Codice Civile art. 2447 ter - Deliberazione costitutiva del patrimonio destinato (1).Deliberazione costitutiva del patrimonio destinato (1). [I]. La deliberazione che ai sensi della lettera a) del primo comma dell'articolo 2447-bis destina un patrimonio ad uno specifico affare deve indicare: a) l'affare al quale è destinato il patrimonio; b) i beni e i rapporti giuridici compresi in tale patrimonio; c) il piano economico-finanziario da cui risulti la congruità del patrimonio rispetto alla realizzazione dell'affare, le modalità e le regole relative al suo impiego, il risultato che si intende perseguire e le eventuali garanzie offerte ai terzi; d) gli eventuali apporti di terzi, le modalità di controllo sulla gestione e di partecipazione ai risultati dell'affare; e) la possibilità di emettere strumenti finanziari di partecipazione all'affare, con la specifica indicazione dei diritti che attribuiscono; f) la nomina di un revisore legale o di una società di revisione legale per la revisione dei conti dell'affare, quando la società non è già assoggettata alla revisione legale (2); g) le regole di rendicontazione dello specifico affare. [II]. Salvo diversa disposizione dello statuto, la deliberazione di cui al presente articolo è adottata dall'organo amministrativo (3) a maggioranza assoluta dei suoi componenti. (1) V. nota al Capo V. (2) Lettera sostituita dall'dall'art. 37, comma 22, del d.lg. 27 gennaio 2010, n. 39. Il testo precedente recitava: «la nomina di una società di revisione per il controllo contabile sull'andamento dell'affare, quando la società non è già assoggettata alla revisione contabile da parte di una società di revisione ed emette titoli sul patrimonio diffusi tra il pubblico in misura rilevante ed offerti ad investitori non professionali». (3) Le parole «dall'organo amministrativo» sono state sostituite alle parole «dal consiglio di amministrazione o di gestione» dall'art. 1 d.lg. n. 6, cit. InquadramentoLa norma in commento individua le modalità con le quali deve essere costituito il patrimonio destinato di cui all'art. 2447-bis, lett. a), c.c. È prevista un'apposita deliberazione adottata dall'organo amministrativo a maggioranza assoluta dei suoi componenti, salva sempre una diversa previsione statutaria (Bozza, 54; Scano). La ratio della disciplina è quella di prevedere in maniera analitica l'individuazione dei beni che s'intendono separare, anche al fine di tutelare i creditori sociali e di stabilire le regole organizzative e di rendicontazione necessarie allo scopo.. Organi competentiL'organo competente ad assumere la deliberazione costituiva di patrimoni separati è l'organo di gestione che delibera a maggioranza assoluta dei suoi componenti. Lo statuto, tuttavia, può stabilire maggioranze diverse ed attribuire la competenza anche ad altro organo (Niutta, 43). Una previsione statutaria sembra inoltre necessaria per consentire all’organo amministrativo di istituire patrimoni separati “partecipativi”, ossia con apporti di terzi (Gennari, 4; Gentiloni Silveri, 330). Si è posta la questione se, qualora si preveda l'emissione di strumenti finanziari partecipativi (ai sensi dell'art. 2447 ter lett. e), la costituzione di patrimoni separati debba necessariamente essere deliberata dall'assemblea dei soci. La dottrina prevalente (Notari, 542; Bartalena, 293; Manes, 24) tende a negare che per effetto della previsione di strumenti finanziari partecipativi si determini un necessario spostamento della competenza in favore dell'organo assembleare. È tuttavia da ritenere che, qualora, invece, in sede di costituzione dei patrimoni separati patrimoniale si intenda aumentare il capitale sociale ovvero, con la deliberazione costitutiva degli stessi, si verifichino delle sostanziali modificazioni dei diritti dei soci, occorrerà l'approvazione dell'organo assembleare (Giannelli, 1232). Gestione dei patrimoni separati e principio di congruità del patrimonio allo scopoLe modalità concrete di amministrazione del patrimonio sono lasciate alla volontà sociale; è evidente, però, che esse dovranno garantire il rispetto della separazione patrimoniale ed essere idonee allo svolgimento e al compimento dell'affare, in particolare garantendo il rispetto del principio di congruità del patrimonio allo scopo cui esso è destinato, secondo la prescrizione di cui alla lett. c) del primo