Sindaci supplenti e art. 80 del d.lgs. n. 50/2016
10 Gennaio 2019
Il principio di diritto enucleato nella sentenza in commento. Con la pronuncia in questione la V Sezione del Consiglio di Stato, riformando la sentenza del T.A.R. Lazio n. 8686/2018 (già segnalata da chi scrive su questo Portale), stabilisce che “la causa di esclusione dalle procedure di affidamento di contratti pubblici prevista dall'art. 80, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016 non si applica nei confronti dei sindaci supplenti”, ma solo nei confronti dei membri effettivi del collegio sindacale (in termini si veda Cons. Stato, sez. V, 22 ottobre 2018, n. 6016).
Le ragioni poste a fondamento della decisione assunta. A tale approdo il Consiglio di Stato giunge prendendo le mosse dalle pertinenti previsioni del Codice civile e, in particolare, dall'art. 2401, il quale prevede, da un lato, che i membri supplenti “subentrano” ai titolari solamente in caso di “morte, di rinunzia o di decadenza” di questi ultimi, e dall'altro, che gli stessi rimangono in carica “fino alla prossima assemblea, la quale deve provvedere alla nomina dei sindaci effettivi e supplenti necessari per l'integrazione del collegio”.
Da dette previsioni, come si legge testualmente nella sentenza in commento, si evince quindi che i supplenti non operano “se non al ricorrere di una delle cause di cessazione dalla carica” dei membri effettivi e si evince, altresì, che i sindaci supplenti sono chiamati a sostituire i sindaci titolari per il “tempo strettamente necessario a ricomporre la pluralità dell'organo”.
Dette limitazioni rendono, a parere del Collegio, di per sé irrilevanti, ai sensi e per gli effetti del citato art. 80 del D.Lgs. n. 50/2016, le eventuali condanne penali che abbiano riguardato i sindaci supplenti. E ciò, essenzialmente, perché ai fini dell'applicazione di tale disciplina non basta la mera “investitura formale” di un soggetto, ma è necessario che lo stesso abbia “in concreto esercitato” sulla Società un potere di vigilanza.
Solamente in tale ultima ipotesi, infatti, può ritenersi “integrato il presupposto del “contagio” alla persona giuridica della causa di inaffidabilità morale della persona fisica condannata per precedenti penali ostativi”. Se così non fosse, del resto, come soggiunge il Collegio, si “determinerebbe (…) un avanzamento eccessivo della soglia di prevenzione dell'affidamento di contratti pubblici” e si finirebbe per giustificare esclusioni non “assistit(e) da un'effettiva esigenza sostanziale dell'amministrazione”. |