Ricorso in proprio per la liquidazione giudiziale dell'imprenditore che ha cessato l'esercizio dell'impresaInquadramentoIl Codice della Crisi consente all'imprenditore che versa in uno stato di insolvenza di domandare l'apertura della propria liquidazione giudiziale, laddove non risulti possibile accedere ad uno strumento di regolazione della crisi. La domanda è proposta con ricorso e il tribunale adito dovrà verificare la sussistenza dei requisiti indicati nell'art. 121 C.C.I.I., ovverosia la sussistenza dello stato di insolvenza e i c.d. “requisiti dimensionali”. L'apertura della liquidazione giudiziale può essere domandata anche quando l'attività d'impresa risulta cessata entro il termine stabilito dall'art. 33, commi 1 e 1 bis C.C.I.I. FormulaTRIBUNALE DI .... Sezione Crisi di Impresa RICORSO PER L’APERTURA DELLA LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE EX ART. 40 E 37 CCII Nell'interesse della ……………………… s.p.a. (C.F. e P.I. ………………………………), con sede legale in ……………………, in persona del legale rappresentante pro tempore sig. ……………………………, rappresentato/a e difeso/a, in forza della procura allegata al presente ricorso, dall'avvocato …………………………. (C.F. ………………………), presso il cui Studio in …………………………. è elettivamente domiciliato/a, con dichiarazione di voler ricevere le comunicazioni relative al presente procedimento al numero di fax …………………… e/o all'indirizzo di posta elettronica certificata ……………………………………… -ricorrente PREMESSE 1. - indicare la data in cui la società è stata cancellata dal Registro delle Imprese. 2. - dichiarare che la società non è qualificabile come impresa minore ex art. 2, comma 1, lett. d) alla luce dei bilanci dell’ultimo triennio depositati nel Registro delle Imprese. 3. - dichiarare che la società non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni e indicarne le ragioni, precisando che l'ammontare dei debiti scaduti è superiore a Euro 30.000,00 (trentamila/00). CONCLUSIONI Per tutto quanto sopra esposto, la società .... .... (C.F. e P.I. ....), come in epigrafe rappresentata, difesa e domiciliata CHIEDE all'Ill.mo Tribunale adito, visti gli art. 33 e 37 CCII, di voler dichiarare l’apertura della liquidazione giudiziale della medesima società, con ogni provvedimento conseguente. Si depositano i seguenti documenti: 1. visura camerale della società ....; 2. ultimi tre bilanci di esercizio; 3. scritture contabili obbligatorie degli ultimi tre esercizi ex art 39 C.C.I.I. Luogo e data .... Firma Avv. .... PROCURA ALLE LITI CommentoCompetenza Per i procedimenti di dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale è competente il tribunale nel cui circondario il debitore ha il centro degli interessi principali. La disciplina della competenza nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (artt. 26-32 C.C.I.I.) si fonda su un criterio ispirato al diritto comunitario, noto come COMI (Center of Main Interests). Il COMI rappresenta, ai sensi dell'art. 2 lett m) C.C.I.I. il luogo in cui il debitore gestisce abitualmente e in modo riconoscibile dai terzi i propri interessi. L'ubicazione del COMI si desume dalle presunzioni semplici individuate dall'art. 27 C.C.I.I., in materia di competenza per territorio e per materia, e, in particolare, esso coincide: a) per la persona fisica esercente attività d'impresa, con la sede legale risultante dal registro delle imprese o, in mancanza, con la sede effettiva dell'attività abituale; b) per la persona fisica non esercente attività d'impresa, con la residenza o il domicilio; se questi sono sconosciuti, con l'ultima dimora nota o, in mancanza, con il luogo di nascita. Se questo si trova all'estero, la competenza spetta al Tribunale di Roma; c) per la persona giuridica e gli enti, anche non esercenti attività d'impresa, con la sede legale risultante dal registro delle imprese o, in mancanza, con la sede effettiva dell'attività abituale o, se anch'essa sconosciuta, secondo quanto previsto dalla lettera b), con riferimento al legale rappresentante. Il trasferimento del centro degli interessi principali è irrilevante ai fini del radicamento della competenza se è intervenuto nell'anno antecedente all'apertura della liquidazione giudiziale. Tale disciplina incontra una particolarità per le imprese assoggettabili ad amministrazione straordinaria e ai gruppi di imprese di rilevanti dimensioni. Il “Correttivo ter” del Codice della Crisi di Impresa e dell'Insolvenza ha infatti chiarito, in seguito all'acceso dibattito giurisprudenziale, all'art. 27, che, per i procedimenti di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi o ad una procedura di insolvenza riguardanti tali soggetti, è competente il tribunale sede delle sezioni specializzate in materia di imprese di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168. Il tribunale sede della sezione specializzata in materia di imprese è individuato a norma dell'articolo 4 del decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, avuto riguardo al luogo in cui il debitore ha il centro degli interessi principali. Infine, per i gruppi di imprese, l'art. 286 