Codice Civile art. 2409 terdecies - Competenza del consiglio di sorveglianza (1).

Francesca Rinaldi

Competenza del consiglio di sorveglianza (1).

[I]. Il consiglio di sorveglianza:

a) nomina e revoca i componenti del consiglio di gestione; ne determina il compenso (2), salvo che la relativa competenza sia attribuita dallo statuto all'assemblea;

b) approva il bilancio di esercizio e, ove redatto, il bilancio consolidato;

c) esercita le funzioni di cui all'articolo 2403, primo comma;

d) promuove l'esercizio dell'azione di responsabilità nei confronti dei componenti del consiglio di gestione;

e) presenta la denunzia al tribunale di cui all'articolo 2409;

f) riferisce per iscritto almeno una volta all'anno all'assemblea sull'attività di vigilanza svolta, sulle omissioni e sui fatti censurabili rilevati;

f-bis) se previsto dallo statuto, delibera in ordine alle operazioni strategiche e ai piani (3), industriali e finanziari della società predisposti dal consiglio di gestione, ferma in ogni caso la responsabilità di questo per gli atti compiuti (4).

[II]. Lo statuto può prevedere che in caso di mancata approvazione del bilancio o qualora lo richieda almeno un terzo dei componenti del consiglio di gestione o del consiglio di sorveglianza la competenza per l'approvazione del bilancio di esercizio sia attribuita all'assemblea.

[III]. I componenti del consiglio (2) di sorveglianza devono adempiere i loro doveri con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico. Sono responsabili solidalmente con i componenti del consiglio di gestione per i fatti o le omissioni di questi quando il danno non si sarebbe prodotto se avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica.

[IV]. I componenti del consiglio di sorveglianza possono assistere alle adunanze del consiglio di gestione e devono partecipare alle assemblee.

(1) V. nota al Capo V.

(2) V. Avviso di rettifica in G.U. 4 luglio 2003, n. 153.

(3) Le parole «alle operazioni strategiche e ai piani» sono state sostituite alle parole «ai piani strategici» dall'art. 14 d.lg. 28 dicembre 2004, n. 310.

(4) Lettera aggiunta dall'art. 1 d.lg. 17 gennaio 2003, n. 6, come modificato dall'art. 5 1s) d.lg. 6 febbraio 2004, n. 37.

Inquadramento

Le competenze del consiglio di sorveglianza possono essere classificate in tre diverse categorie: quelle tese ad imprimere un indirizzo programmatico alla società, quelle relative al controllo sulla gestione dell'impresa e quelle eventuali di indirizzo strategico dell'attività sociale (per la tripartizione delle funzioni, Cariello, Il sistema, 2012, 356 ss., il quale definisce le tre competenze come competenza di alta amministrazione originaria per la vigilanza sulla gestione dell'impresa, competenza «debole» per la funzione di indirizzo programmatico, spettante all'organo indipendentemente da qualsiasi disposizione statutaria, e competenza «forte» per la funzione di indirizzo strategico della società che lo statuto può attribuire al consiglio ex art. 2409-terdecies, lett. f-bis).

Il consiglio di sorveglianza accorpa in sé sia una funzione propria del collegio sindacale di controllo di adeguatezza e di legalità sull'amministrazione, sia una funzione che riguarda il merito di alcuni atti particolarmente importanti per la gestione della società.

La compresenza delle funzioni proprie di tutti e tre gli organi del modello di governance tradizionale – assemblea, organo amministrativo e collegio sindacale – giustifica la peculiare disciplina dell'organizzazione interna ed il regime di responsabilità riservato al consiglio di sorveglianza.

L'articolo in commento definisce l'ambito delle funzioni di competenza del consiglio di sorveglianza e delinea il regime di responsabilità dei suoi membri. Alla luce del terzo comma dell'art. 2409-terdecies è possibile distinguere una responsabilità esclusiva dei componenti del consiglio di sorveglianza, che si riconnette a condotte specificatamente imputabili ai consiglieri ed una responsabilità concorrente con i consiglieri di gestione che presuppone un concomitante comportamento illecito tenuto dagli amministratori, in relazione al quale i consiglieri non hanno attivato i propri poteri di controllo e reazione.

Le funzioni c.d. di indirizzo

Un primo nucleo di competenze del consiglio di sorveglianza elencate nell'articolo in commento rientra fra quelle c.d. di indirizzo e ricomprende le funzioni che nel sistema tradizionale sono esercitate dall'assemblea, quali la nomina, revoca e determinazione del compenso dei consiglieri di gestione, l'esercizio dell'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e l'approvazione del bilancio.

La competenza a nominare, revocare e sostituire i componenti il consiglio di gestione è attribuita inderogabilmente al consiglio di sorveglianza ed, in nessun caso, lo statuto può prevedere che tale competenza sia attribuita all'assemblea dei soci, alla quale è invece possibile affidare in via statutaria la sola competenza per la fissazione della remunerazione dei consiglieri di gestione. La competenza in materia di nomina, revoca e determinazione del compenso dei consiglieri di gestione è già stata oggetto di trattazione in sede di commento all'art. 2409-novies c.c. al quale, pertanto, si rinvia. Per l'approfondimento dell'azione sociale di responsabilità dei consiglieri di gestione promossa dal consiglio di sorveglianza si rinvia, invece, al commento dell'art. 2409-decies c.c.

