Codice Civile art. 2471 bis - Pegno, usufrutto e sequestro della partecipazione (1).Pegno, usufrutto e sequestro della partecipazione (1). [I]. La partecipazione può formare oggetto di pegno, usufrutto e sequestro. Salvo quanto disposto dal terzo comma dell'articolo che precede, si applicano le disposizioni dell'articolo 2352. (1) V. nota al Capo VII. InquadramentoL'art. in commento, che pure rappresenta una novità introdotta con la riforma del diritto societario, recepisce in gran parte gli approdi della dottrina e della giurisprudenza anteriori al 2003. In particolare, già prima della riforma era sostanzialmente pacifico che le partecipazioni sociali di s.r.l. potessero essere oggetto di usufrutto e pegno, argomentandosi in tal senso dal disposto dell'allora vigente art. 2483, che vietava alla società di ricevere in pegno le proprie quote. Più dubbia era, al contrario, la possibilità di sottoporre a sequestro giudiziario la partecipazione sociale: tale possibilità ha cominciato ad essere ammessa quando si è fatta strada la concezione della partecipazione quale bene immateriale equiparabile ai beni mobili o, meglio, come posizione contrattuale obiettivata. Comunque, anche con riferimento al sequestro, la giurisprudenza era giunta ad affermare che la quota di partecipazione in una società a responsabilità limitata esprime una posizione contrattuale obiettivata che va considerata come bene immateriale equiparabile al bene mobile non iscritto in un pubblico registro, ai sensi dell'art. 812 c.c., onde ad essa possono applicarsi, a norma dell'art. 813 c.c., le disposizioni concernenti i beni mobili e, in particolare, la disciplina delle situazioni soggettive reali e dei conflitti tra di esse sul medesimo bene, giacché la quota, pur non configurandosi come bene materiale al pari dell'azione, ha tuttavia un valore patrimoniale oggettivo, costituito dalla frazione del patrimonio che rappresenta, e va perciò configurata come oggetto unitario di diritti e non come un mero diritto di credito; ne consegue che le quote di partecipazione ad una società a responsabilità limitata possono essere oggetto di sequestro giudiziario e, avendo il sequestro ad oggetto i diritti inerenti la suddetta quota, ben può il giudice del sequestro attribuire al custode l''esercizio del diritto di voto nell'assemblea dei soci ed eventualmente, in relazione all'oggetto dell'assemblea, stabilire i criteri e i limiti in cui tale diritto debba essere esercitato nell'interesse della custodia (Cass. n. 6957/2000). La riforma del diritto societario, ratificando gli approdi precedenti, ha quindi definitivamente chiarito l'assoggettabilità della partecipazione sociale a pegno, usufrutto e sequestro (Zanarone, 718) e l'applicabilità, in tali casi, dell'art. 2352 dettato per le società azionarie (da ultimo, Trib. Roma, 12 aprile 2017). Il pegno e l'usufrutto della partecipazione.In primo luogo, l'art. 2471-bis dispone che la partecipazione sociale in s.r.l. può costituire oggetto di pegno e usufrutto. Si evidenzia come anche quote non liberamente trasferibili possono essere oggetto di usufrutto poiché la norma non fa alcuna differenza a seconda che sussistano o meno vincoli al trasferimento (Piscitello, 422; Zanarone, 721). Salvo che l'atto costitutivo non preveda espressamente l'indivisibilità della quota, pegno e usufrutto possono essere costituiti anche su una parte della quota, attesa la normale divisibilità di essa e salva diversa disposizione dell'atto costitutivo (così, Zanarone, 721; Gasperini. Casale, 419). D'altra parte, l'atto costitutivo potrebbe anche, derogando all'art. 2471-bis, escludere la possibilità di costituzione di pegno o usufrutto sulla quota, oppure subordinare tale costituzione al previo gradimento degli altri soci o dell'organo amministrativo (Zanarone, 721, secondo il quale ciò costituisce una