Codice Civile art. 2391 bisCodice civile, approvato con regio decreto 16 marzo 1942, n. 262 (1). (1) Il r.d. 16 marzo 1942, n. 262 è stato pubblicato nella G.U. del 4 aprile 1942, nn. 79 e 79-bis. InquadramentoL'art. 2391-bis del codice civile è stato inserito con l'ultimo decreto legislativo di attuazione della delega relativa alla Riforma del diritto societario (art. 12 del d.lgs. 28 dicembre 2004, n. 310, con decorrenza dal 14.01.2005). La disciplina risponde ad un'esigenza di protezione di interessi generali relativa ad un fenomeno particolare di conflitto d'interessi (anche se non tutte le operazioni disciplinate sono necessariamente anche operazioni in confitto d'interessi ai sensi del precedente art. 2391 c.c.) molto sentita sia, in generale, dagli operatori del mercato finanziario sia, in particolare, nel contesto nazionale dopo gli scandali che hanno riguardato società con azioni quotate nei primi anni 2000 (ad esempio casi Parmalat, Cirio). La norma è stata da ultimo integrata dal d. lgs. 10 maggio 2019 n. 49 (pubblicato in G. U. il 10.6. successivo) in attuazione della Direttiva eurounitaria n. 828/2017 (modificativa della precedente (Direttiva 2007/36/CE dell'11 luglio 2007 – c.d. «shareholder's rights»). In sintesi la modifica, oltre ad operare una correzione puramente lessicale al secondo comma (chiarendo che lo stesso riguarda sia i principi adottati dalla Consob che le regole adottate dalle società) aggiunge un terzo comma che fornisce alla Consob, in linea con quanto previsto dalla Direttiva, indicazioni vincolanti per la redazione dei «principi». Tali indicazioni sono in gran parte già coerenti con il contenuto del regolamento vigente prima della modifica, pur lasciando un ampio margine alla Consob su vari aspetti, apparentemente anche sulla scelta tra le diverse modalità di approvazione delle operazioni consentite dall'art. 9-quater della Direttiva come modificata nel 2017. Maggiori limiti alla delega arrivano a ben vedere dal necessario rispetto di alcune specifiche previsioni dell'art. 9-quater della Direttiva modificata, fra cui anche quella relativa alle nozioni di “operazione” e di “parte correlata”. In esecuzione della delega contenuta nell'art. 2391-bis del Codice civile, con la Delibera n. 21624 del 10 dicembre 2020, la Consob ha modificato il Regolamento n. 17221 del 12 marzo 2010, recante disposizioni in materia di operazioni con parti correlate (“Regolamento OPC”), adeguandolo alle novità normative ma, come si vedrà, lasciando sostanzialmente fermo l'impianto di fondo preesistente. Come recita il considerando 42 della Direttiva n. 828/2017, che recentemente ha introdotto a livello euro-unitario una disciplina sulle operazioni con parti correlate nelle società con azioni quotate, modificando la previgente Direttiva sui diritti degli azionisti, «le operazioni con parti correlate possono causare pregiudizio alle società e ai loro azionisti, in quanto possono offrire alla parte correlata la possibilità di appropriarsi di un valore appartenente alla società. È pertanto importante prevedere adeguate misure di salvaguardia per la tutela degli interessi delle società e degli azionisti». Nella letteratura internazionale economico-giuridica le operazioni in questione (related parties transactions) sono uno dei fenomeni più significativi delle c.d. tunneling transactions (operazioni che consentono il trasferimento di ricchezza a favore di determinati soggetti, in altri termini l'acquisizione di benefici privati da società con capitale diffuso sul mercato). Nella ricerca del difficile equilibrio fra varie esigenze (quella di consentire l'ordinaria operatività dell'impresa anche con rapporti infragruppo e quella di evitare operazioni che rispondano all'interesse di insiders invece che a quello di tutti gli azionisti) l'articolo stabilisce un percorso di auto-regolamentazione – affidato agli organi di amministrazione – con degli obiettivi prefissati (trasparenza e correttezza sostanziale e procedurale) e dei contenuti minimi (competenza decisionale, motivazione, documentazione) e la sottomissione ai principî generali stabiliti dalla Consob. Con la modifica da ultimo apportata con il d.lgs. n. 49/2019 e con il successivo adeguamento del Regolamento OPC, l'asse della disciplina si è maggiormente spostata verso la regolamentazione pubblica, dando peraltro una più chiara veste a livello di normativa primaria ad un fenomeno che si era già realizzato in concreto al momento dell'emanazione del vigente Regolamento Consob. Si tratta di uno dei pochi casi (un altro esempio è quello attinente alle regole sulla presentazione di liste di minoranza in attuazione degli artt. 147-ter, primo comma e 148, comma 2, del TUF) in cui l'Autorità del mercato finanziario è chiamata a dettare regole direttamente incidenti sull'organizzazione societaria. La norma incide, inoltre, sui doveri dei sindaci che sono esplicitamente investiti di un compito di controllo che probabilmente rientrerebbe comunque nei loro compiti di controllo di legittimità e sulla corretta amministrazione. In concreto i «principî generali» sono contenuti nel regolamento Consob n. 17221 del 12 marzo 2010, come modificato, che, anche a seguito degli orientamenti espressi dagli operatori nel corso del lungo originario processo di consultazione, sono molto dettagliati, al punto di disegnare una sorta di procedura standard che garantisce gli obiettivi del legislatore, modificabile in più punti da scelte statutarie o comunque di autodeterminazione societaria. Il punto centrale della regolamentazione delegata è l'affidamento ad amministratori indipendenti di un importante ruolo che si esprime in pareri vincolanti o meno in relazione alle dimensioni dell'operazione. A tale aspetto si affiancano significativi obblighi di trasparenza, dettati anche si sensi dell'art. 114, comma 5, del TUF. Il recepimento della disciplina europea non ha in concreto dato luogo a modifiche particolarmente significative alla normativa di secondo grado vigente in Italia, che pure sarebbero state – e sarebbero ancora – formalmente consentite. La novità normativa dà luogo, però, ad una modifica di estremo rilievo che cambia significativamente la natura di fondo della disciplina nazionale sulle operazioni con parti correlate, prevedendo per la prima volta sanzioni amministrative in capo alla società con azioni quotate in mercati regolamentati (ma non per quelle con azioni negoziate in altre sedi di negoziazione o semplicemente diffuse) e ai suoi amministratori. Finora eventuali violazioni delle norme sulle operazioni con parti correlate venivano addebitate in via amministrativa dalla Consob esclusivamente ai sindaci, applicando le sanzioni per essi previste in caso di violazione dei loro doveri di vigilanza. Applicabilità alle società con azioni quotate o diffuseLa disciplina sulle operazioni con parti correlate dettata dall'articolo in commento e dal regolamento Consob attuativo si applica alle società per azioni che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio. Si tratta di una categoria istituita dalla legge delega n. 366/2001, in attuazione della quale è stata emanata (con d.lgs. n. 6/2003) la riforma del diritto societario, con l'obiettivo (per la verità non particolarmente centrato) di ridurre lo «scalino normativo» conseguente alla quotazione delle azioni su mercati regolamentati, determinato principalmente dall'applicabilità alle società con azioni quotate delle norme in materia di informazione societaria – di derivazione europea – ed organizzazione societaria dettate dal d.lgs. n. 58/1998 (di seguito TUF), nonché della connessa vigilanza. In sostanza si tratta di una nozione (contenuta nell'art. 2325-bis c.c.) che richiama due fenomeni, uno più formalizzato, l'altro prevalentemente fattuale: la quotazione delle azioni in un mercato regolamentato, da un lato; la loro diffusione presso il pubblico in misura rilevante dall'altro. Tralasciando per un momento il tema della quotazione, il presupposto della diffusione è rimesso (dall'art. 111-bis disp. att. c.c., inserito nel 2003 e modificato nel 2012 per eliminare l'ancoraggio alla definizione prevista nel 2004 originariamente presente) ad un intervento regolamentare Consob, già previsto prima dell'inserimento di tale categoria nel codice civile: la disciplina attuativa dell'art. 116 del TUF che, per finalità connesse all'applicazione di obblighi informativi (quelli previsti dagli artt. 114 e 115 del TUF) e dell'obbligo di revisione contabile, chiede di definire appunto quali siano le società con strumenti finanziari diffusi cui tali obblighi si applicano. Con riguardo alla diffusione delle azioni, la nozione si trova nell'art. 2-bis del Regolamento Emittenti della Consob (n. 11971/1998, più volte modificato ed integrato); tale nozione è stata modificata in coincidenza con l'entrata in vigore della riforma del diritto societario (appunto gennaio 2004), prendendo atto che le nuove norme contenute nel codice facevano derivare dall‘esistenza del presupposto della diffusione non più soltanto obblighi informativi ma l'applicazione alle società emittenti di regole influenti sull'organizzazione societaria, inclusi i poteri dei soci (ad esempio, in materia di azione di responsabilità delle minoranze) e i doveri degli organi sociali. Da tale constatazione discendeva la necessità di far entrare nella definizione non soltanto elementi numerici ma anche indici qualitativi di una volontà di far ricorso al pubblico risparmio. Così nell'art. 2-bis, comma 2, del detto Regolamento è stato precisato che i limiti quantitativi di cui al primo comma (azionisti diversi dai soci di controllo in numero superiore a 500 - erano 200 fino alla modifica apportata con la delibera n. 18214 del 9 maggio 2012 - che detengano complessivamente una percentuale di capitale sociale almeno pari al 5%; impossibilità di redigere il bilancio in forma abbreviata ai sensi dell'art. 2435-bis, primo comma, c.c., o meglio che superino due dei tre limiti ivi previsti, come è stato chiarito con la modifica apportata con la delibera n. 20621 del 10 ottobre 2018) «si considerano superati soltanto se le azioni” abbiano costituito oggetto di almeno una delle operazioni indicate, da ultimo aggiornate e meglio chiarite con la modifica apporta con la già citata delibera n. 20621 del 10 ottobre 2018. Allo stato le azioni si considerano diffuse qualora, alternativamente: - nei ventiquattro mesi antecedenti la data di superamento dei limiti di cui al comma 1, abbiano costituito oggetto di un'offerta al pubblico di sottoscrizione o vendita o corrispettivo di un'offerta pubblica di scambio, divenuta efficace, a prescindere dal numero