È opportuno solo specificare in questa sede che, per quanto riguarda la fase della liquidazione di una società che abbia adottato il modello dualistico, spetta all'assemblea straordinaria e non al consiglio di sorveglianza la competenza alla nomina, revoca e sostituzione dei membri dell'organo liquidatorio ai sensi dell'art. 2487, comma 1, lett. b) e comma 4 (Guaccero, 906-907, il quale ritiene, però, che il consiglio di sorveglianza di una società in liquidazione resti, in ogni caso, titolare della legittimazione all'esercizio dell'azione di responsabilità verso i liquidatore). In forza dell'art. 2409-terdecies, comma 1, lett. b), c.c., il consiglio deve approvare il bilancio di esercizio e, se previsto, il bilancio consolidato, i cui progetti sono redatti dal consiglio di gestione.

Rispetto al modello tradizionale, dunque, il potere di approvazione del bilancio di esercizio è sottratto all'assemblea mentre quello di approvazione del bilancio consolidato è sottratto agli amministratori. Peraltro, la previsione della specifica approvazione del bilancio consolidato rappresenta una peculiarità della disciplina, atteso che il bilancio consolidato viene tradizionalmente considerato documento con funzione meramente informativa, non necessitante di alcuna approvazione esterna.

L'attribuzione della competenza all'approvazione del bilancio al consiglio di sorveglianza consente di affidare la valutazione del rendiconto contabile all'organo che possiede conoscenza diretta dei fatti di gestione e che di norma è dotato di una specifica professionalità.

Si ritiene, infatti, che l'esame del bilancio da parte del consiglio di sorveglianza in sede di approvazione debba comprendere pure un controllo sulla conformità alle norme che regolano la formazione del bilancio, controllo che si affianca a quello svolto dal revisore esterno con il quale è espressamente previsto uno scambio di informazioni (sul controllo contabile nell'ambito del sistema di amministrazione e controllo dualistico si rinvia all'art. 2409 quinquiesdecies c.c.).

L'approvazione del bilancio, inoltre, può essere uno strumento mediante il quale il consiglio di sorveglianza ha modo di verificare l'aderenza delle decisioni relative alla gestione rispetto alle direttive in precedenza impartite, oltre che un occasione in cui i gestori rendono conto all'organo che li ha nominati e che può revocarli (Rondinelli, 148 ss.)

Quanto ai termini, si ritiene che il bilancio debba essere approvato entro il termine previsto dall'art. 2364, secondo comma, c.c., ovvero prima della data dell'assemblea che deve essere convocata entro centoventi oppure centottanta giorni dalla chiusura dell'esercizio sociale per deliberare sul risultato di esercizio. Ai soci è, infatti, riservata ogni decisione in merito alla distribuzione degli utili.

Ai sensi del secondo comma della disposizione in commento, può essere previsto dallo statuto che, in caso di mancata approvazione del bilancio o in seguito ad una richiesta di almeno un terzo dei consiglieri di gestione o di sorveglianza, la competenza per l'approvazione del bilancio di esercizio sia trasferita all'assemblea. La possibilità di attribuire la competenza all'approvazione del bilancio all'assemblea è, invece, preclusa nel caso di bilancio consolidato, la cui approvazione, sempre dietro redazione del consiglio di gestione, resta di esclusiva competenza del consiglio di sorveglianza.

La previsione del potere sostitutivo in capo all'assemblea mira a riportare nella sfera proprietaria alcuni compiti che le sono propri ma che nel sistema dualistico sono rimessi ad un organo professionale (Guaccero, 893). Essa, inoltre, consente di superare eventuali situazioni di stallo nell'approvazione del bilancio, specialmente nelle ipotesi in cui la mancata approvazione del bilancio dipenda da possibili conflitti fra il consiglio di gestione ed il consiglio di sorveglianza (Brigandì, 700).

Come sottolineato in dottrina l'autonomia statutaria non può introdurre ulteriori ipotesi di trasferimento della competenza all'approvazione del bilancio, poiché i presupposti di rimessione all'assemblea dell'approvazione del bilancio devono ritenersi tassativi. Si ritiene, però, ammissibile che lo statuto compia una selezione fra le tre ipotesi di coinvolgimento assembleare, anche combinandole fra loro (Cariello, 2012, 198 ss.).

Possono sorgere problemi nel caso in cui manchi la clausola statutaria ed il consiglio di sorveglianza si rifiuti di approvare il bilancio e la questione si ricollega all'individuazione dei poteri a disposizione dell'organo che non condivide il testo di bilancio che è chiamato ad approvare.

