Codice Civile art. 2412 - Limiti all'emissione 1 .Limiti all'emissione 1. [I]. La società può emettere obbligazioni al portatore o nominative per somma complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio approvato. I sindaci attestano il rispetto del suddetto limite2. [II]. Il limite di cui al primo comma può essere superato se le obbligazioni emesse in eccedenza sono destinate alla sottoscrizione da parte di investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale a norma delle leggi speciali. In caso di successiva circolazione delle obbligazioni, chi le trasferisce risponde della solvenza della società nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali. [III]. Non è soggetta al limite di cui al primo comma, e non rientra nel calcolo al fine del medesimo, l'emissione di obbligazioni garantite da ipoteca di primo grado su immobili di proprietà della società, sino a due terzi del valore degli immobili medesimi. [IV]. Al computo del limite di cui al primo comma concorrono gli importi relativi a garanzie comunque prestate dalla società per obbligazioni emesse da altre società, anche estere3 . [V]. I commi primo e secondo non si applicano alle emissioni di obbligazioni destinate ad essere sottoscritte, anche in sede di rivendita, esclusivamente da investitori professionali ai sensi delle leggi speciali, qualora tale previsione risulti tra le condizioni dell'emissione, ovvero ad essere quotate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione ovvero di obbligazioni che danno il diritto di acquisire ovvero di sottoscrivere azioni 4. [VI]. Quando ricorrono particolari ragioni che interessano l'economia nazionale, la società può essere autorizzata con provvedimento dell'autorità governativa, ad emettere obbligazioni per somma superiore a quanto previsto nel presente articolo, con l'osservanza dei limiti, delle modalità e delle cautele stabilite nel provvedimento stesso. [VII]. Restano salve le disposizioni di leggi speciali relative a particolari categorie di società e alle riserve di attività 5.
[2] Comma modificato dall'art. 7, comma 1, lett. a) l. 5 marzo 2024, n. 21 che inserito le parole «risultante dall'ultima delle iscrizioni di cui all'articolo 2444, primo comma». [3] Comma inserito dall'art. 11 1 lett. a) l. 28 dicembre 2005, n. 262. [4] Comma così sostituito dall'art. 32, comma 26, d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv., con modif., in l. 7 agosto 2012, n. 134. Il testo precedente recitava: «Il primo e il secondo comma non si applicano all'emissione di obbligazioni effettuata da società con azioni quotate in mercati regolamentati, limitatamente alle obbligazioni destinate ad essere quotate negli stessi o in altri mercati regolamentati». Questo testo era già stato modificato dall'art. 1 d.lg. 17 gennaio 2003, n. 6 che aveva sostituito con le parole «con azioni» le parole «le cui azioni siano» e successivamente modificato dall'art. 7, comma 1, lett. b) l. 5 marzo 2024, n. 21 che ha inserito le parole «sottoscritte, anche in sede di rivendita, esclusivamente da investitori professionali ai sensi delle leggi speciali, qualora tale previsione risulti tra le condizioni dell'emissione, ovvero ad essere». [5] Seguiva un comma, dapprima aggiunto dall'art. 15 d.lg. 28 dicembre 2004, n. 310, e successivamente abrogato 111 lett. b) l. n. 262, cit. Il testo del comma era il seguente: «Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle obbligazioni emesse all'estero da società italiane ovvero da loro controllate o controllanti, se negoziate nello Stato, nei limiti stabiliti con regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro della giustizia, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta della Commissione nazionale per le società e la borsa; in questo caso la negoziazione ad opera di investitori professionali nei confronti di soggetti diversi deve, a pena di nullità, avvenire mediante consegna di un prospetto informativo contenente le informazioni stabilite dalla Commissione nazionale per le società e la borsa, anche quando la vendita avvenga su richiesta dell'acquirente». InquadramentoIn linea con quanto previsto dalla delega, la riforma del 2003 ha notevolmente inciso sui limiti ostativi alla emissione delle obbligazioni, muovendo da una ratio di fondo diversa da quella che colorava il previgente dettato normativo di riferimento (in origine allocato nel disposto dell'art. 2410 c.c.). L'idea che sostiene la riforma vede nel limite alla emissione non più uno strumento di garanzia degli obbligazionisti, peraltro di dubbia funzionalità (Blandini, 820). Ben più coerentemente, il limite costituisce oggi il mezzo per meglio realizzare il giusto equilibrio che deve correre tra il reperimento di mezzi finanziari esterni all'emittente attraverso l'indebitamento a medio e lungo termine e gli investimenti a sostegno dell'impresa direttamente resi dagli azionisti (Ferro-luzzi, 252). In questa ottica va letto il venir meno del riferimento al capitale versato, oggi sostituito dal più generico riferimento al capitale sociale, potendosi fare riferimento così anche anche a quello soltanto sottoscritto. Ancora, si è quantitativamente elevata la soglia di riferimento (il doppio del capitale sociale, computando la riserva legale e quelle disponibili). Inoltre, si è ampliato il novero delle deroghe, soprattutto sganciando dal limite le obbligazioni destinate ai mercati regolamentati sia se emesse da società quotate, sia (in esito alla innovazione introdotta dal c.d. «decreto sviluppo» convertito nella legge n. 134/2012) in caso di titoli destinati ad essere quotati anche se emesse da società non quotate; deroghe favorite da una valutazione professionale di fondo, connaturata al mercato di destinazione, in ordine alla affidabilità della emittente avuto riguardo alla citata necessità di garantire l'evidenziato equilibrio che deve correre tra indebitamento e capitale di rischio. Un siffatto equilibrio, laddove le obbligazioni siano riservate agli investitori professionali, trova altresì riscontro nelle qualità soggettive dei sottoscrittori di immediato riferimento e nella responsabilità che gli stessi si assumono quanto alla solvibilità dell'emittente, una volta veicolate a terzi i titoli; e che, per gli emittenti attratti alla disposizione di cui al primo comma, viene ulteriormente favorito dall'intervento di controllo e attestazione demandato al collegio sindacale. Il limite ordinario alla operazione di emissione di obbligazioni.Il primo comma dell'art. in commento individua nel doppio del capitale sociale, risultante dall'ultima delle iscrizioni di cui all'articolo 2444, primo comma, incluse la riserva legale e quelle disponibili , il limite massimo entro il quale può procedersi alla emissione delle obbligazioni comuni (limite estensibile anche agli altri strumenti finanziari ex art. 2411 c.c.). In tale computo vanno anche considerati gli importi inerenti garanzie prestate dalla emittente per obbligazioni emesse da altre società, anche estere. Disposizione, quest'ultima, nella sua attuale formulazione, introdotta dalla legge n. 262 del 2005 e che appare diretta ad evitare che con il meccanismo della garanzia rivolta a terzi la società italiana venga di fatto a superare il vincolo imposto dal comma 1 con riferimento a prestiti obbligazionari di terzi, italiani o stranieri, dando appetibilità a proposte sottratte da ogni verifica di attendibilità finanziaria. L' articolo 7 della legge n. 21 del 2024 ha modificato il primo comma dell' articolo in commento, specificando che il doppio del capitale sociale, limite entro cui la società può emettere obbligazioni al portatore o nominative, è quella risultante dall'ultima delle iscrizioni di cui all'articolo 2444, comma 1. Quest'ultima disposizione, dispone che nei trenta giorni dall'avvenuta sottoscrizione delle azioni di nuova emissione, gli amministratori devono depositare per l'iscrizione nel registro delle imprese un'attestazione che l'aumento del capitale sia stato eseguito. Si è già detto che l'espunzione del riferimento al capitale versato consente oggi di considerare al fine anche quello soltanto sottoscritto, ossia di guardare anche ai crediti di conferimento vantati nei confronti dei soci (Giannelli, 91). La norma non reca più un riferimento esplicito al capitale esistente. Ma tale requisito recupera attualità grazie al disposto di cui all'art. 2414, comma 1, n. 2, c.c., in forza del quale i titoli devono contenere l'indicazione esplicita del capitale e delle riserve esistenti al momento della emissione. Il che significa che capitale e riserve devono essere considerate al netto delle perdite eventualmente verificatesi. La norma àncora il limite al dato emergente dall'ultimo