Codice Civile art. 2343 bis - Acquisto della società da promotori, fondatori, soci e amministratori (1).Acquisto della società da promotori, fondatori, soci e amministratori (1). [I]. L'acquisto da parte della società, per un corrispettivo pari o superiore al decimo del capitale sociale, di beni o di crediti dei promotori, dei fondatori, dei soci o degli amministratori, nei due anni dalla iscrizione della società nel registro delle imprese, deve essere autorizzato dall'assemblea ordinaria. [II]. L'alienante deve presentare la relazione giurata di un esperto designato dal tribunale nel cui circondario ha sede la società ovvero la documentazione di cui all'articolo 2343-ter primo e secondo comma (2) contenente la descrizione dei beni o dei crediti, il valore a ciascuno di essi attribuito, i criteri di valutazione seguiti, nonché l'attestazione che tale valore non è inferiore al corrispettivo, che deve comunque essere indicato. [III]. La relazione deve essere depositata nella sede della società durante i quindici giorni che precedono l'assemblea. I soci possono prenderne visione. Entro trenta giorni dall'autorizzazione il verbale dell'assemblea, corredato dalla relazione dell'esperto designato dal tribunale ovvero dalla documentazione di cui all'articolo 2343-ter (3), deve essere depositato a cura degli amministratori presso l'ufficio del registro delle imprese. [IV]. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli acquisti che siano effettuati a condizioni normali nell'ambito delle operazioni correnti della società né a quelli che avvengono nei mercati regolamentati o sotto il controllo dell'autorità giudiziaria o amministrativa. [V]. In caso di violazione delle disposizioni del presente articolo gli amministratori e l'alienante sono solidalmente responsabili per i danni causati alla società, ai soci ed ai terzi. (1) Articolo sostituito dall' art. 1 d.lg. 17 gennaio 2003, n. 6 , con effetto dal 1° gennaio 2004. La legge ha modificato l’intero capo V, ed è stata poi modificata e integrata dal d.lg 6 febbraio 2004, n. 37, la cui disciplina transitoria è dettata dall'art. 6. Il testo dell'articolo, come inserito dapprima dall'art. 7 d.P.R. 10 febbraio 1986, n. 30 e successivamente modificato dall'art. 33 l. 24 novembre 2000, n. 340, era il seguente: «[I]. L'acquisto da parte della società, per un corrispettivo pari o superiore al decimo del capitale sociale, di beni o di crediti dei promotori, dei fondatori, dei soci o degli amministratori, nei due anni dalla iscrizione della società nel registro delle imprese, deve essere autorizzato dall'assemblea ordinaria. [II]. L'alienante deve presentare la relazione giurata di un esperto designato dal presidente del tribunale contenente la descrizione dei beni o dei crediti, il valore a ciascuno di essi attribuito, i criteri di valutazione seguiti, nonché l'attestazione che tale valore non è inferiore al corrispettivo, che deve comunque essere indicato. [III]. La relazione deve essere depositata nella sede della società durante i quindici giorni che precedono l'assemblea. I soci possono prenderne visione. Entro trenta giorni dall'autorizzazione il verbale dell'assemblea, corredato dalla relazione dell'esperto designato dal presidente del tribunale, deve essere depositato a cura degli amministratori presso l'ufficio del registro delle imprese. [IV]. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli acquisti che siano effettuati a condizioni normali nell'ambito delle operazioni correnti della società né a quelli che avvengono in borsa o sotto il controllo dell'autorità giudiziaria o amministrativa». (2) L'art. 20, d.l. 24 giugno 2014 n. 91, conv., con modif., in l. 11 agosto 2014, n. 116, ha inserito, dopo le parole «di un esperto designato dal tribunale nel cui circondario ha sede la società», le parole «ovvero la documentazione di cui all'articolo 2343-ter primo e secondo comma». (3) L'art. 20, d.l. 24 giugno 2014 n. 91, conv., con modif., in l. 11 agosto 2014, n. 116, ha inserito, dopo le parole «dell'esperto designato dal tribunale» le parole: «ovvero dalla documentazione di cui