Codice Civile art. 2500 quater - Assegnazione di azioni o quote (1).

Guido Romano

Assegnazione di azioni o quote (1).

[I]. Nel caso previsto dall'articolo 2500-ter, ciascun socio ha diritto all'assegnazione di un numero di azioni o di una quota proporzionale alla sua partecipazione, salvo quanto disposto dai commi successivi.

[II]. Il socio d'opera ha diritto all'assegnazione di un numero di azioni o di una quota in misura corrispondente alla partecipazione che l'atto costitutivo gli riconosceva precedentemente alla trasformazione o, in mancanza, d'accordo tra i soci ovvero, in difetto di accordo, determinata dal giudice secondo equità.

[III]. Nelle ipotesi di cui al comma precedente, le azioni o quote assegnate agli altri soci si riducono proporzionalmente.

(1) V. nota al Capo X.

Inquadramento

L'articolo in commento stabilisce il principio di proporzionalità: ciascun socio ha diritto all'assegnazione di un numero di azioni o di una quota proporzionale alla sua partecipazione. Il principio considerato dalla norma, consistente nella immodificabilità della posizione del socio a seguito della trasformazione, si applica a tutte le tipologie di trasformazione (Simonetto, 166). I restanti commi dell'art. 2500-quater invece prendono in considerazione i correttivi alla regola generale necessitati dalla presenza, nella società trasformanda, di un socio d'opera.

Il principio di proporzionalità

Come già evidenziato, l'articolo in commento esordisce affermando che ciascun socio ha diritto all'assegnazione di un numero di azioni o di una quota proporzionale alla sua partecipazione. La disposizione, dunque, esprime il principio di proporzionalità. Così, la variazione delle regole organizzative non può giustificare l'alterazione delle rispettive posizioni in seno al gruppo, a conferma della sostanziale conservazione e continuità dei diritti e dei rapporti preesistenti (Sarale, 2012, 1256).

Il principio costituisce il corollario della natura della trasformazione che ha una causa meramente riorganizzativa di un medesimo soggetto ed è, dunque, neutra rispetto ai soci sotto il profilo economico (Pasquini, 1347; Mosca, 163; Sarale, 2011, 342). Eventuali trasferimenti di ricchezza tra i soci modificativi delle rispettive porzioni di partecipazione, pur leciti, esulano dalla causa di trasformazione e andranno esplicitati ed assoggettati al regime giuridico loro proprio: in tal caso, accanto all'operazione trasformativa si colloca un diverso negozio giuridico, avente causa propria, di cessione onerosa o gratuita di quote o azioni, in relazione al quale non occorrerà il consenso unanime dei soci, ma solo quello dei soggetti interessati (Pasquini, 1347, secondo la quale non potrebbe darsi luogo ad una assegnazione del capitale della società risultante non proporzionale alle quote o alle azioni spettante ai soci nella società trasformanda neppure all'unanimità; Tassinari, 113; Panzani, 51). Secondo un diverso orientamento, tuttavia, la disposizione in argomento avrebbe carattere cogente solo ove la trasformazione fosse deliberata a maggioranza (essendo tale norma posta a tutela del socio non consenziente all'operazione), ma potrebbe essere derogata all'unanimità dai soci i quali potrebbero pattuire un diverso assetto delle partecipazioni nell'ente risultante dalla trasformazione (Centoni, 2259; Mosca, 163; Speranzin, 63).

Non è, dunque, ammissibile la delibera di trasformazione che non indichi il numero ed il valore delle quote possedute da ciascun socio ed il numero delle azioni loro assegnate (Trib. Roma 4 agosto 1978, in Foro it. 1979, I, 1098).

Il socio d'opera.

Il principio di proporzionalità espresso dal comma 1 deve trovare dei contemperamenti allorquando, nella società trasformanda, vi sia un socio d'opera. Pertanto, il comma 2 prevede che il socio d'opera ha diritto alla assegnazione di un numero di azioni o di una quota in misura corrispondente alla partecipazione che l'atto costitutivo gli riconosceva già precedentemente alla trasformazione. In mancanza, la partecipazione può essere determinata d'accordo dai soci oppure, in difetto, dal giudice secondo equità. Lo scopo della norma è quello di garantire al socio d'opera il diritto a partecipare alla società di capitali risultante dalla trasformazione attraverso, se necessario, una ridefinizione degli assetti proprietari per mezzo della stima dell'apporto del socio d'opera in relazione al valore delle quote degli altri soci di capitali (così, Speranzin, 64; Beltrami, 3209 ss.): l'art. 2500-quater stabilisce un vero e proprio diritto soggettivo del socio d'opera alla continuazione del rapporto sociale anche qualora l'ente risultante dalla trasformazione non ammetta conferimenti d'opera a capitale (Paquini, 1351). Pertanto, per far spazio alla sua partecipazione al capitale della società risultante si dovranno ridurre «proporzionalmente» le azioni o quote assegnate agli altri soci (sul punto, Sarale, 2012, 1256; Cagnasso, 2262; Restaino, 377).

È dubbio se il riferimento alla partecipazione che l'atto costitutivo riconosceva al socio d'opera precedentemente alla trasformazione medesima debba essere inteso come partecipazione al capitale (Restaino, 376; Beltrami, 3210; Tassinari, 153; Mosca, 175) ovvero come partecipazione agli utili (Santosuosso, 1919; Cetra, 167; Cavanna, 232; Sarale, 2011, 343; Panzani, 52). Quest'ultima soluzione muove dal presupposto che nelle società di persone sarebbe inammissibile una capitalizzazione del conferimento d'opera. In senso contrario, però, si osserva che il termine partecipazione è inserito nella parte della norma che disciplina l'ipotesi del socio d'opera capitalizzato e che, dunque, essa non può che riferirsi alla partecipazione al capitale nominale (Pasquini, 1352; Tassinari, 154; Spolidoro, 173; Mosca, 173; Restaino, 376).

