Codice Civile art. 2343 ter - Conferimento di beni in natura o crediti senza relazione di stima (1).

Fernando Platania

Conferimento di beni in natura o crediti senza relazione di stima (1).

[I]. Nel caso di conferimento di valori mobiliari ovvero di strumenti del mercato monetario non è richiesta la relazione di cui all'articolo 2343, primo comma, se il valore ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell'eventuale sovrapprezzo è pari o inferiore al prezzo medio ponderato al quale sono stati negoziati su uno o più mercati regolamentati nei sei mesi precedenti il conferimento.

[II]. Fuori dai casi in cui è applicabile il primo comma, non è altresì richiesta la relazione di cui all'articolo 2343, primo comma, qualora il valore attribuito, ai fini della determinazione del capitale sociale e dell'eventuale sovrapprezzo, ai beni in natura o crediti conferiti sia pari o inferiore:

al fair value iscritto nel bilancio dell'esercizio precedente quello nel quale è effettuato il conferimento a condizione che il bilancio sia sottoposto a revisione legale e la relazione del revisore non esprima rilievi in ordine alla valutazione dei beni oggetto del conferimento, ovvero;

al valore risultante da una valutazione riferita ad una data precedente di non oltre sei mesi il conferimento e conforme ai principi e criteri generalmente riconosciuti per la valutazione dei beni oggetto del conferimento, a condizione che essa provenga da un esperto indipendente da chi effettua il conferimento, dalla società e dai soci che esercitano individualmente o congiuntamente il controllo sul soggetto conferente o sulla società medesima, dotato di adeguata e comprovata professionalità (2).

[III]. Chi conferisce beni o crediti ai sensi del primo e secondo comma presenta la documentazione dalla quale risulta il valore attribuito ai conferimenti e la sussistenza, per i conferimenti di cui al secondo comma, delle condizioni ivi indicate. La documentazione è allegata all'atto costitutivo.

[IV]. L'esperto di cui al secondo comma, lettera b), risponde dei danni causati alla società, ai soci e ai terzi.

[V]. Ai fini dell'applicazione del secondo comma, lettera a), per la definizione di "fair value" si fa riferimento ai principi contabili internazionali adottati dall'Unione europea (3).

(1) Articolo inserito dall'art. 1, comma 2, del d.lg. 4 agosto 2008, n. 142 .

(2) Comma sostituito dall'art. 1, d.lg. 29 novembre 2010, n. 224. Il testo precedente recitava: «Non è altresì richiesta la relazione di cui all'articolo 2343, primo comma, qualora il valore attribuito, ai fini della determinazione del capitale sociale e dell'eventuale sovrapprezzo, ai beni in natura o crediti conferiti, diversi da quelli di cui al primo comma, corrisponda: a) al valore equo ricavato da un bilancio approvato da non oltre un anno, purché sottoposto a revisione legale e a condizione che la relazione del revisore non esprima rilievi in ordine alla valutazione dei beni oggetto del conferimento, ovvero b) al valore equo risultante dalla valutazione, precedente di non oltre sei mesi il conferimento e conforme ai principi e criteri generalmente riconosciuti per la valutazione dei beni oggetto del conferimento, effettuata da un esperto indipendente da chi effettua il conferimento e dalla società e dotato di adeguata e comprovata professionalità.»

(3) Comma inserito dall'art. 1, d.lg. 29 novembre 2010, n. 224.

Inquadramento

La disposizione in esame è stata introdotta nel nostro ordinamento a seguito dell'emanazione della Direttiva 2006/68/CE del 6 settembre 2006, che ha parzialmente modificato ed integrato la seconda Direttiva 77/91/CEE in materia societaria, introducendo un sistema di valutazione dei conferimenti più snello e semplificato, nelle ipotesi in cui l'esigenza di attendibilità dei valori dei beni conferiti potesse essere soddisfatta senza ricorrere alla perizia di stima, di cui all'art. 2343 c.c., in ragione dell'esistenza di altri, altrettanto adeguati, parametri.

Le scelte del legislatore comunitario e, di conseguenza, di quello nazionale appaiono in larga parte condivisibili, in quanto richiedere una perizia di stima per il conferimento di valori mobiliari quotati in mercati regolamentati rappresenta un'attività inutilmente costosa e lunga, le volte in cui la perizia non potrebbe essere altro che un'estrapolazione matematica di dati pubblici. Meno apprezzabile risulta, invece, la genericità della nuova disposizione, in relazione alla possibilità di utilizzare perizie provenienti da esperti indipendenti e ciò, soprattutto, per la possibilità che un'interpretazione eccessivamente ampia della stessa finisca per determinare sostanzialmente l'abrogazione del sistema, molto più garantista per le ragioni dei creditori e della società, delineato dall'art. 2343 c.c.

