Codice Civile art. 2402 - Retribuzione (1).

Enrico Quaranta

Retribuzione (1).

[I]. La retribuzione annuale dei sindaci, se non è stabilita nello statuto, deve essere determinata dalla assemblea all'atto della nomina per l'intero periodo di durata del loro ufficio.

(1) V. nota al Capo V.

Inquadramento

L'art. 2402 c.c. è norma che trova il suo naturale ambito di applicazione con riguardo alle società per azioni, anche quotate, in relazione all'attività svolta non soltanto dal collegio sindacale ma anche al consiglio di sorveglianza.

Parte della dottrina estende l'ambito di applicazione della norma in questione anche ai componenti del comitato di controllo sulla gestione basandosi sull'interpretazione dell'art. 223-septies disp. att. nella parte in cui prevede l'applicazione, salva diversa disposizione di legge, della disciplina codicistica in riferimento agli amministratori e ai sindaci anche per i componenti del consiglio di gestione e del consiglio di sorveglianza – in quanto compatibile – per le società che abbiano adottato il sistema dualistico e ai componenti del consiglio di amministrazione e ai componenti del comitato interno di controllo sulla gestione per le società che hanno optato per il sistema monista. Tuttavia, si dubita di tale applicazione in ragione del comma 6 dell'art. 2409-octies c.c. nel quale manca il rinvio all'art. 2402 c.c. ed in ragione del fatto che a tali membri – amministratori a tutti gli effetti – dovrebbero essere applicate le norme relative al consiglio di amministrazione.

La giurisprudenza, superando precedenti orientamenti, ha ritenuto legittima la deliberazione assembleare di attribuzione del compenso ai sindaci supplenti (Trib. Milano 10 settembre 1981, in Foro it. 1982, I, 2061), dovendo questi essere pronti a ricoprire l'incarico in qualunque momento ed essendo la loro nomina preclusiva di altri incarichi, emergendo tuttavia una differenza economica nell'ammontare della retribuzione.

La disciplina codicistica trova applicazione anche con riguardo ai sindaci di enti pubblici la cui retribuzione può essere composta da una parte fissa volta a compensare l'attività di controllo e una parte variabile per le ulteriori funzioni eventualmente svolte purché suscettibili di valutazione economica.

Principio di onerosità dell'incarico

La norma sancisce il principio di onerosità dell'incarico ritenendo sussistente un vero e proprio diritto soggettivo alla corresponsione del compenso nei confronti dei membri dell'organo di controllo

La dottrina si interroga sulla possibile derogabilità della norma, ritenendo un primo orientamento maggioritario che lo statuto non possa prevedere che l'incarico venga svolto a titolo gratuito, in quanto l'onerosità della carica del sindaco fungerebbe da presidio per l'indipendenza dell'organo di controllo (Silvetti, Cavalli, 540; Domenichini, 547).

È dunque necessario che il compenso sia predeterminato ed invariabile per tutta la durata dell'incarico.

Secondo invece un orientamento minoritario, il carattere oneroso dell'incarico sarebbe un elemento non necessario del rapporto, potendo essere derogato (Dolmetta, 49).

Anche la giurisprudenza maggioritaria sembra avallare l'idea di una necessaria onerosità dell'incarico, come affermata anche in relazione alle società cooperative, nelle quali l'incarico doveva essere necessariamente oneroso, ai sensi dell'art. 2402 c.c., richiamato espressamente dall'art. 2518 c.c.; in caso di mancata corresponsione del compenso, spetterà al giudice di determinarlo secondo i parametri dell'art. 2233 c.c. (Cass. I, n. 7299/2015; Cass. n. 14640/2008).

Anche la giurisprudenza di merito ha considerato illegittima la clausola statutario nel quale sia prevista la gratuità dell'incarico sindacale (Trib. Matera 24 dicembre 1988, in Riv. not. 1989, II, 671).

Da ultimo si è rimarcato che l'articolo in commento prevede che la retribuzione annuale dei sindaci, se non è stabilita nello statuto, deve essere determinata dalla assemblea all'atto della nomina per l'intero periodo di durata del loro ufficio.