comma (Inzitari, 296-7; Gentiloni Silveri, 335 ss.). La gestione dello specifico affare spetterà naturalmente all’organo di gestione della società che lo ha costituito e tuttavia deve ritenersi che nulla osti alla nomina di un amministratore delegato alla gestione dello specifico affare (Comporti, 979). La gestione del patrimonio dovrà avvenire nel rispetto delle previsioni del piano economico-finanziario richiesto dalla lett. c) del primo comma e il piano deve essere prima predisposto, e poi approvato (in caso, anche dai terzi apportanti o finanziatori) avuto riguardo alle previsioni di futura realizzazione dell’affare. Ne viene che le previsioni del piano economico-finanziario debbano essere analitiche e dettagliate e debbano poter esser controllate e verificate non solo in fase di costituzione del patrimonio, ma anche periodicamente dagli organi di controllo, chiamati in tal modo a vigilare sull’adeguatezza della gestione e sui suoi risultati, tenendo conto anche delle previsioni iniziali formulate dalle parti (Inzitari, 296-7; Gentiloni Silveri, 335 ss.). La stessa dottrina ne ricava altresì il logico corollario secondo cui le previsioni del piano economico-finanziario debbano essere aggiornate periodicamente, in relazione ai risultati effettivamente ottenuti, alle modifiche di contesto e alle previsioni future dei risultati attesi che ragionevolmente ne discendono, in modo da garantire una proiezione economico-finanziaria aggiornata e accurata per l’intera durata dell’affare e che tali aggiornamenti debbano essere indicati dagli amministratori nella nota integrativa (Gentiloni Silveri, 336-7). È stato altresì osservato che forme di gestione differenziate e regole organizzative peculiari possono rendersi necessarie in ragione della diversa disciplina regolatoria in cui ciascun patrimonio destinato opera, ovvero in relazione alla diversa propensione/esposizione al rischio sottesa o consentita in ordine al singolo affare (Zoppini 1, 960 e ss.). La dottrina tende a ritenere che la mancata indicazione nella delibera di costituzione del patrimonio separato dei contenuti minimi prescritti nel primo comma dell’articolo in commento produca la nullità della stessa e dunque l’inefficacia (e inopponibilità) della destinazione in essa contemplata. Si ritiene altresì che gli stessi elementi debbano essere indicati con adeguata chiarezza e precisione, per non incorrere in analoga sanzione (Comporti, 971; Inzitari, 296; Fimmanò, 249; Gentiloni Silveri, 331). Segue : beni e rapporti giuridici inclusi nei patrimoni separati e valutazione della loro congruitàLa lettera b) della norma in commento prevede il riferimento ai beni e rapporti giuridici inclusi nel patrimonio, i quali seppur già facenti parte del patrimonio sociale, devono essere indicati nella deliberazione costitutiva al duplice fine di specifica individuazione degli stessi e, soprattutto, per rendere effettiva ed opponibile la separazione di essi dal patrimonio generale e la conseguente limitazione di responsabilità. In dottrina è stata sostenuta l’assenza di limitazioni circa le entità che possono costituire oggetto del patrimonio destinato, potendo confluirvi sia attività che passività (Rubino de Ritis, 845), oltre che disponibilità liquide (Maffei Alberti, 1683) e ogni tipo di rapporto giuridico e di know-how funzionale alla migliore realizzazione dell’affare (Pescatore, 196). Per una corretta individuazione del patrimonio separato, al fine di ottenere un'affidabile conferma sulla sua effettività, è stata proposta l'eventualità di prevedere una perizia di stima obbligatoria, sulla scorta di quanto avviene per il conferimento di beni in natura (Gennari, 85). Quanto al riferimento alla «congruità del patrimonio rispetto alla realizzazione dell'affare» si pongono problemi analoghi a quelli che sorgono con riferimento al limite quantitativo, circa il momento al quale riferirsi per la valutazione. Accanto alla tesi, prevalente, per cui tale requisito deve sussistere solo al momento della costituzione del patrimonio destinato (Niutta, 54), è stata proposta altresì la tesi che il requisito andrebbe valutato in senso dinamico, nel tempo e come metro di valutazione prospettica della idoneità funzionale del patrimonio al buon esito dell’affare cui è stato destinato (Inizitari, 299). Anche in questo caso pare corretto ritenere