applicazione dell'art. 2469, che consente di vincolare la libera trasferibilità della quota, giacché la possibilità di limitare il diritto maggiore comprende anche quella di limitare il diritto minore; Poli, 1897; Piscitello, 422). Parimenti legittime sono le clausole statutarie che determinino le conseguenze della costituzione del pegno o dell'usufrutto, specificando a chi spetti l'esercizio di taluni diritti sociali (Zanarone, 748). Parzialmente diversa altra parte della dottrina, secondo la quale, ove l'atto costitutivo contenga un divieto assoluto di circolazione, tale divieto si dovrebbe estendere anche alla costituzione di pegno ed usufrutto, dal momento che la volontà dei soci sarebbe inequivocabilmenteorientata nell'escludere qualsiasi ingerenza di terzi nella società (Gasperini-Casale, 420). Si precisa, peraltro, che tale diversa disposizione statutaria può riguardare solo i vincoli di fonte convenzionale (pegno e usufrutto) e non quelli di fonte legale (ad es., usufrutto dei genitori) (Zanarone, 722). In giurisprudenza, è stato osservato che la clausola statutaria di prelazione che limita il trasferimento delle quote per atto tra vivi si estende anche alla costituzione di diritti reali minori quali il pegno e l'usufrutto (Trib. Trieste, 14 agosto 1998, in Giur. comm., 1998, II, 736; Trib. Bologna, 3 agosto 1994, in Giur. comm., II, 880). L'art. in commento tace, tuttavia, sulle modalità con le quali si costituiscono il pegno, l'usufrutto o il sequestro della quota. Si ritiene che la costituzione del pegno e dell'usufrutto debba avvenire secondo le previsioni dell'art. 2470: il vincolo derivante dal pegno e dall'usufrutto deve essere reso opponibile alla società nelle forme previste dall'art. 2470 e, precisamente, mediante deposito ed iscrizione nel registro delle imprese del titolo costitutivo del diritto parziario, redatto per atto pubblico o scrittura privata autenticata, che contenga per il pegno anche una sufficiente indicazione del credito e della cosa oggetto della garanzia (art. 2787, comma 3) (Gasperini-Casale, 420; Poli, 1881; Gattoni, 431; Zanarone, 745). In altre parole, la costituzione del diritto deve essere resa opponibile attraverso la pubblicità assicurata dal registro delle imprese ai terzi ed alla società che è così posta nelle condizioni di identificare il soggetto legittimato ad esercitare i diritti sociali (Zanarone, 745). Per quanto riguarda il pegno, la pubblicità determina non solo l'opponibilità ai terzi, ma funge anche da elemento costitutivo dello spossessamento (Gasperini, Casale, 421). Il richiamo all'art. 2470 assume la funzione di risoluzione di conflitti tra più acquirenti della medesima partecipazione sociale, dovendosi concludere che colui che abbia ottenuto in buona fede l'iscrizione nel registro di un diritto parziario sulla partecipazione prevale su chi (acquirente della quota o titolare di altro diritto parziale in base ad un titolo anteriore) non abbia conseguito l'iscrizione ovvero l'abbia conseguita successivamente (Gasperini-Casale, 421; Poli, 1882; Piccinini, 226). Se il vincolo grava su una partecipazione assegnata al socio in misura non proporzionale al conferimento, il valore nominale della quota gravata e l'estensione del vincolo sono computati in relazione alla partecipazione assegnata e non alla maggiore o minore entità del conferimento effettuato dal socio (Bencini, Satta, 1899; Gasperini, Casale, 419; Piccinini, 209). In giurisprudenza, è stato osservato che la mancata iscrizione nel registro delle imprese del sequestro conservativo di quote di s.r.l. lo rende inopponibile al creditore pignorante e, quindi, non consente al sequestrante di intervenire nell'espropriazione forzata (Trib. Monza, 8 ottobre 2008, in Soc., 2009, 475). Secondo Trib. Vicenza, 30 giugno 2007 (in Giur. comm., 2008, II, 1273) all'atto della trasformazione