La disposizione si inserisce dichiaratamente (come dimostrato dal secondo considerando della direttiva, nel quale si fa espresso richiamo alla «necessità di procedere, senza indugio, ad un esame generale della percorribilità di alternative al regime di salvaguardia del capitale che consenta di tutelare adeguatamente gli interessi dei creditori e degli azionisti di una società per azioni») in un dibattito assai rilevante agli inizi degli anni 2000 (Sacchi, Capitale sociale e tutela dei fornitori di equity e di capitale di debito avversi al rischio dopo le opzioni del legislatore italiano nell'applicazione dei principi contabili internazionali, relazione presentata al Convegno internazionale di studi organizzato dalla Rivista delle Società su Le società per azioni oggi, tenutosi a Venezia nei giorni 10 e 11 novembre 2006, atti pubblicati nel 2007) di revisione critica del sistema del netto seguito dal legislatore europeo e nazionale. Com'è noto, nella legislazione statunitense (ed in particolare in quella del Delaware, in cui hanno la sede oltre la metà delle società di capitali americane) non è previsto un capitale minimo, a differenza delle regole previste nell'ordinamento europeo.

In dottrina (Enriques, Macey, 78; Enriques, 607), sulla falsariga degli studi dei premi Nobel Modigliani e Miller, si era assunto che l'obbligo di un capitale minimo rappresentasse un onere che riduceva la redditività delle società di capitali, a discapito delle imprese europee rispetto a quelle americane.

È certo che la legislazione di diversi paesi europei, a partire da quella francese che ha per prima aperto alla possibilità di costituire sarl con capitale di un solo euro, seguita dalla legge italiana con la modifica apportata all'art. 2463 c.c. che ha, anch'essa, ridotto ad un euro l'ammontare del capitale minimo, ha inteso dare seguito alla sollecitazione della dottrina (contro la quale non sono certo mancate voci assai critiche: Denozza, 489 ss.). Anche la riduzione dell'importo del capitale minimo per le stesse s.p.a. risponde alla generale tendenza di affidare al mercato, e non alla loro patrimonializzazione, il giudizio sulla affidabilità della struttura sociale.

Le nuove disposizioni introdotte in applicazione della Direttiva CE, pur senza interessare direttamente la questione dell'ammontare minimo del capitale, introducono semplificazioni che favoriscono anche la costituzione di nuove società, riducendo gli oneri iniziali con operazioni straordinarie di conferimento di beni aziendali, pur senza procedere alla complessa procedura di scissione.

È molto controverso (e foriero di diverse conseguenze) se il sistema previsto dall'art. 2343-ter c.c. abbia carattere completamente alternativo e concorrente (in modo sleale per di più, come sottolineato da Busani, 1037) rispetto a quello ordinario dell'art. 2343 c.c. permettendo, alle condizioni previste, di conferire beni in natura secondo le sole procedure semplificate, ovvero solo derogatorio ed eccezionale (Pisani Massamormile, 331; Caratozzolo, 1206). In ogni caso anche partendo dalla completa equivalenza funzionale tra i vari sistemi di controllo del valore del conferimento previsti dal codice, essi potrebbero coesistere in sede di conferimento, permettendo di fare ricorso, per alcuni beni, al sistema tradizionale della perizia di stima e per altri, al procedimento di valutazione in esame (Laudisio).

Come nel caso di apporti effettuati dai soci senza corrispondente emissione di azioni, anche nel caso di apporti di strumenti del mercato finanziario senza emissione di azioni la disciplina dell'art. 2343 ter c.c. non trova applicazione.  

Il conferimento di strumenti del mercato monetario ai sensi del primo comma.

La definizione di valori mobiliari e di strumenti del mercato monetario si ricava dal testo unico della finanza, come indicato dall'art. 2325 ter ult. co c.c. introdotto dalla L. 5 marzo 2024 n. 21 dopo l'abrogazione  dell'art. 111-bis delle disposizioni di attuazione: pertanto si intendono «valori mobiliari» quelle categorie di valori che possono essere negoziati nel mercato dei capitali, quali ad esempio: a) le azioni di società e altri titoli equivalenti ad azioni di società, di partnership o di altri soggetti e certificati di deposito azionario; b) obbligazioni e altri titoli di debito, compresi i certificati di deposito relativi a tali titoli; c) qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permette di acquisire o di vendere i valori mobiliari indicati alle precedenti lettere; d) qualsiasi altro titolo che comporta un regolamento in contanti determinato con riferimento ai valori mobiliari indicati alle precedenti lettere, a valute, a tassi di interesse, a rendimenti, a merci, a indici o a misure. Per «strumenti del mercato monetario», invece, si intendono categorie di strumenti normalmente negoziati nel mercato monetario, quali, ad esempio, i buoni del tesoro, i certificati di deposito e le carte commerciali.