di adesioni, per la quale sia stato pubblicato il prospetto di offerta ai sensi dell'articolo 94 del Testo unico o altro documento previsto dall'articolo 34-ter, comma 1, o di un collocamento, in qualsiasi forma realizzato e a prescindere dal relativo esito, anche rivolto a soli investitori qualificati come definiti ai sensi dell'articolo 34-ter, comma 1, lettera b); - in presenza delle condizioni stabilite nel comma 1, costituiscano oggetto delle medesime operazioni sopra indicate; - siano o siano state negoziate su sistemi multilaterali di negoziazione con il consenso dell'emittente o del socio di controllo ovvero siano state ammesse alla negoziazione su mercati regolamentati e successivamente siano state oggetto di revoca; - siano emesse da banche e siano acquistate o sottoscritte presso le loro sedi o dipendenze. E' poi precisato, al comma 3, che «non si considerano emittenti diffusi quegli emittenti le cui azioni sono soggette a limiti legali alla circolazione riguardanti anche l'esercizio dei diritti aventi contenuto patrimoniale, ovvero il cui oggetto sociale prevede esclusivamente lo svolgimento di attività non lucrative di utilità sociale o volte al godimento da parte dei soci di un bene o di un servizio». La componente più importante della categoria a cui è applicabile la disciplina in commento è comunque costituita dalle società con azioni ammesse a quotazione su mercati regolamentati. Non rientrano in questa nozione società che abbiano quotato strumenti finanziari diversi dalle azioni ed anche società le cui azioni siano ammesse alle negoziazioni in mercati (o, secondo la normativa europea più recente, costituita in particolare dalla Direttiva MIFID 2 ed dal Regolamento MIFIR in vigore dal 3 gennaio 2018, «sedi di negoziazione») diversi da quelli «regolamentati». La nozione di quotazione utilizzata dal codice civile è del resto la medesima rilevante ai sensi dell'art. 119 TUF che rende applicabili alle società con azioni quotate in mercati regolamentati tutta la disciplina speciale di diritto societario dettata dal Capo II del Titolo III (Emittenti) del TUF (riguardante, in sintesi, diritti delle minoranze, deleghe di voto, organi di amministrazione e controllo). L'art. 119 fa riferimento a mercati regolamentati sia italiani sia di altri paesi dell'Unione europea, ma anche il più generico riferimento da parte dell'art. 2325-bis c.c. alla nozione di «mercato regolamento» è da ritenersi, vista l'origine comunitaria di tale nozione, comprensivo anche dei mercati regolamentati di altri paesi dell'Unione Europea. Peraltro, anche in sede europea la disciplina in materia di operazioni con parti correlate, prevista dalla nuova Direttiva sui diritti degli azionisti n. 828/2017, è applicabile alle società con azioni ammesse alla negoziazione in mercati regolamentati. Il fenomeno normativo della parziale estensione di regole di trasparenza e correttezza a società negoziate in sedi di negoziazione diverse dai mercati regolamentati non ha, infatti, finora interessato a livello europeo la disciplina sui diritti degli azionisti. Da questo punto di vista la normativa italiana vigente appare tenere maggiormente conto della moltiplicazione delle piattaforme negoziali, considerato che fra le «azioni diffuse» rientrano fra l'altro anche quelle scambiate su richiesta dell'emittente su sistemi di scambi organizzati (corrispondenti a quelli che il TUF attuale, come da ultimo modificato in recepimento della Direttiva MIFID 2 con effetto dal 3 gennaio 2018, definisce «sistemi multilaterali di negoziazione» o MTF). Come si vedrà, la distinzione tra azioni quotate e diffuse ha comunque assunto notevole rilievo nella disciplina, in quanto il Regolamento Consob impone il regime procedurale più severo (quello per le operazioni di maggiore rilevanza) esclusivamente alle società con azioni quotate (salva, come si vedrà oltre, la necessità di una delibera consiliare anche nelle società con azioni diffuse). Con la modifica normativa da ultimo operata in sede di recepimento della disciplina eurounitaria il legislatore ha dato luogo ad una più marcata distinzione tra società con azioni quotate in mercati regolamentati e società le cui azioni siano negoziate in altre sedi di negoziazione o soltanto diffuse: soltanto alle prime, infatti, sono applicabili le sanzioni amministrative ora dettate dal nuovo art. 192-quinquies del TUF (su cui si torna oltre). Del resto, solo alle società con azioni quotate in mercati regolamentati è applicabile l'obbligo di cui all'art. 14-ter della Direttiva, secondo cui gli Stati membri dovranno stabilire (come usuale nelle norme comunitarie) sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive. Le «operazioni» e le «parti correlate»Il previgente Regolamento Consob conteneva all'art. 3 dell'Allegato 1 una serie di definizioni, fra cui quella di “parti correlate” e di “operazioni con parti correlate”. Nel nuovo testo invece l'Allegato 1 è stato eliminato e, al fine di rispettare il disposto dell'art 2, lett. h), della Direttiva, l'art 3, lett. a), prevede che siano «parti correlate» e «operazioni con parti correlate», “i soggetti e le operazioni definiti come tali dai principi contabili internazionali adottati secondo la procedura di cui all'articolo 6 del regolamento (CE) n. 1606/2002” (e dunque IAS/IFRS pro tempore vigenti). Le definizioni attualmente vigenti sono riportate, per facilitarne l'uso, nell'Appendice del medesimo Regolamento. La differenza non di poco rilievo è che si è passati da definizioni stabili anche in caso di cambiamento di quelle contenute nei Principi IAS/IFRS a definizioni oggetto di un rinvio mobile, che comprende anche le ulteriori definizioni (come quelle di “controllo” o “collegamento”, serventi rispetto alle due principali). Va peraltro tenuto presente – a parziale riduzione dell'importanza della modifica – che la soluzione preesistente – volta a realizzare un difficile equilibrio fra interessi contrapposti – se, da un lato, non ancorava la definizione alle evoluzioni successive del principio contabile internazionale IAS 24, cristallizzandola con un elenco stabile, nello stesso tempo prevedeva esplicitamente (nei «Principî applicativi» delle definizioni di cui al Paragrafo 3 dell'Allegato 1) che: – «nell'esame di ciascun rapporto con parti correlate l'attenzione deve essere rivolta alla sostanza del rapporto e non semplicemente alla sua forma giuridica»; – «l'interpretazione delle definizioni sopra riportate è compiuta facendo riferimento al complesso dei principî contabili internazionali adottati secondo la procedura di cui all'articolo 6 del regolamento (CE) n. 1606/2002». Nella sostanza, nonostante il perimetro delle due definizioni sia molto simile, la nozione di correlazione contenuta nei vigenti principi contabili è leggermente più ampia rispetto a quella precedentemente adottata. In sintesi è confermato che: – le relazioni centrali intorno a cui gira l'elenco sono quelle di controllo societario, collegamento, appartenenza agli organi sociali, esercizio di funzioni di direzione strategica, parentela o affinità; – secondo lo IAS 24 si ha “controllo” in presenza di un potere di determinare, anche congiuntamente ad altri soggetti, le politiche finanziarie ed operative di una società, al fine di ottenere i benefici dalle sue attività. – per gli IAS sono parti correlate non soltanto le entità con le quali vi sia un rapporto di controllo, ma anche le “collegate” con le quali vi sia una relazione di “notevole influenza” (definita come “fattiva partecipazione alle decisioni sulle politiche finanziarie ed operative della società ... pur non avendone il controllo”), il che rafforza la rilevanza anche del controllo congiunto, peraltro esplicitamente prevista. In più nella nuova definizione: – vi è l'espressa previsione delle società facenti parte del gruppo dell'emittente e l'eliminazione del riferimento alla percentuale dei diritti di voto esercitabili nell'emittente o in altre società a favore del solo riferimento ai fenomeni del collegamento e della joint venture; – una società collegata comprende le sue controllate e così anche la joint venture comprende le sue controllate: – sono menzionate espressamente le controllate dai dirigenti strategici. Per quanto riguarda le operazioni è confermato che vi rientra qualsiasi trasferimento di risorse a favore di parti correlate effettuato a qualsiasi titolo e con qualsiasi modalità, comprese operazioni societarie come fusioni o scissioni. In particolare, secondo lo IAS 24, paragrafo 9: – un'operazione con una parte correlata è un trasferimento di risorse, servizi o obbligazioni tra una società e una parte correlata, indipendentemente dal fatto che sia stato pattuito un corrispettivo”; • vi rientrano le operazioni di fusione, di scissione per incorporazione o di scissione in senso stretto non proporzionale, nonché le decisioni relative all'assegnazione di remunerazioni e benefici economici, sotto qualsiasi forma, ai componenti degli organi di amministrazione e controllo e ai dirigenti con responsabilità strategiche. La nuova scelta di rinvio mobile compiuta nel Regolamento OPC rende meno rilevanti – senza però escluderne l'utilità per ricostruire la ratio della normativa - gli elementi in proposito forniti sia nel primo Documento di Consultazione Consob del 9 aprile 2008, che ha dato avvio al lungo iter preparatorio del Regolamento originario del 2010 (cui ha fatto seguito un secondo documento dell'agosto 2009 modificativo di alcune scelte regolamentari ma non dell'impianto di fondo) sia nella Comunicazione Consob n. 10078683 del 24 settembre 2010, che fornisce chiarimenti interpretativi. Una scelta diversa è stata effettuata dalla Banca d'Italia, che pure ha aggiornato le proprie Disposizioni sulle «Attività di rischio e conflitti di interessi nei confronti di soggetti collegati» (parte III, capitolo 11 della Circolare 285), dopo il recepimento della Direttiva SHRD2, senza però essere costretta a subirne i vincoli. Le “Disposizioni” hanno infatti mantenuto specifiche nozioni di “Parte correlata”; “Soggetti connessi”; “Soggetti collegati” (che comprendono i primi 2). È peraltro esplicitamente previsto che, come avviene per gli IAS/IFRS, rilevano anche i casi di controllo congiunto. Gli obiettivi e i criteri indicati dalla norma di legge ed il loro confronto con la norma eurounitaria
