Contratto di finanziamento soci mediante scambio di corrispondenzaInquadramentoNella prassi commerciale il finanziamento dei soci nei confronti della società partecipata ha trovato nel corso degli anni progressiva diffusione quale mezzo alternativo di reperimento del credito rispetto al tradizionale mercato bancario. Come tale, esso configura un vero e proprio prestito soggetto alla disciplina del contratto di mutuo ex art. 1815 e ss. c.c., postulando un diritto del socio al rimborso ai termini e alle condizioni previste nel relativo contratto, con possibilità che lo stesso possa essere fruttifero di interessi. Il finanziamento dei soci si distingue dai versamenti effettuati a titolo di conferimento patrimoniale della società, in quanto questi costituiscono capitale di rischio e sono rimborsabili pro quota solo in presenza di residuo attivo all'esito delle operazioni di liquidazione della società. L'art. 2467 c.c. prevede, invece, che in situazioni di crisi o di liquidazione, il credito vantato dal socio a titolo di finanziamento è postergato ai sensi dell'art. 2467 c.c. al previo soddisfacimento degli altri creditori terzi. Di seguito viene riportata la possibile formula di un contratto di finanziamento socio fruttifero di interessi formalizzato attraverso lo scambio di corrispondenza commerciale. Formula
CONTRATTO DI FINANZIAMENTO SOCI Su carta intestata società Luogo e data .... Spett.le .... via .... n. .... ( ....) C.F. (e P.IVA) .... Oggetto: proposta di erogazione di finanziamento fruttifero di interessi Egregi Soci, in data .... l'assemblea dei soci della scrivente società, su proposta dell'organo amministrativo, ha deliberato, in base a quanto previsto dal vigente statuto, di chiedere ai soci la erogazione di un finanziamento fruttifero di interessi [1] del complessivo importo di € ...., al fine far fronte alle proprie necessità finanziarie. Vi riportiamo di seguito i termini e le condizioni di finanziamento: 1. CAPITALE € .... 2. INTERESSE CONVENUTO: TASSO .... 3. DURATA: il finanziamento avrà durata fino al .... con esclusione di tacito rinnovo. È fatta salva la facoltà della società finanziata di procedere a rimborsi anticipati, anche parziali, della somma mutuata anche senza preavviso ed in qualsiasi momento. 4. GIURISDIZIONE ESCLUSIVA: per qualsiasi controversia relativa all'applicazione, esecuzione ed interpretazione del presente contratto, sarà competente il foro di ..... 5. Tutte le spese e gli eventuali oneri fiscali concernenti il presente finanziamento saranno a carico della scrivente società. Vi invitiamo, pertanto, a volerci manifestare per iscritto la Vostra volontà di procedere a finanziare la Società nei termini e alle condizioni sopra indicate. L'erogazione in questione dovrà avvenire mediante accredito sul seguente conto corrente bancario intestato alla scrivente Società: ..... Cordiali saluti. Società finanziata Firma il legale rappresentante .... Su carta intestata socio Luogo e data .... Spett.le .... via .... n. .... ( ....) C.F. (e P.IVA) .... Oggetto: accettazione Vostra proposta di erogazione di finanziamento fruttifero di interessi del .... Spett.le Società, si riscontra la Vostra comunicazione in oggetto, il cui contenuto qui integralmente si ritrascrive: “Egregi Soci, in data .... l'assemblea dei soci della scrivente società, su proposta dell'organo amministrativo, ha deliberato, in base a quanto previsto dal vigente statuto, di chiedere ai soci la erogazione di un finanziamento fruttifero di interessi [2] del complessivo importo di € ...., al fine far fronte alle proprie necessità finanziarie. Vi riportiamo di seguito i termini e le condizioni di finanziamento: 1. CAPITALE € .... 2. INTERESSE CONVENUTO: TASSO .... 3. DURATA: il finanziamento avrà durata fino al .... con esclusione di tacito rinnovo. È fatta salva la facoltà della società finanziata di procedere a rimborsi anticipati, anche parziali, della somma mutuata anche senza preavviso ed in qualsiasi momento. 4. GIURISDIZIONE ESCLUSIVA: per qualsiasi controversia relativa all'applicazione, esecuzione ed interpretazione del presente contratto, sarà competente il foro di ..... 5. Tutte le spese e gli eventuali oneri fiscali concernenti il presente finanziamento saranno a carico della scrivente società. Vi invitiamo, pertanto, a volerci manifestare per iscritto la Vostra volontà di procedere a finanziare la Società nei termini e alle condizioni sopra indicate. L'erogazione in questione dovrà avvenire mediante accredito sul seguente conto corrente bancario intestato alla scrivente Società: .... ”. Con la presente, lo scrivente, nella sua qualità di socio, conferma la propria disponibilità ad effettuare un finanziamento alle condizioni e nelle modalità sopra riportate, provvedendo ad accreditare le somme richieste sul conto corrente indicato. Cordiali saluti. Il Socio Firma .... [1]Le parti hanno facoltà di prevedere che il finanziamento possa essere infruttifero di interessi. [2]Le parti hanno facoltà di prevedere che il finanziamento possa essere infruttifero di interessi. CommentoPremessa La prassi societaria, soprattutto nella piccola e media impresa, ha visto in tempi recenti il sempre più frequente ricorso da parte delle società a forme di finanziamento alternative rispetto al credito bancario. In tale contesto si inseriscono i diversi finanziamenti concessi a vario titolo dai soci di società di capitali in favore della società partecipata, al fine di dotarla di risorse necessarie allo svolgimento della propria attività, soprattutto nei periodi di carenza di liquidità. A seconda