all'articolo 2343-ter». InquadramentoLa disciplina volta ad evitare rischi di «annacquamento» del capitale non sarebbe certamente completa se idonei strumenti di presidio non fossero stati predisposti anche per l'ipotesi di acquisto di beni o crediti da soci o da altri soggetti capaci di influenzare o dirigere le scelte sociali dopo la sua costituzione. A tale finalità, quindi, risponde, anche se non unicamente, la disposizione in esame, introdotta dalla seconda Direttiva CE, che riproduce meccanismi già previsti per l'ipotesi di conferimento di beni. Opportunamente sono state anche contemplate circostanze in cui le disposizioni non trovano applicazione per la concreta inesistenza di rischi di sopravvalutazione e di depauperamento delle risorse societarie, sia in ragione della sostanziale irrilevanza dell'operazione sia per le condizioni alle quali tali operazioni sono effettuate. È stata, però, avanzata l'idea che la norma sia diretta ad un altro scopo e, cioè, soprattutto a quello di proteggere da operazioni comunque pericolose le società in un momento particolarmente delicato, come quello dell'inizio della loro attività economica (Pisani Massamormile, 235). La disposizione permette anche di superare, secondo un procedimento lineare e molto garantista, possibili conflitti di interesse, consentendo agli amministratori e alla società di acquisire utilità spesso strategiche da soggetti che possono direttamente od indirettamente influenzare la governance della società, senza rischi di vedere annullato il contratto (Platania, 50). L'ambito oggettivo e soggettivo di applicazione della normaLa disposizione è diretta a disciplinare tutti i contratti che abbiano come effetto il trasferimento a titolo oneroso e non gratuito (ovvero per successione a titolo particolare o fusione), della proprietà di beni o crediti stipulati nel termine di due anni dall'iscrizione nel registro delle imprese dell'atto costitutivo (ovvero anche prima dell'iscrizione, qualora l'atto sia stato perfezionato dai soci e poi ratificato dalla società una volta venuta ad esistenza). Vi rientrano pertanto, non solo, la vendita, ma anche la permuta, la datioinsolutum, la transazione, la somministrazione, il contratto estimatorio, l'appalto di beni, la vendita di azienda, la cessione di crediti e (salvo le considerazioni che seguono) la compensazione. Nel caso di vendita frazionata deve essere tenuta in considerazione la somma delle vendite. Anche il leasing finanziario ed il leaseback (qualora non rientranti nella generale esclusione prevista dal quarto comma dell'articolo) debbono essere ricompresi nell'area di operatività della norma, poiché il possibile effetto del contratto è proprio quello del trasferimento di un bene. V'è, semmai, da chiedersi se la procedura debba essere seguita anche se il trasferimento si produca contrattualmente oltre il termine biennale indicato nella norma. È preferibile ritenere rientrare nell'operatività della norma anche tale evenienza se il contratto sia stato stipulato entro i due anni dalla costituzione; sarebbe, infatti, una facile modalità di aggiramento della norma prevedere che gli effetti traslativi siano posticipati ad epoca appena successiva al biennio, determinando ugualmente rischi di annacquamento del capitale. Così deve ritenersi anche per la stipula di un preliminare sorgendo l'obbligo al trasferimento già con tale atto, se viene superato il limite quantitativo previsto dalla legge. Bisogna, però, tenere conto che la giurisprudenza (Cass. n. 1710/2010), in tema di divieto di alienazione per un determinato periodo di tempo di beni (quali ad esempio gli immobili di edilizia economico-popolare) ha costantemente ritenuto che non fossero colpiti da nullità i contratti preliminari (perfino se accompagnati dalla cessione del possesso) stipulati nel periodo di vigenza del divieto di alienazione, qualora l'effetto traslativo fosse posticipato al periodo di divieto di vendita. Il naturale collegamento esistente tra la disposizione in esame e le altre relative ai conferimenti a capitale dovrebbe escludere l'applicazione della