Codice Civile art. 2403 - Doveri del collegio sindacale (1).

Enrico Quaranta

Doveri del collegio sindacale (1).

[I]. Il collegio sindacale vigila sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento.

[II]. Esercita inoltre il controllo contabile nel caso previsto dall'articolo 2409-bis, terzo comma.

(1) V. nota al Capo V.

Inquadramento

L'art. in commento delinea l'oggetto ed il perimetro dell'attività di vigilanza e di controllo demandata al collegio sindacale.

Vigilanza e controllo che, come si vedrà in dettaglio, riguardano complessivamente tutta l'attività di gestione della società e, quindi, l'operato di tutti gli organi societari.

Tali attività sono dirette alla verifica dell'osservanza della legge e dello statuto e, dall'altra, del rispetto dei principî di corretta amministrazione con particolare riguardo all'adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili.

Viceversa, per effetto della riforma, il collegio sindacale non ha più il  controllo contabile della società che è oggi attribuito a revisore o ad una società di revisione; benché nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e che non sono tenute alla redazione del bilancio consolidato, lo statuto può prevedere che il controllo contabile sia esercitato ancora dal collegio sindacale.

La dottrina ricorda come controllo dei sindaci parte da attività ispettive e di acquisizione di informazioni (si veda l'art. 2403-bis c.c.) per proseguire con la valutazione di quei dati e finire con la reazione, mediante la quale il collegio assume i provvedimenti nei confronti degli atti in precedenza valutati.

I doveri dei sindaci.

La novità più rilevante, a seguito della riforma societaria, è che l'art. 2403 c.c. (v. pure l'art. 149 TUF) pone una separazione tra controllo di gestione e controllo contabile.

In particolare, il compito della revisione legale dei conti può essere attribuito per statuto al collegio sindacale, sempre che non si tratti di: 1) enti di interesse pubblico ai sensi dell'art. 16 d.lgs. n. 39/2010, società controllate da enti di interesse pubblico, controllanti tali enti o soggette a comune controllo con essi; 2) società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio; 3) società tenute alla redazione del bilancio consolidato.

Per altro verso, nelle ipotesi in cui la società adotti i modelli di governance alternativi (dualistico o monistico) la revisione legale non può esser assegnata all'organo che ha l'incarico del controllo gestionale, ma sempre affidata ad un revisore o ad una società di revisione.

Per effetto di tale modifica, è stata completamente riformulata la norma che statuiva i doveri del collegio sindacale.

Oggi il controllo a questi demandato comprende tanto l'osservanza della legge e dello statuto quanto il rispetto dei principî di corretta amministrazione ed in particolare l'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e del suo concreto funzionamento.

Oggetto di tale controllo non è solo l'operato degli amministratori.

Giacché esso riguarda complessivamente l'operatività ed il funzionamento della società, piuttosto ne sono soggetti (oltre all'organo gestorio) l'assemblea, i soggetti incaricati della revisione, il direttore generale ed i dirigenti (Ambrosini, 2004, 894; Domenichini, 561).

Quindi il controllo investe l'attività sociale (Campobasso, 129; Cavalli, 93; Domenichini, 16) a cominciare dal rispetto delle regole che impongono la riduzione obbligatoria del capitale sociale e lo scioglimento della società.

La vigilanza

Nel nuovo testo dell'art. 2403 c.c., il dovere primario dei sindaci è stato delineato dal legislatore della riforma in quello di vigilanza, chiara espressione di un incremento dei compiti affidati a tale organo.

Vigilanza sull'osservanza della legge e dello statuto

Il primo compito che la legge attribuisce al collegio sindacale è quello di vigilare sull'osservanza della legge e dello statuto.

Per compierlo, il collegio deve procedere anzitutto a riunioni periodiche, appositamente verbalizzate.

Per altro esso esercita la vigilanza anche attraverso:

- la partecipazione alle riunioni degli organi sociali (artt. 2405 c.c. e 149, comma 2, TUF)

- l'ottenimento di informazioni dagli amministratori (artt. 2403-bis, comma 2, c.c. e 151 TUF);

- l'acquisizione di informazioni del soggetto incaricato del controllo contabile, se presente, per gli aspetti di sua competenza (artt. 2409-septies c.c. e 150 TUF);

- l'esercizio dei poteri che consentono ai sindaci di procedere ad atti di ispezione e controllo (sia in sede collegiale, sia individualmente), anche attraverso l'utilizzo di propri dipendenti ed ausiliari (artt. 2403-bis, comma 1 e 4, c.c. e 151 TUF);

- l'acquisizione di informazioni attraverso le denunce di fatti censurabili effettuate dai soci, ex art. 2408 c.c.