La categoria, in astratto piuttosto ampia, tuttavia si riduce, ai fini dell'applicazione della disposizione in esame, alle azioni, obbligazioni, warrants, titoli rappresentativi di merci e titoli di Stato, titoli emessi nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione se quotati (come possibile ai sensi dell'art. 5 legge 130/99) essendo la conferibilità ai sensi del comma 1 dell'art. 2343-ter necessariamente collegata al requisito della negoziazione in mercati regolamentati, che si definiscono, ai sensi dell'art. 1, lettera w-ter, TUF quelli che rappresentano un sistema multilaterale che consente o facilita l'incontro, al suo interno e in base a regole non discrezionali, di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, ammessi alla negoziazione conformemente alle regole del mercato stesso, in modo da dare luogo a contratti, che è gestito da una società di gestione ed è autorizzato e funziona regolarmente. Non costituisco valori mobiliari o strumenti del mercato monetario le criptovalute poichè non sono negoziati in mercati regolamentati (International Committee 12 giugno 2019 che le considera iscrivibili tra le rimanenze se destinate alla vendita o tra le attività immateriali).

Per potere procedere al conferimento semplificato, in conformità alle disposizioni del primo comma, è necessario, pertanto, che quel particolare strumento del mercato monetario o valore mobiliare risulti effettivamente negoziato per il tempo minimo di sei >mesi, al fine di potere dare al valore una effettiva stabilità (rimanendo dubbio se possa influire sull'utilizzo dello strumento semplificato l'eventuale sospensione per qualche tempo dalla contrattazione del titolo); ciò, pertanto, esclude la conferibilità di strumenti monetari o valori mobiliari, con le modalità previste dall'art. 2343-ter, primo comma, negoziati per un tempo inferiore a quello indicato dalla legge, ferma restando la possibilità di ricorrere al conferimento ai sensi dell'art. 2343 c.c. od ad altre ipotesi di conferimenti semplificati (con le precisazioni che seguono).

Il conferimento può avvenire, senza intervento di alcun esperto, per un importo non superiore a quello massimo rappresentato dalla media ponderata dei valori di negoziazione dell'ultimo semestre (di calendario civile) a contare dal giorno della costituzione della società, o, meglio, dal giorno precedente quello della costituzione, e non con i diversi criteri temporali dell'art. 2440, comma 2, c.c., applicabile ai soli casi di aumento di capitale semplificato (Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, Circolare n. 11/IR 29 giugno 2009 - Nuove procedure di valutazione dei conferimenti diversi dal denaro nelle spa).

La formula non è, però, di agevole specificazione. Se, infatti, può facilmente condividersi l'opinione secondo cui il prezzo giornaliero di riferimento deve essere quello di chiusura in conformità a quanto previsto per l'ipotesi di determinazione del corrispettivo per il recesso, non essendo altrimenti possibile individuare altri prezzi che siano effettivamente frutto di una contrattazione libera e che siano, soprattutto, effettivamente conoscibili (Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, Circolare n. 11/IR 29 giugno 2009Nuove procedure di valutazione dei conferimenti diversi dal denaro nelle spa), molto più complesso è individuare il criterio di ponderazione al quale il legislatore ha inteso riferirsi. Il criterio di media ponderata è effettivamente previsto dall'art. 106, comma 2, TUF in tema di offerta pubblica di acquisto, ma non dall'art. 2437 c.c., che, relativamente al prezzo da corrispondere al socio che recede, lo collega, molto più semplicemente, alla media aritmetica dei prezzi di chiusura. Per prezzo ponderato si deve, comunque, intendere quello che tiene conto del numero di titoli che in quella intera giornata siano stati scambiati; ciò serve ad evitare di dare eccessivo peso a scambi modesti, che possono essere influenzati da ragioni contingenti e non da una ordinaria logica della domanda e dell'offerta. Esso, nella sostanza, si calcola moltiplicando, innanzitutto, il prezzo finale di ciascuna giornata di mercato per il numero di strumenti monetari o finanziari oggetto di scambio ciascun giorno; poi si sommano tutte le quantità oggetto di compravendita per ciascun giorno del semestre di riferimento, e successivamente si sommano tutti i prezzi complessivamente pagati per ciascun giorno; poi si divide il totale dei prezzi per il totale delle quantità vendute e si ottiene il prezzo medio ponderato (CNDCEC La determinazione dei valori di conferimento di beni in natura o crediti senza relazione di stima 2010 pag. 10).

Se poi lo strumento è oggetto di negoziazione in più mercati regolamentati, occorrerà procedere alla operazione indicata per ciascuno di tali mercati per poi ulteriormente procedere alla media matematica delle medie ponderate, se i valori non sono dissimili, altrimenti occorre effettuare una media ponderata delle medie ponderate (Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili: circolare n. 11/IR 29 giugno 2009. Nuove procedure di valutazione dei conferimenti diversi dal denaro nelle spa).

Com'è evidente, il calcolo impone la conoscenza di molti dati desumibili fondamentalmente dai reports giornalieri di borsa, ma non di agevole conoscenza, soprattutto quando i titoli risultano negoziati su più mercati, anche esteri.

