Art. 95, co 10: è legittima l’imposizione agli operatori di indicare ab origine i costi della manodopera.
10 Gennaio 2019
La ricostruzione normativa e giurisprudenziale. Il TAR, dopo aver ricordato il disposto letterale dell'art. 95, comma 10, del Codice Appalti, ha rilevato che, per consolidato orientamento giurisprudenziale, l'esposizione del costo della manodopera integra un profilo essenziale dell'offerta stessa, sicché la modificazione dei relativi valori non è assimilabile ad una mera integrazione di carenze documentali superabili mediante il c.d. soccorso istruttorio, ma rappresenta, piuttosto, una variazione essenziale dell'offerta, ammissibile solo nell'ambito dei “limitati aggiustamenti” praticabili in sede di verifica della congruità dell'offerta stessa, fermo restando che le lacune non emendabili relative a tale voce di costo conducono necessariamente all'esclusione dalla gara dell'offerta, anche in mancanza di un'espressa previsione del bando, trattandosi, come già detto, di lacune afferenti a profili essenziali dell'offerta e che, proprio in relazione a tali aspetti, la verifica di congruità non è diretta ad evidenziare singole inesattezze dell'offerta (la c.d. "caccia all'errore"), ma mira ad accertare se l'offerta nel suo complesso sia attendibile ed affidabile e, dunque, se sia o meno in grado di offrire serio affidamento circa la corretta esecuzione della prestazione richiesta. Il Collegio ha inoltre confermato la possibilità di una modifica delle giustificazioni delle singole voci di costo (rispetto alle giustificazioni eventualmente già fornite), lasciando, però, le voci di costo invariate, e della riduzione dell'utile esposto, a condizione che tale voce non risulti del tutto azzerata, “perché ciò che rileva è che l'offerta rimanga nel complesso seria”. Sull'assenza di errore materiale nel caso di indicazione di un costo di manodopera palesemente difforme da quello corretto. Scendendo nel merito della controversia, la Sezione ha affermato che l'indicazione del costo della manodopera nella misura di 220.000 euro, successivamente modificato in 620.196,27 euro in sede di giustificazioni, non può essere ritenuta alla stregua di un mero errore materiale, in quanto tale correggibile, sia perché tali cifre non appaiono confondibili, sia perché la concorrente non ha comunque giustificato in alcun modo tale “errore”. Inoltre, rileva il Collegio che tale conclusione è suffragata anche dalle ulteriori circostanze che il nuovo costo indicato in sede di giustificazioni, anch'esso anomalo, risulta del pari non giustificato e che l'Amministrazione, sin dalla fase procedimentale, aveva accertato e documentato che, quand'anche il costo della manodopera fosse stato assunto nel valore rettificato, pari a 620.196,27 euro, ne sarebbe derivata una riduzione dei tempi medi della manodopera del 43,48%, in alcun modo giustificata, né in sede procedimentale, né in sede processuale, mediante il riferimento a documentate particolari metodologie di esecuzione delle attività oggetto dell'appalto. Sulla manifesta infondatezza della q.l.c. prospettata. In via subordinata, il ricorso prospettava l'illegittimità costituzionale dell'art. 95, comma 10, cit. se inteso nel senso di imporre agli operatori l'obbligo di indicare ab origine i costi della manodopera, ipotizzando una contrarietà della disposizione con l'art. 41 della Costituzione. Il Collegio ha rilevato la manifesta infondatezza della questione, affermando che l'indicazione dei costi della manodopera, con i correlati controlli da parte dell'amministrazione, riflette proprio l'esigenza di garantire il rispetto di condizioni minime inderogabili di svolgimento delle attività lavorative, poste a tutela dei lavoratori, sicché la previsione contestata non è altro che il precipitato dello stesso art. 41 Cost., laddove, dopo avere garantito la libertà dell'iniziativa economica, ne individua i limiti costituzionali, prescrivendo che essa non possa comunque svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e dunque riflettendo proprio i limiti costituzionali alla libertà di iniziativa economica, imponendo agli operatori di indicare, sin dal momento della presentazione dell'offerta, i valori e i costi suscettibili di incidere sulle modalità di svolgimento dell'attività lavorativa e sui diritti dei lavoratori, prevedendo, nel contempo, i controlli di spettanza dell'Amministrazione.
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