A tal ultimo riguardo pare opportuno il riferimento al documento «Norme di comportamento del collegio sindacale di società non quotate», da ultimo varate nel settembre 2015.

La norma contiene il riferimento alla vigilanza dell'osservanza dello statuto, in ciò immutando la vecchia previsione, che si riferiva invece alle verifiche di rispondenza all'"atto costitutivo".

La dottrina, in considerazione dell'autonomia statutaria – che è fra i principî ispiratori della riforma societaria – ha sottolineato che, quindi, non si tratta di una modifica di tipo solo terminologico, quanto di una novella che tende ad ampliare l'ambito della vigilanza in corrispondenza alle potenzialità che quella autonomia può in concreto esplicare (Chiappetta, 72;  Montalenti,  2002, 803; Panzani,  1203).

Espressione dell'ampiezza dell'attribuzione si coglie, del resto, nella disposizione contenuta dall'art. 2388, comma 4, c.c. che per la prima volta attribuisce al collegio sindacale il potere di impugnare le delibere del consiglio di amministrazione che non siano state prese in conformità della legge e anche dello statuto.

Vigilanza sul rispetto dei principî di corretta amministrazione

L'art. 2403, comma 1, riprendendo l'art. 149, lett. b, TUF, stabilisce che il collegio sindacale « vigila [...] sul rispetto dei principî di corretta amministrazione».

È risultato controverso se il controllo del collegio sindacale sia di mera legalità ovvero possa essere esteso al merito ossia se il parametro di giudizio sia rappresentato esclusivamente da norme giuridiche ovvero anche da regole tecniche dirette a consentire «valutazioni economiche di opportunità, economicità, prudenza della gestione» (Cavalli,  94).

La tesi oggi prevalente è nel senso che tale controllo includa la verifica sull'andamento economico della gestione, tal che il collegio debba verificare se gli amministratori, nell'espletamento dell'incarico, abbiano osservato la diligenza richiesta dall'art. 2392 c.c., rispettando le regole dettate dalla scienza aziendalistica e dalla prassi (Cavalli, 97 ss.; Colantuoni, 280; Rigotti, 173; Campobasso, 386).

La giurisprudenza di merito ha chiarito, a tal proposito, «che il controllo del collegio sindacale non si esaurisce in una mera verifica di regolarità contabile, ma investe l'intero arco dei doveri gravanti sull'amministratore della società, ivi compresi, dunque, i doveri di diligenza nelle scelte gestionali dell'impresa, come chiaramente si desume dal primo comma dell'art. 2403 c.c., e dal potere di richiedere agli amministratori informazioni di carattere non solo contabile, che è attribuito ai sindaci dal quarto comma del medesimo articolo. Il che non significa, beninteso, che i sindaci possano ingerirsi nelle decisioni imprenditoriali di stretta spettanza dell'organo amministrativo, ma sta ad indicare, invece, che è loro compito verificare la correttezza del procedimento decisionale attraverso cui quelle decisioni sono prese ed, in particolare, se esse siano assunte con quel grado minimo di diligenza e di professionalità che, lungi dall'investire la sfera di discrezionalità degli amministratori, costituisce per costoro l'oggetto di un vero e proprio obbligo legale» (App. Milano 14 ottobre 1994, in Soc. 1995, 390, con il commento di D'Ambrosi, Dovere di diligenza dei sindaci nel controllo sull'amministrazione).

Orientamento poi confermato dalla Suprema Corte (Cass. n. 9252/1997) la quale ha ulteriormente precisato che «il dovere di controllo dei sindaci sull'amministrazione e sull'operato degli amministratori esige di verificare il rispetto, da parte di questi ultimi, sia degli obblighi specificamente imposti dalla legge, sia del generale obbligo di gestire nell'interesse sociale secondo il parametro della diligenza».

Ciò comporta, in particolare, che «il controllo sull'amministrazione, da adempiere con la diligenza del mandatario, in presenza di società che andava a svolgere attività edilizia, comportava esercizio della doverosa verifica sulla diligenza dell'amministratore nel procacciarsi informazioni circa gli appalti nella cui assunzione si esauriva l'esercizio dell'impresa sociale» (ancora Cass. n. 9252/1997).

Da ultimo la Corte ha affermato che «a fronte di iniziative anomale da parte dell'organo amministrativo di società per azioni, i sindaci hanno l'obbligo di porre in essere ogni atto necessario all'assolvimento dell'incarico con diligenza, correttezza e buona fede, anche segnalando all'assemblea le irregolarità di gestione riscontrate o denunziando i fatti al pubblico ministero ove ne ricorrano gli estremi» (Cass. n. 13518/2014).