Obiettivi e criteri nell’art. 2391-bis c.c. come riformulato La norma indica la trasparenza e la correttezza procedurale e sostanziale come obiettivi che le regole adottate dagli organi amministrativi «assicurano». L'ambizioso obiettivo di assicurare risultati qualitativi quali la trasparenza e soprattutto la correttezza dovrebbe essere favorito dalla conformità delle regole interne ai principî generali stabiliti dall'Autorità. Come già accennato, rispetto al testo dell'art. 2391-bis previgente al recepimento della norma eurounitaria, quello nuovo prevede, al comma 3, alcuni criteri/contenuti minimi che vincolano l'Autorità nella redazione dei principi, «in conformità all'articolo 9-quater della direttiva 2007/36/CE». A ben vedere, però, fra tali criteri non vi è una scelta da parte del legislatore fra alcune possibili opzioni nella regolazione del fenomeno su cui l'art. 9-quater della direttiva lascia margini di movimento agli Stati membri (ad esempio con riguardo all'individuazione dell'assemblea o dell‘organo amministrativo come principale luogo decisionale a cui applicare meccanismi procedurali di garanzia degli interessi delle parti non correlate, ovvero in materia di esenzioni). Vi sono, invece, alcune indicazioni di principio sulle modalità di definizione delle operazioni rilevanti («tenendo conto di indici quantitativi legati al controvalore dell'operazione o al suo impatto su uno o più parametri dimensionali della società» ovvero «della natura dell'operazione e della tipologia di parte correlata», lett. a) e delle regole procedurali di trasparenza (che devono essere «proporzionate rispetto alla rilevanza e alle caratteristiche delle operazioni, alle dimensioni della società ovvero alla tipologia di società che fa ricorso al mercato del capitale di rischio», lett. b). Vi è poi l'esplicita previsione della possibilità per il regolamento Consob di prevedere esenzioni, senza indicazioni di specifici criteri ma fermo restando il richiamo generale a quanto previsto all'art. 9-quater della Direttiva, che, come vedremo, si occupa del tema in modo dettagliato. I criteri finora riferiti, indicati nelle lett. a) e b) dell'art, 2391-bis, terzo comma, erano in linea di massima già seguiti nel testo previgente del Regolamento. Come rilevato anche dalla Relazione Illustrativa del Governo al d.lgs. n. 49/2019, il criterio maggiormente innovativo è invece quello di cui alla lett. c) del comma 3 che chiede all'Autorità di individuare «casi in cui gli amministratori, fermo restando quanto previsto dall'articolo 2391, e gli azionisti coinvolti nell'operazione sono tenuti ad astenersi dalla votazione sulla stessa ovvero misure di salvaguardia a tutela dell'interesse della società che consentono ai predetti azionisti di prendere parte alla votazione sull'operazione ». Nel previgente testo del regolamento Consob non erano, infatti, presenti obblighi di astensione; D'altra parte, a ben vedere, la delega, che prevede l'adozione dell'obbligo di astensione “ovvero” di misure di salvaguardia dell'interesse degli azionisti, è in realtà una sintesi di quanto previsto (come opzione per gli Stati membri) dall'art. 9-quater, comma 4, terzo e quarto periodo, della Direttiva (secondo cui: «Qualora l'operazione con parti correlate coinvolga un amministratore o un azionista, l'amministratore o l'azionista è escluso dall'approvazione o dalla votazione. Gli Stati membri possono consentire all'azionista che è una parte correlata di partecipare alla votazione, purché il diritto nazionale preveda adeguate misure di salvaguardia che si applicano prima o in occasione della procedura di votazione per tutelare gli interessi della società e degli azionisti che non sono una parte correlata, inclusi gli azionisti di minoranza, impedendo alla parte correlata l'approvazione dell'operazione nonostante il parere contrario della maggioranza degli azionisti che non sono una parte correlata o nonostante il parere contrario della maggioranza degli amministratori indipendenti»). Si noti che il dettaglio delle «misure di salvaguardia» presente nell'ultima parte del quarto periodo (dopo la parola «impedendo») è sostanzialmente molto vicino a quanto già previsto dal Regolamento Consob prima della modifica. Sembrerebbe dunque che l'obbligo di astensione non sia imposto né dalla disciplina europea né dall'attuale versione dell'art. 2391-bis c.c., anche se in realtà (e sul punto si torna oltre) esso è stato introdotto con il nuovo Regolamento OPC da parte della Consob, che non ha ritenuto possibile l'esclusione di tale ulteriore vincolo. Sul punto in effetti né il Documento di consultazione pubblicato dalla Consob il 31.10.2019 né la relazione illustrativa pubblicata l'11.12.2020 sembrano considerare l'ipotesi che l'intervento non fosse necessario; le sopra riferite parti della norma nazionale e della disposizione eurounitaria, che indicano la possibilità di “misure di salvaguardia” come soluzione alternativa all'astensione (“ovvero” ecc..), non sono neanche menzionata. D'altra parte, occorre aggiungere che nel lungo processo di consultazione la questione non ha assunto rilievo, essendosi invece soffermato il dibattito sulla definizione di “amministratore coinvolto nell'operazione”. I vicoli derivanti dall’art. 9-quater della Direttiva Visto, dunque, che i criteri di delega di cui al nuovo comma 3 dell'art. 2391-bis lasciano ampio margine all'Autorità nella scelta normativa di secondo livello, è importante capire quali siano i vincoli che all'Autorità derivano dal richiamo da parte dell'incipit dello stesso comma all'art. 9-quater della Direttiva. Come già detto, la revisione della disciplina europea c.d. shareholders' rights (Direttiva 2007/36/CE dell'11 luglio 2007), realizzata con la Direttiva (UE) n. 828/2017 del 17 maggio 2017, è stata l'occasione per dettare per la prima volta una disciplina sulle operazioni con parti correlate a livello comunitario. La novella è stata realizzata con l'inserimento nella Direttiva previgente di un nuovo art. 9-quater (rubricato Trasparenza e approvazione delle operazioni con parti correlate), il cui contenuto è «motivato» dai considerando da 42 a 44. Nell'articolo in questione vi sono sia norme vincolanti per gli stati membri, caratterizzate in genere dal modo indicativo («prevedono») o dall'uso della forma verbale «assicurano», sia norme che lasciano aperte opzioni. Il primo comma dell'art. 9-quater detta criteri di cui gli stati membri devono tenere conto in sede di definizione delle operazioni rilevanti (influenza che le informazioni relative all'operazione potrebbero avere sulle decisioni economiche degli azionisti della società; rischio che scaturisce dall'operazione per la società e per i suoi azionisti che non sono una parte correlata, compresi gli azionisti di minoranza) ed indica anche quali debbano essere i parametri a cui legare gli indici quantitativi (l'impatto dell'operazione sulla situazione finanziaria, sui profitti, sugli attivi, sulla capitalizzazione, incluso il capitale, o sul fatturato) o qualitativi (natura dell'operazione e posizione della parte correlata). Tali criteri appaiono in linea sia con quanto previsto dal nuovo comma 3, lett. a) dell'articolo in commento sia con le scelte già compiute nel Regolamento Consob previgente ed oggi confermate. Sempre il primo comma assegna agli Stati membri un'opzione già esercitata nel Regolamento Consob, anche previgente alla modifica: quella di stabilire definizioni di rilevanza diverse per gli obblighi di natura informativa e per quelli di natura procedurale (ad esempio, come vedremo oltre, gli obblighi informativi in base all'art. 5 del Regolamento Consob si applicano essenzialmente alle operazioni c.d. «di maggiore rilevanza» in quanto superano determinati indici prevalentemente quantitativi). Il secondo comma dell'art. 9-quater richiede che sia assicurata un'informativa al pubblico sulle «operazioni rilevanti con parti correlate ... al più tardi al momento della loro conclusione» ed indica le informazioni minime che tale informativa deve avere. Come si vedrà oltre, gli obblighi informativi (adottati anche ai sensi dell'art. 114, comma 5, del TUF) hanno sempre costituito uno dei punti centrali del Regolamento Consob. Il terzo comma prevede invece la possibilità per gli Stati membri di prevedere che l'informazione sia corredata da una «relazione che valuti la correttezza e la convenienza dell'operazione dal punto di vista della società e degli azionisti che non sono una parte correlata, inclusi gli azionisti di minoranza, e che illustri i presupposti su cui si basa e i metodi utilizzati». La relazione può essere predisposta «a) da un terzo indipendente; b) dall'organo di amministrazione o di vigilanza della società; c) dal comitato per il controllo interno o altro comitato composto in maggioranza da amministratori indipendenti» Inoltre «gli Stati membri assicurano che le parti correlate non partecipino alla preparazione della relazione». Sul punto la disciplina Consob previgente ed attuale (con alcune modifiche lessicali) prevede (art. 5, comma 5, e Allegato 4) che siano pubblicati i pareri di amministratori o consiglieri indipendenti o di esperti indipendenti qualora presenti (anche in ragione dell'applicabilità delle regole procedurali redatte dalle società alla luce dello stesso Regolamento). Peraltro, la Direttiva assembrerebbe consentire che la relazione o il parere pubblicato (come del resto quello redatto in fase procedurale) sia di un comitato composto a maggioranza, e non esclusivamente, da amministratori indipendenti. Il cuore della disciplina è, però, quella dettata dal comma 4 dell'art. 9-quater che riguarda le procedure interne di correttezza e trasparenza di approvazione delle operazioni. In particolare, il primo e il secondo periodo di tale comma disegnano un modello che, fermi alcuni obiettivi comuni, consente la scelta fra un sistema fondato sull'approvazione dell'organo assembleare (come oggi avviene specialmente nel Regno Unito, grazie alle risalenti, anche se più volte modificate, norme contenute nelle Listing Rules, ma in parte ed in modo più limitato, anche in Francia) e un sistema fondato sull'approvazione dell'organo amministrativo o anche (ma la previsione riguarda principalmente il modello dualistico, tipico del sistema tedesco anche se presente in via opzionale in moti Stati europei, comprese Italia e Francia) dell'organo di vigilanza. Il punto comune che va comunque assicurato è che l'approvazione avvenga «conformemente a procedure che impediscono alla parte correlata di trarre vantaggio dalla sua posizione e che tutelano in modo adeguato gli interessi della società e degli azionisti che non sono una parte correlata, compresi gli azionisti di minoranza». Di particolare rilievo, per consentire la via dell'approvazione assembleare, è la previsione del secondo periodo che dovrebbe consentire di superare eventuali limiti alla competenza dell'organo posti dalla disciplina societaria («Gli Stati membri