procedura nelle ipotesi di conferimenti di beni e servizi che, come più volte specificato, non possono essere conferiti a capitale. Infatti, la lettura della Direttiva CE, da cui trae origine la norma nazionale, non sembra favorire l'interpretazione estensiva, poiché in essa viene specificato che la disciplina sugli acquisti è applicabile solo per il trasferimento di elementi dell'attivo e, quindi, solo per quelle utilità iscrivibili nell'attivo dello stato patrimoniale e non in tutti i casi di acquisizione anche di beni e servizi. Eppure appare piuttosto evidente che operazioni di conferimento di servizi da parte dei soci possano rappresentare lo strumento di restituzione surrettizia di capitale ai soci che specificamente la norma tende ad evitare. Se si aderisce, perciò, alla tesi della pluridirezionalità della disposizione, assumendosi che con essa non solo viene tutelata, mercè il procedimento delineato dall'art. 2343-bis, l'integrità del capitale sociale, ma anche il mantenimento dei mezzi acquisiti con i conferimenti nel periodo iniziale dell'attività sociale, risulta assai più agevole estendere la disciplina dell'articolo in esame a tutte le fattispecie in cui la società acquista beni servizi ed opere dai soggetti indicati nella norma (Pisani Massamormile, 272) Molto delicati sono i rapporti tra la norma in questione ed i casi di compensazione tra il debito da conferimento in capo al socio che abbia solo versato il 25% del capitale, e l'eventuale suo credito verso la società per le ragioni più varie. Se ciò avvenisse nel termine di due anni dalla costituzione della società potrebbe risultare legittimo domandarsi se si debba fare ricorso alle procedure delineate dall'art. 2343-bis trattandosi di acquisizione di crediti da socio, per di più diretta ad estinguere l'obbligazione di sottoscrizione del capitale. In proposito, occorre ricordare che la giurisprudenza, nei suoi peraltro non frequenti pronunciamenti, ha quasi sempre ammesso la compensabilità tra debito da sottoscrizione e credito della società per conferimenti. Infatti, dopo un primo orientamento contrario (Cass. n. 13905/1992), la giurisprudenza ha ammesso la compensazione (Cass. n. 6711/2009) assumendo che l'obbligo del socio di conferire in danaro il valore delle azioni sottoscritte è un debito pecuniario che può essere estinto per compensazione con un credito pecuniario vantato dal medesimo socio nei confronti della società non sussistendo divieti di legge. Mancano pronunce che affrontano direttamente il tema, ma è chiaro che secondo la giurisprudenza prevalente, la fattispecie della compensazione non determina tanto un acquisto di un credito da parte della società quanto piuttosto la contemporanea estinzione di due diverse obbligazioni. Tuttavia, alla luce di più recenti pronunciamenti (Cass. n. 3946/2018) sembra consolidarsi il principio per cui la compensabilità del debito da sottoscrizione del capitale con eventuali crediti del socio verso la società debba riservarsi alle sole ipotesi di aumento di capitale e non a quelle di sottoscrizione del capitale iniziale perlomeno nei limiti del 25%. Profilo soggettivo. Sotto il profilo soggettivo, la disposizione espressamente indica tra i destinatari, i promotori, i fondatori, i soci e gli amministratori. Nessun problema sorge per l'identificazione dei promotori e fondatori, espressamente identificati dal codice; amministratori (consiglieri di gestione e consiglieri di sorveglianza compresi) devono essere considerati non solo quelli in carica, ma anche quelli di fatto (perché dotati di effettivi poteri di influenza sulla società). Tra i soci, vanno certamente annoverati i nudi proprietari; la disposizione si applica anche agli usufruttuari ed ai creditori pignoratizi ai quali sia attribuito il diritto di voto. Non è applicabile agli ex soci poiché per loro viene meno la potenziale capacità di influire sulle sorti societarie, mentre va estesa al socio fiduciante e non al fiduciario ed anche al concedente, nel caso di leasing di azioni, od all'utilizzatore se, per patto interno, il diritto di voto è attribuito a