bilancio approvato. Ma quest'ultimo deve ritenersi la sponda minima di riferimento dell'operazione di emissione. Nulla esclude infatti, che, al verificarsi di fatti che incidono su capitale e riserve dopo tale momento, il riferimento non possa essere offerto da un bilancio straordinario all'uopo approvato. E poi ovvio che tale facoltà si trasforma in obbligo imposto quando si realizzi una riduzione nei termini sanciti dagli artt. 2446 e 2447 c.c. (Blandini, 823). Del resto, la realizzazione dello scopo perseguito, imponendo il limite in oggetto, è garantita anche dall'intervento, attestatore e di controllo, del collegio sindacale. Intervento che è di revisione contabile così da cristallizzare profili di incompatibilità già emergenti dalla documentazione posta a supporto della operazione, anche successiva all'ultimo bilancio approvato; ma che è stato considerato anche in via prospettica, potendo l'organo di controllo denunziare trend finanziari o potenziali perdite tali da incidere sul programma di indebitamento sotteso al prestito obbligazionario (Brancadoro, 940). Sono escluse dal computo le riserve indisponibili. Tra queste non vanno annoverate quelle temporaneamente non distribuibili, ad esempio quella da sovrapprezzo (Pisani, 791). Le deroghe previste dal codice.Lo stesso codice detta deroghe esplicite al limite di emissione del prestito obbligazionario. Alcune di queste sono dettate in sostanziale continuità rispetto alla disposizione previgente alla riforma del 2003 (così per le obbligazioni garantite da ipoteca, previste dal n. 1 del comma 2 dell'art. 2410 ante novella, ipotesi riproposta con qualche lieve modifica dal comma 3 della disposizione attualmente vigente; ancora per le ragioni che interessano l'economia nazionale, disposizione oggi ribadita dal comma 6). Altre deroghe sono state introdotte dalla novella del 2003, in oggettiva coerenza con la nuova ratio che informa la disposizione in commento (le obbligazioni di società quotate destinate ai mercati regolamentati e quelle sottoscritte da investitori professionali sottoposti a vigilanza prudenziale). Nuove deroghe sono oggi assentite dal tenore attuale dell'articolo in esame a seguito delle ulteriori innovazioni apportate in esito al «decreto sviluppo» (le obbligazioni destinate alla quotazione seppur non emesse da società quotate e le obbligazioni convertibili). Infine, a seguito della recente novella con l. 21/2024, ulteriore deroga alla disciplina contenuta al primo e al secondo comma, riguarda le emissioni di obbligazioni destinate ad essere sottoscritte, anche in sede di rivendita, esclusivamente da investitori professionali ai sensi delle leggi speciali, qualora tale previsione risulti tra le condizioni dell'emissione. Le obbligazioni riservate ai soli investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale. La deroga in questione trova una ragion d'essere nella specifica capacità dei sottoscrittori in oggetto di valutare il merito del rischio sotteso al prestito obbligazionario; e ciò senza che tale limitato perimetro soggettivo di riferimento costituisca un ostacolo insuperabile alla veicolazione sul mercato dei titoli in questione, potendo i sottoscrittori investitori professionali cedere a terzi, non altrettanto qualificati, i titoli emessi fuori dal limite, senza far gravare su questi ultimi l'alea di una operazione non equilibrata grazie all'obbligo, assunto ex lege, di garantire la solvibilità dell'emittente, originariamente mal valutata. In coerenza, l'obbligo di garanzia non dovrebbe sorgere quando la negoziazione corre tra soggetti parimenti qualificati mentre, in caso di collocazione sul mercato realizzata da un investitore professionale diverso dal primo sottoscrittore, la garanzia della solvibilità dell'emittente non dovrebbe gravare su quest'ultimo ma solo su chi procede alla cessione in favore di investitori non professionali. È poi evidente che il sistema si regge sulla capacità dell'intermediario di sostenere la garanzia assunta; e per tale ragione gli investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale, id est la categoria prevista dalla norma per giustificare il superamento del limite, non altrimenti tipizzata nell'ordinamento, sono stati individuati non solo e tanto guardando alla relativa figura di intermediari così come inquadrata nel TUF (art. 18) e nel regolamento intermediari