In tale previsione si è rivenuta, quindi, la  conferma del carattere necessariamente oneroso dell'incarico, in quanto non funzionale alla sola tutela d'interessi corporativi, ma anche a garanzia dei terzi e del mercato.

Pertanto stante la serietà, l'indipendenza e l'obiettività della funzione, ove l'entità del compenso non sia stabilita nell'atto costitutivo, né fissata dall'assemblea, si è ritenuto spetti al giudice che ne sia richiesto di procedere alla sua determinazione, ai sensi dell'art. 2233 c.c.

Più precisamente si è affermato che  ove l'ammontare del compenso non sia determinato né dallo statuto né dall'assemblea, se, da una parte, si esclude che ciò determini la gratuità dell'ufficio, dall'altro, si ammette che il sindaco possa allora adire il giudice per chiedere la liquidazione giudiziale del proprio compenso.

In tal caso, il giudice dovrà determinare la misura del compenso in modo adeguato alla importanza dell'opera prestata, alla difficoltà dell'incarico ed al decoro della professione . Al contrario, in tal caso, non possono assumere alcuna rilevanza eventuali accordi intercorsi con il sindaco sul criterio di calcolo della remunerazione (Trib. Perugia n. 1646/2019).

D'altra parte si è pure sostenuto che ove  il sindaco, pur in situazione di incompatibilità, abbia esercitato le funzioni questi non abbia diritto alla retribuzione maturata nel periodo in cui detta situazione si sia verificata (Trib. Bari  2 marzo 2022).

Natura del compenso e disciplina

La retribuzione è prevista in quanto l'incarico di sindaco è considerato pacificamente una prestazione d'opera intellettuale per i caratteri propri dell'attività di controllo e per l'indipendenza sussistente tra l'organo di controllo e la società, non potendo questo essere inquadrato in un rapporto di prestazione di lavoro subordinato.

Il credito in questione è pacificamente considerato come assistito da privilegio generale accordato ai prestatori d'opera intellettuale ai sensi dell'art. 2751-bis, n. 2, c.c., in relazione agli ultimi due anni di prestazioni, da computarsi guardando all'unitarietà di ogni singolo esercizio nel quadro delle funzioni demandate al collegio sindacale.

Il compenso deve essere predeterminato al momento della nomina e per l'intera durata dell'incarico dallo statuto sociale o dall'assemblea ordinaria dei soci (Cass. I, n. 1587/2017).

L'omessa previsione della retribuzione al momento della nomina potrebbe essere poi prevista dall'assemblea, purché ciò accada prima che il collegio abbia iniziato a svolgere le sue funzioni ed abbia accettato tale retribuzione.

La giurisprudenza largamente dominante ritiene che la mancata previa determinazione del compenso non ha effetti in punto di validità della nomina né in relazione alla titolarità del diritto del sindaco di ottenere il proprio compenso potendo egli adire l'autorità giudiziaria chiedendo la determinazione del compenso ex art. 2233 c.c. in contraddittorio con le parti (Cass. n. 14640/2008; Trib. Cagliari 16 dicembre 1992, in Riv. giur. sarda 1993, 772; Trib. Pavia 16 febbraio 1991, in Foro it. 1991, I, 2217).

Isolate pronunce hanno invece ritenuto che la mancata previsione del compenso dei sindaci determini la nullità della nomina dei sindaci (Trib. Cosenza, decr. 8 febbraio 1992, in Soc. 1994, 1071; Trib. Cosenza 10 luglio 1985, in Soc. 1985, 2000).

Determinazione del compenso ed infrazionabilità

Per la quantificazione del compenso del collegio sindacale, il principio cardine è che esso va determinato tenuto conto dell'entità e del rilievo, anche a fini generali, del lavoro svolto.

Vale, inoltre, la regola generale dell'art. 2233, comma 2, c.c., secondo cui l'entità del compenso deve essere adeguata all'importanza dell'opera.

