Codice Civile art. 2413 - Riduzione del capitale (1).

Benedetto Paternò Raddusa

Riduzione del capitale (1).

[I]. Salvo i casi previsti dal terzo, quarto e quinto comma dell'articolo 2412, la società che ha emesso obbligazioni non può ridurre volontariamente il capitale sociale o distribuire riserve se rispetto all'ammontare delle obbligazioni ancora in circolazione il limite di cui al primo comma dell'articolo medesimo non risulta più rispettato.

[II]. Se la riduzione del capitale sociale è obbligatoria, o le riserve diminuiscono in conseguenza di perdite, non possono distribuirsi utili sinché l'ammontare del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili non eguagli la metà dell'ammontare delle obbligazioni in circolazione (2).

(1) V. nota al Capo V.

(2) Le parole da «, della riserva» alla fine sono state sostituite alle parole «e delle riserve non eguagli l'ammontare delle obbligazioni in circolazione» dall'art. 1 d.lg. 17 gennaio 2003, n. 6, modificato dall'art. 5 1u) d.lg. 6 febbraio 2004, n. 37.

Inquadramento

Il rapporto che corre tra il limite quantitativo imposto dal comma 1 dell'art. 2412 c.c. e le obbligazioni ancora in circolazione deve mantenersi inalterato, a garanzia degli obbligazionisti, durante l'intera durata del prestito (Cavallo Borgia, 115). Ciò impone l'introduzione dei limiti alle possibilità di riduzione del capitale dettati dalla disposizione in commento, diversamente declinati, sul piano della relativa intensità, a seconda che la riduzione abbia natura reale (primo comma) o nominale (secondo comma).

La dicotomia di disciplina prevista dai due commi dell'articolo in oggetto, più che legata alla indicazione letterale della obbligatorietà o della volontarietà della riduzione, appare, infatti, radicata nella natura, reale o nominale, della relativa operazione.

Se la riduzione si concreta in una restituzione del patrimonio al socio, così che il valore nominale del capitale finisce per adeguarsi al decremento che ne deriva, l'operazione di riduzione è reale: si impone il necessario rispetto del rapporto comparativo previsto dal comma primo dell'art. 2412 c.c. così come richiamato dal comma primo dell'art. 2413 c.c.

Se, invece, è la riduzione ad essere conseguenza delle perdite, la riduzione è nominale, perché mette nuovamente in linea il valore del capitale alla realtà di riferimento. Il rapporto tra le poste del patrimonio netto indicate nel primo comma dell'art. 2412 c.c. e l'ammontare delle obbligazioni va determinato, infatti, considerando il valore delle prime al netto delle perdite (Genghini-Simonetti, 138). In questi casi, ascritti all'egida del comma secondo della norma in commento, la riduzione è consentita anche fuori dal limite imposto dal primo comma: il divieto cade sulla distribuzione degli utili, ostacolata sino a quando non si riporta il rapporto tra capitale e riserve e ammontare dell'emissione obbligazionaria alla soglia di proporzione imposta dal comma primo dell'art. 2412 c.c.

Le riduzioni reali di cui al primo comma.

Il comma primo della norma in commento esclude ogni operazione di volontaria riduzione del capitale o di distribuzione delle riserve se viene violato il rapporto di equilibrio previsto dal comma primo dell'art. 2412 c.c.

Si è detto che la riduzione deve avere natura reale. Il che significa che la volontarietà della scelta, non altrimenti resa obbligatoria dalla relativa disciplina, non influisce sul segmento normativo applicabile in caso di prestito obbligazionario non ancora rimborsato. Rileva, piuttosto, l'effetto dell'intervento sul capitale, se lo stesso si concreta o meno in una restituzione ai soci. Se questa è la linea da seguire, rientrano di certo nella ipotesi di specie i casi di riduzione del capitale per esuberanzaex art. 2445 c.c., laddove il riferimento all'avverbio «volontariamente» introdotto nel portato letterale della norma dalla riforma del 2003 depone inequivocabilmente per tale soluzione.

Per contro, malgrado voci in contrarie espresse in dottrina (Blandini, 833) si deve ritenere che, per quanto non obbligatorie, sono estranee a tale previsione, tutte le operazioni di riduzione del capitale per perdite pur quando non ricorrono i presupposti descritti dall'art. 2446 c.c.

Del pari, pur se non obbligatori, non integrano i presupposti di operatività del primo comma i casi di riduzione volontaria del capitale con imputazione a riserva delle relative risorse oppure tramite annullamento di azioni proprie ai sensi del terzo comma dell'art. 2357-ter c.c.

In entrambi, non si incide negativamente sul patrimonio; piuttosto, si ha una nuova riallocazione delle rispettive voci all'interno dello stesso, così da lasciare intatto il rapporto tra capitale e riserva da un lato e obbligazioni in circolazione dall'altro, senza incorrere nel divieto previsto dal comma in disamina (Blandini, 834).

La disciplina dettata per le riduzioni nominali.

Se la riduzione è invece determinata dalla presenza delle perdite, la scelta di intervenire sul capitale non può essere ostacolata dal divieto di cui al primo comma. Resta ferma l'esigenza di tutela legata alla presenza degli obbligazionisti che va contemperata con la sopravvivenza dell'ente (D'Ambrosio, 684). Per tale motivo, l'operazione di riduzione non è preclusa; si incide piuttosto sugli utili, non più distribuibili ma accantonati sino a quando non si sarà riequilibrato il rapporto tra capitale e obbligazioni in circolo.

Sotto questo versante la riforma del 2003 ha introdotto una disciplina più rigorosa, giacché, in precedenza, era previsto un diverso computo degli accantonamenti per riserva legale, così da permettere comunque la distribuzione; rigorosità che è stata in parte stemperata, peraltro, in forza delle modifiche apportate con l'art. 5 del d.lgs. 6 febbraio 2004, n. 37, abbandonando il riferimento al rapporto di parità tra capitale e riserve e obbligazioni in circolo e reintroducendo la proporzione imposta dal comma 1 dell'art. 2412.

Rientrano tra i casi in disamina, ovviamente, la riduzione obbligatoria per perdite ex art. 2446 c.c., ma anche le fattispecie di cui agli artt. 2443 e 2444 c.c. (Cavallo Borgia, 120).

Bibliografia

Blandini, Sub art. 2412, in Commentario al Codice civile diretto da Gabrielli, Torino, 2014, 820; Cavallo Borgia, Della società per azioni. Delle Obbligazioni, in Comm. S.B., Bologna, 2005; D'Ambrosio, in Codice commentato delle nuove società, a cura di Bonfanti, Corapi, Marziale, Rordorf, Salafia, Milano, 2004; Genghini, Simonetti, Codice delle Società commentato con le massime notarili, Padova, 2013.

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