che la congruità vada temporalmente valutata al momento dell'adozione della deliberazione costitutiva dei patrimoni separati, momento «genetico». Del resto, le eventuali variazioni successive della consistenza del patrimonio destinato dipendono dal «rischio» connaturale all'attività d'impresa. La congruità del patrimonio va poi apprezzata in riferimento all'ammontare complessivo delle risorse utilizzate (sia mezzi propri che apporti di terzi), come del resto ritengono la maggior parte dei commentatori (Gennari, 1333; Manes, 88; Bozza, 68) Occorre tuttavia chiedersi quali siano le conseguenze che si determinano una volta acclarato che il patrimonio è – o è divenuto «incongruo». A tal riguardo sembra necessario chiedersi se l’obbligo di congruità sia imposto con una funzione prevalentemente informativa (Comporti, 972; Di Paolo, De Carolis, 35) e dunque per consentire ai creditori e finanziatori di valutare l’adeguatezza delle risorse destinate, ovvero se si tratti di un obbligo sostanziale, posto cioè al fine di consentire il concreto svolgimento dell’affare e la sua realizzazione (Giannelli 2, 1226; Lenzi, 558; Bozza, 68), in particolare in caso di coinvolgimento di terzi apportanti o finanziatori (Gentiloni Silveri, 335). Accogliendo la prima impostazione si dovrebbe concludere che ove il patrimonio separato fosse incongruo rispetto all’affare al quale viene destinato, si possa agire contro gli amministratori. Nella seconda ipotesi invece, sarebbe impedita la separazione e si determinerebbe la responsabilità della società con l’intero patrimonio anche per le obbligazioni relative allo specifico affare. L'apporto di terziPer l'intervento dei terzi sono previste due modalità. In entrambe le ipotesi si tratta, comunque, di una partecipazione meramente eventuale che, qualora non sia decisa in sede di costituzione, comporterà la necessità di effettuare una modificazione integrativa o modificativa della destinazione. Nell'ipotesi prevista dalla lettera d) della norma in commento, ai terzi saranno attribuiti poteri di controllo sulla gestione. Spetteranno a questi soggetti, quindi, diritti d'informazione e poteri ispettivi per quanto concerne l'andamento dell'affare. Poteri decisamente più ampi sono previsti qualora si scelga di coinvolgere i terzi attraverso l'emissione di strumenti finanziari offerti agli stessi in sottoscrizione: in tale ipotesi, la legge discorre di attribuzione di diritti e non di mere «modalità di controllo ». Va da sé che occorre riferirsi alla disciplina degli strumenti finanziari partecipativi in generale, come disciplinata dall'art. 2346 c.c. ss. e si tratterà, dunque, di forme di partecipazione tali da includere anche le prestazioni d'opera o servizi (Comporti, 975). In questo senso, si reputa (Gennari, 1337; Angeloni, 149) ammissibile anche la possibilità, da parte dei portatori di strumenti finanziari ex 2447-ter lett. d), di nominare un componente dell'organo amministrativo o di controllo, in linea, appunto, con quanto previsto dall'art. 2351 c.c. In quanto si tratta comunque di mera partecipazione «all’affare», è evidente che i terzi restano tali e non assumono lo status socii. I termini della partecipazione dei terzi all’affare saranno regolati da una fonte negoziale, spesso definita in dottrina come “contratto di apporto”, che stabilirà anche i diritti – patrimoniali e non – dei terzi apportanti (così ad es. Gentiloni Silveri, 333). In proposito, occorre prendere atto della inutilità di tracciare una netta distinzione e classificazione e della ampia autonomia contrattuale attribuita alle parti che consente la caratterizzazione di varie forme remunerative dell'apporto, le quali, a titolo meramente esemplificativo, potrebbero atteggiarsi come obbligazioni a reddito fisso e quindi essere predeterminate al momento della deliberazione, ovvero dipendere variamente dagli esiti dell'affare. Revisore legaleLa deliberazione costituiva dei patrimoni separati deve contenere anche la nomina di un revisore legale o una società di revisione quando la società non sia già sottoposta alla revisione legale (per obbligo di legge o per previsione statutaria). Una volta incaricati, la società o il revisore, si ritiene che questi abbiano gli stessi poteri che sono previsti generalmente per la revisione legale della società, seppure circoscritti all'andamento dell'affare