quest'ultimo. Non sono compresi i sindaci, che non hanno capacità di influenzare direttamente le scelte gestionali, a meno che non svolgano contingentemente, le funzioni amministrative. Limiti quantitativi Sono interessati alla disciplina i soli acquisti effettuati per un corrispettivo pari al dieci per cento del capitale; si deve intendere, però, il solo capitale sottoscritto e non quello deliberato ovvero versato. Rileva il capitale al momento della stipula del negozio traslativo anche quando fosse diverso da quello sussistente al momento dell'inizio delle trattative. V'è da chiedersi se debba tenersi conto del capitale statutario ovvero di quello che dovesse risultare dall'imputazione di perdite idonee a ridurlo ai sensi dell'art. 2446 e 2447 c.c. Se il capitale è sceso al di sotto del minimo legale per effetto di perdite, l'automatica apertura della fase di liquidazione per essersi verificata la causa di scioglimento di cui all'art. 2484 n. 4 rende chiaro che il limite quantitativo previsto dalla norma debba essere calcolato sul capitale che risulta una volta conteggiate le perdite ( anche prima che si sia proceduto alla assunzione della formale delibera) non potendosi valutare ai fini della sussistenza di una causa di liquidazione un capitale ed uno diverso invece per l'applicazione della normativa sugli acquisti dai soci. Conseguentemente, se il capitale è divenuto negativo per effetto delle perdite, non è neppure possibile procedere all'operazione a meno che non sussistano le altre ipotesi di esenzione prevista dalla norma. Tuttavia, la successiva ricostruzione del capitale a cifra tale da rendere l'acquisto effettuato per cifra inferiore al dieci per cento del capitale esclude sana ogni eventuale irregolarità avendo, l'operazione di ricostruzione effetti ex tunc (Cass n. 1994/8928). Se, invece, il capitale si è ridotto a meno di un terzo per effetto di perdite (ed una volta esaurite integralmente le riserve, compresa quella legale), occorre distinguere; se la perdita idonea a ridurre il capitale a meno di un terzo del nominale non obbliga ancora alla riduzione del capitale (ai sensi del primo comma dell'art. 2446 c.c.), il rapporto tra capitale ed acquisto deve fondarsi sull'importo nominale; se, invece, si sono verificate le condizioni previste dall'art. 2446, secondo comma, rendendosi obbligatoria la riduzione del capitale, ai fini della applicazione della normativa di cui all'art. 2343-bis occorre tenere in considerazione il capitale così come venuto a determinarsi per effetto della perdita, essendo irrilevante la mancata adozione della delibera di riduzione attesa l'automaticità degli effetti sul capitale. Può rappresentare, invece, una concreta difficoltà per l'applicazione della norma l'identificazione del corrispettivo nel caso in cui esso non sia solo costituito da un prezzo o da una ben determinata controprestazione, come tipicamente nel caso di leasing in cui il canone contiene una pluralità di componenti. Tuttavia, ove si consideri la ratio della disposizione ed, in particolare, l'esigenza di evitare trasferimenti di risorse dalla società ai soggetti senza un effettivo controllo, appare conseguente considerare nel corrispettivo anche le componenti diverse dal prezzo, se incassate dal venditore, sia pure a titolo di interessi, commissioni e spese. In tal caso, la perizia di stima dovrà dare conto della congruità anche di tali ulteriori esborsi. La procedura.Gli oneri posti a carico del venditore o cedente i beni o crediti ricalcano quelli posti a carico del conferente dall'art. 2343 c.c. Quindi si possono richiamare le problematiche già esaminate nel commento di quell'articolo. Mette conto in particolare precisare che l'attestatore deve indicare sia il valore del bene, sia il corrispettivo. Poiché potrebbe non essere noto all'attestatore l'effettivo corrispettivo (il quale dipende in larga misura da contrattazioni che non devono necessariamente coinvolgerlo) appare sufficiente che l'attestatore indichi il corrispettivo massimo al quale il bene od il credito può essere ceduto. Ovviamente la tipologia di strumento