Vigilanza sull'assetto organizzativo, amministrativo e contabile

I sindaci devono verificare l'adeguatezza degli assetti organizzativo, amministrativo e contabile ed il loro concreto funzionamento.

Esso costituisce specificazione del dovere di ordine generale e consiste nel verificare che la struttura e le procedure aziendali siano proporzionate alle dimensioni dell'impresa ed alla tipologia di attività svolta e che siano efficaci nel consentire la tempestiva trasmissione delle direttive impartite dagli organi apicali e idoneo a scongiurare errori o irregolarità (Aiello, 505).

Il profilo della vigilanza sull'adeguatezza dell'assetto della società costituisce un'innovazione rispetto alla precedente disciplina codicistica, pur riprendendo il tenore della lett. c) dell'art. 149 TUF.

Da un confronto tra le due norme emerge però che il nuovo testo dell'art. 2403 c.c. non contiene alcun riferimento alla nozione di «controllo interno» benché la complessità dell'organizzazione aziendale ha reso tale sistema – quale insieme delle procedure di un'azienda atte a verificarne il funzionamento con l'obiettivo di conseguire trasparenza informativa, correttezza gestionale, efficacia ed efficienza – «snodo cruciale dell'articolazione del potere di impresa e delle regole di responsabilità» (Montalenti, 2002, 803).

Ad ogni modo, la vigilanza sui principî di corretta amministrazione, imputata al collegio sindacale, deve necessariamente involgere la verifica del rispetto di quelle regole procedurali predisposte dagli stessi amministratori, onde verificare la conformità dei comportamenti e indirizzare in modo più mirato e più penetrante l'attività di controllo (Benvenuto, 977; Caselli 261; Colantuoni,  550).

A tale quadro va aggiunto che il Codice della Crisi e dell'insolvenza, introdotto con il d.lgs. n. 14/2019  nella sua originaria formulazione, mantenuta poi anche di seguito alla novella introdotta dal d.lgs. n. 83/2022, ha modificato l'art. 2086 c.c. e stabilito l'obbligo dell'imprenditore che operi in forma societaria o collettiva, di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.

Il c.c.i.i. ha peraltro definito il concetto di crisi all'art. 2, comma 1, lett. a) che, nella sua ultima formulazione, è inteso come lo stato del debitore che rende probabile l'insolvenza e che si manifesta ben l'inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a fra fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi.

A fronte della modifica dell'art. 2086 c.c. ed in relazione alle procedure di allerta interna dettate dal c.c.i.i. nella sua iniziale stesura, l'art. 14, comma 1°, prevedeva che il collegio sindacale verificasse che l'organo amministrativo  costantemente verificasse se l'assetto organizzativo dell'impresa era adeguato, se sussistesse l'equilibrio economico finanziario, e quale il prevedibile andamento della gestione.

 Si riteneva, quindi, che la disposizione dell'art. 14 cit., null'altro costituisse che una mera precisazione del dovere di vigilanza dell'organo di controllo ex art. 2403 c.c.,, con la conseguente conferma della  ripartizione delle competenze sul punto tra l'organo di controllo e gli amministratori.

                  In ogni caso la disposizione di cui all'art. 14, comma 1, c.c.i.i. , in un sistema orientato al cosiddetto early warning, esprimeva la tendenza del legislatore – in un'ottica di recepimento delle spinte provenienti dalla legislazione unionale - a promuovere un intervento del collegio sindacale ex ante, idoneo a prevenire l'aggravarsi di una situazione di tensione economico-finanziaria della società.

Si affermava, pertanto, che l'organo di controllo dovesse verificare: (i) che i gestori avessero adottato procedure idonee a monitorare il generale andamento della gestione e la prevedibile evoluzione della stessa; (ii) che vi fosse stata una pianificazione dei rischi, necessaria a prescindere dalle dimensioni dell'attività di impresa; (iii) che vi fosse una regolarità dei flussi informativi, tale da assicurare la massima trasparenza e tracciabilità dei dati e delle notizie aziendali tra gli organi societari a vario titolo coinvolti nella gestione della impresa (piazza).

Qualora, nello svolgimento di tali verifiche, il collegio sindacale si fosse reso conto della sussistenza di deficit informativi e/o di carenze più o meno gravi rispetto alla efficienza delle procedure adottate, si rilevava come esso avesse  a disposizione una serie di soluzioni, fino alla convocazione dell'assemblea o alla denuncia al tribunale ex art. 2409 c.c.