possono disporre che gli azionisti nell'assemblea generale abbiano il diritto di votare in merito alle operazioni rilevanti con parti correlate che sono state approvate dall'organo di amministrazione o di vigilanza della società»). Come più avanti dettagliato, la via scelta dal previgente Regolamento Consob e confermata dal nuovo testo, è quella dell'approvazione dell'organo amministrativo, in presenza di pareri di amministratori indipendenti, mentre l'approvazione assembleare (con il meccanismo del c.d. whitewash, su cui si torna oltre) svolge una funzione residuale come via d'uscita nel caso di stallo ovvero è specificamente disciplinata per i casi in cui l'operazione sia già di per sé di spettanza dell'assemblea. Sempre il comma 4 dell'art. 9-quater della Direttiva contiene la disciplina (a nostro parere opzionale) sull'obbligo di astensione su cui si è riferito nel precedente paragrafo in quanto ripresa dall'art. 2391-bis c.c. I commi 5 e 6 dell'art. 9-quater si occupano del tema delle esenzioni, fornendo all'Autorità incaricata di redigere (o meglio aggiornare) il regolamento indicazioni ben più dettagliate di quelle contenute nella nuova norma di legge italiana. È, in primo luogo, direttamente previsto dal comma 5 che gli obblighi informativi e procedurali non si applicano «alle operazioni concluse nell'ordinaria attività e a normali condizioni di mercato», fermo restando che «per tali operazioni l'organo di amministrazione o di vigilanza della società istituisce una procedura interna per valutare periodicamente il rispetto di tali condizioni» e che «le parti correlate non partecipano a tale valutazione». Viene peraltro lasciato alla scelta degli Stai membri di consentire comunque alle società di prevedere l'applicabilità. Sul punto, il previgente Regolamento Consob prevedeva una facoltà di esclusione ad opera delle procedure interne, confermata dal nuovo testo (art. 13, comma 3, lett. c), con un rafforzamento degli strumenti di conoscenza e controllo da parte della Consob e degli amministratori indipendenti sui casi di esclusione in concreto verificatisi. Il comma 6 indica poi un catalogo di operazioni che gli Stati membri possono esentare o consentire alle società di esentare. Fra queste: le operazioni con le controllate, quelle riguardanti le remunerazioni degli amministratori a cui sia applicabile la disciplina dettata dalla stessa Direttiva (art. 9-bis) ed oggi recepita dall'art. 123-ter del TUF, modificato con il medesimo d.lgs. n. 49/2019, le operazioni compiute da banche in esecuzioni di richieste delle Autorità di vigilanza prudenziale. Sono ipotesi che erano già prese in considerazione dal Regolamento Consob e che sono state ora aggiornate anche alla luce delle novità normative nel frattempo intervenute (ad esempio sulle remunerazioni, già parzialmente disciplinate prima del recepimento della Direttiva). Vi sono poi due categorie di carattere generale relative ad operazioni di competenza assembleare o no, per le quali la disciplina applicabile o le circostanze di fatto di per sé «prevedano e tutelino in modo specifico il trattamento equo di tutti gli azionisti e gli interessi della società e degli azionisti che non sono una parte correlata, inclusi gli azionisti di minoranza» ovvero assicurino «la parità di trattamento di tutti gli azionisti e la tutela degli interessi della società». Tale previsione ha dato luogo ad un intervento rilevante di maggiore chiarezza del nuovo Regolamento Consob su cui si torna oltre. A prima vista, il catalogo delle operazioni esentabili appare chiuso ma la flessibilità del sistema complessivamente disegnato dall'art. 9-quater ha consentito di prevedere (o mantenere, nel caso del passaggio dal previgente al nuovo Regolamento Consob) alcune semplificazioni, fermo il rispetto di alcuni vincoli (ad esempio la necessità di avere sempre una delibera consiliare per le operazioni di maggiore rilevanza). È questa la strada in concreto seguita nel nuovo Regolamento Consob, ad esempio per le operazioni urgenti o per quelle realizzate da società di minori dimensioni o recente quotazione. Infine, il settimo comma estende la disciplina anche alle operazioni concluse da una parte correlata con le controllate (il che pare in linea con l'art. 2391-bis, comma 2, secondo cui rilevano anche le operazioni concluse «per il tramite di società controllate»). Nel seguito del presente commento ci si sofferma dunque sulla disciplina attualmente vigente, chiarendo quali siano i casi in cui vi sia stata un'integrazione o modifica conseguente al recepimento dei vicoli previsti dal suddetto art. 9-quater della Direttiva. La nuova normativa è vigente a partire dall'1 luglio 2021.. Fino a tale data restava in vigore il previgente Regolamento Consob. I principî generali dettati con il Reg. Consob 12 Marzo 2010 n. 17224, come modificato con la Delibera Consob n. 21624 del 10 dicembre 2020
Trasparenza esterna e interna Il regolamento Consob del 2010 perseguiva l'obiettivo di «assicurare» la trasparenza sulle «operazioni», unendo ai «principî» attuativi dell'art. 2391-bis norme in materia di trasparenza in attuazione della delega a dettare obblighi informativi di cui all'art. 114, comma 5, e ad altre norme del TUF (attuative della Direttiva c.d. Transparency sugli obblighi informativi verso il pubblico – e dunque verso il mercato – delle società quotate). Nel contesto successivo all'entrata in vigore della Direttiva SHRD2 e del nuovo art. 2391-bis c.c., il richiamo all'art. 114, comma 5, TUF, appare meno necessario, essendo presenti obblighi informativi verso il mercato già nella specifica disciplina sulle OPC. Le norme in questione avevano sostituito un articolo (71-bis) che era presente nel Regolamento Emittenti della Consob già da prima dell'emanazione dell'art. 2391-bis c.c. e che prevedeva appunto la pubblicazione di un documento informativo in attuazione dell'art. 114, comma 5, del TUF. La vecchia norma di trasparenza, come attestato dal già citato Documento di consultazione Consob dell'aprile 2008, aveva avuto una limitata applicazione soprattutto in ragione della definizione troppo ristretta (e richiamante connotazioni negative circa l'interesse sociale) delle «operazioni rilevanti». La disciplina è dettata dall'art. 5 del Regolamento ed è rimasta sostanzialmente immutata dopo la modifica del 2020, salvo la previsione esplicita da parte del comma 5 dell'obbligo di pubblicare in allegato al documento informativo i pareri di amministratori o esperti indipendenti rilasciati nel contesto dell'operazione. La norma impone una quasi immediata (il termine è di 7 gironi che può arrivare a 15 in casi particolari) trasparenza sull'operazione compiuta, da realizzare con un documento informativo di cui sono previsti uno schema dettagliato (Allegato 4 al Regolamento) e tempi e modi vincolanti di pubblicazione. L'obbligo si applica alle «operazioni di maggiore rilevanza» (nozione che, come si vedrà è centrale anche in altra parte della normativa), la cui individuazione è formalmente rimessa alle procedure interne delle società ma con l'obbligo di inserirvi almeno quelle rientranti negli indici quantitativi dall'Allegato 3 del Regolamento; gli indici quantitativi sono in sintesi incentrati sulla soglia percentuale del 5% da calcolare alternativamente sul controvalore dell'operazione, sull'attivo o sul passivo del bilancio. La percentuale è ridotta al 2.5% per operazioni con una società controllante quotata o con «soggetti a questa correlati» che siano correlati anche con l'emittente che fa l'operazione. Di particolare rilievo è che il superamento della soglia per considerare l'operazione come di maggiore rilevanza può avvenire anche con operazioni con la medesima parte e fra loro omogenee o collegate da disegno unitario concluse nell'ambito di un medesimo esercizio. La previsione è pienamente in linea con il comma 8 dell'art. 9-quater della Direttiva, secondo cui va assicurata l'aggregazione delle «operazioni concluse con la stessa parte correlata nel corso di un qualunque periodo di 12 mesi o nel medesimo esercizio». In questo contesto, la Consob esercita una piena funzione di controllo con riguardo alla trasparenza esterna verso il mercato, sulle operazioni in questione, potendo intervenire per far modificare il documento informativo o per imporne la pubblicazione, se ne sussistono i presupposti, e potendo altresì sanzionare la mancata o incompleta pubblicazione ai sensi dell'art. 193 del TUF. Rimangono ferme, come peraltro ribadito anche dall'ultimo comma del già citato art. 9-quater della Direttiva, le norme che impongono comunque per operazioni «price sensitive» l'obbligo di comunicazione al pubblico attraverso gli strumenti di diffusione di informazioni che ciascuna società di gestione del mercato deve presupporre (già previsto dall'art. 114, comma 1, del TUF; oggi previsto direttamente dall'art. 17 del Regolamento UE MAR n. 596/2014). In tal caso il «comunicato» da pubblicare senza indugio dovrà contenere alcune specificazioni (art. 6 del Regolamento, come rivisto a seguito della modifica del 2020) fra cui anche la descrizione dell'operazione, la procedura seguita, la precisazione se l'operazione rientra fra quelle di maggiore rilevanza. I principî Consob prevedono, inoltre (art. 5, comma 8), per le sole società con azioni quotate specifici obblighi di trasparenza nella documentazione contabile presupposta ai sensi dell'art. 154-ter del TUF. Vi è, dunque, un mix di trasparenza verso il mercato che si realizza attraverso il documento informativo, i comunicati price sensitive e l'integrazione all'informazione contabile. Costituiscono, poi, ulteriori presidi di trasparenza, definibile come «interna» anche le norme (artt. 7 e 8 del Regolamento, su cui si torna oltre) che impongono alle procedure di mettere gli amministratori indipendenti che dovranno esprimere un parere (più o meno vincolante a secondo dei casi) in condizione di capire le caratteristiche dell'operazione attraverso un flusso informativo sin dalla fase preparatoria (trattative e/o istruttoria). L'adozione delle procedure interne finalizzate alla «correttezza procedurale e sostanziale» L'art. 2391-bis c.c. ed il regolamento Consob (in particolare art. 4, che ha subito minime modifiche, legate al tema delle esenzioni e del loro controllo, con la revisione del 2020) impongono alle società di adottare un insieme di regole procedurali («di trasparenza e correttezza sostanziale e procedurale») che mirano a condurre ad una decisione che sia il più possibile in linea con l'interesse sociale. L'organo sociale titolare della funzione di approvazione è l'organo ammnistrativo (consiglio di amministrazione o, nel