È discusso, poi, se il consiglio di sorveglianza, nell'ipotesi in cui ravvisi profili di incongruenza nel bilancio, disponga del potere di modificare il progetto di bilancio ovvero se l'organo di controllo possa solo rivolgere una proposta di modifica del progetto al consiglio di gestione il quale resterebbe, a sua volta, libero di accettarla o meno (per la tesi restrittiva cfr. Breida, 1180 ss.; in termini positivi cfr. Bordiga, 1931).

Nell'ipotesi in cui il conflitto tra organo amministrativo e organo di controllo non possa essere sanato altrimenti, ad esempio mediante la predisposizione di una nuova bozza di bilancio in cui si dia conto dei rilievi del consiglio di sorveglianza, non resta per il consiglio di sorveglianza che la possibile decisione di revoca dei gestori (in tal modo il consiglio di sorveglianza, se da un lato, porta a conoscenza degli azionisti l'esistenza del conflitto interorganico, d'altro lato, espone i suoi membri alla possibile revoca da parte dell'assemblea (Breida, 1180 ss.).

Le funzioni di vigilanza e controllo

Un secondo nucleo di compiti spettanti al consiglio di sorveglianza consiste nelle funzioni che tale organo esercita, analogamente a quanto fa il collegio sindacale nelle società che adottano il modello tradizionale, al fine di controllare il corretto andamento della gestione della società, vigilando sul consiglio di gestione, sul soggetto che esercita la revisione dei conti e sugli organi gestori delle società controllate.

Le funzioni proprie del collegio sindacale attribuite direttamente, senza vaglio di compatibilità, al consiglio di sorveglianza sono quelle individuate dagli artt. 2403, primo comma, e 2409 (rispettivamente ex art. 2409- terdecies, comma primo, lett. c e lett. e) e dagli artt. 2406-2408-2409-septies (richiamati dal successivo art. 2409-quaterdecies c.c.).

In forza dell'art. 2403, primo comma, c.c. il consiglio di sorveglianza è tenuto a vigilare sull'osservanza della legge e dello statuto, nonché sul rispetto dei principî di corretta amministrazione ed, in particolare, sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società, nonché sul suo concreto funzionamento dell'ente societario.

In merito all'oggetto del controllo di legalità e correttezza stabilito dall'art. 2403 c.c. non si ravvisano particolarità o differenze rispetto al modello tradizionale, laddove le medesime competenze spettano al collegio sindacale.

L'interpretazione prevalente afferma che i consiglieri di sorveglianza, seppur dotati rispetto al collegio sindacale di più ampi poteri di intervento nei confronti dei membri dell'organo amministrativo (potere di nomina e revoca dei consiglieri di gestione unitamente alla facoltà di proporre azione sociale di responsabilità contro i gestori) siano chiamati a svolgere un controllo di legittimità sulle scelte operate dagli amministratori ai sensi dell'art. 2403 c.c. analogo a quello previsto nel sistema tradizionale.

Si tratta, infatti, di un controllo sulla corretta gestione, da intendersi quale gestione svolta nell'interesse della società, nei limiti dell'oggetto sociale e rispondente a criteri di ragionevolezza (Brigandì, 701; contraFacchin, 667, il quale sostiene la tesi secondo la quale il giudizio svolto dal consiglio ai sensi dell'art. 2403 attinge il merito delle scelte gestionali sulla base della considerazione che l'organo di controllo gode di assoluta discrezionalità nell'esercizio del potere di revoca dell'incarico amministrativo).

Funzionali e strumentali all'attività di vigilanza sono i poteri informativi riconosciuti al consiglio di sorveglianza.

In virtù dell'applicazione dei commi secondo e terzo dell'art. 2403-bis c.c., richiamati dall'art. 2409 quaterdecies c.c., salvo il limite della compatibilità, il consiglio si sorveglianza può scambiare informazioni con i gestori, sull'andamento delle operazioni sociali o su determinati affari, nonché con i corrispondenti organi delle società controllate o dirette e coordinate.

Si discute se le funzioni di controllo debbano essere esercitate dal plenum o se possano svolgersi anche individualmente.

Una parte della dottrina è del parere che sia precluso al consigliere il potere di procedere singolarmente agli atti di controllo (Facchin, 667; Brigandì, 704, che fa leva sull'art. 151-bis che esplicitamente attribuisce un potere di controllo individuale ai consiglieri e Bordiga, 1945, il quale evidenzia che, nel sistema dualistico, l'impossibilità, sia per il singolo consigliere, sia per l'organo collegiale, di procedere ad atti di ispezione e controllo si spiega per l'esigenza di evitare il rischio che un contatto diretto dei membri del consiglio con la struttura aziendale possa implicare, unito alla competenza di nomina e revoca dei gestori, una eccessiva intrusione dei controllori nella sfera di gestione).

Altra parte della dottrina sostiene, invece, che il consigliere possa esercitare questi poteri in quanto l'art. 223-septies disp. att. c.c. opera un rinvio generale alle norme del collegio sindacale (Guaccero, 896; Breida, 118; Facchin, 668; Campobasso, 235, nota 10) e che, in ogni caso, sia consentito alla società rimettere all'autonomia statutaria la scelta se attribuire i poteri di ispezione e controllo anche al singolo consigliere e, nel caso, di disciplinarne la relativa estensione (Varrasi, 2432, nota n.76).

