Limiti del sindacato giurisdizionale sulla ripartizione in lotti
03 Dicembre 2018
Il caso. L'Azienda Regionale Centrale Acquisti, quale centrale di committenza della Regione Lombardia, bandiva una procedura aperta per la fornitura agli Enti del Servizio Sanitario Regionale «per ventiquattro mesi, prorogabili per altri dodici, di protesi oculistiche e dispositivi medici per oftalmologia» suddivisa in trenta lotti, da aggiudicare secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa. Nel corso della procedura veniva esclusa la società ricorrente che proponeva ricorso al TAR per l'annullamento del provvedimento di esclusione e, con motivi aggiunti, delle intervenute aggiudicazioni. A detta della società esclusa i suddetti provvedimenti sarebbero stati adottati in violazione: (i) dell'art. 30 c.c.p. in quanto la Stazione Appaltante avrebbe accorpato (illegittimamente) in un unico lotto dispositivi medici differenti e tale scelta avrebbe reso impossibile la partecipazione alla gara, sia singolarmente che in ATI, alle imprese, quali la ricorrente, che producono e/o commercializzano solamente un'unica tipologia di dispositivi; (ii) dell'art. 51 c.c.p. dal momento che la suddetta mancata suddivisione in lotti avrebbe impedito la partecipazione alla gara delle PMI.
La soluzione del TAR. Il Collegio ha ricordato l'orientamento giurisprudenziale secondo cui «la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico, costituisce […] una decisione normalmente ancorata, nei limiti previsti dall'ordinamento, a valutazioni di carattere tecnico-economico. In tali ambiti, il concreto esercizio del potere discrezionale dell'Amministrazione circa la ripartizione dei lotti da conferire mediante gara pubblica deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto e resta delimitato, oltre che dalle specifiche norme […] del codice dei contratti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza» (Cons. St., Sez. III, 13 novembre 2017, n. 5224). Inoltre, secondo quanto emerso anche nella recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, la scelta della stazione appaltante di suddividere o meno l'appalto in più lotti e il contenuto del singolo lotto non è suscettibile di essere censurata per ragioni di mera opportunità, ma solamente per vizi sintomatici di eccesso di potere, nelle forme della carenza dell'istruttoria, della irragionevolezza e non proporzionalità (cfr., Cons. St., Sez. V, 3 aprile 2018, n. 2044). Il Collegio evidenzia che nel caso di specie l'appalto (da valore complessivo di € 8.776.639,49) è stato suddiviso in trenta lotti (e ai lotti nn. 1 e 2, oggetto del giudizio, è stato riconosciuto, rispettivamente, un valore di € 2.533.820,43 e di € 1.295.455,68), sicché non può sostenersi né che la Stazione Appaltante si sia sottratta da una valutazione sulla suddivisione dell'appalto in lotti né che la suddivisione contrasti con l'art. 51 c.c.p.. La sentenza precisa infatti che la suddetta ripartizione rispetta il principio di concorrenza dal momento che: (i) per entrambi i lotti nn. 1 e 2 sono state ammesse le offerte di tre distinti concorrenti; (ii) il lotto n. 1 è stato aggiudicato a un'ATI, a dimostrazione del fatto che la lex specialis di gara non era impeditiva della partecipazione alla gara in raggruppamento.
In conclusione il TAR ha respinto sia il ricorso principale che quello per motivi aggiunti. |