Codice Civile art. 2520 - Leggi speciali (1).

Lorenzo Delli Priscoli

Leggi speciali (1).

[I]. Le cooperative regolate dalle leggi speciali sono soggette alle disposizioni del presente titolo, in quanto compatibili.

[II]. La legge può prevedere la costituzione di cooperative destinate a procurare beni o servizi a soggetti appartenenti a particolari categorie anche di non soci.

(1) V. nota al Titolo VI.

Inquadramento

Il primo comma riafferma il sistema della prevalenza delle leggi speciali rispetto alla disciplina del codice, pur se a sottolineata la centralità concettuale delle norme del codice, come posto in evidenza dalla Relazione ministeriale al d. lgs n. 6 del 2003. Infatti, per quanto riguarda le società cooperative, il codice è affiancato da numerose leggi speciali, non sempre in armonia con la disciplina generale. Le leggi speciali prevalgono sul codice nel senso che gli artt. 2511 ss. si applicano alle cooperative a meno che non esista una disciplina speciale “fuori” dal codice (BASSI, 643).

Talvolta, per singoli settori della cooperazione, viene analiticamente indicato quali delle norme generali del codice civile si applicano e quali no (per esempio, per le banche cooperative, v. l'art. 150-bis TUB) (PRESTI-RESCIGNO, 605). In particolare, alle banche cooperative si applica l'art. 2520, comma 1, ossia si applicano le disposizioni generali del codice civile nel limite della compatibilità, ma con esclusione di quelle indicate dall'art. 150-bis TUB, espressamente eccettuate, mentre le banche popolari, alle quali, in forza del disposto del citato 150-bis, comma 2, non si applicano gli artt. 2512, 2513 e 2514 c.c. e che quindi non si configurano come cooperative a mutualità prevalente, non possono avvalersi delle agevolazioni tributarie previste esclusivamente per tale categoria di cooperative (art. 223-duodecies, comma 6, disp. att. c.c.) (MARASA', 125) (Sulle banche cooperative v. anche, retro, sub art. 2511).

 Ai sensi del secondo comma, la legge può prevedere la costituzione di cooperative destinate a procurare beni o servizi a soggetti appartenenti a particolari categorie anche di non soci. Per come si evince dalla relazione alla riforma, tale disposizione si propone di mantenere la natura mutualistica e il connesso trattamento alle cooperative previste da leggi speciali che formalmente non operino con i propri soci destinando i propri servizi a soggetti appartenenti a categorie sociali svantaggiate o meritevoli di protezione: si vuole, quindi, evitare di espungere dall'area della mutualità proprio quelle cooperative che operano a favore di soggetti che non possono assumere per ragioni varie lo status di partecipi al contratto di società come ad es., le cooperative sociali che, quando non siano cooperative di lavoro, si traducono in imprese che erogano servizi di assistenza in favore di categorie sociali svantaggiate. Queste sono cooperative dotate, più delle altre, del requisito della «funzione sociale», anche se in esse a prima vista non sembra ricorrere la c.d. gestione di servizio a favore dei soci (Bonfante, 17).

E' il caso delle cooperative sociali che, in base alla legge istitutiva, sono tenute a <<perseguire l'interesse generale della comunità alla promozione umana e all'integrazione sociale dei cittadini>>i (art. 1, l. 8 novembre 1991, n. 381) (PRESTI-RESCIGNO, 595). Esse sono considerate ex lege cooperative a mutualità prevalente (art. 111-septies disp. att. c.c.), indipendentemente dal possesso dei requisiti previsti dagli artt. 2512 e 2513 c.c., mentre i requisiti statutari previsti dall'art. 2514 c.c. per le cooperative sociali non sono facoltativi, ma hanno carattere obbligatorio. Inoltre le cooperative sociali acquisiscono di diritto la qualifica di impresa sociale di cui al d. lgs. 3 luglio 2017, n. 112 (VELLA-GENCO-MORARA, 60-61) (v. anche, retro, sub art. 2511, par. 7).

Si è quindi sostenuto che la disposizione di cui all'art. 2520, comma 2, consacra l'impiego della società cooperativa nel c.d. Terzo settore, tradizionalmente appannaggio di associazioni e fondazioni ed afferma il principio che solo la legge può derogare al vincolo generale della gestione di servizio a favore dei soci. Per Terzo settore si intende il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale  e che, in attuazione del principio di sussidiarietà  e in coerenza con i rispettivi statuti  o atti costitutivi, promuovono o realizzano  attività di interesse generale  mediante forme di azione volontaria  e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi (art. 1, l. 6 giugno 2016, n. 106). Il Terzo settore è stato oggetto di regolamentazione organica ad opera del d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117, o Codice del Terzo settore (CTS) (STAGNO D'ALCONTRES-DE LUCA, 866).

Le corporazioni dei piloti , istituite con decreto del Presidente della Repubblica nei luoghi e nei porti dove il servizio di pilotaggio è necessario, sono enti marcatamente mutualistici, qualificabili come cooperative regolate da norme speciali ed assoggettabili alla disciplina dell'art. 2520 c.c. e dunque delle società per azioni ex art. 2519 c.c. in quanto compatibili. La Corporazione deve infatti agire secondo criteri di economicità e operando scelte che in senso lato devono dirsi imprenditoriali, anche se lo scopo di essa, verso gli associati, non è la distribuzione di utile ma la ripartizione del sopravanzo di gestione del servizio (Trib. Venezia, 12 ottobre 2022).

Bibliografia

Bassi, in Aa.Vv., Manuale di diritto commerciale, ideato da Buonocore, Torino, 2020; Bonfante, Trattato di diritto commerciale. Le società cooperative, V, Padova, 2014; Marasà, in Aa. Vv., Società cooperative, a cura di Presti, in Commentario alla riforma delle società, diretto da  Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari, Milano, 2006; Presti-Rescigno, Corso di diritto commerciale, vol. II, Società, Bologna, 2021; Stagno D’Alcontres-De Luca, Le società, III, Torino, 2019; Vella-Genco-Morara, Diritto delle società cooperative, Bologna, 2018.

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