della s.r.l. in s.p.a. si estingue il pegno sulle quote che non sia stato rinnovato con le dovute formalità anche sui titoli azionari. I diritti sulle partecipazioni gravate da pegno e usufrutto.L'art. in commento recepisce l'orientamento, già manifestatosi in epoca antecedente alla riforma, favorevole applicazione della normativa inerente la ripartizione dei diritti sociali in caso di pegno ed usufrutto di azioni dettata in tema di società azionarie. In particolare, l'art. 2471-bis richiama, senza ulteriori precisazioni, la disciplina di cui all'art. 2352: la dottrina, tuttavia, avverte che va comunque attentamente scrutinata la compatibilità di ciascun precetto contenuto nella fonte richiamata (art. 2352) con le peculiarità della s.r.l., onde decidere se l'applicazione del medesimo vada operata tout court, con adattamenti o addirittura esclusa (Zanarone, 723). In virtù del richiamo all'art. 2352, il diritto di voto spetta al creditore pignoratizio o all'usufruttuario (che lo esercita come diritto proprio e non in nome e per conto del socio debitore o del nudo proprietario, cfr. Cass. n. 6957/2000). È però fatta salva la possibilità di diversa convenzione che potrebbe attribuire il diritto in argomento al socio debitore o al nudo proprietario ovvero assegnare il diritto di voto a seconda dell'oggetto della deliberazione (Calvosa, 416; Gasperini, Casale, 421; Poli, 251). Il soggetto titolare del diritto di voto dovrà, però, esercitarlo tenendo conto degli interessi del soggetto che quel voto non può esercitare. Qualora sia dedotta una condotta che possa concretamente qualificarsi come violazione del dovere di diligenza incombente all'usufruttuario o che comunque evidenzi un pericolo in atto di lesione del patrimonio sociale, può accogliersi la domanda di cessazione dell'usufrutto per comportamento abusivo dell'usufruttuario nell'esercizio dei diritti inerenti alla quota; tuttavia, l'abuso non può essere desunto dal solo discostarsi del voto dell'usufruttuario dai desiderata dei nudi proprietari (Trib. Bologna, 12 luglio 2001, in Vita not., 2003, 313; Trib. Saluzzo, 28 giugno 2000, in Gius, 2001, 258, secondo il quale è configurabile l'abuso da parte dell'usufruttuario, in presenza di una condotta intenzionalmente e potenzialmente idonea a compromettere il diritto del nudo proprietario). Ad esempio, è stato ritenuto integrare l'ipotesi di abuso di usufrutto di quote sociali il contributo causale e consapevole ad una situazione di paralisi assembleare la quale determina una causa di scioglimento della società e, conseguentemente, il venir meno della quota concessa in usufrutto (Trib. Marsala, 21 luglio 2005, in Soc., 2006, 1023). La violazione dei doveri di salvaguardia che gravano sul soggetto titolare del diritto di voto non si riflette sulla validità della deliberazione, potendo solo esporre il soggetto, che quel voto ha espresso abusando del suo potere, al risarcimento del danno ovvero, in caso di usufrutto, alla cessazione di esso (Cass. n. 6957/2000; Trib. Siracusa, 13 febbraio 2009, secondo il quale l'usufruttuario è titolare di un diritto reale e portatore di una posizione giuridica che lo rende unico responsabile delle scelte relative alla vita della società; posto che sulla validità delle delibere non può influire l'eventuale contrasto con la volontà del nudo proprietario, che non è legittimato al voto). Anche secondo la dottrina, l'eventuale violazione dei doveri di buona fede non si ripercuote sulle dinamiche societarie e, quindi, sulla validità della deliberazione (Gasperini, Casale, 423; Calvosa, 416). Il richiamo all'art. 2352 in punto di attribuzione del diritto di voto deve essere, poi, coordinato con la disciplina tipica delle società a responsabilità limitata, con la conseguenza che, salva diversa pattuizione, al creditore pignoratizio ed all'usufruttuario deve