Poiché il conferimento è eseguito, come già specificato, senza l'intervento di un esperto, è onere del conferente mettere a disposizione delle altre parti contraenti e del notaio rogante, che deve procedere all'accertamento della sussistenza delle condizioni prescritte dalla legge, la documentazione posta a fondamento del calcolo della media ponderata e quindi, nella sostanza, tutti i documenti utilizzati per la determinazione del valore, che poi deve essere allegata all'atto costitutivo.

Piuttosto interessanti sono le ipotesi, elaborate dalla dottrina, relative a fattispecie in cui, pur sussistendo astrattamente le condizioni per il conferimento semplificato ai sensi del primo comma, tale stima non risulterebbe attendibile in ragione di eventi contingenti quali la sottoposizione delle azioni, oggetto del conferimento, a pegno ovvero dell'incorporazione, nel complesso delle azioni conferite, di un potere di controllo della società emittente (ne dà conto, Folladori, 4).

A ben considerare si tratta di circostanze che escludono in radice l'attendibilità della stima, basata sul prezzo di mercato, per effetto di eventi specifici che riguardano solo determinati titoli  (così anche Laudisio); ciò rende inapplicabile anche il criterio previsto dall'art. 2343-ter secondo comma lett.a), fondato sull'iscrizione al fair value, che non può valorizzare né gli eventuali vincoli, né  l'apprezzamento attribuibile al trasferimento del controllo collegato alla scelta discrezionale di procedere alla cessione dell'intera partecipazione; in questi, peraltro piuttosto peculiari casi, non è possibile ricorrere al criterio valutativo dell'art. 2343 ter comma 1, c.c. ( in ragione delle peculiari circostanze della fattispecie), dovendosi sempre ritenere che il ricorso ai criteri di stima semplificati sia implicitamente subordinato al presupposto della loro effettiva idoneità a condurre ad attendibili risultati valutativi.

Il conferimento ai sensi del secondo comma. Il conferimento al fair value

Nelle ipotesi in cui non siano oggettivamente sussistenti i requisiti di cui alla disciplina del primo comma ( che dunque è il solo modo per conferire in modo semplificato strumenti del mercato monetario e valori mobiliari in conformità al chiaro disposto dell'art. 10-bis della direttiva 77/91/CEE così come modificata dall'art. 1, direttiva 2006/68/CE, art. 1; così anche Laudisio per la quale, prudenzialmente, è da ritenere alternative le sole discipline di cui agli artt. 2343 e 2343-ter c.c. e non anche quelle previste all'interno del medesimo art. 2343-ter c.c. in tema di conferimenti senza relazione di stima), può farsi ricorso agli altri criteri specificati nel secondo comma in due diverse fattispecie.

La prima è costituita dal conferimento ad un valore non superiore al fair value al quale il bene oggetto di conferimento sia stato iscritto in un bilancio sottoposto a revisione contabile senza rilievi sul valore del conferimento.

A seguito dell'introduzione dell'ultimo comma, è stato chiarito dal legislatore che condizione indispensabile per il conferimento è la precedente iscrizione del bene secondo i principî contabili internazionali adottati dall'Unione europea in un bilancio certificato, così escludendo che il valore equo possa essere ricavato in altro modo.

Si deve, pertanto, ritenere indispensabile che il bene sia specificamente iscritto al fair value in applicazione dei principî contabili internazionali e che non possa essere, invece, conferito (in senso contrario la circolare indicata nel paragrafo precedente, emessa, però, prima della ulteriore modifica della norma) seguendo le modalità del secondo comma, lett. a), se il suo valore, pur astrattamente pari a quello del fair value, sia stato oggetto di iscrizione in un bilancio che non segue le regole dei bilanci internazionali. Infatti, presupposto necessario affinché si possa procedere all'iscrizione è che la relazione del revisore non esprima rilievi in ordine alla valutazione dei beni oggetto del conferimento ( ed, anzi che il bilancio non sia sottoposto ad alcun rilievo in generale, Laudisio); ma è indubbio che in tanto vi possono essere rilievi, in quanto il revisore sia chiamato a valutare espressamente il singolo dato secondo i principî applicati in concreto; se i criteri non sono quelli dei principî contabili internazionali, il revisore non può valutare il bilancio secondo tali principî.

Di fatto, il fair value risulta desumibile per le società che fanno ricorso ai principî contabili internazionali per le seguenti categorie di beni: strumenti finanziari (IAS 32 e 39); investimenti immobiliari (IAS 40); attività biologiche e prodotti agricoli (IAS 41); impianti e macchinari (IAS 16) e attività immateriali (IAS 38); per le società che non fanno uso dei principî contabili internazionali, per i soli strumenti finanziari derivati ai sensi dell'art. 2426, n. 11-bis, c.c.

Secondo l'Interpretation Committee 12 giugno 2019 le criptovalute non possono essere definiti strumenti finanziari (regolati dallo IAS 39) dato che non hanno la fondamentale caratteristica di costituire uno strumento di liquidità  e rappresentano invece attività immateriali ( regolati dallo IAS 38)  o alternativamente rimanenze se destinati alla vendita (regolati dallo IAS 2).