C.C.CI.I. prevede che il tribunale competente sia quello relativo al COMI dell'impresa capogruppo (quella che esercita direzione e coordinamento), oppure, in mancanza, dell'impresa con la maggiore esposizione debitoria. Presupposti Per l'accesso alla liquidazione giudiziale occorre: (i) la sussistenza dello stato di insolvenza, così come definito dall'art 2 comma 1 lett. b) C.C.I.I.; (ii) la sussistenza della qualifica di imprenditore commerciale che non rientri tra le c.d. “imprese minori”. In continuità con la legge fallimentare, l'art. 2C.C.I.I. definisce come «impresa minore» (non soggetta alle norme sulla liquidazione giudiziale) l'impresa che presenta congiuntamente i seguenti requisiti: 1) un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore; 2) ricavi, in qualunque modo essi risultino, per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore; 3) un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila. È dunque necessario, a contrario, dimostrare la sussistenza di tali requisiti per l'apertura della liquidazione giudiziale. Inoltre, l'art. 49, comma 5 C.C.I.I. prevede che non si fa luogo all'apertura della liquidazione giudiziale se l'ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell'istruttoria è complessivamente inferiore ad euro trentamila (importo questo periodicamente aggiornato con le modalità di cui all'articolo 2, comma 1, lettera d). Quindi, anche sotto tale profilo, occorre dimostrare l'esistenza di debiti (già scaduti) superiori a euro trentamila. Termini per la presentazione del ricorso La liquidazione giudiziale, ai sensi dell'art 33, comma 1 C.C.I.I., può essere aperta entro il termine di un anno dalla cessazione dell'attività del debitore, se lo stato d'insolvenza si è manifestato anteriormente alla medesima, oppure entro l'anno successivo. Per gli imprenditori la cessazione dell'attività coincide con la cancellazione dal Registro delle imprese (sul punto, cfr. anche Cass. Civ., Sez. I, 14/01/2025 n. 930) e, se non iscritti, dal momento in cui i terzi hanno conoscenza della cessazione stessa. Il Correttivo ter del Codice della Crisi di Impresa e dell'Insolvenza ha introdotto una rilevante novità contenuta nel comma 1 bis dell'art. 33 C.C.I.I.: il debitore persona fisica, dopo la cancellazione dell'impresa individuale, può chiedere, in proprio, l'apertura della liquidazione controllata anche oltre il termine annuale di cui all'art 33, comma 1. Tale deroga è coerente con i principi dettati dalla Direttiva Insolvency e ha quale finalità quella di agevolare l'esdebitazione del debitore. In caso di impresa individuale o di cancellazione di ufficio degli imprenditori collettivi, è fatta comunque salva la facoltà per il creditore o per il pubblico ministero di dimostrare il momento di effettiva cessazione dell'attività da cui decorre il termine indicato nell'art 33, comma 1. Il computo del termine può basarsi, dunque, non solo sulla cancellazione formale dal Registro delle Imprese, ma anche su fatti concreti che dimostrano la cessazione dell'attività, accertabili su iniziativa del creditore o del pubblico ministero. In ragione del termine annuale per proporre l'istanza di liquidazione giudiziale, l'imprenditore cancellato ha l'obbligo - espressamente previsto dal comma 2 dell'art 33 C.C.I.I. - di mantenere attivo, per l'anno successivo, l'indirizzo pec comunicato all'INI-PEC. Qualora la notifica all'indirizzo pec non sia possibile, è ammessa comunque la notifica direttamente presso la sede della società risultante dal registro delle imprese e, in ipotesi di ulteriore esito negativo, mediante deposito presso la casa comunale del luogo in cui la medesima aveva sede (Cassazione civile sez. VI, 04/04/2022, n.10700). In punto di capacità processuale nel procedimento di pre-liquidazione giudiziale, la giurisprudenza - ancora sotto la vigenza della precedente legge fallimentare – ha chiarito che la società, per "fictio iuris", non perde, benché estinta, la propria capacità processuale, con la conseguenza che il ricorso per cassazione contro la sentenza che, in sede di reclamo, abbia confermato la sentenza dichiarativa di fallimento deve essere proposto, a pena di inammissibilità, da colui che rappresentava la società estinta al tempo della cancellazione di quest'ultima dal registro delle imprese, non avendo gli ex soci, che non sono rappresentanti né successori della stessa, alcuna legittimazione ad impugnare (Cassazione civile sez. I - 06/08/2021, n. 22449). La giurisprudenza ha stabilito, infine, la fallibilità anche degli imprenditori collettivi ed anche delle società estinte a seguito di incorporazione, fusione o scissione totalitaria entro il termine di un anno dalla loro cancellazione dal registro imprese purché l'insolvenza si sia manifestata anteriormente alla medesima o nel termine indicato ed è irrilevante il fatto che i debiti siano stati assunti dall'incorporante, che quest'ultima non sia fallita, che essa sia insolvente o meno e che non vi siano state richieste di pagamento dei riguardi di questa (Cassazione civile., Sez. I, Ord., 23/05/2024, n. 14414). |