Ciò posto, nel caso in cui il conferimento d'opera sia stato già convenzionalmente ed integralmente capitalizzato dai soci nella società di persone, troverà applicazione il comma 1 dell'art. in commento (Tassinari, 115; Mosca, 182; Centoni, 2259; Speranzin, 65). Nel caso in cui non si verifichi detto presupposto e, dunque, nell'ipotesi di mancata pre-capitalizzazione della prestazione d'opera (o, come meglio si dovrebbe dire, di mancato pre-riconoscimento nell'atto costitutivo della partecipazione al capitale sociale riconosciuta al socio d'opera, Beltrami, 3213), per i sostenitori della impostazione secondo la quale il concetto di partecipazione riconosciuta al socio d'opera dall'atto costitutivo della società di persone trasformanda va riferito alla partecipazione al capitale di quest'ultima, dovrebbe trovare applicazione la seconda parte del comma 2 dell'art. in commento. In particolare, secondo un simile orientamento, non dovendosi prendere a riferimento la partecipazione agli utili, in sede di trasformazione, sarà necessario pervenire ad un accordo tra tutti i soci in ordine alla misura della partecipazione del socio alla società di capitali: in altre parole, l'accordo dovrà stabilire se, ed in che misura, far partecipare il socio d'opera al capitale sociale della società di capitali trasformata (Tassinari, ivi; Mosca, 169 e 182; Beltrami, 3213; Pasquini, 1353 ss., ivi anche per una articolata prospettazione delle diverse ipotesi). Si ritiene, peraltro, che detto accordo deve essere assunto all'unanimità dei soci, compreso il socio d'opera, differendo tale decisione da quella, in relazione alla quale è consentita la deliberazione a maggioranza, avente ad oggetto l'operazione di trasformazione in quanto tale (Beltrami, 3213). In difetto di accordo, la norma prevede la rimessione al giudice del compito di procedere alla determinazione, in via equitativa, della partecipazione da attribuire al socio d'opera (Beltrami, 3214; Tassinari, 154).

Secondo altra impostazione, nel caso di mancata capitalizzazione del conferimento d'opera o di servizi, si deve applicare l'art. 2500-quater comma 2 e le partecipazioni sociali devono essere distribuite tenendo conto della partecipazione agli utili che l'atto costitutivo riconosceva al socio d'opera o, in mancanza, d'accordo tra tutti i soci o, in difetto, secondo la determinazione equitativa del giudice, con conseguente riduzione delle partecipazioni sociali spettanti agli altri soci (Speranzin, 65; Cetra, 169 secondo il quale quando la partecipazione non può essere determinata in base alla precedente partecipazione al capitale sociale, essa va determinata sulla base dell'unico parametro che è in grado di esprimere i rapporti di forza tra i soci, ossia quello che commisura la partecipazione ai risultati, con la conseguenza che le ipotesi in cui si deve ricorrere ad un accordo tra i soci o al giudice rimangono marginali; Sarale, 2011, 344). In altre parole, secondo questo indirizzo, in presenza di una piena capitalizzazione del conferimento d'opera, ben si potrebbe applicare il comma 1, mentre la previsione dei commi 1 e 3 della norma troverà applicazione ogniqualvolta la valorizzazione dell'apporto sia affidata alla partecipazione agli utili, costringendo gli altri soci a far spazio, nel frazionamento del capitale, al socio lavoratore: tale posizione rispecchia meglio il principio di conservazione delle posizioni originarie (Sarale, 2012, 1257 che, peraltro, precisa che «tale misurazione fornisce una fedele fotografia della posizione del socio d'opera, ma nella società personale prima della trasformazione, laddove la quota da assegnare allo stesso dopo la trasformazione esprimerà sia valore già acquisito dalla società sia valore futuro. A fronte del quale potrà essere associata alla sua partecipazione un obbligo ulteriore sotto forma di prestazioni accessorie oppure facendo carico agli altri soci (purché con il consenso unanime, dato che si rientrerebbe nell'ipotesi di cui all'art. 2346 comma 4 c.c.) di dare copertura al capitale nominale, accettando una riduzione ulteriore delle loro partecipazioni»; su quest'ultimo profilo, anche Speranzin, 66).

Il problema del socio d'opera può porsi anche in relazione all'ipotesi in cui l'ente che effettua la trasformazione sia una società a responsabilità limitata, avendo la riforma del 2003 esteso anche a questo tipo di società la possibilità di conferire opere e servizi. Tuttavia, essendo nella società a responsabilità limitata obbligatoria la capitalizzazione del conferimento – e, precisamente, la determinazione del valore dell'opera e l'imputazione di tale valore al capitale sociale – dovrà essere assegnata al socio d'opera una quota al capitale nominale della società risultante dalla trasformazione (Pasquini, 1349) conformemente alla regola generale di cui al comma 1 dell'art. 2500-quater.

Si ritiene che l'art. 2500-quater sia applicabile non solo al socio che conferito una prestazione d'opera, ma anche a quello che ha conferito una prestazione di servizi, un bene in godimento (Mosca, 189) o la promessa di prestazioni future di fare e, più in generale, a tutti i conferimenti di patrimonio (Beltrami, 3216; Mosca, 189; Tassinari, 159; Restaino, 376).

Bibliografia

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