Il bilancio di riferimento deve essere quello dell'esercizio precedente a quello in cui è effettuato il conferimento. Anche a seguito della modifica del testo normativo (che ha soppresso l'espressione «approvato»), si deve ritenere, però, che è utilizzabile solo il bilancio approvato dall'assemblea e non quello solo redatto dagli amministratori, ma non approvato che può, al più, qualificarsi come mero progetto di bilancio. La mancata approvazione del progetto, sia perché espressamente rifiutata dall'assemblea o dal Consiglio di Sorveglianza, sia perché non ( ancora) sottoposta a tali organi, oppure perché non prevista, non consente di attribuire al documento la stabilità necessaria per porla a fondamento del conferimento.  Non vi sono ragioni per negare l'utilizzabilità di un bilancio straordinario infrannuale più recente, purché anch'esso approvato dall'assemblea, redatto secondo i criteri propri della redazione del bilancio e sottoposto alla revisione positiva poiché è conforme alla ratio della norma privilegiare la valutazione più recente del bene oggetto del conferimento ( in senso contrario, però, Consiglio Nazionale Notariato, Questioni in merito all'applicazione della disciplina dell'art. 2343-ter cc § 3.6; anche contraria Laudisio, che argomenta sul presupposto che il bilancio di riferimento deve essere quello di esercizio ); correttamente, invece, è stata esclusa la possibilità di fare ricorso ad una mera situazione patrimoniale poiché non può avere la stessa attendibilità di un bilancio ed anche ad un bilancio consolidato che non è bilancio di esercizio e non è nemmeno approvato da alcuna assemblea. Soluzione diversa è invece proposta per il bilancio consolidato per le società che fanno ricorso al sistema duale  ( Circolare 11/IR 29 giugno 2009 CNDCEC, Nuove procedure di valutazione dei conferimenti diversi dal denaro nelle spa) nelle quali il Consiglio di sorveglianza approva anche il bilancio consolidato e non solo quello di esercizio).

Sono stati correttamente evidenziati alcuni problemi pratici che derivano dalla natura sintetica del bilancio di esercizio; ovviamente non ve ne sono se il bene risulti iscritto in bilancio in una voce autonoma dello stato patrimoniale; se ciò non accade, è possibile ricavare il valore dalla nota integrativa, se la medesima presenta un adeguato livello di analiticità.

Molto più incerto appare il ricorso alle scritture contabili ed ai libri degli inventari posto che la norma, facendo riferimento al bilancio, evidentemente ha privilegiato questo documento perché facilmente reperibile dai terzi contrariamente a quanto accade per il libro degli inventari.  

Come già sottolineato, se i valori mobiliari e gli strumenti del mercato monetario sono iscritti con il criterio del fair value, e nello stesso tempo sono negoziati da almeno sei mesi in mercati regolamentati, il solo criterio applicabile è quello indicato dall'art. 2343-ter, primo comma, come reso palese dalla espressione della disposizione «fuori dai casi in cui è applicabile il primo comma».

Non è stato chiarito dal legislatore se il bilancio al quale fare riferimento debba essere solo quello della conferente ovvero di altro soggetto (Folladori, 4). Oggettivamente la questione è molto complessa perché i criteri di determinazione del fair value possono essere vari, potendosi fondarsi su un approccio di mercato, di redditività, di costo. Ne consegue che se ad esempio il mercato di riferimento del soggetto che ha iscritto l'attività è diverso da quello della conferitaria, o della conferente, l'attendibilità del dato può essere messa in discussione; ma altrettanto può accadere se si segue l'approccio di redditività e di costo. Non è inutile tuttavia ricordare che nella direttiva  2006/68/CE, l'ipotesi è così disciplinata all'art. 1 “Gli Stati membri possono decidere di non applicare l'articolo 10, paragrafi 1, 2 e 3, qualora, su decisione dell'organo di amministrazione o di direzione, il conferimento non in contanti sia costituito da attività diverse dai valori mobiliari o dagli strumenti del mercato monetario di cui al paragrafo 1 il cui valore equo sia ricavato, per ogni singolo cespite, dai conti obbligatori dell'esercizio precedente, a condizione che i conti siano stati sottoposti a revisione ai sensi della direttiva 2006/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2006, relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati”. Il richiamo “all'esercizio precedente” poi puntualmente trasfuso nell'art. 2343-ter lascia pensare che il legislatore comunitario e nazionale abbia voluto fare riferimento al bilancio della conferente e non al bilancio di altro soggetto che non avrebbe nessuna continuità temporale con quello della conferitaria; inoltre il richiamo al bilancio della conferente renderebbe meno probabili  difformità valutative determinate dalla diversità di mercati, di redditività e di costi, tra il soggetto che ha iscritto in bilancio il bene conferito e la conferitaria.

