detto retrovendita) a favore del primo venditore. In casi simili, la giurisprudenza di legittimità individua nella retrovendita una datio in solutum qualificabile come mezzo anormale di pagamento, ai sensi dell'art. 67, comma 1, n. 2, l. fall. (Cass. civ. Sez. VI - 1 Ord., 14 febbraio 2018, n. 3673). Nessun dubbio, quindi, che la cessione di proprietà dal debitore dell'obbligazione originaria al creditore costituisca un atto revocabile sulla base di detta disciplina. Analizzando la fattispecie sulla base dei presupposti dell'azione revocatoria ordinaria (comunque esperibile dal curatore, ai sensi dell'art. 66 l.fall.) si giunge a risultati ancora diversi. Si analizza il caso in cui vi sia un contratto estimatorio. In tale circostanza, si nutrono dubbi sulla fondatezza dell'azione con cui si chiede la declaratoria di inefficacia della sola restituzione dei beni forniti dal tradens. Come già accennato, nel caso di accordo estimatorio i beni oggetto di scambio divengono parte del patrimonio dell'accipiens solo nel momento in cui viene corrisposta la somma di denaro costituente la controprestazione. Appare, conseguentemente arduo considerare la restituzione della merce come un atto di “disposizione del patrimonio” revocabile ai sensi dell'art. 2901 e ss. c.c.. A ciò si aggiunga che, sempre a mente dell'art. 2901 c.c., non sono sottoponibili a revocatoria gli adempimenti di un debito scaduto, dovendosi considerare tale la restituzione della merce di proprietà del tradens.
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