della Consob ma anche selezionando, tra tali soggetti, quelli sottoposti a peculiare vigilanza da parte delle autorità regolamentari avuto riguardi ai profili della adeguatezza patrimoniale e del contenimento del rischio (Giannelli, 100). Le obbligazioni garantite da ipoteca. Come già previsto dalla normativa previgente alla novella del 2003, il limite alla emissione è destinato a non operare laddove il prestito sia garantito da una ipoteca di primo grado iscritta sui beni della società sino ad un tetto massimo corrispondente ai due terzi del valore dei beni gravati. In questo caso, l'emissione, oltre a rimanere estranea al limite del primo comma, non va neppure considerata tra quelle da computare nel valutare il rispetto della soglia prevista dalla citata disposizione; e ciò spinge a ritenere che la garanzia deve coprire per intero l'emissione, non solo la parte eccedente la soglia di cui al primo comma (D'Ambrosio, 680). Ai sensi dell'art. 2414-bis c.c., in siffatti casi la delibera di emissione deve prevedere anche la nomina di un notaio che proceda alla iscrizione delle formalità a garanzia del prestito. Il bene dato in garanzia, per consentire il superamento della soglia, deve essere di proprietà della società, nell'ottica della affidabilità dell'ente rispetto all'equilibrio sotteso alla operazione di emissione. Ed anche per questa ragione, è più coerente ritenere che il valore del cespite cui agganciare il prestito non sia quello di libro, bensì quello di mercato, se del caso attestato da una apposita perizia di stima. In dottrina si è anche sostenuto che il bene dato in garanzia possa essere di altra società, purché integralmente dominata dalla emittente (Cavallo Borgia, 105). In giurisprudenza, anche se con riferimento al dettato previgente alla novella, si è esclusa la conformità a legge della delibera di emissione relativa ad un prestito che esondi il limite del capitale sociale qualora la garanzia ipotecaria sia limitata alla sola eccedenza tra la somma da erogare e la soglia da rispettare. Ciò perché gli immobili della società fanno parte del capitale, nei limiti della relativa quota di valore iscritta in bilancio: limitare la garanzia alla sola detta eccedenza finirebbe per ridurre la garanzia patrimoniale generale offerta agli obbligazionisti comuni, destinata ad operare solo con riferimento alla quota di capitale non coperta dagli immobili della società (App. Milano, 27 giugno 1998). Le obbligazioni destinate ad essere quotate e quelle convertibili. Quanto alle obbligazioni destinate alla quotazione, emerge con evidenza la prospettiva seguita dal legislatore nel 2003, volta ad attribuire al mercato una capacità selettiva in ordine alla affidabilità degli emittenti anche in ragione della necessaria informazione che accompagna il collocamento dei titoli, tale da rendere superflue talune forme di rigidità codicistiche (Pisani, 73). Preme sottolineare che se nella versione originaria del testo successiva alla riforma del 2003, una tale deroga era consentita alle sole società quotate, oggi, con le innovazioni apportate dal c.d. «decreto sviluppo», la disapplicazione del limite di cui al primo comma non presuppone più la duplice contestuale quotazione di azioni ed obbligazioni, essendo sufficiente al fine la sola, peraltro solo prospettata, quotazione delle obbligazioni. Ciò che rileva, dunque, è la potenziale appetibilità delle obbligazioni rispetto al mercato degli investitori, indipendentemente dalla quotazione delle azioni e dunque dallo status dell'emittente, legittimato ad accedere a siffatte ipotesi di finanziamento anche quando non intenda o non possa accedere al mercato del capitale di rischio. Restano i dubbi prospettati in dottrina in ordine alla modesta puntualità del dato normativo in commento. A fronte di una non precisata individuazione dei mercati regolamentati (Blandini, 827), è rimasto altresì irrisolto il tema della quotazione che, solo prospettata in sede di emissione (come appare consentito dal tenore letterale della norma), non venga poi realizzata: il che rende non solo retroattivamente operanti i limiti di emissione previsti dal primo comma ma spiazza anche i portatori di queste obbligazioni, attratti da una prospettiva non concretizzata. In ordine alle obbligazioni che conferiscono al loro possessore il diritto di acquisire partecipazioni al