giuridico scelto dalle parti per l'operazione influenza la valutazione, dovendo l'esperto tenere in considerazione le eventuali componenti finanziarie implicite nel corrispettivo; in caso di permuta, la perizia si dovrebbe necessariamente estendere al bene scambiato. L'acquisto deve essere autorizzato dall'assemblea ordinaria. Per consentire alla stessa di essere adeguatamente informata, la relazione (con gli eventuali allegati) deve essere depositata presso la sede sociale per essere visionata dai soci. La lettera della disposizione esclude che la società debba mettere a disposizione dei soci una copia, ma non che i soci, a loro spese, ne possano chiedere copia. Il deposito deve avvenire a cura degli amministratori, che devono anche convocare l'assemblea prima di procedere alla stipula del contratto definitivo. Per mettere l'assemblea nelle condizioni di deliberare con effettiva cognizione di causa devono essere state preventivamente contrattate le condizioni del trasferimento o comunque gli elementi fondamentali dell'accordo traslativo; non avrebbe, infatti, alcun senso imporre la concessione di un'autorizzazione se poi gli amministratori potessero stabilire condizioni diverse, ad esempio in tema di tempi di pagamento o di interessi. Nulla, però, potrebbe escludere che l'autorizzazione sia data alla condizione di rispettare dei parametri prefissati, lasciando agli amministratori margini di trattativa nell'ambito dei limiti così determinati. Il socio alienante non può votare, com'è evidente, nell'assemblea e la maggioranza va computata escludendo le azioni del socio interessato. Fra i soggetti che non possono votare in assemblea vi sono, però, anche coloro che abbiano per conto di terzi un conflitto di interesse con la società, come può tipicamente accadere per soci legati da vincoli di coniugio o di parentela con l'alienante. Naturalmente, il conflitto di interessi va riguardato con riferimento alla posizione del delegante e non del delegato, in caso di esercizio per delega del voto. Qualora, per una qualsiasi ragione, il voto dell'assemblea fosse stato viziato dal voto determinante di soggetti in conflitto di interesse, gli amministratori non necessariamente dovrebbero rifiutarsi di concludere l'operazione, dovendone comunque valutare l'opportunità e la convenienza, assumendo eventualmente la responsabilità dell'atto. Anche ad ipotizzarne l'annullabilità per conflitto di interesse, la delibera autorizzativa manterrebbe, infatti, la sua efficacia. In realtà, anche dopo una regolare autorizzazione, la stipula del contratto rientrerebbe tra le prerogative esclusive degli amministratori, che non sono affatto obbligati alla conclusione definitiva del contratto. Particolarmente dubbia si presenta l'applicazione dell'intera disciplina nel caso di società unipersonale, se il ruolo del venditore sia assunto dal socio, ovvero dallo stesso soggetto chiamato ad autorizzare la vendita partecipando in assemblea. Il problema si presenta analogo in ogni caso di conflitto di interessi, in cui la concreta situazione di fatto rende impossibile fare ricorso agli strumenti previsti dalla legge in casi analoghi. Come già specificato, risulta inutile attribuire ad un terzo la delega, poiché in ogni caso la situazione di conflitto di interessi deve essere valutata con riferimento al delegante e non al delegato; è necessario ritenere però che l'autorizzazione sia comunque necessaria, ma che rimane nell'esclusiva responsabilità degli amministratori la scelta di compiere l'atto pur nella piena consapevolezza della irregolarità dell'autorizzazione, se ritenuta comunque profittevole per la società, se l’atto è comunque ritenuto vantaggioso per la società. Lo strumento alternativo dell'art. 2343-ter c.c.A seguito dell'introduzione dell'art. 2343-ter c.c., la vendita di beni e crediti può essere disposta anche dopo la presentazione in assemblea dei documenti previsti dall'indicata norma ai commi primo e secondo. Si tratta di una via per semplificare l'alienazione, a perfetta somiglianza di quanto previsto per i conferimenti, a conferma del parallelismo