Il conferimento dell'azienda secondo le modalità previste dall'art. 2343-ter

Di fatto risulta impossibile procedere al conferimento di un'azienda al valore risultante dal bilancio; infatti, il valore di un'azienda non è dato dalla somma dei valori dei suoi componenti, ma piuttosto e soprattutto dalla sua struttura organizzativa e dalla sua idoneità di generare profitto. In altre parole, il conferimento di un'azienda non corrisponde a quanto emerge contabilmente e, comunque, non può identificarsi con il conferimento dei suoi componenti. Un'azienda, infatti, può avere addirittura un valore anche inferiore alla somma dei valori dei suoi componenti, se è incapace di generare profitto.

Ciò porta inevitabilmente alla conclusione che non possono essere utilizzati, per il conferimento di un'azienda, i valori di iscrizione delle singole sue componenti neppure quando, eccezionalmente, fossero tutti iscritti al fair value, in ragione del fatto che non vi è corrispondenza tra il conferimento dei singoli beni che compongono l'azienda e l'azienda stessa, che è un bene diverso per qualità.

E non vi sarebbe neppure identità se l'azienda fosse stata già acquistata dalla conferente (che avesse anche provveduto ad iscrivere in bilancio l'avviamento), posto che il dato dell'avviamento è per definizione strettamente connesso alle capacità imprenditoriali del singolo imprenditore.

Come per il conferimento di valori mobiliari o di strumenti del mercato monetario, il conferente ha l'obbligo di consegnare al notaio rogante (che ha, a sua volta, il compito di controllare) tutti i documenti da cui possa emergere la prova della determinazione del valore, che devono poi essere allegati all'atto costitutivo.

Il conferimento ai sensi della lett. b) del secondo comma

Una diversa ipotesi di conferimento semplificato, ipotizzata dal secondo comma, prevede la possibilità di utilizzare ai fini del conferimento una relazione redatta da un esperto indipendente.

La prima e più delicata questione riguarda il fatto se la perizia di stima debba essere stata redatta necessariamente per fini diversi ovvero possa essere stata richiesta anche al solo scopo di procedere al conferimento.

Sulla questione sostanzialmente è intervenuto lo stesso legislatore che, nel procedere nella modifica dell'art. 2343-ter, nella sua relazione di accompagnamento ha espressamente preso posizione sulla funzione della disposizione, assumendo che il sistema delineato risulti sostanzialmente alternativo a quello della perizia di stima dell'art. 2343, ordinariamente previsto per la stima dei conferimenti in natura, malgrado la Direttiva CE prevedesse che la perizia da utilizzare fosse preesistente e non specificamente redatta a tal fine.

Di fatto, tale interpretazione della norma, pur certamente in contrasto con la Direttiva CE, per la quale chiaramente il sistema semplificato trova fondamento nella sola ragione della preesistenza di un parametro adeguato di valutazione del bene oggetto di conferimento, risulta prevalente in dottrina e nella prassi interpretativa, ancorché finisca per ridurre in misura notevole le garanzie ordinariamente poste dal legislatore al fine di tutelare la integrità del capitale sociale.

Per il legislatore, che nella introduzione di alcune modifiche ha preso sostanzialmente atto dell'impossibilità di evitare aggiramenti della disposizione, la tutela degli interessi generali deve trovare più rigorosa tutela nelle disposizioni che verranno immediatamente esaminate sulla indipendenza dell'esperto.

Vale, però, la pena di sottolineare che non tutte le perizie preesistenti possono essere effettivamente utilizzate ai fini del conferimento, potendo a tal fine essere utilizzate solo quelle che provvedano a determinare il valore di scambio dei beni facendo ricorso a criteri generalmente riconosciuti per la valutazione di beni; così, risultano utilizzabili le perizie redatte in occasione di procedure esecutive nelle quali si proceda alla stima del prezzo di mercato dei beni, quelle redatte nel corso di giudizi in cui si accerti per un qualunque fine il valore di mercato, ma non quelle altre, in cui oggetto di valutazione è la sola congruità di valori, e nemmeno quelle redatte in occasione di fusioni e scissioni, in cui il valore dei beni è determinato nell'ottica della continuità aziendale.

Mette conto affrontare l'utilizzabilità di perizie, redatte anche per altre ragioni, che però risultino contraddette in tutto od in parte da altre valutazioni.

Il problema si pone in modo specifico per quelle perizie di parte che, pur presentando le caratteristiche previste dall'articolo in esame, siano state disattese da altre perizie, emesse, ad esempio, su richiesta del giudice. Ciò può accadere per le perizie redatte da consulenti di parte nel corso di giudizi contenziosi, ovvero per le perizie valutative presentate con le domande di concordato preventivo, cui facciano seguito le perizie effettuate su disposizione del giudice o degli organi della procedura.

In linea generale, non vi sono ragioni per escludere la utilizzabilità delle perizie di parte, neppure quando esse non siano state confermate, o siano confermate solo in parte da altre perizie, salvo valutare se tali nuove valutazioni impongano una revisione della stima ai sensi dell'art. 2343-quater.