capitale, emerge con evidenza che tale tipologia di deroga, anche questa introdotta dal c.d. «decreto sviluppo», dàa corpo ad una vera rivoluzione della logica sottesa ai titoli in questione (Pisani, 2017, 74). In linea di principio, i titoli convertibili si accompagnano al diritto di opzione in capo ai soci: il che spinge a ritenerli primariamente destinati ai soci nell'ottica che tende a tenere distante il creditore esterno dai profili di immediato coinvolgimento al capitale dell'emittente. La nuova regola sembra porsi in termini distonici rispetto a questa impostazione di fondo. Presuppone, infatti, che non resti radicalmente alterato l'equilibrio tra patrimonio della società e debito obbligazionario quando al creditore, seppur estraneo, venga riconosciuto il diritto potestativo di trasformarsi in socio (obbligazioni convertibili) o comunque di diventare anche socio (obbligazioni con diritto di sottoscrizione) prescindendo da ogni rapporto tra entità del prestito obbligazionario e portato del capitale. In altre parole, pare profilarsi l'idea secondo cui il creditore che può diventare socio non intacca gli equilibri al pari del creditore non obbligazionista (Pisani, 2017, 74): si favorisce così una potenziale surrogazione del credito alla partecipazione sociale, accettando l'idea legata ad una possibile posizione di controllo riconosciuta ai sottoscrittori dei titoli, pur se non soci, qualora i diritti di conversione siano nella titolarità di soggetti diversi dai soci o dai soci in misura diversa rispetto alle quote di capitale. L'autorizzazione governativa in deroga. Tale previsione coincide con quanto originariamente previsto dal codice prima della riforma del 2003. Di rara applicazione, la deroga rassegnata da tale disposizione appare oggi di ancor minor rilievo pratico, considerando che un tale trend doveva ritenersi ancora più verosimile già all'epoca della novella, in ragione del fenomeno di privatizzazione delle più rilevanti aziende pubbliche e della loro quotazione nei mercati regolamentati (Palmieri, 297). In ogni caso, la deroga assegna all'autorizzazione governativa il potere definire limiti, modalità e cautele sottese al prestito obbligazionario. Il tutto nell'ottica secondo la quale è l'esigenza economica nazionale a consentire il superamento dei limiti codicistici fissati per l'emissione delle obbligazioni così da tradire una ratio interventista poco coerente con le attuali ragioni fondanti la previsione del limite di cui al primo comma. Le disposizioni di leggi speciali richiamate dal comma 7La disciplina dettata dal codice sottrae infine ai limiti di emissione ivi previsti le previsioni normative speciali legate alla particolare natura dell'emittente. In questa ottica, balza all'evidenza l'ipotesi delle obbligazioni emesse dalle banche, per le quali l'art. 12 del TUB, commi 3, 4 e 4-bis, quale che sia il tipo di obbligazioni emesse dalle banche, oltre che per gli strumenti finanziari cui si estende la disciplina delle obbligazioni, esclude l'applicabilità dell'art. 2412 c.c. Ancora, possono annoverarsi in questo ambito, i titoli emessi dalle società di cartolarizzazioneex lege n. 130/1999, il cui art. 5, comma 2, esclude in radice l'applicabilità della disciplina dettata dal codice per le obbligazioni comuni; oppure quelle che caratterizzarono la cartolarizzazione dei crediti e la trasformazione della Cassa Depositi e Prestiti giusta la previsione contenuta nel comma 20 dell'art. 5 della legge n. 326/2003. BibliografiaBlandini, Sub art. 2412, in Commentario al Codice civile, diretto da E. Gabrielli, Torino, 2014, 820; Brancadoro, Sub art. 2410, in Società di capitali: commentario, a cura di Niccolini, Stagno d'Alcontres, II, Napoli, 2004; D'Ambrosio, in Codice commentato delle nuove società, a cura di Bonfanti, Corapi, Marziale, Rordorf, Salafia, Milano, 2004; Ferro Luzzi, Il limite alla emissione di obbligazioni (art. 11, comma 1, lett. a, l. n. 262 del 2005), in Riv. soc. 2007, 252; Giannelli, Delle obbligazioni, in Commentario alla riforma delle società, diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari, Milano, 2006; Palmieri, I nuovi limiti alla emissione di obbligazioni, in Giur. comm. 2006, 2, 293; Pisani, in Il nuovo diritto delle società, a cura di Abbadessa, Portale, I, Torino, 2006; Pisani, Il controllo dei creditori, in Banca borsa tit. cred. 2017, 69. |