modello dualistico, consiglio di gestione). Anche per l'adozione delle procedure è previsto (art. 4, comma 3) un iter procedurale che coinvolge gli amministratori indipendenti, ove presenti, chiedendone il voto favorevole, o, qualora non vi siano amministratori indipendenti, un esperto indipendente (la cui opinione, però, non può essere vincolante). Si ricorda che nelle società con azioni quotate almeno un amministratore indipendente – due se il consiglio è composto da più di 7 membri – è imposto dall'art. 147-ter, comma 4 del TUF ed un numero congruo di componenti con tali caratteristiche è suggerito dal Codice di Corporate Governance (già di autodisciplina) di Borsa Italiana). Come detto, il regolamento detta i «principî» cui dovranno attenersi le società nella determinazione ed adozione delle procedure volte ad assicurare la correttezza sostanziale e procedurale delle operazioni con parti correlate. Tali principî sono stati intesi, più che come principî generali ispiratori, come principî di redazione a cui le regole intere devono conformarsi: si è così pervenuti ad un Regolamento prescrittivo che disegna un percorso per la scrittura delle «procedure» interne con una sorta di «mainstream» o «best practice» e varie opzioni alternative che le società possono esercitare. I «principî» in questione fanno perno sulla distinzione fra operazioni di maggiore e di minore rilevanza, nell'ottica di dettare una disciplina flessibile in relazione alle caratteristiche dimensionali dell'operazione. Spetta in concreto all'organo amministrativo identificare le operazioni di maggiore rilevanza in modo da includervi almeno quelle che superino le soglie dimensionali indicate nello stesso regolamento, le medesime già indicate per l'obbligo di pubblicare il documento informativo. Nella parte del regolamento sulla correttezza sono previsti, quali strumenti per realizzarla, alcuni dei meccanismi tipici di tutti i moderni codici di corporate governance: amministratori indipendenti da coinvolgere sin dalla fase preparatoria e, con un ruolo consultivo (per le operazioni di minore rilevanza) o determinante (se le operazioni sono «di maggiore rilevanza»), in quella decisoria; comitati composti prevalentemente o esclusivamente dagli stessi; ruolo delle minoranze attraverso il c.d. whitewash (vale a dire una delibera assembleare approvata con il voto della maggioranza dei soci che non facciano parte del gruppo di controllo e che non siano parti correlate nella specifica operazione, prevista qualora la decisione sia di competenza assembleare o come via d'uscita adottabile dalle società in caso di l'impasse dovuta ad un parere negativo degli indipendenti su un'operazione di maggior rilievo); l'affidamento ai sindaci, già ad opera dello stesso art. 2391-bis, di un controllo ex post sulle procedure adottate e sulla loro attuazione in concreto. Gli amministratori indipendenti Gli «amministratori indipendenti» hanno un ruolo centrale nei principî adottati dal Regolamento , il che è anche in linea con una delle possibili soluzioni normative previste dall'art. 9-quater della Direttiva. Il requisito di indipendenza può essere raggiunto in due modi, come è stato chiarito dalla già citata Comunicazione Consob n. 10078683 del 24 settembre 2010 (allo stato non ancora sostituita da una nuova Comunicazione interpretativa dopo la modifica regolamentare del 2020): – utilizzando la nozione (costruita su ipotesi tassative) prevista dal già citato art. 147-ter, comma 4, del TUF quando fa rinvio al requisito previsto per i sindaci delle società con azioni quotate dall'art. 148 del TUF, a sua volta molto vicina a quella dettata per i sindaci in generale dall'art. 2399 c.c., come modificato dalla ridorma del diritto societario; – utilizzando la nozione (più esemplificativa che tassativa) già rinvenibile nel Codice di Autodisciplina di Borsa Italiana, Principio 3.P.1., secondo cui «un numero adeguato di amministratori non esecutivi sono indipendenti, nel senso che non intrattengono, né hanno di recente intrattenuto, neppure indirettamente, con l'emittente o con soggetti legati all'emittente, relazioni tali da condizionarne attualmente l'autonomia di giudizio», dettagliata dal criterio 3.C.1 («Il consiglio di amministrazione valuta l'indipendenza dei propri componenti non esecutivi avendo riguardo più alla sostanza che alla forma e tenendo presente che un amministratore non appare, di norma, indipendente nelle seguenti ipotesi, da considerarsi come non tassative ...»). La preesistente nozione di indipendenza del Codice ha avuto un formale riconoscimento di equivalenza (ai fini dell'applicazione del Regolamento sulle operazioni con parti correlate) ad opera della suddetta Comunicazione Consob. In tale sede l'Autorità ha ritenuto «che i criteri attualmente previsti dal Codice di autodisciplina adottato dal Comitato per la Corporate Governance siano «almeno equivalenti a quelli dell'articolo 148, comma 3, del Testo unico»». Pertanto «si considereranno ... «amministratori indipendenti» ai fini del Regolamento gli amministratori riconosciuti come tali dalle società in applicazione dei principî e dei criteri applicativi del Codice di autodisciplina». Rispetto a tale quadro la sopravvenuta definizione contenuta nel nuovo Codice di Corporate Governance del 2020 (secondo cui sono indipendenti “gli amministratori non esecutivi che non intrattengono, né hanno di recente intrattenuto, neppure indirettamente, con la società o con soggetti legati a quest'ultima, relazioni tali da condizionarne l'attuale autonomia di giudizio” è sovrapponibile a quella precedente. I criteri minimi per il requisito di indipendenza dettati dalla Raccomandazione 7 dell'Articolo 2 del Codice del 2020 (il cui incipit è “Le circostanze che compromettono, o appaiono compromettere, l'indipendenza di un amministratore sono almeno le seguenti:”), a cui la suddetta definizione fa rinvio, si distinguono (poco) da quelli contenuti nella precedente versione del Codice per una maggiore tendenza ad avere un elenco di ipotesi autosufficiente e non meramente esemplificativo. È indice di tale tendenza, ad esempio, la richiesta alle società aderenti di definire soglie di rilevanza per le relazioni commerciali, professionali o finanziarie o per le remunerazioni aggiuntive che possono compromettere l'indipendenza. Per quanto la Consob non si sia ancora espressamente pronunciata sul punto, la nuova definizione appare avere i medesimi requisiti che nel 2010 portarono l'Autorità ad un riconoscimento della precedente; del resto, in tal senso si è orientata la prassi e non risulta che dal 2021 ad oggi vi siano stati interventi di vigilanza della Consob in senso contrario. Elementi di dettaglio sulla disciplina di trasparenza «interna» e correttezza procedurale e sostanziale Venendo al contenuto dei «principî» per le operazioni di minore rilevanza è prevista (art. 7) una disciplina meno rigorosa (ferma restando la facoltà di adottare quella prevista per le operazioni di maggiore rilevanza), che prevede, in sintesi: a) un motivato parere non vincolante di un comitato composto esclusivamente da amministratori non esecutivi e non correlati, in maggioranza indipendenti, che dovrà esprimersi sull'interesse della società al compimento dell'operazione, nonché sulla convenienza e correttezza sostanziale delle relative condizioni; b) un'adeguata informativa ex ante da fornire tempestivamente all'organo deliberante e al comitato che deve esprimere il parere; c) un'adeguata motivazione sulla convenienza e correttezza procedurale e sostanziale da riportare nelle delibere di approvazione. A tali previsioni la modifica del 2020 ha aggiunto, ritenendolo, come già detto, necessario per attuare la Direttiva, l'ulteriore obbligo di astensione, disponendo (art. 7, comma 1, lett. d-bis, del Regolamento Consob) che “nelle società con azioni quotate in mercati regolamentati, qualora l'operazione sia di competenza del consiglio di amministrazione, gli amministratori coinvolti nell'operazione si astengano dalla votazione sulla stessa”. A tal fine è stata dettata dall'art. 3, lett. i-bis, del Regolamento, all'esito di un'ampia consultazione in cui erano state avanzate 5 diverse ipotesi, la seguente definizione di amministratore o consigliere coinvolto nell'operazione: “gli amministratori, i consiglieri di gestione o di sorveglianza che abbiano nell'operazione un interesse, per conto proprio o di terzi, in conflitto con quello della società”. La relazione Illustrativa definisce tale nozione come “di carattere generale” e coerente con i contributi ricevuti in consultazione, con le soluzioni di altri paesi europei e con la disciplina bancaria. Nel medesimo Documento (pag. 8) è altresì fornito un interessante “chiarimento” circa la rilevanza di tali soggetti ai fini del quorum costitutivo ma non del quorum deliberativo previsti per il funzionamento dell'organo. Per le operazioni di maggiore rilevanza, ferma restando l'applicazione delle disposizioni dettate per le operazioni di minore rilevanza, inclusa quella sull'obbligo di astensione, sono previsti presidi ulteriori e più rigorosi. Primo di tali presidi è che la competenza decisionale sulle singole operazioni spetta sempre al consiglio di amministrazione nella sua interezza. Inoltre, il comitato che deve esprimere il parere è composto esclusivamente da amministratori indipendenti non correlati ed in numero minimo di tre. Uno o più delegati di tale comitato dovranno essere coinvolti nella fase delle trattative e nella fase istruttoria ricevendo tempestivamente un flusso informativo completo e aggiornato . con la possibilità di partecipare attivamente alla preparazione e allo studio dell'operazione data dalle facoltà di richiedere informazioni e di formulare osservazioni agli organi delegati e ai soggetti incaricati della conduzione delle trattative o dell'istruttoria. Sul punto la modifica del 2020 ha effettuato modifiche lessicali, che tendono a rafforzare l'esigenza di tempestività ed aggiornamento del flusso informativo. Già con la versione originaria ed ancor più con la nuova, viene così enfatizzato il dovere di agire informati già previsto dall'art. 2381 c.c. per tutti gli amministratori. Le differenze forse di maggior rilievo rispetto a quanto previsto per le operazioni di minore rilevanza, è che, come già visto, il comitato deve essere composto esclusivamente (e non solo a maggioranza) da amministratori indipendenti e che inoltre il parere reso dal comitato è vincolante. Tali differenze sono rimaste anche dopo il pieno recepimento della Direttiva, anche se non pare che la stessa le imponesse. Oggetto del parere rimangono l'interesse della società al