Va ricordato, infine, che l'utilizzabilità della perizia è subordinata alla circostanza temporale di essere stata redatta non oltre il termine di sei mesi dal momento dell'iscrizione della società nel registro delle imprese.

L'indipendenza dell'esperto e la comprovata professionalità

L'esperto deve essere necessariamente un soggetto indipendente dal conferente e dalla società, nonché dai soci che esercitano il controllo sul soggetto conferente o sulla società.

Com'è evidente la disposizione tende ad evitare che la stima possa essere influenzata dai rapporti esistenti tra l'esperto ed il conferente.

L'ordinamento, anche societario, conosce vari casi di individuazione di criteri di indipendenza (art. 2399 c.c. per i sindaci) ed ipotesi di affidamento a professionisti indipendenti di specifici compiti di attestazione; nelle fusioni e scissioni, ma soprattutto nel sistema concorsuale, nel quale diversi sono gli esempi di attestazione di veridicità dei conti e fattibilità dei piani di concordato; e proprio nelle norme concorsuali, all'art. 16 c.c.i.i., infatti, si rinviene la più compiuta individuazione dei criteri di indipendenza richiesti dalla legge.

Sembra, quindi, necessario fare riferimento proprio ai criteri previsti dal codice della crisi, piuttosto che a quelli soli dell'art. 2399 (come ipotizzato, invece, dalla citata Circolare del Consiglio dell'Ordine dei Commercialisti), per l'identificazione dei requisiti di indipendenza voluti anche dall'art. 2343-ter c.c.

È preliminare, però, osservare che il fatto che l'incarico valutativo provenga dal conferente non necessariamente costituisce causa di perdita del requisito dell'indipendenza per l'esperto. Se così fosse, appare del tutto evidente che mai potrebbe essere utilizzabile una perizia redatta, sia pure per fini completamente diversi, ma su incarico del medesimo conferente. Si tratterebbe di una conclusione oggettivamente eccessiva e che dovrebbe trovare nella lettera della legge il suo fondamento. Eppure occorre osservare che l'art. 16 c.c.i.i. si preoccupa di distinguere l'esperto caratterizzato dai requisiti prima ricordati, dal professionista incaricato dalla parte che, per l'art. 2 c.c.i.i., è  quello che soddisfi congiuntamente i seguenti requisiti: 1) essere iscritto all'albo dei gestori della crisi e insolvenza delle imprese, nonché nel registro dei revisori legali;  2) essere in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 2399 del codice civile; 3) non essere legato all'impresa o ad altre parti interessate all'operazione di regolazione della crisi da rapporti di natura personale o professionale; il professionista ed i soggetti con i quali è eventualmente unito in associazione professionale non devono aver prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore, ne' essere stati membri degli organi di amministrazione  controllo dell'impresa, ne' aver posseduto partecipazioni in essa.

Ai fini della redazione della perizia di stima ovviamente risulta indifferente l'iscrizione all'albo dei gestori della crisi e non occorre nemmeno che sia iscritto all'albo dei revisori legali occorrendo, invece, sia, i requisiti professionali di cui all'art. 2399, sia, di non essere legato all'impresa o ad altre parti interessate all'operazione da rapporti di natura personale o professionale per non aver prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore dell'imprenditore né essere stati membri degli organi di amministrazione o controllo dell'impresa né aver posseduto partecipazioni in essa. Ovviamente non deve neppure trovarsi ad avere i rapporti di parentela e coniugio previsti dall'art. 2399.

L'onere di dimostrare l'indipendenza al notaio rogante spetta al conferente, ancorché risulti non agevole la prova di un fatto negativo quale l'assenza di rapporti professionali o personali, soprattutto di quelli mediati attraverso la partecipazione a studi professionali associati. Più agevole, invece, appare la possibilità di provare l'esperienza del professionista, sia attraverso l'iscrizione in albi appositamente previsti (come quelli dei Tribunali per la scelta dei periti), sia in relazione alle esperienze professionali svolte.

È sicuro che l'esperto non possa poi far parte in qualunque modo della compagine sociale della costituenda società, vietandolo l'art. 2399 c.c., neppure dopo il conferimento.

Responsabilità

La disposizione espressamente pone a carico dell'esperto una responsabilità civile (e non penale, non essendo stato richiamato l'art. 64 c.p.c.), in linea con la generale tendenza ad arretrare le protezioni reali a tutto vantaggio delle tutele obbligatorie (Pisani Massamormile, 404).

La questione più complessa (e che è alla base dell'orientamento dottrinale, secondo cui è possibile prevedere che l'incarico di valutazione sia dichiaratamente diretto a determinare il valore del conferimento) è rappresentato dal fatto che l'esperto potrebbe non conoscere la destinazione della sua perizia e, quindi, non essere in grado di valutare preventivamente le conseguenze della sua attività.

