Regolamento interno dell'associazione professionale

Linda Rizzi
aggiornato da Valeria Rianna

Inquadramento

La legge n. 1815/1939, abrogata dall'art. 10, comma 11 della L. 183/2011 conteneva la disciplina dell'associazione professionale. La costituzione dell'associazione professionale non contribuisce alla creazione di un nuovo soggetto giuridico dal momento che ciascun professionista continua a conservare la propria individualità sia nei rapporti con i clienti, sia quanto ai doveri, sia quanto ai rapporti con il proprio ordine professionale di appartenenza.

L'associazione professionale si caratterizza quale contratto associativo atipico (assimilabile in quanto compatibile con le previsioni del codice civile in tema di società semplici), avente ad oggetto l'obbligazione di cooperare all'attività degli altri associati, ripartire interamente secondo quote prefissate i compensi percepiti nonché assumere in solido le obbligazioni strumentali all'attività.

L'atto di costituzione di un'associazione professionale non è soggetto all' iscrizione presso il Registro delle Imprese ma è necessaria la mera comunicazione al proprio ordine di appartenenza.

Formula

REGOLAMENTO INTERNO

1) Il presente regolamento interno costituisce integrazione dei patti sottoscritti in sede di costituzione e di successive modifiche dell'associazione professionale “Studio professionale …………………” composta da:

a) …………………..;

b) …………………..;

c) …………………..;

d) …………………..;

2) In merito alle quote di partecipazione al patrimonio sociale ed agli utili viene consensualmente stabilito che la quota spettante ai professionisti costituitisi in associazione resta fissa, in relazione all'attività e alla funzione a ciascuno attribuita, come segue:

a) al dott. ……………………., quota del …. %;

b) al dott. ……………………., quota del …. %;

c) al dott. ……………………., quota del …. %.

In caso di attribuzione di una quota di utili a nuovi associati, questa verrà a decurtare, nella proporzione di cui sopra, le quote possedute dai singoli associati, salvo diversi accordi.

Potrà anche essere prevista una partecipazione agli investimenti per quota diversa dalla partecipazione agli utili.

3) Annualmente o periodicamente si analizzerà, nell'ambito dell'organizzazione dello “Studio associato ………………”, l'apporto di lavoro di ciascun associato, al fine di una giusta perequazione dell'attività svolta dai medesimi e di una eventuale modifica delle quote di partecipazione agli utili da deliberarsi in sede assembleare. Inoltre, per migliorare le prestazioni di tutti gli associati e rendere più razionale il lavoro svolto da ciascuno, ci si impegna a riunirsi periodicamente per concertare i programmi di lavoro e la sua ripartizione tra gli associati.

4) I periodi delle ferie per i dipendenti e per gli associati saranno tempestivamente concordati.

5) Gli utili realizzati dall'associazione professionale verranno ripartiti, salvo quanto stabilito in precedenza, secondo le quote previste al punto …).

Sono consentiti prelevamenti periodici in conto utili con conguaglio a fine anno.

Considerato che il contratto sociale ha effetto dal …………, resta inteso che i proventi per prestazioni professionali effettuate prima del ……………… restano di esclusiva pertinenza dei singoli, anche se riscossi successivamente.

6) Tutte le decisioni relative al compenso dei dipendenti e collaboratori, eventuali loro partecipazioni agli utili, assunzioni e licenziamenti, dovranno essere prese di comune accordo.

7) I (identificare i beni di appartenenza all'associazione), appartengono all'associazione, mentre ………………………… (identificare con precisione quali sano i beni non appartenenti alla assemblea) restano di proprietà (e libera disponibilità) di ……………………… e pertanto estranei ai conteggi sulla liquidazione della quota.

8) Della responsabilità civile derivante dall'attività professionale svolta dagli associati si fa carico l'associazione, salvi i rapporti interni per la rivalsa nei limiti del ……% dei danni patrimoniali non coperti dall'assicurazione di cui ai contratti sottoscritti.

