La società in house può ricevere affidamenti diretti dall'Amministrazione regionale, pur acquisendo partecipazioni private?

13 Novembre 2018

Il Consiglio di Stato, in sede consultiva, ha chiarito che la società in house providing può ricevere affidamenti diretti dall'Amministrazione regionale, pur acquisendo partecipazioni private, nel caso in cui:i) la società in house ha un oggetto sociale predefinito, individuato dal legislatore regionale nella prestazione di un servizio di interesse generale afferente all'esercizio delle funzioni tipiche dell'ente regionale;ii) l'Amministrazione regionale continuerebbe a esercitare il controllo analogo sulla società;iii) la legge regionale e lo statuto della società consentono la partecipazione di soci privati, entro il limite complessivo di un terzo del capitale sociale, senza riconoscimento di alcun potere di veto o influenza determinante;iv) la normativa regionale è applicata e interpretata nel rispetto di quella sovranazionale.

Il quesito. La Regione Piemonte ha chiesto il parere del Consiglio di Stato in merito alla possibilità per una società in house providing, costituita ai sensi dell'art. 5, della l.r. Piemonte 11 luglio 2016, n. 14 (“Nuove disposizioni in materia di organizzazione dell'attività di promozione, accoglienza e informazione turistica in Piemonte”), di ricevere affidamenti diretti dall'Amministrazione regionale, pur acquisendo partecipazioni private, purché nel limite di un terzo del capitale sociale e senza riconoscimento di nessun potere di veto né di influenza dominante.

Il parere. Al fine di affrontare i temi specifici posti dalla Regione Piemonte, il Consiglio di Stato ha ritenuto opportuno evidenziare le caratteristiche principali dell'in house providing.

Tale istituto consiste nell'affidamento di un appalto o di una concessione da parte di un ente pubblico a favore di una società dallo stesso controllata, senza ricorrere alle procedure di evidenza pubblica, in virtù della peculiare relazione che intercorre tra l'amministrazione e la società affidataria.

La società in house, infatti, seppur dotata di personalità giuridica autonoma, presenta delle connotazioni tali da equipararla a un "ufficio interno" dell'ente pubblico che l'ha costituita. Di conseguenza, tale società è una longa manus dell'ente pubblico, rispetto al quale non sussiste un rapporto di alterità sostanziale, ma solo formale.

In tal modo, l'ente pubblico, anziché ricorrere al mercato (outsourcing), autoproduce il bene o eroga direttamente il servizio.

I requisiti per l'affidamento alla società in house, dapprima elaborati dalla giurisprudenza dell'Unione europea, sono ora indicati dall'art. 12, par. 1, della direttiva 2014/24/UE, dall'art. 28, par. 1, della direttiva 2014/25/UE e dall'art. 17, par. 1, della direttiva 2014/23/UE.

In attuazione delle direttive, per l'individuazione dell'in house, l'art. 5 del nuovo codice dei contratti pubblici richiede la presenza di tre requisiti:

1) controllo analogo (“effettivo, strutturale e funzionale”, che si manifesta con un'intensità tale da risultare incompatibile con la presenza di “ampi poteri di gestione” da parte dell'organo amministrativo, così da delineare un rapporto di subordinazione gerarchica con l'ente pubblico socio);

2) oltre l'80 per cento delle attività della persona giuridica controllata deve essere effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall'ente controllante (prevalenza dell'attività “intra moenia”);

3) partecipazione totalitaria (requisito divenuto autonomo rispetto a quello del controllo analogo, che consente forme di partecipazione diretta di capitali privati, purché previste a livello legislativo, in conformità dei Trattati e tali da non consentire l'esercizio di un'influenza determinante sulla controllata).

Al contempo, il Consiglio di Stato ha evidenziato che l'art. 5, co. 1, del nuovo codice consente la partecipazione di soci privati nella società in house solo se previsto da legge statale; l'art. 16, co. 1, del t.u. in materia di società a partecipazione pubblica, invece, la ammette anche se prevista da una legge regionale.

«L'apparente contrasto tra le due norme sembra superabile ritenendo che quando la persona giuridica è controllata da un ente regionale, in relazione a competenze regionali, l'art. 16, co. 1, d.lgs. n. 175/2016 consente al legislatore regionale di prevedere l'ingresso di capitali privati in società in house, alle condizioni consentite dall'ordinamento (…) e nei limiti delle proprie competenze legislative (…) inerenti, nel caso di specie, al turismo e all'organizzazione e funzionamento della Regione».

Il Consiglio di Stato ha osservato, inoltre, che il citato art. 16 è norma di pari rango rispetto all'art. 5, ma è successiva a quest'ultima e, quindi, nei limiti indicati, è prevalente in applicazione del criterio cronologico.

Il Collegio ha chiarito che, nella specie, la società in house providing può ricevere affidamenti diretti dall'Amministrazione regionale, pur acquisendo partecipazioni private, dal momento che:

i) la società in house ha un oggetto sociale predefinito, individuato dal legislatore regionale nella prestazione di un servizio di interesse generale afferente all'esercizio delle funzioni tipiche dell'ente regionale;

ii) l'Amministrazione regionale continuerebbe a esercitare il controllo analogo sulla società;

iii) la legge regionale e lo statuto della società consentono la partecipazione di soci privati, entro il limite complessivo di un terzo del capitale sociale, senza riconoscimento di alcun potere di veto o influenza determinante;

iv) in ogni caso, la normativa regionale va applicata e interpretata nel rispetto di quella sovranazionale.

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