essere attribuito il diritto di esprimere il proprio consenso all'interno delle decisioni non collegiali adottate ai sensi dell'art. 2479, comma 3 (Gasperini, Casale, 423). L'attribuzione del diritto di voto al creditore pignoratizio o all'usufruttuario implica una ingerenza di questi nel governo societario ben maggiore di quanto possa avvenire nella s.p.a. attesa la possibilità che attraverso il voto si esprima anche una competenza in materia di gestione dell'impresa (art. 2479, comma 1), al contrario riservata agli amministratori nella s.p.a. (Poli, 1882; Piccinini, 228; Zanarone, 725). Discende che, attraverso il voto espresso, potrebbe ricadere sul creditore pignoratizio o sull'usufruttuario una responsabilità deliberativa ex art. 2476, comma 7 (Gasperini, Casale, 423; Piccinini, 228). L'avviso di convocazione dell'assemblea dovrà essere inviato al creditore pignoratizio o all'usufruttario della quota, in quanto titolare del diritto di voto. Secondo un autore, però, è opportuno che, in presenza di diritti parziali, la convocazione venga inviata, almeno per conoscenza, anche al socio debitore o nudo proprietario (Piccinini, 229). L'omessa convocazione del custode delle quote sociali oggetto di sequestro giudiziario costituisce causa di annullabilità della delibera di aumento del capitale sociale (Trib. Campobasso, 14 giugno 2012, in Giur. comm., 2013, II, 720). In ipotesi di assegnazione di credito garantito da pegno su partecipazioni di s.r.l., cui non faccia seguito un provvedimento di affidamento (all'assegnatario o ad un terzo) da parte del giudice dell'esecuzione, ai sensi dell'art. 554, comma 1, c.p.c., il diritto di voto continua a spettare allo stesso debitore esecutato siccome nella detenzione del bene e titolare del pegno (Trib. Trieste, 13 gennaio 2016, in Riv. dir. soc., 2017, 520). Gli altri diritti amministrativi, salvo diversa convenzione, spettano sia al socio che al creditore pignoratizio o all'usufruttuario; nel caso di sequestro, sono esercitati dal custode (art. 2352 u.c.). In caso di più usufruttuari, sarà necessario nominare un rappresentante comune (Piscitello, 424). Tra tali diritti possono annoverarsi (Gasperini-Casale, 424): 1) il diritto di controllo (art. 2476, comma 2); 2) il diritto di esercitare l'azione sociale di responsabilità e di chiedere la revoca cautelare degli amministratori (art. 2476, comma 3, c.c.); 3) il diritto di sottoporre argomenti alla decisione dei soci (art. 2479, comma 1); 4) il diritto di chiedere che la decisione dei soci avvenga in forma assembleare (art. 2479, comma 4); 5) il diritto di impugnare le decisioni dei soci; 6) il diritto di impugnare le decisioni consiliari (art. 2388 ove ritenuto applicabile alle s.r.l.); 7) il diritto di esperire l'azione di responsabilità nei confronti della società capogruppo (art. 2497). A questi può, probabilmente, aggiungersi il diritto di convocare direttamente l'assemblea in caso di inerzia degli amministratori sempre che la quota cui si riferisce il pegno o l'usufrutto sia di consistenza pari o superiore al terzo del capitale sociale (sulla scorta di Cass. n. 10821/2016). È stato, però, osservato che i diritti ancillari al voto, quale ad es. il diritto di intervento o il diritto di chiedere il rinvio dell'assemblea, spettano esclusivamente al titolare del diritto di voto (Gasperini, Casale, 424; Calvosa, 417). Inoltre, il diritto di impugnare le decisioni dei soci, ancorché sottoposto alla regola della legittimazione concorrente, subirà gli effetti del voto espresso in assemblea con la conseguenza che, ove il titolare del diritto di voto si sia espresso a favore di una data delibera, resterà preclusa la possibilità di far valere vizi di annullamento di essa. Rimane, peraltro, ferma la legittimazione ad impugnare le deliberazioni nulle o inesistenti (Gasperini, Casale, 425; Poli, 