esistente tra conferimento di beni e crediti e loro acquisizione da soci dopo la costituzione nei due anni successivi. Le esenzioni.La procedura di acquisizione di beni, descritta nella trattazione precedente, non deve essere seguita, qualora l'acquisizione sia fatta a condizioni normali nell'ambito delle operazioni correnti della società, ovvero nell'ambito di mercati regolamentati, oppure, infine, sotto il controllo dell'autorità amministrativa o giudiziaria. La ratio di tale esenzione è evidentemente quella di evitare un eccessivo aggravio di oneri in relazione ad operazioni che, per le condizioni alle quali si svolgono, di fatto non possono determinare un rischio di indebito trasferimento di risorse ai soci. La disposizione pertanto richiede, perché possa operare l'esenzione, la compresenza dei requisiti della ordinarietà dell'operazione e della normalità delle condizioni. Devono considerarsi operazioni correnti quelle della società dirette all'acquisizione dei beni e servizi destinati alla produzione nonché le altre, anche di natura finanziaria, che sono funzionali allo svolgimento dell'oggetto sociale. L'operazione deve avere poi, necessariamente natura ordinariamente ripetitiva per la società che acquisisce il bene o il credito; ciò, quindi, esclude che possa considerarsi corrente un'operazione che, pur rientrando tra quelle funzionali al raggiungimento dell'oggetto sociale (quale l'acquisto dell'immobile ove svolgere l'attività sociale), anche se effettuata al prezzo del mercato non abbia il carattere della ripetitività. Tra le operazioni finanziarie possono considerarsi pertanto correnti solo quelle dirette all'ottenimento di supporto per l'attività ordinaria, ma non quelle destinate all'acquisizione di immobilizzazioni che non hanno carattere di ordinaria ripetitività (così come, in genere, i prestiti da restituirsi oltre l'anno). Condizioni normali sono quelle pattuite ordinariamente dal venditore con altri soggetti acquirenti degli stessi beni. La normalità va dunque valutata dal punto di vista del cedente e non del cessionario del bene o del credito, in quanto la disposizione in esame pone a carico dell'alienante (e degli amministratori) l'onere di procedere al risarcimento del danno. Sarebbe, quindi, senza giustificazione la disposizione sanzionatoria se il prezzo praticato nell'occasione dal venditore fosse, sì, superiore a quello di mercato, ma del tutto conforme a quello generalmente praticato a tutti da quel venditore. Può essere, a tal proposito, fatto riferimento all'art. 9, comma 3, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (testo unico delle imposte sui redditi), richiamato dalle norme antielusive di repressione del transfert pricing, il quale prevede che «per valore normale [...] si intende il prezzo o corrispettivo praticato per beni e servizi della stessa specie e/o similari, in condizione di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo o nel luogo in cui i beni e servizi sono stati acquistati o prestati e, in mancanza, nel tempo o del luogo più prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni e servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d'uso». Anche attraverso il richiamo dell'indicata disposizione fiscale, pertanto, si trova conferma che è ai prezzi praticati dal venditore che si deve fare riferimento per valutare la normalità delle condizioni. Correttamente sono esentati tutti gli acquisti effettuati a seguito di operazioni eseguite sotto il controllo dell'autorità giudiziaria (nelle procedure esecutive, individuali e collettive) o delle autorità amministrative ovvero nei mercati regolamentati. ResponsabilitàLa violazione delle disposizioni previste dall'articolo in esame non comporta né la nullità, né l'annullabilità dell'operazione eseguita, ma solo l'obbligo per gli amministratori ed il venditore di risarcire il danno cagionato alla società. Qualora fosse accertato che il valore del bene fosse inferiore a quello al quale è stato acquistato, dovrebbe essere necessario iscrivere una minusvalenza, in applicazione dell'art. 2426, n. 3, c.c.; l'eventuale risarcimento