e senza estendersi alla situazione complessiva della società ( Fauceglia, 811). La rendicontazione dell'affareDa quanto sin qui detto emerge chiaramente la portata centrale che assume la rendicontazione dell'affare a cui sono destinati patrimoni e finanziamenti e si spiega così che il legislatore imponga l'adozione di specifiche regole di rendicontazione già nella delibera costitutiva. La prescrizione recata dalla lettera g) della norma in commento si riferisce ai rapporti interni intercorrenti tra la società ed il patrimonio destinato o tra i singoli patrimoni; è necessario quindi che la delibera indichi i criteri per imputare costi e ricavi alla gestione dei patrimoni destinati anziché a quella generale (Gennari, 1325, che richiama A. Maffei Alberti, 1690 e Santagata de castro, 305). Riguardo a ciò, si è sostenuto che la previsione di regole di rendicontazione potrebbe concretamente tradursi anche in una indicazione della periodicità con cui la società deve informare i creditori di notizie circa l'evoluzione economica dell'affare, in aggiunta a quelle desumibili dal bilancio o dalla nota integrativa (Colombo, 39; Santagata De Castro, 585). BibliografiaAngeloni, I patrimoni destinati ad uno specifico affare, Torino, 2005; Bartalena, Le nuove tipologie di strumenti finanziari, in Banca borsa, 2004, III, parte 1, 293 ss.; Bozza, Patrimoni destinati, partecipazioni statali, S.A.A., in Bertuzzi, Bozza, Sciumbata, La riforma del diritto societario, a cura di Lo Cascio, Milano, 2003; Comporti, in La riforma delle società, a cura di Sandulli e Santoro, II, Torino, 2003; Fauceglia, I patrimoni destinati ad uno specifico affare, in Fallimento, 2003, VIII, 809 ss.; Gennari, Sub art. 2447-ter, in Commentario del codice civile, delle società dell’azienda e della concorrenza, a cura di D. Santosuosso e diretto da E. Gabrielli, Torino, 2015, p. 1318 ss.; Gentiloni Silveri, Patrimoni costituiti con prevalente apporto di terzi, in Giur. Comm., 2016, III, parte 1, 321 ss.; Giannelli, I finanziamenti destinati ad uno specifico affare e il contenimento del rischio di impresa, in Riv. dir. soc., 2008, IV, parte 1, 785 ss.; Id., I patrimoni destinati ad uno specifico affare, in Società di capitali, a cura di Niccolini e Stagno D’Alcontres, Napoli, 2004; Inzitari, I patrimoni destinati ad uno specifico affare, in Società, 2003, II bis, p. 295 La Porta, L’atto di destinazione di beni allo scopo trascrivibile ai sensi dell’art. 2645-ter c.c., in Riv. not., 2007, V, parte 1, p. 1069 ss.; G. Lener, Atti di destinazione del patrimonio e rapporti reali, in Contr. impr., 2008, IV-V, 1054 ss.; Maffei Alberti, Dei patrimoni destinati, in Il nuovo diritto delle società, Torino, 2005; Manes, Sub art. 2447-ter, in Patrimoni destinati ad uno specifico affare, a cura di Manes e Pasquariello, Bologna, 2013, 74 ss.; Mignone, Commento agli artt. 2447 bis - 2447 decies c.c., in Il nuovo diritto delle società, a cura di Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, Bologna, 2004, 1641 ss.; Niutta, I patrimoni e finanziamenti destinati, Milano, 2006; Notari, Azioni e strumenti finanziari: confini delle fattispecie e profili di disciplina, in Banca borsa, 2003, VI, parte 1, 542 ss.; Oppo, Brevi note sulla trascrizione di atti di destinazione (art. 2645 ter c.c.), in Riv. dir. civ., 2007, I, parte 1, 1 ss.; G. Pescatore, La funzione di garanzia dei patrimoni destinati, Milano, 2008; Rubino de Ritis, La costituzione dei patrimoni destinati ad uno specifico affare, in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, a cura di Abbadessa, Portale, I, Torino, 2007, 817 ss.; Santagata De Castro, Strumenti finanziari partecipatici a «specifici affari» e tutela degli investitori in patrimoni destinati, in Banca borsa, 2005, III, parte 1, 302 ss.; Scano, Società pubbliche e patrimoni destinati tra tutela della concorrenza e libertà di (diversific)azione economica, in Le società pubbliche, a cura di Ibba, Malaguti e Mazzoni, Torino, 2011, 371 ss.; Strampelli, Profili contabili dei patrimoni destinati, in Riv. Soc., 2011, IV, 585 ss.; Zoppini, Note sparse a margine del patrimonio destinato di Cassa Depositi e Prestiti, in Riv. Soc., 2020, IV, 956 ss.; Id., Autonomia e separazione del patrimonio, nella prospettiva dei patrimoni separati della soceità per azioni, in Riv. dir. civ., 2002, IV, parte 1, 545 ss. |