Mancano nel consiglio di sorveglianza il potere di ispezione e la facoltà di avvalersi di propri ausiliari nell'espletamento di specifiche operazioni, non essendo richiamati dall'art. 2409-quaterdecies c.c. i commi terzo e quarto dell'art. 2403-bis c.c.

Il consiglio di sorveglianza è, poi, destinatario delle denunzie da parte dei soci ai sensi dell'art. 2408 c.c. che pongono l'organo di controllo di fronte al dovere di prendere in considerazione i fatti denunciati e di adottare i provvedimenti del caso (Guaccero, 894).

In virtù del richiamo all'art. 2409 c.c., il consiglio di sorveglianza dispone del potere di denunciare i fatti al tribunale quando vi è fondato sospetto che i consiglieri di gestione, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto gravi irregolarità nella amministrazione della società. Questa disposizione non si applica, però, alle società quotate ex art. 154, comma 2, TUF.

Nel modello dualistico l'istituto della denuncia delle irregolarità al tribunale riveste minor importanza rispetto al modello tradizionale in considerazione dell'attribuzione al consiglio di sorveglianza del potere di revoca ad nutum dei gestori (Bordiga, 1935; Guaccero, 895, osserva che il richiamo all'art. 2409 svolge una sua funzione specifica nel modello dualistico poiché consente la cristallizzazione di irregolarità gestorie che l'organo di sorveglianza potrebbe non riuscire a provare in concreto).

Infine, nell'ambito delle funzioni del consiglio di sorveglianza riprese dalla disciplina del collegio sindacale vi è il nucleo di compiti di amministrazione attiva esercitabili dall'organo di controllo, ai sensi dell'art. 2406 c.c., in caso di omissioni dei gestori.

La relazione all'assemblea e la partecipazione alle adunanze del consiglio di gestione e alle assemblee

Connesso e coerente alla funzione di vigilanza è l'obbligo di relazione annuale all'assemblea.

Come disposto dall'articolo in commento il consiglio di sorveglianza con periodicità annuale ha l'obbligo di redigere una relazione scritta che ha ad oggetto il rendiconto della funzione di controllo svolta con specifico riferimento agli eventi accertati e ritenuti in contrasto con i principî di corretta amministrazione della società.

Il contenuto della relazione di competenza dell'organo di controllo interno del sistema dualistico è in larga parte analogo a quella della relazione del collegio sindacale di cui all'art. 2429 c.c., dovendo contenere i risultati dello svolgimento dell'attività di vigilanza.

Oltre a queste informazioni il contenuto della relazione del consiglio di sorveglianza si arricchisce delle notizie e delle osservazioni relative a competenze e poteri tipici di tale organo, il quale, nella relazione annuale, deve dare conto dell'avvenuta approvazione (o non approvazione) del bilancio d'esercizio e del bilancio consolidato e deve segnalare i provvedimenti eventualmente adottati nei confronti dei consiglieri di gestione (Breida, 1188).

La sede più opportuna per presentare la relazione è l'assemblea annuale convocata ai sensi dell'art. 2364, secondo comma, c.c., fermo che le comunicazioni del consiglio all'assemblea, se lo statuto lo prevede e se le circostanze lo richiedono, possono anche essere anche più frequenti.

La relazione annuale deve essere trascritta ai sensi dell'art. 2421 c.c. sul libro dei verbali delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di sorveglianza.

In forza dell'ultimo comma dell'articolo in commento, il singolo consigliere ha il potere di assistere alle adunanze del consiglio di gestione, a differenza dei sindaci delle società che adottano il modello tradizionale i quali devono assistere alle adunanze del consiglio di amministrazione, alle assemblee e alle riunioni del comitato esecutivo (ex art. 2405, primo comma, c.c.).

In dottrina si evidenzia che, in ragione della diversa accezione ed etimologia del verbo «assistere» rispetto a quello di «partecipare», utilizzato dal medesimo art. 2409-terdecies, ult. comma, con riferimento alle assemblee dei soci, deve ritenersi che il consiglio di gestione possa semplicemente essere presente alle riunioni dell'organo amministrativo, con l'ulteriore precisazione che l'eventuale assenza del consigliere di sorveglianza all'adunanza del consiglio di gestione non comporta l'invalidità di questa (Cariello, 2012, 411, nota 679).

Con riferimento alla partecipazione alle assemblee dei soci sussiste, invece, un dovere di partecipazione alle riunioni.

Nonostante la norma non preveda una sanzione in caso di consigliere inadempiente, né tanto meno la sua decadenza dalla carica, non si esclude la possibilità di revoca per giusta causa del consigliere ingiustificatamente assente all'assemblea dei soci (Bertolotti, 337).

Nel sistema dualistico non è previsto un obbligo relativo alla partecipazione del consigliere alle riunioni del proprio organo di appartenenza, neppure attraverso una previsione minima.