In particolare la norma aggiungeva un dovere di segnalazione all'organo amministrativo dell'esistenza di fondati indizi della crisi  

La segnalazione doveva essere motivata, fatta per iscritto, a mezzo posta elettronica certificata o comunque con mezzi che assicurino la prova dell'avvenuta ricezione, e contenere la fissazione di un congruo termine, non superiore a trenta giorni, entro il quale l'organo amministrativo doveva riferire in ordine alle soluzioni individuate e alle iniziative intraprese.

In caso di omessa o inadeguata risposta, ovvero di mancata adozione nei successivi sessanta giorni delle misure ritenute necessarie per superare lo stato di crisi, il collegio sindacale  doveva informare senza indugio l'OCRI, fornendo ogni elemento utile per le relative determinazioni, anche in deroga al disposto dell'articolo 2407, primo comma, del codice civile quanto all'obbligo di segretezza, così integrando una fattispecie di esternalizzazione dell'allerta  

La tempestiva segnalazione all'organo amministrativo ai sensi del comma 1 dell'artt. 14 c.c.i.i. costituiva, per altro,  causa di esonero dalla responsabilità solidale per le conseguenze pregiudizievoli delle omissioni o azioni successivamente poste in essere dal predetto organo, che non fossero conseguenza diretta di decisioni assunte prima della segnalazione, a condizione che fosse stata effettuata tempestiva segnalazione all'OCRI.

A cautela dell'indipendenza dell'organo di controllo, onde garantire un preciso ossequio ai doveri di cui all'art. 14, cit.,  la norma concludeva nel senso che non  poteva costituire giusta causa di revoca dall'incarico la segnalazione effettuata a norma del presente articolo.

Ciò detto, l'art. 3 del c.c.i.i. , introdotto dal d.lgs. n.  83/2022 ed entrato in vigore il 15.7.2022, specificando quanto dettato in generale dal codice civile,  ora prevede che L'imprenditore collettivo deve istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato ai sensi dell'articolo 2086 del codice civile, ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell'assunzione di idonee iniziative.

La norma prosegue stabilendo che – onde prevedere tempestivamente l'emersione della crisi d'impresa  - le misure e gli assetti adeguati devono consentire di:

a) rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell'impresa e dell'attività imprenditoriale svolta dal debitore;

b) verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi e rilevare i segnali di cui al comma 4;

c) ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento di cui all'articolo 13, al comma 2.

Per l'art. 3 c.c.i.i. costituiscono segnali di crisi

a) l'esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno trenta giorni pari a oltre la metà dell'ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;

b) l'esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;

c) l'esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del totale delle esposizioni;

d) l'esistenza di una o più delle esposizioni debitorie previste dall'articolo 25-novies, comma 1.

D'altra parte, con il d.lgs. n. 83/2022, che ha riformato il codice della crisi e dell'insolvenza recependo la Direttiva Insolvency n. 1023/2019, è venuto meno il sistema  previsto dall'art. 14 c.c.i.i. , ed è stato introdotto una nuova forma di allerta interna che vede al centro quanto stabilito dall'art. 25 octies c.c.i.i.

Tale norma prevede  che L'organo di controllo societario deve segnalare per iscritto, all'organo amministrativo la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell'istanza di composizione negoziata cui all'articolo 17.

La segnalazione è motivata, è trasmessa con mezzi che assicurano la prova dell'avvenuta ricezione e contiene la fissazione di un congruo termine, non superiore a trenta giorni, entro il quale l'organo amministrativo deve riferire in ordine alle iniziative intraprese.

L'art. 25 octies c.c.i.i. specifica, in ogni caso, che in pendenza delle trattative oggetto della composizione negoziata , rimane fermo il dovere di vigilanza di cui all'articolo 2403 del codice civile.

La norma conclude, poi, che la tempestiva segnalazione all'organo amministrativo ai sensi del comma 1 e la vigilanza sull'andamento delle trattative sono valutate ai fini della responsabilità prevista dall'articolo 2407 del codice civile.

In definitiva, a seguito di quanto previsto dal codice della crisi  e dell'insolvenza vigente, la vigilanza del collegio sindacale deve intendersi volta alla verifica ex ante dell'idoneità degli assetti organizzativo, amministrativo e contabile ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell'assunzione di idonee iniziative per il relativo superamento.

Inoltre essa deve indurre l'organo di controllo ad attivarsi tempestivamente – nel quadro di un sistema di allerta interna – in primo luogo segnalando per iscritto, all'organo amministrativo la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell'istanza di composizione negoziata cui all'articolo 17, ovvero che la società si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l'insolvenza e risulti ragionevolmente perseguibile il risanamento dell'impresa.

