Codice Civile art. 2640 - Circostanza attenuante (1).Circostanza attenuante (1). [I]. Se i fatti previsti come reato agli articoli precedenti hanno cagionato un'offesa di particolare tenuità la pena è diminuita. (1) V. nota al Titolo XI. InquadramentoCon il d.lgs. n. 61/2002 il legislatore, al fine di mitigare il trattamento sanzionatorio dei reati societari, ha sostituito l'aggravante ad effetto speciale prevista dall'art. 2640 c.c. – ritenuta di scarsa applicazione giurisprudenziale – con un'attenuante speciale ad effetto comune, invocabile dall'agente che abbia «cagionato un'offesa di particolare tenuità» (Musco, 43; Perdonò, 375). Prima della riforma del diritto societario la norma in questione contemplava, infatti, un'aggravante con un aumento di pena, fino alla metà, «quando dai fatti previsti negli artt. 2621, 2622, 2623, 2628 e 2630, primo comma, deriva all'impresa un danno di gravità rilevante». Con l'attuale previsione – che richiama «tutti i fatti previsti come reato dagli articoli precedenti» a – il legislatore, oltre ad introdurre un'attenuante, ha inteso anche superare le critiche della dottrina inerenti la pregressa irrazionale limitazione della previsione ad alcuni reati societari, con esclusione di altri (Carra, 316). La circostanza attenuante in questione, inoltre, ha eliminato ogni riferimento alla impresa, quale soggetto danneggiato dalla condotta illecita dell'agente (Conti, 402), così ampliando la portata della previsione in commento. L'attuale tenore della norma, pur non contemplando più il riferimento ad un danno, bensì ad una offesa, tuttavia, nulla indica circa la natura della stessa – ossia se riferita a un danno patrimoniale o non patrimoniale – così riproponendo alcuni dei dubbi sorti in passato. Sotto la previgente disciplina, la giurisprudenza di legittimità, facendo leva sulla previsione di un danno di gravità rilevante – che, faceva appunto scattare la circostanza aggravante speciale di cui all'art. 2640 c.c. – non nutriva dubbi sul fatto che la norma evocasse un danno di natura patrimoniale, l'unico configurabile con riferimento all'impresa, intesa nel senso di attività economica, e non anche quello di carattere non patrimoniale, che può riguardare solo il soggetto al quale tale attività fa capo, e cioè la società (Cass. pen. V, n. 307/1989). Con riferimento all'attuale formulazione, invece, la soluzione andrebbe ricercata nel carattere plurioffensivo dei reati societari. Sicché, l'eliminazione del richiamo all'impresa, quale unica figura danneggiata, avrebbe il significato di estendere l'ambito di applicabilità della circostanza in commento anche a condotte che abbiano cagionato nocumento a singoli soci, creditori sociali e terzi, con la conseguenza che l'attenuante in oggetto sarebbe comprensiva anche della lesione non patrimoniale (Carra, 318). Elementi costitutiviIl riferimento alla tenuità dell'offesa va interpretato come rivolto alla lesione – o alla messa in pericolo – del bene giuridico protetto dalla norma penale. Il richiamo all' offesa, inoltre, rende tale circostanza compatibile anche con i reati di pericolo e le ipotesi di delitto tentato (Perdonò, 376). Il legislatore – come anticipato – ha espressamente esteso l'applicabilità della circostanza in esame a tutti i fatti previsti come reato «agli articoli precedenti», ivi comprendendo, quindi, anche le fattispecie di reato che non richiedono, per il loro perfezionamento, la determinazione di alcun danno patrimoniale (es.: artt. 2623, comma 1, e 2624, comma 1 c.c.). Da ciò si desume che il bene giuridico protetto dalla norma non si limita al solo danno patrimoniale. La valutazione della particolare tenuità dell'offesa andrà, poi, in concreto apprezzata attraverso una valutazione complessiva del reato, nelle sue componenti non solo materiali, ma anche afferenti all'elemento psicologico (Mezzetti, 199 ss.). Quanto al profilo materiale, si fa riferimento a tutti gli elementi e modalità della lesione subita dai differenti beni giuridici oggetto di tutela. L'attenuante in esame potrà, quindi, essere applicata solo avendo riguardo alla complessiva ed effettiva portata del danno o del pericolo provocati dall'agente nella fattispecie oggetto di giudizio (Lattanzi-Lupo, 232). La circostanza, afferendo alla gravità dell'offesa, deve ritenersi di natura oggettiva e, in quanto tale, estensibile ai concorrenti ex art. 118 c.p. Rapporti con altre circostanze e con la causa di non punibilità ex 131-bis c.p.Il riferimento alla tenuità dell'offesa, che connota la circostanza attenuante in questione, impone di indagare il rapporto tra essa, le circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62-bis c.p., l'attenuante comune di cui all'art. 62 n. 4 c.p. ed il nuovo istituto di cui all'art. 131- bisc.p. Con riferimento alle circostanze attenuanti generiche è stato condivisibilmente evidenziato che nulla osta alla possibile applicazione di entrambe le diminuzioni di pena, essendo differenti i presupposti per l'invocabilità delle stesse (Musco, 26). L'art. 62-bis, infatti, con l'estrema vaghezza del richiamo alle «altre circostanze diverse», pare basarsi su presupposti più ampi rispetto alla «particolare tenuità dell'offesa», involgendo, ad esempio, valutazioni sulla personalità del reo, sul comportamento processuale dello stesso che inducono a propendere per l'ammissibilità del concorso tra le due attenuanti. Per quanto concerne il rapporto con la circostanza comune prevista dall' art. 62 n. 4 c.p., l'orientamento prevalente ritiene astrattamente configurabile l'ipotesi del concorso tra le due circostanze, in quanto l'art. 2640 c.c. assume una portata applicativa più ampia dell'art. 62 n. 4 c.p., che, invece, richiede alternativamente, ai fini della sua configurazione, che l'agente, nei delitti contro il patrimonio o che, comunque, offendono il patrimonio, abbia cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuità, oppure che, nei delitti determinati da motivi di lucro, abbia agito per conseguire o abbia comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quando anche l'evento dannoso e pericoloso sia stato di speciale tenuità (Perdonò, 377). Tuttavia, si ritiene di condividere l'opinione di chi evidenzia come, pur ammettendosi astrattamente il concorso fra le due figure di attenuante, occorre necessariamente valutare attentamente i presupposti applicativi di ciascuna delle circostanze attenuanti in esame, al fine di evitare che il danno patrimoniale venga in rilievo, sia in relazione alla tenuità del danno, che all'esiguità dell'offesa (Perdonò, 377). L'attenuante speciale, invero, non si ritiene concorra con quella del codice penale quando l'agente, ponendo in essere un fatto scarsamente offensivo di un bene non avente natura patrimoniale ed in assenza di motivi di lucro, abbia cagionato un lieve «danno» alla persona offesa. Nel caso in cui trattasi di contravvenzioni (es. reato di cui all'art. 2627 c.c.), poi, l'attenuante speciale non può concorrere con quella comune di cui all'art. 62 n.4 c.p., avendo quest'ultima ad oggetto esclusivamente i «delitti». Non si ritiene, invece, di condividere l'opinione di chi intravede una certa complessità nei rapporti tra l'attenuante in commento e la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fattoex art. 131- bisc.p. Il piano su cui opera tale ultimo istituto è, infatti, del tutto diverso, rispetto all'attenuante, mirando esso ad agevolare nella ricorrenza di certe condizioni (quali un comportamento non abituale dell'imputato, con il limite, tuttavia, della ricorrenza di reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, in relazione alla modalità della condotta e all'esiguità del danno o del pericolo, rimessi alla valutazione discrezionale del giudice, ai sensi dell'art. 133, primo comma, c.p.) la fuoriuscita dal sistema giudiziario di condotte che, pur integrando gli estremi del fatto tipico, antigiuridico e colpevole, appaiono non meritevoli di pena in ragione dei principi generalissimi di proporzione e di economia processuale (Mangiaracina). Pertanto, il riconoscimento dell' attenuante di cui all'art. 2640 c.c. non è incompatibile con l'esclusione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, in quanto la circostanza attenuante si fonda sul danno patrimoniale di speciale tenuità, mentre la causa di non punibilità presuppone un complessivo giudizio di minima offensività, compiuto sulla base di una valutazione congiunta delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza e dell'entità del danno o del pericolo. BibliografiaCarra, La circostanza attenuante (art. 2640), in I Reati societari, a cura di Lanzi, Cadoppi, Padova, 2007; Conti, Disposizioni penali in materia di società e consorzi, in Comm. S.B., Bologna, 1970; Lattanzi-Lupo, Codice penale commentato, Milano, 2000; Mangiaracina, La tenuità del fattoex art. 131-bis c.p.: vuoti normativi e ricadute applicative, in dirittopenalecontemporaneo.it, 2015; Mezzetti, I reati societari, in Diritto penale dell'impresa, a cura di Ambrosetti, Mezzetti, Ronco, Bologna, 2008; Musco, Diritto penale societario, Milano, 1999; Perdonò, Sub Art. 2640 c.c., Circostanza attenuante, in Diritto penale dell'economia, a cura di Cadoppi, Canestrari, Manna, Papa, Milano, 2017. |