1884; Piccinini, 228). Tale soluzione, però, è contrastata da una parte della giurisprudenza, la quale ha ritenuto che la legittimazione spetti al nudo proprietario delle quote, anche rispetto a deliberazioni adottate con il voto favorevole del creditore pignoratizio (Trib. Bologna, 16 aprile 2013, in giuremilia.it). La giurisprudenza ha avuto modo di affermare che, in ipotesi di pignoramento delle azioni o quote sociali, sia il socio sia il creditore pignorante possono ritenersi legittimati ad esercitare, in concorso fra loro, l'azione di responsabilità e le azioni cautelari di revoca dell'amministratore (Trib. Roma, 27 aprile 2011, in Giur. comm., 2012, II, 1260). Una isolata pronunzia della giurisprudenza di merito ha, poi, ritenuto che legittimato ad agire per ottenere l'annullamento delle decisioni dei soci, è l'usufruttuario della quota e non anche il socio nudo proprietario della medesima, in quanto privo del diritto di voto (Trib. Palermo, 12 marzo 2010, in Soc., 2010, 1314). Tale posizione è stata criticata in dottrina sulla base del rilievo che il diritto di impugnazione la deliberazione costituisce certamente un diritto amministrativo e spetta, dunque, tanto al socio quanto al creditore pignoratizio o all'usufruttuario (La Rocca, 1322). Problematico appare il coordinamento della norma con i diritti particolari che, ai sensi dell'art. 2468, comma 3, possono essere attribuiti ai soci. Secondo un orientamento, i diritti particolari, in quanto attribuiti ad personam dovrebbero considerarsi estranei al rinvio all'art. 2352, rimanendo così nella esclusiva titolarità del socio (Gasperini, Casale, 425; Calvosa, 417). Alcuni, che muovono da una lettura oggettiva dei diritti particolari, ipotizzano una scissione tra la persona del titolare e la componente patrimoniale del diritto attribuitogli con conseguente configurabilità di una loro attribuzione, anche esclusiva, al creditore pignoratizio o all'usufruttuario (Mondani, 489). Secondo altri, invece, andrebbe attribuito al creditore pignoratizio o all'usufruttuario l'intero diritto particolare, qualora questo riguardi gli utili o la nomina degli amministratori (Piccinini, 230). Altri ancora ritengono che la questione debba essere esaminata caso per caso alla luce dell'assetto di interessi rilevanti in concreto (Gattoni, 440). Il diritto di recesso, per la sua stessa natura, sfugge alla regola della doppia titolarità stabilita dall'art. 2352 u.c. Si ritiene che esso spetti, in via esclusiva, al socio quale unico soggetto deputato a valutare l'an ed il quantum della sua partecipazione: d'altra parte, i diritti amministrativi, essendo connessi alla partecipazione, non possono comprendere anche il diritto di disporne (Zanarone, 730; Gasperini,Casale, 432 i quali evidenziano come una diversa soluzione violerebbe l'art. 981 in tema di usufrutto e l'art. 2792 in tema di pegno). Peraltro, si ritiene che, ove il diritto di recesso tragga origine da una decisione della società, il suo esercizio è subordinato al mancato concorso nella decisione del titolare del diritto di voto (Calvosa, 418). Si ritiene poi che l'esclusione del socio (art. 2473-bis) non sia preclusa dalla costituzione del diritto parziario (Gasperini-Casale, 433). A seguito del recesso o dell'esclusione, il diritto parziario si trasferisce sulla quota di liquidazione (Piscitello, 427). Va, poi, evidenziato come il diritto di percepire gli utili spetta, salvo patto contrario, al creditore pignoratizio ai sensi degli artt. 2791 e 2802 (Zanarone, 735; Piccinini, 234; Calvosa, 417; amplius, Gasperini, Casale, 430 ss.) o all'usufruttuario (Piscitello, 423). Per quanto attiene alla disciplina dell'aumento di capitale, non dà luogo a problemi l'aumento gratuito del capitale sociale (art. 2481-ter). In tal caso, infatti, ai sensi dell'art. 2352, comma 3, il pegno, l'usufrutto ed il