Utile parametro è quanto dispone il d.m. Giustizia n. 140/2012, il quale riguarda la liquidazione dei compensi da parte di un organo giurisdizionale: l'art. 29 contempla la liquidazione dei compensi dei sindaci, individuando, come usuale, alcuni parametri dimensionali.

Il decreto predetto prevede un aumento fino al 50% delle percentuali di liquidazione per il presidente del collegio sindacale ed un aumento fino al 100% delle percentuali di liquidazione per il sindaco unico.

Parte della dottrina si è interrogata sulla possibilità che il compenso sia determinato attraverso una partecipazione agli utili della società, negando l'opinione maggioritaria tale ipotesi in ragione dell'indipendenza dell'organo di controllo, che risulterebbe compromessa dalla partecipazione agli utili, dovendo invece la funzione essere svincolata dai risultati di esercizio e dal rischio gestorio. Inoltre, ulteriore argomentazione a sfavore della partecipazione agli utili dei sindaci sarebbe costituita dall'eccessiva aleatorietà del compenso in contrasto con il principio di onerosità dell'incarico (Franzoni, 532; Cavalli, 777).

La legge non impone che il compenso sia uguale per tutti i membri del collegio; la prassi è nel senso di attribuire al presidente del collegio un compenso più elevato di quello attribuito agli altri sindaci. Quest'ultima prassi trova un riscontro normativo nel citato art. 29 d.m. n. 140/2012, il quale – ma, si ricorda, con disposizione vincolante solo in ipotesi di liquidazione giudiziale – attribuisce una maggiorazione del 50% nel caso in cui il professionista ricopra l'incarico di presidente del collegio sindacale.

Affermata è anche la prassi di riconoscere ai sindaci dei gettoni di presenza alle adunanze del consiglio di amministrazione, i quali però non potrebbero mai costituire l'unica fonte di retribuzione.

Nella determinazione del compenso talvolta è ricompresa anche una somma a titolo di rimborso spese e, ove non compresa, è possibile si vada aggiungere al compenso già fissato, purché non sia preordinata al pagamento di consulenti esterni.

La retribuzione è ripartita in relazione agli esercizi sorgendo un credito annuale per ogni esercizio, rispetto al quale opera la prescrizione quinquennale ai sensi dell'art. 2948, n. 5, c.c.

La frazionabilità del compenso annuale è pertanto ammessa solo in caso di cessazione dalla carica di sindaco.

La dottrina è unitariamente orientata nell'affermare il principio di invariabilità del compenso non potendo la somma individuata essere diminuita o aumentata nemmeno attraverso il consenso dei sindaci, se non al fine di adeguare la retribuzione ad eventuali tariffe professionali o di rivalutazione monetaria (Campobasso, 128)

Bibliografia

Beghetto, La remunerazione degli amministratori nelle società quotate, in Nuove leggi civ. comm. 2012, 1; Campana, Il collegio sindacale secondo la giurisprudenza di legittimità e di merito, in Nuova giur. civ. comm. 2001, 505; Campobasso, La riforma delle società di capitali e delle cooperative, aggiornamento a Diritto Commerciale, II, V, 2003; Cavalli, I sindaci, in Tr. Colombo-Portale, V, Torino, 1988; Cavalli, Il collegio sindacale, in Le Società per Azioni a cura di Cavalli, Marulli, Silvestri, in Comm. UTET, II, 2, II, Torino, 1996; Cocito, Il collegio sindacale, Milano, 1970; De Angelis, Feriozzi, Emolumenti ai sindaci. Aspetti civilistici, fiscali e previdenziali, in Fisco 1999, 22; Dolmetta, Il compenso per lo svolgimento delle funzioni sindacali, in Boll. dell'associazione tecnica delle banche popolari italiane,1972, 12; Domenichini, Il collegio sindacale nelle società per azioni, in Tr. Res., XVI, II; Fico, Compatibilità tra carica di sindaco e assunzione di rapporti di natura patrimoniale, in Soc. 2005, 745; Providenti, Sub art. 2402, in Nazzicone, Providenti, Società per azioni. Amministrazione e controlli, Milano, 2010; Squarotti, Le funzioni del collegio sindacale, in Giur. it. 2013, 10.

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