compimento dell'operazione, nonché la convenienza e correttezza sostanziale delle relative condizioni. Se l'emittente è soggetto ad attività di direzione e coordinamento, a prescindere dallo status di quotata o meno della capogruppo, i pareri previsti sia per le operazioni di minore rilevanza che per quelle di maggiore rilevanza devono recare «puntuale indicazione delle ragioni e della convenienza dell'operazione, se del caso anche alla luce del risultato complessivo dell'attività di direzione e coordinamento ovvero di operazioni dirette a eliminare integralmente il danno derivante dalla singola operazione con parte correlata». La norma ricalca il disposto dell'art. 2497-ter, comma 1, c.c. che prescrive precisi obblighi motivazionali delle scelte, compiute dalle società soggette a direzione e coordinamento, che siano state influenzate dalla società capogruppo La scelta regolamentare di richiedere che il parere verta anche sulla «convenienza» dell'operazione ha suscitato alcune critiche, non solo perché non espressamente prevista dall'art. 2391-bis c.c., ma anche perché atterrebbe al puro merito delle scelte dell'organo gestionale, in ogni caso insindacabile in quanto assistito dalla business judgment rule: cfr., fra gli altri, Montalenti; critiche di analogo tenore sono state espresse da Assonime nella Circolare n. 38/2010 «La disciplina della Consob in materia di operazioni con parti correlate, in Riv. soc., 2011, I, nella quale si osserva come gli amministratori indipendenti siano tenuti a valutare «se» realizzare e «come» realizzare l'operazione e come la formulazione di un giudizio su tali profili non pare possa prescindere da una valutazione sul merito dell'operazione che dovrebbe spettare all'organo esecutivo o all'intero consiglio di amministrazione. Di conseguenza, osserva Assonime, «[l]a scelta realizzata dalla Consob relativamente al contenuto del parere e, conseguentemente, al ruolo da attribuire agli amministratori indipendenti sembra al limite della delega». Nei lavori preparatori Consob tali critiche appaiono superate tenendo in conto che anche gli amministratori indipendenti sono, in quanto componenti dell'organo di amministrazione, soggetti a cui spetta la «gestione dell'impresa» ai sensi dell'art. 2380-bis c.c., e, dunque, con i limiti e le prerogative che l'art. 2381 c.c. stabilisce qualora vi siano organi delegati, non possono ritenersi estranei alla stessa. La «competenza decisionale» sulle operazioni in questione, poi, è prevista dallo stesso art. 2391-bis, comma 2, come uno degli oggetti su cui devono intervenire i principî stabiliti dalla Consob. Ad oggi la questione appare superata dalla circostanza che il nuovo art. 9-quater della Direttiva Europea sui diritti degli azionisti (cui la normativa nazionale deve adeguarsi entro il 10 giugno 2019) prevede esplicitamente (specialmente al comma 2) che, ove il parere sia espresso da un comitato composto da amministratori indipendenti, si pronunci, fra l'altro, sula «convenienza» dell'operazione. Al fine di evitare situazioni di possibili paralisi, il regolamento ha, d'altra parte, previsto anche un meccanismo che consente di prescindere dal parere degli amministratori, ove negativo. In tal caso, il consiglio di amministrazione potrà approvare l'operazione purché (ai sensi dell'art. 8, comma 2, del Regolamento) sia autorizzato, ai sensi dell'articolo 2364, comma, n. 5, c.c., dall'assemblea che deve deliberare, oltre che con le maggioranze prescritte dal codice civile, anche con il voto favorevole della maggioranza dei soci non correlati (meccanismo del c.d. whitewash già sopra menzionato). Per le operazioni che devono essere approvate o autorizzate dall'assemblea, i principî dettati per le operazioni di maggiore o minore rilevanza devono essere rispettati nella fase delle trattative, nella fase istruttoria ed in quella di approvazione della proposta da parte dell'organo gestorio. Nel caso di parere negativo del comitato di indipendenti, la proposta relativa ad un'operazione di maggiore rilevanza potrà comunque essere sottoposta all'assemblea ma questa dovrà deliberare secondo il meccanismo appena visto del whitewash. La disciplina è disegnata dal Regolamento per i modelli «tradizionale» e monistico. L'allegato 2, mantenendo ferme le linee guida, la rimodula per il modello dualistico. Una delle inevitabili differenze di fondo è che in tal caso una pluralità di componenti indipendenti di un organo sociale si può trovare soltanto fra i consiglieri di sorveglianza. Regimi semplificati ed esenzioni Il fine di dettare una cornice regolamentare flessibile è stato perseguito anche attraverso la previsione di un regime agevolato in dipendenza delle caratteristiche degli emittenti (art. 10 del Regolamento) e di un regime di esenzioni per determinate tipologie di operazioni (art. 13 del Regolamento). Per quanto riguarda le semplificazioni, alcuni emittenti – società di recente quotazione (primi due anni dalla quotazione), società quotate di minori dimensioni (attivo dello stato patrimoniale e ricavi non superiori ai 500 milioni di euro – da notare che, ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. f, «Le società di minori dimensioni non possono più qualificarsi tali nel caso in cui per due esercizi consecutivi non soddisfino congiuntamente i predetti requisiti»), società con azioni diffuse – possono scegliere di applicare la disciplina di minore rigore prevista per le operazioni di minore rilevanza anche alle operazioni di maggiore rilevanza, fermo restando il rispetto degli obblighi informativi nei confronti del mercato previsti dall'art. 5 del Regolamento. Può essere utile rilevare in questa sede, con riguardo alle prime due semplificazioni, che l'art. 9 –quater della Direttiva consente al comma 1, ultimo periodo, di differenziare le definizioni in base alle dimensioni della società e che la disciplina che abbiamo definito come «di minor rigore» è in gran parte rispondente alle finalità di fondo previste dalla Direttiva e alle sue previsioni. In sede di modifica del Regolamento Consob è peraltro emersa al riguardo una semplificazione che la normativa Consob aveva riconosciuto a società con azioni quotate di recente quotazione o di minori dimensioni e che invece la Direttiva non ha consentito di mantenere: si tratta della possibilità che operazioni di maggiori dimensioni non siano deliberate dal plenum del consiglio. Da tale constatazione è venuta fuori una delle principali modifiche della nuova versione del Regolamento Consob (riguardante l'art. 10), che ha inserito come regola non rientrante nella semplificazione, accanto ai già presenti obblighi infornativi, anche l'obbligo di avere – per le operazioni di maggiore rilevanza (previste dall'art. 8) una decisone dell'organo consiliare (sia esso consiglio di amministrazione nel modello tradizionale o monistico o consiglio di gestione in quello dualistico). Per quanto riguarda la semplificazione per le società che non hanno azioni quotate in mercati regolamentati essa non riguarda un ambito coperto dalla Direttiva, in quanto quest'ultima non si interessa a società diverse da quelle con azioni quotate. Ciò nonostante, sembrerebbe, dalla lettera del nuovo testo dell'art. 10 e dell'articolato sistema di richiami normativi presente, che anche per le società con azioni diffuse sia stata prevista come inderogabile la presenza di una delibera consiliare per le operazioni di maggiore rilevanza. Per scelta del regolamento Consob, oggi confermata, non possono beneficiare del regime semplificato le società quotate controllate, anche indirettamente, da un'altra società quotata, caratterizzate da una separazione tra proprietà e controllo strutturalmente più elevata (si pensi ai gruppi piramidali costituiti da più società quotate). Per quanto riguarda invece le esenzioni, totali o parziali, direttamente previste nei «principî» dettati dal Regolamento Consob o la sciate dallo stesso Regolamento alla scelta facoltativa delle società da esercitare tramite le «procedure» o lo statuto, sono previste dall'art. 13 in relazione alla tipologia di operazione. In tal caso l'esenzione può estendersi anche al regime informativo, pur con alcuni limiti (ad esempio non è esentabile l'informazione nel bilancio ove applicabile) e con connessi obblighi di informazione dell'Autorità. Esenzioni automatiche sono quelle relative alle deliberazioni sui compensi dei membri dell'organo esecutivo e di controllo di cui agli artt. 2389,2402 e 2409-terdecies, comma 1, lett. a), c.c. che siano state adottate dall'assemblea o sulla base di delibere quadro assembleari. Fra le esenzioni automatiche il nuovo Regolamento Consob (art. 13, comma 1-bis) inserisce esplicitamente anche alcune ipotesi che già nella prassi non erano considerate rilevanti in quanto rivolte a condizioni paritarie a tuti gli azionisti: gli aumenti di capitale in opzione, le scissioni proporzionali in senso stretto, le riduzioni di capitale mediante rimborso azioni proprie conformi all'art. 132 TUF. Esenzioni facoltative sono previste in primo luogo per altre ipotesi di piani di compensi, come quelli basati su strumenti finanziari approvati dall'assemblea ai sensi dell'art. 114-bis TUF e le relative operazioni esecutive ovvero le deliberazioni in materia di remunerazione di amministratori investiti di particolari cariche, diverse da quelle che beneficiano dell'esenzione automatica. Con riguardo a tale ultimo aspetto il nuovo Regolamento Consob ha dovuto tenere conto delle nuove previsioni in materia di politica di remunerazione, contestualmente entrate a far parte del nostro ordinamento sempre in attuazione della medesima Direttiva SHRD2. Pertanto, fra i requisiti per l'esenzione è previsto, fra l'altro, che “la remunerazione assegnata sia individuata in conformità” con la politica di remunerazione adottata dall'assemblea “e quantificata sulla base di criteri che non comportino valutazioni discrezionali”. (art. 13, comma 3, lett. b). Sono poi esentabili le operazioni di importo esiguo (individuate secondo criteri stabiliti nelle procedure). Rispetto a tale possibilità il nuovo Regolamento indica come necessaria la presenza nelle Procedure di “criteri differenziati in considerazione almeno della natura della controparte” (nuovo art. 4, comma 1, lett. a) da leggere in combinato con l'art. 13, comma 2). La categoria di maggior rilievo che le procedure interne possono escludere, peraltro anche dagli obblighi informativi, è però costituita dalle operazioni ordinarie concluse a condizioni equivalenti a quelle di mercato o standard. Come si è visto tale possibilità di esclusione è oggi confermata in modo chiaro dall'art. 9-quater, comma 