Solo una segnalazione tempestiva ex art. 25, octies c.c.i.i. e la vigilanza ex art. 2403 c.c. in sede di svolgimento delle trattative della composizione negoziata possono valere ad escludere la responsabilità dei sindaci.   

In tale quadro va segnalato quanto da ultimo sostenuto dalla Suprema Corte a proposito dell'estensione della posizione di vigilanza e di controllo affidata al collegio sindacale, nel senso che “I componenti del collegio sindacale sono titolari di una posizione di garanzia, nello svolgimento dei poteri di controllo e vigilanza sull'osservanza della legge e dello statuto da parte degli amministratori, sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato e sull'andamento generale dell'attività sociale, non solo rispetto ad ogni illecito idoneo a depauperare il patrimonio della società, ma anche a tutte le condotte di reato, inerenti all'oggetto sociale, suscettibili di determinare un indebito arricchimento dell'ente” Cass. pen. V, n. 13382/2021.

Vigilanza sintetica o analitica

È parecchio diffusa in dottrina la tesi per cui la vigilanza del collegio sindacale sulla gestione debba estrinsecarsi in termini di controllo procedimentale (Rigotti, 183; Caselli, 260; Colantuoni, 547).

Questa conclusione trova il suo fondamento nella circostanza che il controllo sulla corretta amministrazione include quello sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società, di cui si è parlato appena innanzi.

Peraltro la conclusione appare coerente con la preclusione esistente per i sindaci, di impedire o imporre agli amministratori il compimento di atti di gestione contrari alla legge o allo statuto.

Tuttavia si sostiene che il controllo sulla correttezza dell'amministrazione non può prescindere dall'esame delle scelte gestorie concrete.

In tale senso si afferma che compito dei sindaci deve intendersi la verifica che gli amministratori non compiano atti imprudenti, estranei all'oggetto sociale, in conflitto di interessi; ma essi dovranno fermarsi di fronte a un controllo sull'opportunità e sulla convenienza delle scelte di gestione compiute dagli amministratori (Ambrosini,  2004, 896; Domenichini,  795).

Il controllo sulla gestione da parte del collegio sindacale si sostanzia nella verifica dell'osservanza di quei comportamenti che assicurino il contenimento del rischio di impresa nei limiti della normalità dei principî di corretta amministrazione (Ianniello, 93).

La vigilanza sul «rispetto dei principî di corretta amministrazione» è clausola generale, attraverso cui passa il controllo sulla diligente gestione degli amministratori e, quindi, su tutti i profili gestori, in relazione alla specificità dimensionale e qualitativa della singola società, con il limite delle scelte di merito in senso stretto (Fortunato,  310).

Il controllo contabile

Come sopra accennato, il collegio sindacale è chiamato a svolgere anche la funzione di controllo contabile, laddove ciò sia previsto dallo statuto, delle società che non sono tenute alla redazione del bilancio consolidato (art. 2409-bis, comma 2, c.c., il quale precisa che, in tal caso, il collegio sindacale è costituito da revisori legali iscritti nell'apposito registro).

Tuttavia, anche nelle società in cui il controllo contabile è affidato al revisore, rimangono presenti alcuni compiti direttamente inerenti alla materia contabile (Ambrosini, in Tr. Res. 2013, 254) affidati alla competenza del collegio sindacale.

In particolare, il collegio sindacale: 1) deve predisporre la relazione sul bilancio (art. 2429, comma 2, c.c.); 2) deve prestare il consenso per l'iscrizione nell'attivo del bilancio dei costi di impianto, ampliamento, ricerca, sviluppo e pubblicità e dell'avviamento (art. 2426, nn. 5 e 6 c.c.); 3) deve esprimere il proprio parere sulla congruità del prezzo di emissione delle azioni nell'ipotesi di aumento di capitale con esclusione o limitazione del diritto di opzione (art. 2441. comma 6 c.c.); 4) deve predisporre le proprie osservazioni alla relazione sulla situazione patrimoniale necessaria per la riduzione del capitale per perdite (art. 2446 c.c.).

La scelta così operata dal legislatore della riforma di sopprimere la funzione contabile dal novero dei doveri del collegio sindacale appare contrastante con suddette norme, nonché con il nuovo dovere imposto ai sindaci di vigilare sul rispetto dei principî di corretta amministrazione.

Questo deve necessariamente ricomprendere tutti i profili dell'amministrazione, ivi compresi quelli di natura più specificamente contabili (Fortunato, 1384; Valensise, 1046).

Bibliografia

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