Il Comune può ribadire la titolarità di un evento e di gestirlo, mettendo a gara l'affidamento della relativa organizzazione tramite concessione di servizi

08 Ottobre 2018

La determinazione comunale che ribadisce la titolarità di un evento (nella specie, l'organizzazione della Maratona Internazionale di Roma) e la necessità di gestirlo, mettendo a gara l'affidamento della relativa organizzazione per mezzo di una concessione di servizi a gara pubblica, appare scelta corretta, che ripristina la regolare azione amministrativa; azione che non può che essere idealmente, logicamente e giuridicamente ricollegata agli atti originari di intestazione ed assunzione della manifestazione, come adottati dall'Amministrazione Comunale sin dall'intesa con la FIDAL e dalla delibera comunale n. 2765 del 1994. Rientra, infatti, tra i compiti dell'Ente Locale anche quello di assumere attività e/o eventi del genere e ciò in forza delle già risalenti previsioni normative (art. 60 lett. a, d.P.R. n. 616/1977; art. 112 T.U.E.L.), nonché in forza del nuovo Codice dei Contratti, il quale prevede la possibilità di procedere ad appaltare servizi sociali ovvero servizi di cui all'allegato IX, d.lgs n. 50/2016 (artt. 142 ss.), tra i quali rientra proprio la facoltà di organizzare manifestazioni e/o eventi sportivi di tal fatta.

Il caso. Gli enti ricorrenti hanno impugnato il bando di una gara indetta da Roma Capitale per «l'affidamento in concessione del servizio di organizzazione della manifestazione podistica “Maratona Internazionale di Roma – Roma Capitale City Marathon” per gli anni 2019, 2020, 2021 e 2022 ed eventuale biennio successivo», nonché tutti i verbali e gli atti presupposti, connessi e consequenziali della procedura, lamentandone l'illegittimità in forza di articolati motivi di diritto e chiedendone l'annullamento previa concessione di tutela cautelare.

Con la determina a contrarre impugnata l'amministrazione capitolina ha stabilito di «autorizzare in via esclusiva per l'intero periodo indicato negli atti di gara lo svolgimento su territorio cittadino di un evento sportivo sulla distanza maratona, in linea di continuità con quanto realizzato nelle precedenti edizioni».

Le ricorrenti stigmatizzano tale iniziativa comunale, la quale sarebbe palesemente lesiva dei propri interessi, giacché Roma Capitale si starebbe ingerendo in un settore connotato da iniziativa privata e starebbe assumendo la diretta iniziativa dell'evento de quo, escludendo in sostanza essa ricorrente che avrebbe gestito e che anzi ne sarebbe la titolare oramai in maniera consolidata sin dal 2005.

Diritto. Il Collegio, prima di pronunciarsi sul ricorso, effettua una ricostruzione della vicenda in esame nei suoi aspetti storici, giuridici e procedimentali. Si ricorda, in particolare, che l'amministrazione comunale ha ideato e organizzato l'evento di cui è causa mediante la sottoscrizione di un Protocollo d'Intesa con la FIDAL (Federazione italiana di atletica leggera), siglato nell'aprile 1994. Con separata deliberazione la Giunta Comunale ha provveduto all'istituzione del Comitato Promotore della Maratona Internazionale di Roma, composto dai rappresentanti del Comune di Roma e della FIDAL, titolare dei diritti della manifestazione e con funzioni di indirizzo programmatico e verifica degli obiettivi prefissati. In virtù di tale intesa è stato affidato alla FIDAL l'incarico di selezionare di volta in volta un soggetto che si occupasse di organizzare la manifestazione.

Veniva così originariamente individuata l'associazione ricorrente, la quale, all'esito di una (dichiarata in delibera) prima valutazione concorrenziale, divenne affidataria della gestione dell'organizzazione dell'evento. È accaduto poi che tutte le successive edizioni venissero affidate direttamente alla medesima ricorrente, senza alcuna selezione comparativa; tale organizzazione si è prolungata sino al 2017, senza che venisse svolta alcuna procedura concorrenziale.

Fatte queste premesse, si osserva, anzitutto, che gli originari atti adottati dal Comune d'intesa con la federazione «costituiscono atti di assunzione dell'evento nell'orbita pubblicistica (in ragione del suo palese risvolto di utilità sociale, di valorizzazione della città, nonché di promozione dello sport) e, nel contempo, atti di “configurazione” dell'evento stesso».

Ritiene il Collegio che la nuova iniziativa comunale, oggetto del gravame, «sia frutto di una più ponderata e corretta valutazione dell'originaria assunzione “pubblica” della manifestazione; la quale era stata di fatto, per così dire, “lasciata” alla gestione diretta delle ricorrenti, contravvenendo tuttavia a basilari regole di buona amministrazione, che, già all'epoca, avrebbero imposto quanto meno una selezione comparativa, trattandosi di attribuire a privati chiari vantaggi economici e competitivi (per altro a fronte delle spese che il Comune doveva sostenere per approntare i dovuti servizi strumentali allo svolgimento della gara) e di preservare anche utilità pubbliche (sia di natura immateriale che di ritorno economico per l'Ente)».

La scelta di ribadire la titolarità dell'evento e di gestire lo stesso, mettendo a gara l'affidamento della relativa organizzazione per mezzo di una concessione di servizi a gara pubblica, appare dunque scelta corretta, la quale ripristina la regolare azione amministrativa.

Il ricorso proposto è, dunque, considerato infondato.

Rispetto alla contestata qualificazione della procedura in questione come “concessione di servizi”, osserva il Collegio che «Rientra tra i compiti dell'ente locale anche quello di assumere attività e/o eventi del genere e ciò in forza delle già risalenti previsioni normative correttamente individuate dalla difesa comunale (art. 60 lett. a) DPR n. 616/1977; art. 112 TUEL), nonché in forza dello stesso nuovo Codice dei Contratti, il quale prevede la possibilità di procedere ad appaltare servizi sociali ovvero servizi di cui all'allegato IX d. lgs n. 50 del 2016 (artt. 142 ss.), tra i quali rientra proprio la facoltà di organizzare manifestazioni e/o eventi sportivi di tal fatta».

Quanto alla precipua qualificazione dell'affidamento, conclude il Collegio che non può discutersi che si tratti di una concessione e non di un appalto in senso tecnico; deve valorizzarsi infatti il noto parametro comunitario, il quale identifica il punctum individuationis della concessione (più che sulla natura trilatera del rapporto valorizzata dalla tradizionale giurisprudenza interna) nella presenza del cd. “rischio operativo” che è addossato, in caso di concessione, tutto all'operatore privato (v. CGUE, 7 dicembre 2000 – C 324/98; Cons. St., n. 645/2003).

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