5, della Direttiva. Va segnalato che, in caso di deroga anche agli obblighi informativi (specialmente della pubblicazione del documento) nel nuovo Regolamento è previsto (art. 13, comma 3, lett. c), fra l'altro, che “i) le società comunicano alla Consob e agli amministratori o consiglieri indipendenti che esprimono pareri sulle operazioni con parti correlate, entro il termine indicato nell'articolo 5, comma 3 (ndr 7 giorni), la controparte, l'oggetto, il corrispettivo delle operazioni che hanno beneficiato dell'esclusione nonché le motivazioni per le quali si ritiene che l'operazione sia ordinaria e conclusa a condizioni equivalenti a quelle di mercato o standard, fornendo oggettivi elementi di riscontro”. Si tratta di una delle integrazioni più rilevanti del nuovo Regolamento Consob. Secondo la definizione presente nel Regolamento (art. 3, comma 1, lett. d), ispirata ai principî contabili internazionali, l'operazione è «ordinaria» se rientra nell'esercizio ordinario dell'attività operativa o, alternativamente, nella connessa attività finanziaria. In proposito la più volte citata Comunicazione interpretativa Consob del 2010 ha fornito dettagliati chiarimenti su quali parametri vadano considerati per qualificare le operazioni come rientranti nell'attività «operativa» o nella connessa attività finanziaria». Inoltre, si considerano «a condizioni equivalenti a quelle di mercato o standard» (secondo l'art. 3, comma 1, lett. e) quelle «condizioni analoghe a quelle usualmente praticate nei confronti di parti non correlate per operazioni di corrispondente natura, entità e rischio, ovvero basate su tariffe regolamentate o su prezzi imposti ovvero quelle praticate a soggetti con cui l'emittente sia obbligato a contrarre a un determinato corrispettivo». Infine, le operazioni urgenti sono esentabili se vi è una previsione statutaria e dunque una scelta maggiormente impegnativa per la vita della società rispetto alla semplice previsione da parte delle «procedure» adottate dall'organo gestorio. Anche in tal caso il nuovo Regolamento ha dovuto inserire come limite alla possibilità di esenzione (accanto a quello già presente riguardante gli obblighi informativi) quella della riserva di competenza, per le operazioni di maggiori dimensioni, all'organo consiliare (cfr. nuovo art. 13, comma 6). Per le operazioni che non siano di competenza dell'assemblea o che non debbano essere da questa autorizzata, l'individuazione delle situazioni di urgenza è rimessa alle procedure e per beneficiare dell'esenzione è necessario rispettare alcune condizioni, tra cui la sottoposizione dell'operazione, già approvata ed efficace, all'assemblea che è chiamata ad esprimersi con una deliberazione non vincolante Se invece l'operazione è di competenza assembleare può essere ritenuta urgente solo in presenza di situazioni di crisi aziendale (anche se con la Comunicazione del 2010, la Consob ha chiarito che con situazioni di crisi aziendale si intende fare riferimento non solo alle situazioni di acclarata crisi ma anche a situazioni di tensione finanziaria). Con particolare riferimento alla disciplina dell'urgenza e più in generale per tutti i casi in cui il Regolamento ha attribuito funzioni all'assemblea sono stati sollevati in dottrina dubbi di legittimità, (cfr. ancora Montalenti, 335). Anche su tale tema, al momento più teorico che concreto visti i dati emergenti dall'esperienza applicativa, i principî contenuti nella già citata nuova disciplina eurounitaria (che, come visto, consentono esplicitamente l'attribuzione del diritto di voto ai soci e della competenza all'assemblea) sembrano consentire di superare definitivamente la questione. Le regole particolari sui gruppi Il regolamento ha prestato particolare attenzione alle operazioni con parti correlate nell'ambito dei gruppi societari, sia se l'emittente è il soggetto passivo della relazione di controllo sia se l'emittente è al vertice del gruppo. È stata dettata una disciplina di particolare rigore quando l'emittente è controllato da altra quotata: escluse, come già visto, semplificazioni procedimentali previste per le società di minori dimensioni e di recente quotazione; ridotte le soglie di identificazione delle operazioni rilevanti (dal 5% al 2,5%). Se l'emittente è invece il controllante e si avvale di società controllate per concludere un'operazione con una parte a sé correlata. è tenuto ad adottare particolari cautele non in occasione di tutte le operazioni concluse dalle controllate, ma solo di quelle che siano soggette alla sua approvazione o al suo esame. Infatti, le procedure devono individuare «regole con riguardo alle ipotesi in cui la società esamini o approvi operazioni di società controllate, italiane o estere» Secondo la comunicazione Consob interpretativa costituisce esame rilevante «non già la mera ricezione di informazioni sull'operazione compiuta dalla controllata (...) bensì una valutazione dell'operazione che possa condurre a un intervento (ad esempio, sotto forma di parere non vincolante in grado di incidere sul procedimento di approvazione dell'operazione da parte della società controllata». Inoltre, le «regole» da adottare potranno essere declinate da ciascuna società controllante secondo il grado di influenza che essa esercita in conformità alle autonome determinazioni in materia di rapporti con le società controllate ovvero secondo la maggiore o minore rilevanza dell'operazione. Le operazioni concluse da controllate rilevano in ogni caso al fine di verificare l'eventuale superamento del limite quantitativo di operazioni annuali con una stessa parte correlata che determina l'obbligo di pubblicare il documento informativo (art. 5, comma 2, del Regolamento), salvo che siano esenti. Per le operazioni concluse tra l'emittente e le sue controllate e collegate o tra le controllate è stato previsto un regime di esenzione facoltativo, totale o parziale, in considerazione dei maggiori vantaggi spesso conseguibili attraverso la conclusione di operazioni tra società del gruppo. Condizione dell'esenzione è che nelle società controllate e collegate non vi siano interessi di altre parti correlate dell'emittente qualificati come significativi; la valutazione della significatività degli interessi è rimessa alla valutazione discrezionale delle società , che spesso forniscono al riguardo indici o esemplificazioni nella loro Procedura interna. Sanzioni amministrative e civilistiche
Le sanzioni prima del d.lgs. n. 49/2019 Prima della novella apportata al c.c. e al TUF con il d.lgs. n. 49/2019 non era stato attribuito alla Consob né ad altra Autorità uno specifico potere sanzionatorio per il caso di mancata adozione o mancata osservanza delle procedure interne. La potestà sanzionatoria della Consob poteva dunque riguardare la violazione da parte degli emittenti delle regole di trasparenza (art. 193, comma 1, TUF) ovvero i sindaci (o componenti del consiglio di sorveglianza, nel modello dualistico, e del comitato per il controllo sulla gestione, nel modello monistico) delle sole società con azioni quotate, in forza dello specifico potere sanzionatorio in caso di violazione da parte di questi dei loro doveri (art. 193, comma 2, TUF). All'organo di controllo, l'art. 2391-bis c.c. affida espressamente il compito di vigilare sull'osservanza delle regole procedurali e li obbliga a riferirne nella relazione all'assemblea; tale dovere dovrà ovviamente riguardare anche la conformità delle procedure adottate ai principî dettati dal medesimo regolamento. La mancata adozione delle procedure, l'adozione di procedure non conformi o la mancata osservanza delle stesse in occasione della conclusione delle singole operazioni, potranno ovviamente essere fonte di responsabilità degli amministratori ai sensi dell'art. 2392 c.c., nonché dar luogo agli ordinari rimedi civilistici. La Consob ha in concreto applicato sanzioni amministrative pecuniarie a sindaci per mancato controllo sul rispetto delle regole di trasparenza e delle procedure in relazione ad operazioni con parti correlate già sulla base della precedente versione dell'articolo in commento e del Regolamento attuativo. Alcuni casi sono stati anche decisi dalle corti d'appello competenti per le impugnazioni avverso le sanzioni Consob (che hanno prevalentemente confermato le sanzioni, salvo casi di vizi procedurali). Anche alcune sentenze della Cassazione (Cass. n. 20437/2017; Cass. n. 20438/2017, nonché Cass. n. 18883/2017; e Cass. n. 19639/2017; Cass. n. 5357/2018) hanno confermato, affermando rilevanti principî di diritto su vari temi attinenti i compiti dei sindaci ed il sistema sanzionatorio, sanzioni Consob per la violazioni di doveri dei sindaci nel controllo su operazioni con parti correlate – anche se antecedenti l'entrata in vigore della disciplina attuativa dell'art. 2391-bis c.c. qui in commento.
Le nuove sanzioni amministrative Come anticipato, la novella legislativa del 2019 ha inserito nel TUF un nuovo articolo (192-quinquies) che prevede per la prima volta sanzioni amministrative specifiche in caso di violazione della disciplina sulle operazioni con parti correlate da parte delle sole società con azioni quotate in mercati regolamentati. La norma prevede, in primo luogo, sanzioni dirette alle società per un importo che inizialmente andava da Euro 10.000 ad euro 150.000. Si trattava – come avvenuto in via generale per tutte le nuove sanzioni introdotte nel TUF dal d.lgs. n. 49/2019, in ragione di un problema connesso alla mancanza di uno specifico criterio di delega – di importi significativamente più bassi nel massimo rispetto a quelli previsti per le altre violazioni di regole del TUF. Successivamente – a seguito di specifica previsione da parte della legge di delegazione europea per il 2018 (legge 4.10.2019, n. 117) – le sanzioni sono state innalzate nel massimo fino a 10 milioni di euro con il d.lgs. 14.7.2020 n. 84. In secondo luogo, sono previste sanzioni dirette, che partono da un minimo di 5.000 Euro, «nei confronti dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione e di direzione», qualora (come previsto dall'art. 190-bis, comma 1, lett. a, dello stesso TUF) «l'inosservanza è conseguenza della violazione di doveri propri o dell'organo di appartenenza» e «la condotta ha inciso in modo rilevante sulla complessiva organizzazione o sui profili di rischio aziendali, ovvero ha provocato un grave pregiudizio per la tutela degli investitori o per la trasparenza, l'integrità e il corretto funzionamento del mercato». La norma definisce una possibile sanzione alle persone fisiche diverse dai sindaci (o componenti di altri organi di controllo) caratterizzata, dopo la modifica di Luglio 2020, da