9) Al presente testo di regolamento potranno essere aggiunte altre clausole, o disposte modifiche, come previsto dallo statuto redatto di comune accordo e con reciproca collaborazione.

Commento

Liceità della associazione professionale

A seguito dell'abrogazione della L. n. 1815/1939, si è posta in dubbio la possibilità di costituire ex novo associazioni professionali, anche in considerazione dell'art. 10, comma 9, L. n. 183/2011, che dispone la perdurante liceità delle (sole) associazioni già costituite alla data del 1° gennaio 2012 (data di entrata in vigore della l. n. 183/2011).

Sul punto, sia il Consiglio Nazionale del Notariato (cfr. nota del 31 maggio 2012, n. 41-2012/I), che l'Istituto di ricerca dell'Ordine dei Dottori Commercialisti (cfr. circolare IRDCEC 12 luglio 2013, n. 32/IR), hanno escluso che l'abrogazione della L. n. 1815/1939 possa far ritenere superato il ricorso alla struttura giuridica dell'associazione professionale.

D'altro canto, devono ritenersi ancora validi i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui “l'esercizio in forma associata delle c.d. professioni protette ed in particolare di quella legale è possibile solo nella forma del c.d. studio associato, ove ad un contratto associativo con rilevanza interna si sovrappone il principio della personalità della prestazione” (Cass., sez. un., 13 ottobre 1993, n. 10941).

D'altro canto, nei contratti atipici, ove la disciplina del rapporto è dettata in primo luogo dalle parti, non è a queste impedito di disegnare taluni patti ad istituti tipizzati dalla legge, anche senza raccogliere tutta la sua normativa (Cass., 16 aprile 1991, n. 4032).

Quanto alla natura dell'associazione professionale, si è osservato che “l'accordo tra professionisti intellettuali protetti di ripartizione delle spese e dei compensi e di collaborazione professionale, nel rispetto della l. n. 1815/1939 e del principio della personalità della prestazione, è legittimo e si configura come contratto associativo atipico”.

La disciplina applicabile

L'associazione professionale costituisce un centro autonomo di imputazione e di interessi rispetto ai singoli professionisti che vi si associano e che, ai sensi di quanto previsto dall'art. 36 c.c., l'ordinamento interno e l'amministrazione delle associazioni sono regolati dagli accordi degli associati.

Ciò consente agli associati di delineare le caratteristiche dell'associazione professionale con ampia libertà: questi, infatti, ben possono attribuire all'associazione la legittimazione a stipulare contratti ovvero ad acquisire la titolarità di rapporti, poi curati dai singoli partecipanti all'associazione.

In particolare, con riferimento alla legittimazione attiva, si è ritenuto che “in tema di professioni intellettuali, il rispetto del principio di personalità della prestazione, che connota i rapporti di cui agli artt. 2229 e ss. c.c., ben può contemperarsi con l'autonomia riconosciuta allo studio professionale associato, al quale può essere attribuita la titolarità dei diritti di credito derivanti dallo svolgimento dell'attività professionale degli associati allo studio, non rientrando il diritto al compenso per l'attività svolta tra quelli per i quali sussiste un divieto assoluto di cessione, sempre che però dagli accordi intervenuti tra gli associati emerga una specifica volontà di attribuire il diritto ad esigere il compenso allo studio associato” (Cass., 9 ottobre 2020, n. 21868).

Tuttavia, ai fini della configurabilità di un rapporto associativo professionale (seppur atipico), rileva, innanzitutto, l'esistenza di un fondo comune inteso come patrimonio distinto da quello personale dei singoli associati, nonché la compartecipazione di tutti gli associati agli utili ed alle perdite.