È dubbia, infatti, l'applicazione, con riferimento al consiglio di sorveglianza, dell'art. 2404, comma secondo, c.c. in quanto non annoverato nell'ambito dei rinvii previsti dall'art. 2409-quaterdecies c.c.

Le competenze di c.d. alta amministrazione

Tra le competenze del consiglio di sorveglianza, notevole importanza assume quella prevista dalla lett. f-bis) dell'art. 2409-terdecies che consente al consiglio di sorveglianza, se previsto dallo statuto, di deliberare in ordine alle operazioni strategiche ed ai piani industriali e finanziari della società predisposti dal consiglio di gestione.

Nella versione originale dell'articolo non era prevista espressamente alcuna forma di coinvolgimento diretto del consiglio di sorveglianza nella gestione strategica della società.

La lett. f-bis dell'articolo in commento è stata introdotta con il primo decreto correttivo, il d.lgs. n. 37/2004, sul cui testo è poi intervenuto il secondo decreto correttivo, il d.lgs. n. 310/2004 che ha determinato l'attuale versione della disposizione in esame.

Tale competenza, come risulta dal testo della norma, è solo eventuale, essendo subordinata prima di tutto alla previsione statutaria, nonché alla concreta predisposizione da parte del consiglio di gestione di operazioni strategiche e piani (e ciò a differenza del sistema tedesco nel quale è obbligatorio che lo statuto indichi le categorie di atti da sottoporre al consiglio di sorveglianza, Tombari, 717).

Centrale per la definizione dei poteri di c.d. alta amministrazione del consiglio di amministrazione è l'interpretazione della portata della clausola statutaria che rimetta al consiglio di sorveglianza il potere di deliberare in ordine alle operazioni strategiche ed ai piani, industriali e finanziari della società, in quanto la formulazione testuale della lett. f-bis dell'art. 2409 terdecies, nella sua obiettiva genericità, consente l'adozione di un'ampia varietà di soluzioni agli operatori (Montalenti, 689 ss., riscontra un eccesso di variabilità nella previsione italiana che potrebbe condurre ad applicazioni poco equilibrate del sistema; per una individuazione delle formulazioni statutarie principalmente utilizzate nella prassi cfr. Cadili, Maniscalco, 196 ss.).

In dottrina, sono state assegnate alla competenza «deliberativa» del consiglio di sorveglianza in materia tre diverse configurazioni: l'autorizzazione, l'approvazione e la decisione. Ciò che distingue le diverse tesi prospettate attiene la procedura che porta alla decisione definitiva ed il ruolo che in essa assume il consiglio di sorveglianza (per una ricostruzioni delle tre diverse tesi sostenute in dottrina cfr. Bordiga, 1938).

Vi è, infatti, chi ha inteso il termine «deliberare» utilizzato dal legislatore come sinonimo del termine autorizzare, in ragione sia del dato letterale della norma,sia di quanto risultante dai lavori preparatori (Rondinelli, 148 ss.).

Secondo questa interpretazione l'alta amministrazione attribuibile al consiglio di sorveglianza consiste nella necessaria e preventiva condivisione delle linee strategiche che il consiglio di gestione intende perseguire, non potendo i consiglieri di sorveglianza «spingersi fino a definire, modificare od imporre tali linee all'altro organo» (Marchetti).

La possibilità per il consiglio di sorveglianza di modificare, con effetti vincolanti, le proposte ricevute dal consiglio di gestione viene negata da una parte della dottrina, non solo sulla base della disposizione testuale della disposizione in commento, bensì anche della considerazione che la funzione di indirizzo attribuita al consiglio non può derogare al principio della competenza esclusiva dell'organo amministrativo nella gestione della società ai sensi dell'art. 2409 novies (Bordiga, 1938; contraCariello, Il sistema, 2012, 386 ss., il quale ritiene che siano ammissibili modifiche non influenti sul contenuto complessivo dell'operazione proposta come, ad esempio, tempi o modalità realizzative del piano).

Secondo altra impostazione, invece, l'uso del sintagma “deliberare” consentirebbe di attribuire al consiglio di sorveglianza non una semplice funzione autorizzatoria, bensì una vera e propria competenza decisionale (Montalenti, 689 ss., il quale specifica che la funzione di alta direzione, che la si concepisca come potere deliberativo o piuttosto come potere autorizzatorio, suscettibile quindi di disapplicazione, deve sempre qualificarsi come opportunità per il consiglio di cooperare sulle scelte di indirizzo strategico e, quindi, come possibilità di condizionare indirettamente le scelte gestionali rilevanti. Secondo Brigandì, 709, a ben vedere, il problema si pone solo con riferimento alle operazioni strategiche poiché, riguardo ai piani industriali e finanziari, la locuzione «predisposti dal consiglio di gestione» non lascerebbe dubbi circa un potere solo autorizzatorio e non decisorio in capo al consiglio di sorveglianza).