sequestro si estendono alla quota di partecipazione del socio (Santini, 394). In caso di aumento a pagamento, si sostiene che il diritto di sottoscrizione delle nuove partecipazioni spetta al socio e che l'esercizio del diritto comporta l'acquisto delle partecipazioni di nuova emissione, libere dal vincolo, da parte del socio (Zanarone, 726; Santini, 395; Gasperini, Casale, 427; Calvosa, 418; Piscitello, 423), con la conseguenza che parte della quota di questi, quella iniziale, sarà gravata dal vincolo e parte, quella optata, libera. Resta fermo che sarà possibile prevedere l'estensione del pegno sulle «nuove» quote o in via automatica, in forza di specifica clausola contrattuale, o per scelta volontaria del socio al fine di evitare che il creditore possa invocare l'art. 2795 a tutela delle proprie ragioni a fronte della riduzione percentuale della partecipazione ricevuta in garanzia (Calvosa, 418). In caso di mancato esercizio del diritto di opzione da parte del socio, occorre distinguere tra partecipazioni liberamente trasferibili e quelle vincolate. In questo secondo caso, dovrà farsi applicazione dell'art. 2471, comma 3, con la conseguenza che, se il debitore ed il creditore e la società non si accordano sulla vendita, il diritto di sottoscrizione deve essere venduto all'incanto, ma la vendita diviene inefficace se, entro 10 giorni dall'aggiudicazione, la società presenta altro acquirente che offra il medesimo prezzo (Zanarone, 726). In caso di partecipazioni liberamente trasferibili, in virtù del richiamo all'art. 2352 comma 2, qualora il socio non provveda almeno tre giorni prima della scadenza del versamento delle somme necessarie per l'esercizio del diritto di opzione e qualora gli altri soci non si offrano di acquistarlo, questo deve essere alienato per suo conto a mezzo banca o intermediario autorizzato. La dottrina, tuttavia, sottolinea la scarsa compatibilità di una simile norma con la disciplina della s.r.l. (Piccinini, 242) giungendo ad una soluzione sostanzialmente analoga all'ipotesi precedente secondo la quale il diritto di opzione può essere venduto agli altri soci e, in mancanza di offerte, si può procedere alla vendita all'incanto, salva l'inefficacia successiva della vendita qualora, entro 10 giorni dall'aggiudicazione, un altro acquirente offra lo stesso prezzo (Gasperini, Casale, 428). Manca, infine, una disciplina della riduzione del capitale sociale. Qualora le perdite azzerino il capitale o lo riducano al di sotto del minimo di legge, il creditore pignoratizio conserverà il diritto di voto per le decisioni di cui all'art. 2482-ter c.c.: la sua garanzia, in caso di ricostituzione del capitale sociale, si estinguerà in via non satisfattiva, mentre in caso di trasformazione o di scioglimento della società, verrà a convertirsi rispettivamente sulla partecipazione nella società risultante dall'operazione ovvero sulla quota di liquidazione spettante al socio debitore (Calvosa, 419). Il sequestro della partecipazione.Come già evidenziato, l'art. in commento ha definitivamente risolto, in senso positivo, la questione dibattuta in epoca antecedente alla riforma sulla assoggettabilità della partecipazione in s.r.l. a sequestro. Inquadrata la quota sociale tra i beni immateriali equiparabili ai beni mobili, non vi sono stati ostacoli a riconoscere la configurabilità del sequestro giudiziario e l'applicazione diretta dell'art. 670, n. 1, c.p.c. alla fattispecie in questione (Gasperini, Casale, 435). La norma, tuttavia, tace sulle modalità di costituzione del sequestro. Quanto al sequestro giudiziario, la giurisprudenza ha ritenuto che esso si perfezioni mediante notifica al debitore ed alla società del provvedimento di sequestro e successiva iscrizione nel registro delle imprese ai sensi dell'art. 2471 (Trib. Milano, 16 giugno 2011, in Corr. giur., 2012, 390). Tale