La responsabilità

Secondo l'opinione tradizionale, non potendo l'associazione professionale essere considerata dotata di soggettività giuridica, per le obbligazioni assunte da contratto in nome e per conto della società risponderà, in primo luogo, il professionista che ha agito direttamente e, in subordine, gli altri componenti della associazione, secondo le norme in materia di mandato e di rappresentanza.

L'esclusione della responsabilità solidale tra i professionisti associati per quanto riguarda l'attività posta in essere da uno di loro è stata ribadita anche dalla Suprema Corte, la quale ha statuito che: “la responsabilità nell'esecuzione di prestazioni per il cui svolgimento è necessario il titolo di abilitazione professionale è rigorosamente personale perché si fonda sul rapporto tra professionista e cliente, caratterizzato dell'intuitus personae, e perciò, anche se il professionista è associato ad uno studio, ai sensi dell'art. 1 l. 23 novembre 1939 n. 1815, non sussiste alcun vincolo di solidarietà con i professionisti dello stesso studio né per l'adempimento della prestazione, né per la responsabilità nell'esecuzione della medesima” (Cass. n. 22404/2004).

Tuttavia, la giurisprudenza più recente ha in parte rimeditato questo principio, delineando ipotesi in cui è configurabile la legittimazione passiva dell'associazione professionale, facendo particolare riferimento alle pattuizioni concrete.

Ad esempio, le obbligazioni contratte da un'associazione professionale che riguardano, ad esempio, i costi per utenze, acquisti da fornitori, affitti, e altre spese operative sono considerate comuni, poiché derivano dall'attività dello studio associato stesso. Pertanto, sia lo studio associato che chi ha agito in nome e per conto di esso sono responsabili e legittimati passivi, ai sensi dell'art. 38 c.c.

Al contrario, restano esclusivamente attribuibili al singolo professionista le obbligazioni legate a responsabilità professionale e agli obblighi risarcitori derivanti da errori o inadempimenti nello svolgimento delle prestazioni

In questo ambito, la Corte di cassazione ha precisato che l'attività professionale che richiede un titolo abilitativo è caratterizzata, nel rapporto con il cliente, dall'intuitus personae. Di conseguenza, la giurisprudenza consolidata ha stabilito “che l'associazione tra professionisti, legittimamente attuata per dividere le spese del proprio studio e gestire congiuntamente i proventi della propria attività, non comporta il trasferimento all'associazione professionale della titolarità del rapporto di prestazione d'opera, che resta di esclusiva pertinenza del professionista investito, nè l'insorgenza di un vincolo di solidarietà tra i professionisti dello stesso studio per l'adempimento della prestazione o la responsabilità nell'esecuzione della medesima (cfr., tra le altre, Cass. 6994/07, 22404/04, 13142/03, 4628/97, 1933/97, 79/93, 1405/89)” (Cass. 10 dicembre 2008, n. 28957).

Da ultimo, la Cassazione ha ribadito, con la sentenza del 26 luglio 2017, n. 18393, che “la responsabilità nell'esecuzione di prestazioni per il cui svolgimento è necessario il titolo di abilitazione professionale è rigorosamente personale perché si fonda sul rapporto tra professionista e cliente, caratterizzato dell'intuitus personae, e perciò, anche se il professionista è associato ad uno studio, ai sensi della L. 23 novembre 1939, n. 1815, art. 1 non sussiste alcun vincolo di solidarietà con i professionisti dello stesso studio né per l'adempimento della prestazione, né per la responsabilità nell'esecuzione della medesima (Cass. 29 novembre 22404). Si tratta di indirizzo richiamato in modo costante nella giurisprudenza di questa Corte da epoca ormai risalente (Cass. 12 marzo 1987, n. 2555; 21 marzo 1989, n. 1405; 7 gennaio 1993, n. 79; 5 marzo 1997, n. 1933; 23 maggio 1997, n. 4628; 22 marzo 2007, n. 6994; 1° aprile 2008, n. 8445; 11 dicembre 2007, n. 25953; 10 dicembre 2008, n. 28957)”.

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