L'approvazione/autorizzazione dei piani e delle operazioni strategiche si configura, nel concreto, come disamina, valutazione e consenso (o dissenso) sulle politiche gestionali di medio e lungo periodo.

Essa realizza una dialettica tra l'organo di controllo e quello di gestione, in quanto l'approvazione non si limita ad un'accettazione passiva ma comporta un intervento attivo di entrambi gli organi (Montalenti, 689 ss., definisce il sistema di rapporti tra consiglio di gestione e consiglio di sorveglianza per le funzioni di alta amministrazione della società come di “cooperazione articolata e reciprocamente rispettosa”).

La previsione di un potere di alta amministrazione del consiglio di sorveglianza richiede la costruzione in via statutaria di flussi informativi preventivi ed adeguati dal consiglio di gestione al consiglio di sorveglianza ed il consiglio di gestione, pur non essendo obbligato a seguire le raccomandazioni ricevute dal consiglio di sorveglianza, è tenuto ad interloquire con l'organo di controllo ed a motivare un eventuale discostamento dalla posizione dell'organo di controllo.

L'art. 2409-terdecies, comma 1, lett. f-bis, c.c. non sembra consentire al consiglio di sorveglianza di avocare a sé decisioni (Varrasi, 2431) ed, allo stesso modo, non appare compatibile con la funzione riservata al consiglio di sorveglianza il riconoscimento statutario di un autonomo diritto di iniziativa in relazione all'assunzione di decisioni gestorie (Schiuma, 717).

Come rilevato in dottrina, lo statuto potrebbe, però, consentire al consiglio di gestione di decidere, volta per volta, se sottoporre o meno la questione al consiglio di sorveglianza affinché questo deliberi ex art. 2409-terdecies, comma 1, lett. f-bis, c.c. in merito ad operazioni strategiche o determinate categorie di operazioni strategiche (Cariello, Il sistema, 2012, 367 ss.).

Quando poi la società sia capogruppo o svolga attività di direzione e coordinamento, la delibera del consiglio di sorveglianza, assunta ai sensi dell'art. 2409-terdecies, comma primo, lett. f-bis, c.c., diviene espressione di due funzioni, una di indirizzo comune per il gruppo e l'altra di vigilanza di merito e di legalità ex ante sui consigli di gestione delle società coordinate o dirette (Cariello, Il sistema, 2012, 396 ss.).

Infine, ferma la responsabilità in capo al consiglio di gestione, come esplicitamente disposto dall'art. 2409-terdecies, comma primo, lett. f-bis, si ritiene configurabile anche una concorrente responsabilità del consiglio di sorveglianza per gli atti di c.d. «alta amministrazione» autorizzati. In questo caso il giudizio di responsabilità attiene l'omessa diligenza del consiglio di sorveglianza nella valutazione dei piani e delle operazioni strategiche (Montalenti, 275 ss.).

Con la sentenza n. 23370 del 27/09/2018, (Cass. II, n. 23370 del 27/09/2018, con nota di Zamperetti, I dibattuti confini delle funzioni del Consiglio di Sorveglianza nel modello dualistico, in Le Società, 2019, 10, 1076 ss.) la Suprema Corte è intervenuta, per la prima volta, in merito ai confini delle funzioni del consiglio di sorveglianza e, più in generale, sui rapporti tra organi nel modello dualistico.

La Cassazione ha precisato come sia certamente da escludere la natura di organo di gestione del consiglio di sorveglianza nel sistema "dualistico", evidenziando che la previsione della prima parte del primo comma dell'art. 2409 novies c.c., laddove dispone che "la gestione dell'impresa spetta esclusivamente al consiglio di gestione, il quale compie le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale", induce a disconoscere fermamente la possibilità che la potestas gerendi, ossia la potestà di concepire le "scelte" in ordine all'impresa che fa capo alla società, possa essere sottratta al consiglio di gestione (così come agli amministratori nel sistema "tradizionale"). E, secondo la Cassazione, tale assunto non è minimamente contraddetto dai poteri di c.d. alta amministrazione attribubili al consiflio di sorveglanza ai sensi della lett. f bis) del 1° co. l'art. 2409 terdecies c.c. Invero, come affermato dalla Cassazione con la sentenza da ultimo menzionata, tale disposizione è un riflesso dell'art. 2381, comma 3, c.c., nella parte in cui riserva al consiglio di amministrazione l'esame, "quando elaborati [dagli organi delegati], (...) [dei] piani strategici, industriali e finanziari della società"; riflesso per giunta ancor più pregnante se si considera che il consiglio di sorveglianza del sistema dualistico "delibera", non "esamina".

La Suprema Corte ha preso posizione anche sulla natura - come detto discussa in dottrina - della competenza deliberativa di c.d. alta amministrazione che può essere attribuita dallo statuto al Consiglio di Sorveglianza, precisando che la delibera in ordine alle operazioni ed ai piani predisposti dal consiglio di gestione ha la valenza di un'autorizzazione, in quanto rimuove un ostacolo all’esecuzione dell'operazione strategica concepita dal consiglio di gestione. La paternità della medesima operazione va comunque ascritta all’organo amministrativo che conserva appieno, malgrado l'autorizzazione, la facoltà di darvi o meno esecuzione (così come, nel sistema tradizionale, la paternità dell'atto gestorio all'uopo autorizzato è comunque da ascrivere agli amministratori, i quali conservano in toto, nonostante l'autorizzazione dell'assemblea, la facoltà di darvi o meno esecuzione).

