La vendita degli asset aziendali nel concordato
18 Marzo 2019
La società in concordato deposita istanza al fine di procedere alla vendita dei macchinari prima dell'omologa. Pacificamente detta istanza è ammessa dall'art. 182 l.fall. (dopo la domanda di concordato). Nell'istanza la società chiede di procedere alla vendita dei beni xx e xy. Dette istanza è stata rimessa al commissario per il parere. Ora, lo stato dell'arte è il seguente: società ammessa alla procedura, deposito del piano e della proposta avvenuti, piano non ancora omologato. La proposta reca espressamente previsione del deposito dell'istanza recante richiesta di vendere "anticipatamente" solo i beni appartenenti alla categoria xx (e non alla categoria xy). La vendita di entrambe le categorie è prevista a valori di perizia e la stessa consentirebbe di recedere dal contratto di locazione e quindi risparmiare canoni. di locazione. Il commissario ritiene che l'eventuale vendita anche dei beni xy potrebbe consentire un risparmio di costi con conseguente beneficio per il rango chirografario. Tuttavia la vendita anticipata non é espressamente prevista nel piano (seppur indicata ma con riferimento alla vera e propria fase esecutiva).
Riferimenti normativi. Art. 167 l.fall. - Amministrazione dei beni durante la procedura - Durante la procedura di concordato, il debitore conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale. I mutui, anche sotto forma cambiaria, le transazioni, i compromessi, le alienazioni di beni immobili, le concessioni di ipoteche o di pegno, le fideiussioni, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, le cancellazioni di ipoteche, le restituzioni di pegni, le accettazioni di eredità e di donazioni e in genere gli atti eccedenti la ordinaria amministrazione, compiuti senza l'autorizzazione scritta del giudice delegato, sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato. Con il decreto previsto dall'art. 163 o con successivo decreto, il tribunale può stabilire un limite di valore al di sotto del quale non è dovuta l'autorizzazione di cui al secondo comma. Art. 173 l.fall. - Revoca dell'ammissione al concordato e dichiarazione del fallimento nel corso della procedura - Il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell'attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve riferirne immediatamente al tribunale, il quale apre d'ufficio il procedimento per la revoca dell'ammissione al concordato, dandone comunicazione al pubblico ministero e ai creditori. La comunicazione ai creditori è eseguita dal commissario giudiziale a mezzo posta elettronica certificata ai sensi dell'art. 171, secondo comma. All'esito del procedimento, che si svolge nelle forme di cui all'art. 15, il tribunale provvede con decreto e, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5, dichiara il fallimento del debitore con contestuale sentenza, reclamabile a norma dell'art. 18. Le disposizioni di cui al secondo comma si applicano anche se il debitore durante la procedura di concordato compie atti non autorizzati a norma dell'art. 167 o comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori, o se in qualunque momento risulta che mancano le condizioni prescritte per l'ammissibilità del concordato. Riferimenti giurisprudenziali. Sulla causa del concordato: Cass. Civ., ord. n. 14444 del 09/06/2017; Cass. civ. Sez. Un. 23/01/2013 n. 1521; Cass. Civ. Sent. 23/05/2014, n. 11497; Cass. Civ. Sent. 22/05/2014, n. 11423.
La questione sottoposta ad esame verte sul potere dell'imprenditore di disporre dei beni afferenti l'azienda nel contesto di un procedimento per concordato preventivo. Con la proposizione di una domanda volta all'ammissione concordataria si determina una limitazione nella capacità dell'imprenditore di amministrare e disporre del proprio patrimonio, proprio in ragione del fatto che lo stesso patrimonio deve essere vincolato alla composizione della situazione di crisi e soddisfazione dei creditori nella misura prevista dalla proposta concordataria. Le disposizioni normative contenute negli artt. 167 e 173, comma 3, l.fall. danno contenuto alla limitazione dei poteri dispositivi di cui si discute, imponendo al debitore in concordato di ottenere l'autorizzazione del giudice delegato allorché debba compiere atti qualificabili come di straordinaria amministrazione. Nel quesito proposto, emerge chiaramente che il piano concordatario preveda la cessione di diverse categorie di beni facenti parte dell'azienda. Benché la vendita anticipata (ossia prima della fase esecutiva) sia stata chiesta solo per una delle categorie in questione, la liquidazione anche della seconda tipologia determinerebbe un miglioramento del trattamento riservato ai creditori chirografari. Chi scrive, non ritiene che l'assenza di specifica previsione nel piano concordatario della vendita anticipata di tale seconda categoria di beni precluda l'immediato instaurarsi della procedura di vendita anche per tali asset. È necessario, infatti, dare risalto al fine ultimo del concordato, quello che (facendo correttamente ricorso ai dogmi del diritto contrattuale) la giurisprudenza di legittimità ha definito causa concreta della proposta concordataria, la quale si estrinseca nella finalità di assicurare il superamento della crisi attraverso “una pur minimale soddisfazione dei creditori chirografari” (da ultima, Cass. Civ., ord. n. 14444 del 09/06/2017). Se così è, non si scorgono motivi di origine procedurale per precludere la vendita di quei beni, la cui liquidazione era riservata alla fase esecutiva del piano, allorché anche il commissario giudiziale ritenga che la tempestiva cessione possa assicurare un trattamento migliore dei creditori chirografari, in perfetta sintonia con gli scopi ultimi ed essenziali della procedura in esame.
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