del danno, tra i proventi dell'esercizio. Correttamente si ritiene che debba rispondere dei danni anche l'esperto che eventualmente avesse dolosamente o colposamente sopravvalutato il bene o il credito oggetto del conferimento. Molto problematica è la possibilità di considerare responsabile l'esperto che abbia redatto la perizia per altri fini, come può accadere nelle ipotesi indicate nell'art. 2343-ter, richiamate nella disposizione in commento. La responsabilità dovrebbe ritenersi avere natura contrattuale (e non extracontrattuale) per gli amministratori ed il venditore; più dubbia l'applicazione dei principî sulla responsabilità contrattuale per l'esperto. Va detto, però, che tale qualificazione ha rilievo solo in relazione all'onere della prova posto che la prescrizione, comunque, è quinquennale per il disposto dell'art. 2949 c.c. La vendita di beni sociali ai soci, promotori amministratori.Non è, invece, disciplinata dall'art. 2343-bis l'opposta fattispecie di vendita di beni sociali ai soci o ad altri soggetti contemplati dalla norma, malgrado anche tale operazione possa nascondere rischi del tutto analoghi a quelli che la norma tende a prevenire. È, infatti, intuitivo che anche la vendita di beni ad un prezzo inferiore a quello di mercato finisce per determinare un depauperamento del patrimonio sociale. La tutela della società, in questo caso, è affidata ai meccanismi di prevenzione e repressione apprestati in via generale dall'art. 2391 per tutte le società e dall'art. 2391-bis per quelle che fanno ricorso al mercato dei capitali (con riferimento alle parti correlate che, però, non sono del tutto sovrapponibili con le figure contemplate dall'art. 2343-bis). Altre più specifiche disposizioni sono previste per le ipotesi di acquisto di azioni da parte della società (2357-bis), e di vendita delle medesime a terzi (2358), e sulla sottoscrizione di azioni o quote della controllante (2359-quinquies) e del divieto di sottoscrizione reciproca di azioni (2360). Al commento a tali disposizioni in questo Codice, dunque, si rinvia, per altre indicazioni. La disciplina delle operazioni con parti correlate e le procedure previste dall’art. 2343 bis ccL'illustrata disciplina si può intersecare con quella sulle operazioni con parti correlate prevista dall'art. 2391 bis cc. per le sole società che fanno ricorso al mercato dei capitali. Rimandando al commento di tale articolo per l'illustrazione completa della disciplina ( recentemente modificata a seguito della delibera Consob, 21396 del 10 giugno 2020 ) è sufficiente in questa sede ricordare che il Regolamento Consob, Operazioni con parti correlate, delibera 17221 del 12 marzo 2010, detta i principi ai quali le società italiane, con azioni quotate in mercati regolamentati italiani o di altri paesi dell'Unione Europea e con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante, devono attenersi al fine di assicurare la trasparenza e la correttezza sostanziale e procedurale delle operazioni con parti correlate realizzate direttamente o per il tramite di società controllate; tali regole non sostituiscono quelle previste dall'art. 2343 bis ma ad esse si affiancano, integrandole per quanto non espressamente disposto, come previsto dal secondo comma dell'art. 2 del Regolamento Per operazioni soggette alla disciplina del Regolamento si intendono quelle che comportano qualunque trasferimento di risorse, servizi o obbligazioni fra parti correlate, indipendentemente dal fatto che sia stato pattuito un corrispettivo, rientrano tra le operazioni soggette anche quelle di fusione, di scissione per incorporazione o di scissione in senso stretto non proporzionale, ove realizzate con parti correlate ed ogni decisione relativa all'assegnazione di remunerazioni e benefici economici, sotto qualsiasi forma, ai componenti degli organi di amministrazione e controllo e ai dirigenti con responsabilità strategiche. Un soggetto è parte correlata a una società se: (a) direttamente, o indirettamente, anche attraverso società controllate, fiduciari o interposte persone: (i) controlla la società, ne è