Come evidenziato dalla Cassazione, pertanto, il consiglio di sorveglianza - al di là del concorso omissivo per culpa in vigilando nella responsabilità gestoria dei consiglieri di gestione (art. 2409 terdecies, 3 comma, c.c.) - non è responsabile in via commissiva per l'esecuzione dell'operazione strategica, così come l'assemblea non è responsabile per gli atti di amministrazione autorizzati; con la conseguenza che il consiglio di sorveglianza non può evidentemente essere considerato organo di gestione.

Il regime della responsabilità dei componenti il consiglio di sorveglianza

Il terzo comma della disposizione in commento è dedicato al regime della responsabilità dei componenti del consiglio di sorveglianza che, seppur con sensibili differenze, ricalca quello previsto dall'art. 2407 c.c. per il collegio sindacale delle società strutturate secondo il modello tradizionale di amministrazione e controllo.

I componenti del consiglio di sorveglianza rispondono personalmente delle violazioni colpose o dolose dei doveri loro imposti dalla legge e dallo statuto e rispondono in solido con i gestori per i danni arrecati alla società che non si sarebbero verificati se i primi avessero diligentemente vigilato sull'attività degli amministratori (c.d. culpa in vigilando ).

Con riguardo ai parametri di condotta la norma prescrive, per l'adempimento dei doveri del consigliere, la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico, così adottando una formulazione testuale differente, sia da quella utilizzata per definire il parametro per misurare la diligenza degli amministratori (art. 2392 c.c.), sia da quella riferita ai sindaci nel modello di governance tradizionale (art. 2407 c.c.).

Nel terzo comma dell'art. 2409-terdecies, infatti, sono assenti il richiamo al parametro delle «specifiche competenze» richiesto per gli amministratori, come anche il criterio della «professionalità» previsto per i sindaci.

La specifica formulazione dei presupposti della responsabilità del consiglio di sorveglianza dipende dalla peculiare collocazione riservata a tale organo nell'ambito del sistema dualistico ed il mancato riferimento al criterio della professionalità sembra trovare giustificazione nell'assenza di specifici requisiti di professionalità per la nomina a componente di consiglio di sorveglianza, salvo che non sia lo statuto a prevederli. È pacifico, in ogni caso, che il mancato richiamo al requisito della professionalità non possa essere inteso nel senso che i consiglieri di sorveglianza non sono soggetti al criterio della diligenza professionale di cui al secondo comma dell'art. 1176 c.c. (Breida, 1191; Garilli, 133).

La responsabilità dei componenti del consiglio di sorveglianza è valutata in funzione della natura dell'incarico – ovvero in relazione alla specificità dimensionale e qualitativa delle singole società – nonché delle qualità e delle competenze professionali del singolo consigliere (Breida, 1948).

In particolare, si ritiene che il regime della responsabilità debba tener conto dell'eventuale partecipazione del consigliere ad un comitato costituito all'interno del consiglio di sorveglianza, nel senso di una maggiore severità in caso di violazioni di compiti propri del comitato e con una correlativa attenuazione della responsabilità dei membri non partecipanti ad esso (Cariello, 2011, 77).

Con specifico riferimento, poi, alle competenze in materia di approvazione del bilancio, di nomina e revoca del consiglio di gestione e di quelle latu sensu gestorie, eventualmente attribuite dallo statuto al consiglio di sorveglianza, resta fermo il principio dell'insindacabilità da parte del giudice, sotto il profilo dell'opportunità/merito, delle decisioni assunte.

Nelle fattispecie di responsabilità concorrente, i membri del consiglio di sorveglianza – come i sindaci nel modello tradizionale – rispondono non per il fatto degli amministratori, ma per non avere tenuto un comportamento dovuto e nei limiti in cui il loro intervento avrebbe evitato il danno, non essendovi alcun automatismo tra la responsabilità di gestori e quella dei consiglieri di sorveglianza.

Venendo all'individuazione dei soggetti cui spetta la titolarità a far valere la responsabilità dei consiglieri, la norma non specifica né chi sia legittimato all'azione, né le modalità con cui farla valere ed i rimedi impiegabili al riguardo.

Il legislatore, all'art. 2364-bis, comma 1, n. 3, c.c., attribuisce all'assemblea l'azione sociale di responsabilità contro i consiglieri ma non richiama le norme sulla responsabilità verso i creditori sociali, né verso i singoli soci o i terzi (come, invece, accade per il collegio sindacale in virtù del rinvio contenuto nell'art. 2407, comma terzo, agli artt. 2393, 2393-bis, 2394, 2394-bis e 2395).