posizione è condivisa dalla dottrina la quale evidenzia come l'art. 2471 sia chiamato a fungere da riferimento normativo per i vincoli forzosi (Zanarone, 743; Gasperini, Casale, 441; Ghionna, 430). Quanto al sequestro conservativo, esso si esegue mediante iscrizione nel registro delle imprese, iscrizione dalla quale deriva l'opponibilità di esso sia ai terzi che acquistino diritti sulla quota in data successiva al sequestro i quali non potranno addurre la mancata conoscenza del vincolo (art. 2193, comma 2), sia ai terzi che abbiano acquistato tali diritti prima del sequestro senza però iscrivere il proprio titolo e che non siano in grado di dimostrare la conoscenza del precedente acquisto da parte del sequestrante (art. 2193 comma 1) (Gasperini, Casale, 442). In giurisprudenza, si osserva che la mancata iscrizione nel registro delle imprese del sequestro conservativo di quote di s.r.l. lo rende inopponibile al creditore pignorante e, quindi, non consente al sequestrante di intervenire nell'espropriazione forzata (Trib Monza, sez. Desio, 8 ottobre 2008, in Soc., 2009, 475). Attraverso il richiamo all'art. 2352, l'esercizio del diritto di voto e degli altri diritti amministrativi connessi alle quote sequestrate spetta, in via tendenzialmente esclusiva, al custode (Gasperini,Casale, 443; Chionna, 431). Secondo la giurisprudenza, è ammissibile la nomina di un custode giudiziario di quote di società a responsabilità limitata oggetto di sequestro conservativo. Spettano in tal caso al custode tutti i poteri inerenti la gestione delle quote, incluso il diritto di voto in assemblea (Trib. Catania, 3 giugno 2011, in Vita not., 2011, 1024). Inoltre, secondo Trib. Genova, 7 novembre 2013 (in Soc., 2014, 359), per la specialità della disciplina che riverbera sulle particolarità dei compiti assegnati dalla legge al custode nel sequestro di partecipazioni sociali, il giudice competente a pronunciare sulla nomina, così come sugli atti di revoca o sostituzione, è il giudice della cautela. In difetto di nomina di un custode diverso dal socio sequestrato, non può essere accolta l'istanza di sospensione cautelare della delibera dell'assemblea dei soci di una s.r.l. sull'assunto che il socio non fosse legittimato a votare (Trib. Milano, 24 febbraio 2012, in Giur. it., 2012, 1593). BibliografiaBencini, Satta, Sub art. 2471-bis, in Codice delle società, a cura di Abriani, Torino, 2016, 1901; Calvosa, Il pegno della partecipazione, in S.r.l. Commentario, a cura di Dolmetta e Presti, Milano, 2011, 415; Gasperini, Casale, Sub art. 2471-bis, in Delle società - Dell'azienda. Della concorrenza, artt. 2452-2510, a cura di D.U. Santosuosso, in Commentario del codice civile, diretto da E. Gabrielli, Milano, 2015, 392; Gattoni, Sub art. 2471-bis, in Società a responsabilità limitata, Commentario alla riforma delle società, diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari, a cura di Bianchi, Milano, 2008; Ghionna, I sequestri della partecipazione, in S.r.l. Commentario, a cura di Dolmetta e Presti, Milano, 2011, 428; La Rocca, Usufrutto di quota di s.r.l. e diritto di impugnare la decisione sociale annullabile, in Soc. 2010, 1314; Mondani, Il trasferimento della quota munita di diritti particolari, in Banca borsa tit. cred. 2010, 469; Piccinini, Sub art. 2471-bis, in Codice commentato delle s.r.l., a cura di Benazzo, Patriarca, Napoli, 2004; Pinnarò, Sub art. 2471-bis, inSocietà di capitali. Commentario, a cura di Niccolini e Stagno d'Alcontres, Napoli, 2004; Piscitello, L'usufrutto della partecipazione, in S.r.l. Commentario, a cura di Dolmetta e Presti, Milano, 2011, 421; Poli, Sub art. 2471-bis, in, Il nuovo diritto delle società, a cura di Maffei Alberti, III, Padova, 2005; Santini, Art. 2471-bis, in Santini, Salvatore, Benatti, Paolucci, Società a responsabilità limitata, in Comm. S.B., Bologna, 2014. |