un importo analogo (anche se il minimo per i sindaci è 10.000 euro e non 5.000) da importi analoghi ma da presupposti aggiuntivi (specialmente il danno); non è questa la sede per esaminare le conseguenze che tale diversità di trattamento – essenzialmente tra amministratori e sindaci – potrebbe comportare. In linea di massima appare corretto ritenere che l'impianto sanzionatorio nuovo assiste il nuovo quadro normativo attuativo dell'obbligo euro-unitario, una volta definito in tutti i suoi elementi che ne garantiscono pieno equilibrio, e dunque riguardare soltanto fatti successivi all'entrata in vigore delle norme di secondo livello attuative della delega, come specificata dal nuovo testo dell'art. 2391-bis c.c., vale a dire l'1 luglio 2021. La novità normativa dà luogo ad una modifica che cambia la natura di fondo della disciplina nazionale sulle operazioni con parti correlate, prevedendo per la prima volta sanzioni amministrative in capo alla società con azioni quotate in mercati regolamentati (ma non per quelle con azioni negoziate in altre sedi di negoziazione o semplicemente diffuse) e ai suoi amministratori. Inoltre, come già detto, in tal modo si è determinata una più marcata distinzione tra società con azioni quotate in mercati regolamentati e società le cui azioni siano negoziate in altre sedi di negoziazione o soltanto diffuse: soltanto alle prime infatti sono applicabili le sanzioni amministrative ora dettate dal nuovo art. 192-quinquies del TUF. BibliografiaAbbadessa, Assemblea ed operazioni con parti correlate (prime riflessioni), in Cariello (a cura di), Le operazioni con parti correlate, Giuffré, 2011, 17; Agnese, Spunti sistematici in materia di operazioni con parti correlate, in Riv. D. banc., dirittobancario.it, 5, 2012; Assonime, Circolare n. 38/2010 «La disciplina della Consob in materia di operazioni con parti correlate», in Riv. soc., 2011, I; Baglioni-Grasso, Parti correlate: l’attività di predisposizione delle nuove procedure interne, in Soc., 2010, 727;Bianchi, Ciavarella, Enriques, Novembre, Signoretti, Regulation and self-regulation of related party transactions in Italy, Quaderno di Finanza Consob n. 75, 2014, disponibile sul sito www.consob.it; Consob, Appendice I - Modifiche al Regolamento Operazioni con parti correlate, 11 dicembre 2020, disponibile in consob.it.; Blandini, Società quotate e società diffuse, in Trattato di diritto civile del Consiglio Nazionale del Notariato, diretto da Perlingieri, Esi, 2005, 316; Bonelli, Commento all’art. 2391 bis c.c.., Codice Civile, a cura di Apla e Mariconda, Ipsoa, 2005, 1225; Bonzanini, Martelloni, Le operazioni con parti correlate di società aperte, in Soc., 2005, 8, 950 ss.; Busani, Parti correlate: modifiche statutarie e nuove procedure decisionali, in Soc., 2010, 1103; Cariello, Operazioni con parti correlate e sistema dualistico, in Cariello (a cura di) Le operazioni con parti correlate, Giuffré, 2011, 61; Chiappetta, Le operazioni con parti correlate: profili sistematici e problematici, in dircomm.it, novembre 2008; Consob, Disciplina regolamentare di attuazione dell’art. 2391-bis del codice civile in materia di operazioni con parti correlate, Documento di consultazione del 9 aprile 2008, disponibile sul sito www.consob.it; Cugnasco, Le operazioni con parti correlate fra corporate governance, responsabilità degli amministratori ed efficiente tutela delle minoranze nelle società quotate, Quaderno di Giurisprudenza Commerciale n. 417, Milano, 2017; Demuro, Il coordinamento delle procedure in materia di operazioni con parti correlate con il modello organizzativo predisposto ai sensi del d.lg. 231/01, in Cariello (a cura di), le operazioni con parti correlate, Giuffré, 2011, 159 ss.; Esposito, Le operazioni con parti correlate: regole sulla trasparenza e sul governo societario, in Riv. Dir. Comm., 2010, I, 851 ss.; Facchin, sub art. 2391 bis, in Commentario delle Società, a cura di Grippo, Torino 2009, 514 ss.; Ferro-Luzzi, Le innovazioni alla disciplina societaria: obbligazioni ed operazioni con parti correlate, in Bancaria, 2004, n. 7-8, 44; Ferro.Luzzi, Le operazioni con parti correlate infragruppo, in Cariello (a cura di), Le operazioni con parti correlate, Giuffré, 2011, 3; Foschini, Le operazioni con parti correlate e l’attuazione dei principi di cui all’art. 2391 bis del codice civile, in Studi per Franco di Sabato, Esi, 2009, III, 1, 587; Gilotta, Interesse di gruppo e nuove regole sulle operazioni con parti correlate: una convivenza difficile, in Giur. comm., 2012, I, 273; Giudici, Neo-quotate, piccole quotate e società con azioni diffuse: lo speciale regime per le operazioni con parti correlate, in Soc., 2010, 871;Guizzi, Interessi degli amministratori e operazioni con parti correlate, in La governance nelle società di capitali a dieci anni dalla riforma, a cura di Vietti, Milano, 2013, 165; Guizzi, Gestione dell’impresa e interferenze di interessi. Trasparenza, ponderazione e imparzialità dell’amministrazione delle s.p.a., Giuffré, 2014; Houben, Banche quotate e procedure per le operazioni con parti correlate: principi Consob e disposizioni della Banca d’Italia, in Banca Impresa Società, 2014, 117 ss.; Houben M., Operazioni con parti correlate e governo societario, Milano, 2020; Houben, Operazioni con parti correlate e operazioni con soggetti collegati: confini e sovrapposizioni. Le interferenze soggettive e oggettive nelle banche quotate, in Banca, borsa, tit. cred., 2014, I 447; Irrera, Le procedure e il comitato di amministratori indipendenti nel regolamento Consob sulle operazioni con parti correlate: un nuovo organo a geometria variabile, in NDS, 2010, 4, 31 ss.; Liace, Commento all’art. 2391 bis, in Codice commentato delle s.p.a., diretto da Fauceglia e Schiano di Pepe, II, (artt. 2363-2435 bis), Utet, 2007, 749 ss.. spec. 761-762;Lopatriello, Providenti, Commento sub art. 2391-bis, in Commentario del codice civile diretto da Gabrielli, Delle società, dell’azienda, della concorrenza, vol. II, a cura di Santosuosso, Torino, 2015, 345; Lucantoni, Esenzione dall’obbligo e offerte pubbliche di acquisto preventive, in Le offerte pubbliche di acquisto, (a cura di Stella Richter jr), Giappichelli, 2011, 177; Maugeri, Le operazioni con parti correlate nei gruppi societari, in Riv. dir. comm. 2012, I, 887; Mazzoni, Operazioni con parti correlate e abusi, testo della relazione al convegno “A quindici anni dal T.u.f. Bilanci e prospettive, svoltosi il 13 e il 14 giugno 2013 presso l’Università Bocconi di Milano; Micheli, Denunzia di gran irregolarità di gestione e operazioni con parti correlate, in Giur. comm., 2015, II, 1027; Minervini, Gli interessi degli amministratori di s.p.a., in Il nuovo diritto delle società. Liber Amicorum Gian Franco Campobasso, diretto da Abbadessa e Portale, Utet, 2, 2006, 579; Miola, in Amministrazione e controllo nel diritto delle società, Torino, 2010, 615; Montalenti, Le operazioni con parti correlate: il nuovo regolamento Consob, in Il nuovo diritto delle società, n. 12/2010; Montalenti, Le operazioni con parti correlate: questioni sistematiche e problemi applicativi, in Riv. d. comm., 2015, I 63; Morino, in Codice civile, a cura di Alpa e Mariconda, III, Wolters Kluwer, 2013, 579; Moscariello, Le operazioni tra “parti correlate” nella comunicazione d’azienda, Padova, 2007; Pomelli, La disciplina Consob delle operazioni con parti correlate, in Nuove leggi civ. comm., 2010, 1334; Pomelli, Commento all’art. 2391 bis c.c., in Commentario breve al diritto delle società a cura di Maffei Alberti, Padova, 2011, 636; Presciani, La trasparenza degli azionisti istituzionali di società quotate, Torino, 2020; Pucci, Il parere degli amministratori indipendenti nelle operazioni con parti correlate: profili funzionali, in Riv. soc., 2014, 336; Rainelli, Il regolamento Consob sulle operazioni con parti correlate: le linee fondamentali, in NDS, 2010, 4, 12; Regoli, L’informazione nelle operazioni con parti correlate, in La struttura finanziaria e i bilanci delle società di capitali. Studi in onore di Giovanni E. Colombo, Giappichelli, 2011, 547; Relazione illustrativa al d.lgs. n. 49/2019 - RI_azionisti.pdf, disponibile sul sito governo.it; Rimini, Gli amministratori indipendenti nella proposta di regolamentazione Consob in materia di operazioni con parti correlate, in Giur. comm., 2009, I, 587 ss.; Rimini, Brevi note sulla responsabilità del ruolo degli amministratori indipendenti alla luce del nuovo regolamento Consob sulle operazioni con pari correlate, in NDS, 2010, 4, 38; Salafia, Le operazioni con parti correlate, in Soc., 2010, 735; Sambucci, Commento all’art. 2391 bis c.c., in Codice commentato delle società, a cura di Abriani-Stella Richter, Utet, 2013, 1121; Santosuosso, Sulla disciplina regolamentare di attuazione dell’art. 2391 bis c.c. in materia di operazioni con parti correlate, in RDS, 2008,4,849 ss.; Scimemi, Cian-Trabucchi; Scotti Camuzzi, Attività di rischio delle banche nelle relazioni con soggetti correlati e disciplina del conflitto di interessi, in Contr. Impr., 2011, 734; Seminara, L’informazione c.d. “esterna” sulle operazioni con parti correlate infragruppo, in AGE, 2013, 303; Stella Richter jr, Brevi osservazioni sulla proposta di disciplina regolamentare in materia di operazioni con parti correlate, in RDS, 2008,4,846; Stella Richter jr, Regole delle procedure per le obbligazioni con parti correlate e modificazioni statutarie conseguenti, in Cariello (a cura di), Le operazioni con parti correlate, Milano, 2011, 45; Stella Richter jr, Valutazioni d’azienda e operazioni con parti correlate, testo dalla relazione al convegno “Diritto e prassi delle valutazioni d’azienda: aspetti critici”, svoltosi il 9 e il 10 giungo 2014 presso l’Università Bocconi di Milano; Tombari, Amministratori indipendenti, “sistema dei controlli” e Corporate governance: quale futuro?, Banca borsa tit. cred., 2012, I, 506; Troisi, Le operazioni con parti correlate in ambito bancario e finanziario, in Banca, borsa, tit. cred., 2011, I, 649; Ulissi Interessi extrasociali e operazioni con parti correlate, in Le società commerciali: organizzazione, responsabilità e controlli, a cura di Vietti, Torino, 2014; Valensise, Conflitto d’interessi e parti correlate, in Il testo unico finanziario, diretto da Cera-Presti, Bologna, 2020, vol. II, 1951 ss.; Valensise-bui, Operazioni con parti correlate e remunerazioni: le modifiche alla regolamentazione Consob di recepimento SHRD 2, 17 dicembre 2020, disponibile in dirittobancario.it; Ventoruzzo, Sub art. 2391-bis, in Commentario alla riforma della società, diretto da Marchetti-Bianchi-Ghezzi-Notari, Amministratori, Milano, 2005, 540. |