Secondo la dottrina prevalente la riscontrata lacuna può essere colmata attraverso il rinvio operato dall'art. 223-septies disp. att. c.c., alle norme relative al collegio sindacale e che, pertanto, deve considerarsi interamente applicabile al consiglio di sorveglianza il regime delle azioni di responsabilità previsto per gli amministratori (Guaccero, 13; Campobasso, 436; Garilli, 124, la quale però sostiene che si tratti di applicazione analogica, giustificabile in ragione delle competenze latu sensu gestorie affidate al consiglio di sorveglianza. La prevalente dottrina esclude, però, la proponibilità dell'azione di responsabilità da parte della minoranza, Breida, 1192; Cariello, 512, il quale evidenzia che la soluzione negativa discende dalla natura processuale dell'istituto previsto dall'art. 2393-bis c.c. che ne preclude l'applicabilità in assenza di disposizione ad hoc).

Poteri e doveri del consiglio di sorveglianza nelle società quotate

I poteri e doveri del consiglio di sorveglianza delle società per azioni quotate si configurano in termini in parte diversi rispetto alle società chiuse.

Con riguardo alla disciplina del consiglio di sorveglianza nelle società aperte, il d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, richiama, in termini generali, quanto disposto per il collegio sindacale ed i suoi componenti agli artt. 149, comma 4-bis, TUF.

L'art. 149, comma 4-bis, TUF non rinvia, però, al comma 2 dello stesso articolo, ponendo il quesito se la lacuna debba essere superata attraverso l'art. 1, comma 6-quater, TUF in combinato disposto con l'art. 223-septies, disp. att. c.c., atteso che, come evidenziato, la medesima soluzione legislativa si riscontra nell'art. 2409-quaterdecies, che non richiama il comma 2 dell'art. 2404 c.c.

Nelle società aperte si aggiunge alla vigilanza codicistica quella sull'adeguatezza della struttura organizzativa della società e del sistema di controllo interno; sull'affidabilità del sistema amministrativo-contabile di rappresentare correttamente i fatti di gestione; sulle modalità di concreta attuazione delle regole di governo societario previste da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria, cui la società, mediante informativa al pubblico, dichiara di attenersi, con la precisazione che il consiglio è tenuto a comunicare senza indugio alla Consob le irregolarità riscontrate nell'attività di vigilanza ed a trasmettere i relativi verbali delle riunioni e degli accertamenti svolti e ogni altra utile documentazione.

Anche per le società quotate nulla è previsto in merito al dovere di assistenza alle riunioni assembleari dei consiglieri, mentre sussiste il dovere – non sanzionato – di partecipazione di almeno un consigliere di sorveglianza alle riunioni del consiglio di gestione ex art. 149, comma 4-bis, TUF.

L'art. 151-bis TUF, rubricato «Poteri del consiglio di sorveglianza», disciplina una serie di poteri che, a differenza che nelle società chiuse, possono essere esercitati anche «individualmente» da ciascun componente del consiglio: il consigliere di sorveglianza può chiedere ai consiglieri di gestione, anche con riferimento a società controllate, informazioni sull'andamento delle operazioni sociali o su determinati affari e può chiedere al presidente la convocazione dell'organo, indicando gli argomenti da trattare.

Il consiglio di sorveglianza, o un suo componente appositamente delegato, può procedere in qualsiasi momento ad atti d'ispezione e di controllo nonché scambiare informazioni con i corrispondenti organi delle società controllate in merito ai sistemi di amministrazione e controllo ed all'andamento generale dell'attività sociale (per approfondimenti sul ruolo e sulle competenze del consiglio di sorveglianza delle società quotate cfr. De Angelis, sub art. 149 e Cariello, sub art. 151-bis, 2012).

Il consiglio di sorveglianza è legittimato a presentare denuncia al tribunale ai sensi dell'art. 2409 c.c. per gravi irregolarità gestionali ex art. 152, comma 1, TUF nonché a riferire all'assemblea convocata ex art. 2364-bis, comma 2, c.c. (art. 153, comma 1, TUF).

A differenza di quanto avviene nelle società non quotate, dove il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari non è previsto, il consiglio di sorveglianza delle società quotate deve esprimere il proprio parere obbligatorio sulla relativa nomina (art. 154-bis, comma 1, TUF).

Infine, ulteriori competenze sono previste per il consiglio di sorveglianza delle società quotate nel caso in cui lo statuto nulla disponga in ordine alle operazioni e ai piani di cui all'art. 2409 terdecies, comma 1, lett. f-bis, c.c.

In questa ipotesi, infatti, l'art. 19, commi 1 e 2, lett. b), d.lgs. n. 39/2010 affida la vigilanza sul processo di informativa finanziaria, sull'efficacia dei sistemi di controllo interno, di revisione e di gestione del rischio, sulla revisione legale dei conti annuali e consolidati e sull'indipendenza del revisore legale al consiglio di sorveglianza (sul controllo contabile nelle società che adottano il sistema dualistico si rinvia al commento dell'art. 2409-quinquiesdecies c.c.).

Bibliografia

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