controllato, o è sottoposto a comune controllo; (ii) detiene una partecipazione nella società tale da poter esercitare un'influenza notevole su quest'ultima; (iii) esercita il controllo sulla società congiuntamente con altri soggetti; (b) è una società collegata della società; (c) è una joint venture in cui la società è una partecipante; (d) è uno dei dirigenti con responsabilità strategiche della società o della sua controllante; (e) è uno stretto familiare di uno dei soggetti di cui alle lettere (a) o (d); (f) è un'entità nella quale uno dei soggetti di cui alle lettere (d) o (e) esercita il controllo, il controllo congiunto o l'influenza notevole o detiene, direttamente o indirettamente, una quota significativa, comunque non inferiore al 20%, dei diritti di voto; (g) è un fondo pensionistico complementare, collettivo od individuale, italiano od estero, costituito a favore dei dipendenti della società, o di una qualsiasi altra entità ad essa correlata. Va osservato che i limiti soggettivi, temporali e quantitativi della disciplina degli acquisti dettati dall'art. 2343 bis cc divergono sensibilmente da quelli previsti dal Regolamento Consob. Innanzitutto, come già specificato, quest'ultimo si applica solo alle società che fanno ricorso al mercato dei capitali o che hanno azioni notevolmente diffuse tra il pubblico; i soggetti coinvolti sono diversi e solo in parte sovrapponibili; la disciplina del Regolamento si applica senza limiti temporali; le soglie di rilevanza sono diverse e diversamente calcolate. A questo proposito si può osservare che la soglia oltre la quale deve essere attivata la procedura dell'art. 2343 bis cc risulta tale che esse non necessariamente rientrino tra quelle di maggiore rilevanza come disciplinate dal Regolamento; infatti per l'allegato 3 scatta la soglia della rilevanza maggiore quando il corrispettivo supera la soglia del 5% del rapporto tra patrimonio netto e controvalore dell'operazione; il codice pone, invece, il diverso rapporto del 10% tra capitale e valore dell'operazione e questo può comportare pertanto che talune operazioni contemplate dal codice rientrino tra quelle di minore rilevanza secondo la prospettiva del Regolamento. Comunque, nei casi in cui l'operazione rientri contemporaneamente nella disciplina del codice ( per essere deliberata nel periodo di due anni successivo all' iscrizione nel Registro delle Imprese) e del Regolamento, l'art. 11 dispone che quando le operazioni con parti correlate, come previsto dall'art. 2343 bis cc debbano essere autorizzate dall'assemblea ( come quelle contemplate dall'art. 2343 bis cc) trovino applicazione le procedure previste dal regolamento all'art. 8, se esse rientrino tra quelle di maggiore rilevanza, alla sola fase delle trattative, dell'istruttoria e dell'approvazione della proposta di deliberazione da sottoporre all'assemblea. Nell'ipotesi in cui invece, secondo i parametri regolamentari, l'operazione rientrasse tra quelle di minore rilevanza, devono trovare applicazione con riferimento alla fase dell'istruttoria e dell'approvazione della proposta da sottoporre all'assemblea le procedure previste dall'art. 7 ( e non nella fase della trattativa). Tuttavia, in ragione del fatto che il Regolamento non deroga la disciplina di legge, ai sensi del richiamato art. 2 comma 2, non possono trovare invece applicazione, almeno ai fini previsti dal codice civile, le norme regolamentari (art 11, comma 3 ) che disciplinano in modo difforme da quello del codice, l’assemblea e le maggioranze occorrenti per l’approvazione dell’operazione. BibliografiaLiva, La regola della postergazione non pregiudica la sottoscrizione del capitale con compensazione del credito, Jus, 28 novembre 2019; Nigro, La nozione di capitale e i conferimenti. La nuova spa, a cura di Cagnasso e Panzani, Bologna, 2010, 211-259; Platania, I conferimenti nelle spa, Milano, 2011; Pisani Massamormile, I conferimenti nelle società per azioni, Milano, 2015; Sottoriva, Cerri, La modifica alla normativa relativa alla disciplina delle operazioni con parti correlate (OPC), Il Societario, 26 febbraio 2021 |