Non a caso alcuni autori ritengono che in tanto vi possa essere responsabilità del professionista, in quanto egli abbia avuto contezza della finalità del suo incarico, ovvero abbia espressamente autorizzato l'utilizzo della sua perizia ai fini del conferimento a capitale (Notari, 89). 

La questione sembra mal impostata.

La responsabilità del professionista è collegata dalla legge alla valutazione effettuata; in altre parole il professionista risponde perché ha, con dolo o colpa, attribuito a determinati beni un valore diverso da quello che essi avevano in realtà.

L'utilizzo della perizia, quindi, non rileva; non si condivide, pertanto, l'opinione, secondo cui la perizia possa essere utilizzata solo se vi sia un espresso assenso dell'esperto, perché la perizia è valutata nella sua obiettività. Rileva, invece, lo scopo per il quale è stata redatta e le metodologie utilizzate; è del tutto chiaro, come prima evidenziato, che una perizia redatta a fini diversi da quelli dell'accertamento del valore di mercato di un bene, non sia utilizzabile ai fini del conferimento, indipendentemente dall'assenso o meno dell'esperto, così come non sono utilizzabili le perizie per le quali il valore dei beni non abbia un'effettiva rilevanza, come accade per quelle fondamentalmente descrittive, come gli inventari ed in genere le valutazioni effettuate ad esempio dagli ufficiali giudiziari in occasione di pignoramenti, ed, in genere, tutte quelle che non esplicitano effettivamente i criteri adottati nella stima. Quindi, non può essere considerata fonte di responsabilità la circostanza che la perizia redatta a fini diversi da quelli meramente valutativi sia stata impropriamente utilizzata per il conferimento.

Secondo l'opinione prevalente, la responsabilità dell'esperto deve essere considerata di tipo contrattuale quando l'incarico sia stato conferito appositamente, ed extracontrattuale negli altri casi, e nei confronti della società e dei terzi.

La questione rileva fondamentalmente con riferimento all'onere della prova, posto che il termine prescrizionale in ogni caso è quinquennale, ai sensi dell'art. 2949.

In realtà, non può escludersi l'applicazione della teoria del contatto sociale, per effetto della quale taluni soggetti, su cui gravano oneri di protezione, debbano rispondere nei confronti dei soggetti tutelati secondo le regole della responsabilità contrattuale (Cass. n. 11642/2012, per la quale la cosiddetta responsabilità «da contatto sociale», soggetta alle regole della responsabilità contrattuale pur in assenza d'un vincolo negoziale tra danneggiante e danneggiato, è configurabile non in ogni ipotesi in cui taluno, nell'eseguire un incarico conferitogli da altri, nuoccia a terzi, come conseguenza riflessa dell'attività così espletata, ma soltanto quando il danno sia derivato dalla violazione di una precisa regola di condotta, imposta dalla legge allo specifico fine di tutelare i terzi potenzialmente esposti ai rischi dell'attività svolta dal danneggiante, tanto più ove il fondamento normativo della responsabilità si individui nel riferimento dell'art. 1173 c.c. agli altri atti o fatti idonei a produrre obbligazioni in conformità dell'ordinamento giuridico).

L'attestazione, in una perizia, che il valore di un determinato bene è quello dichiarato secondo una valutazione obiettiva ed adeguata, inevitabilmente non può ritenersi avere una sola efficacia interna, ma ha una valenza generale. Quindi, la posizione dell'esperto, a ben guardare, non si differenzia da quella del notaio, che risponde contrattualmente non solo nei confronti degli stipulanti, ma anche di tutti coloro che confidano sulla correttezza e diligenza del suo operato (Cass. n. 9320/2016). Se così è, in caso di responsabilità è onere dell'esperto dimostrare la correttezza della sua valutazione.

Bibliografia

Busani, I nuovi conferimenti in natura nella società per azioni, in Soc. 2011, 1037; Caratozzolo, Il valore equo nella disciplina alternativa della valutazione dei conferimenti in natura, in Soc. 2009, 1206; Denozza, Le funzioni distributive del capitale, in Giur. comm. 2006, II, 489; Enriques, Capitale sociale, informazione contabile e sistema del netto: una risposta a Francesco Denozza, in Giur. comm. 2005, I, 607; Enriques, Macey, Raccolta di capitale di rischio e tutela dei creditori: una critica radicale alle regole europee sul capitale sociale, in Riv. soc. 2002, 78; Folladori, Conferimenti in natura semplificati, Il Societario, Bussola 20 gennaio 2016; Laudisio, I conferimenti senza stima ai sensi dell’art. 2343 ter cc, IlSocietario, 31 marzo 2023; Nigro, La nozione di capitale e i conferimenti. La nuova spa, a cura di Cagnasso e Panzani, Bologna, 2010, 211-259; Notari, Il regime alternativo della valutazione dei conferimenti in natura in società per azioni, in Riv. soc. 2009, 89; Pisani Massamormile, I conferimenti nelle società per azioni, Milano, 2015; Platania, I conferimenti nelle spa, Milano, 2011.

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