della finalità con cui il finanziamento viene concesso e disciplinato, esso potrà essere considerato alla stregua di un vero e proprio prestito rimborsabile, a determinati termini e condizioni, o, in alternativa, quale conferimento di patrimonio, come tale solo eventualmente rimborsabile pro quota a ciascun socio in sede di liquidazione della società, una volta soddisfatti i diritti di tutti gli altri creditori sociali. È importante, quindi, distinguere tra i) finanziamenti dei soci (fruttiferi o infruttiferi), ii) versamenti a titolo di conferimento di patrimonio e iii) versamenti di “quasi capitale”, dato che ognuna delle fattispecie sopra individuate è soggetta all'applicazione di un diverso trattamento normativo e contabile. Finanziamento soci Il finanziamento soci costituisce un prestito elargito da un socio in favore della società, ed è assimilabile a tutti gli effetti ad una fattispecie di mutuo soggetto alla disciplina di cui all'art. 1815 c.c. Rappresentando un debito della società, esso viene, quindi, riportato nel passivo dello stato patrimoniale, generalmente alla voce “debiti verso soci per finanziamenti”. La possibilità per i soci, in quanto soggetti diversi dagli enti creditizi istituzionali di elargire forme di finanziamento nei confronti di società partecipate è attualmente consentita dal “Provvedimento recante disposizioni per la raccolta del risparmio dei soggetti diversi dalle banche” emanato da Banca d'Italia dell'8 novembre 2016, purché nel rispetto dei seguenti requisiti: - che la raccolta di risparmio presso i soci sia espressamente prevista dallo statuto; - che i soggetti finanziatori rivestano la qualità di socio da almeno tre mesi e detengano almeno una partecipazione apri al 2% del capitale sociale della società, così come risultante dall'ultimo bilancio approvato. Il finanziamento, la cui entità è libera e prescinde dall'entità della partecipazione al capitale sociale di ciascun socio, può o meno essere fruttifero, a seconda del tipo di accordi intrapresi tra socio-finanziatore e società finanziata. In mancanza di espressa disciplina, varrà la presunzione di onerosità prevista in materia di mutuo di cui all'art. 1815, comma 1 c.c. In tale ambito, il tasso di interesse applicabile al finanziamento potrà essere disciplinato dal contratto di finanziamento in una misura inferiore o superiore al tasso legale, purché non qualificabile come “usurario”. In mancanza di una espressa puntuazione contrattuale, varrà la presunzione di cui all'art. 1284, comma 4 c.c., per cui il tasso da applicarsi al finanziamento del socio sarà pari al tasso legale. Il contratto di finanziamento non richiede una particolare forma scritta. Tuttavia, la prassi registra il ricorso pressoché costante alla formalizzazione di accordi scritti aventi data certa al fine di puntualizzare non solo la natura o meno fruttifera del finanziamento, ma soprattutto per escluderne la natura di conferimento di patrimonio, che, come visto, è soggetto alla disciplina del capitale di rischio. La forma scritta è consigliata anche per ottemperare a quanto previsto dalla normativa antiriciclaggio in materia di limitazione alla circolazione di denaro contante, così come recentemente novellata dal legislatore nel 2017 in relazione alle cosiddette “operazioni frazionate”, per scongiurare la qualificazione del finanziamento, effettuato a più riprese, come operazione “artificiosamente frazionata” (art. 49 d.lgs. n. 231/2007, così come novellato d.lgs. n. 90/2017), con tutte le conseguenze che ne derivano. Quanto alle modalità di formalizzazione dell'accordo scritto, esso potrà consistere nella stipula di una scrittura privata a firma congiunta di socio finanziatore e società finanziata, soggetta all'applicazione di una imposta di registro pari al 3% del capitale finanziato. In alternativa, l'accordo potrà formalizzarsi mediante scambio di corrispondenza; in tale ipotesi, sconterà l'imposta di registro solo in caso d'uso e in misura fissa. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha avuto modo di affermare che l'applicazione dell'imposta proporzionale del 3% ricorra ogni qualvolta il finanziamento sia richiamato in un altro atto stipulato dalle medesime parti a sua volta soggetto a registrazione, come nel caso della intervenuta rinuncia del finanziamento del socio in sede assembleare chiamata a deliberare l'aumento di capitale e il ripianamento delle perdite; e ciò a prescindere dall'effettivo utilizzo del finanziamento (Cass. n. 15585/2010). Sul punto la giurisprudenza di merito ha sollevato talune obiezioni circa la applicabilità del regime di imposizione a simili circostanze, essendo differenti i soggetti coinvolti nelle diverse fattispecie del finanziamento soci (il socio e la società) e della delibera assembleare di ricapitalizzazione mediante rinuncia al finanziamento da parte dei soci (il socio e l'assemblea dei soci) (CTP Piacenza 18 febbraio 2014, n. 71/2/14). Ad ogni buon conto, la giurisprudenza di merito ha ritenuto che il finanziamento del socio, con conseguente generazione del diritto di credito della società nei confronti del socio finanziatore, trovi perfezionamento in un accordo distinto rispetto alla mera delibera dell'assemblea dei soci con cui viene stabilito di ricorrervi. Alla decisione assembleare deve, infatti, seguire un esplicito atto di adesione da parte del singolo socio in cui la volontà di effettuare il finanziamento sia espressamente manifestata (Trib. Milano 19 giugno 2017, n. 6865; Trib. Roma, sez. spec. Imprese, 4 aprile 2018). La differenza con i conferimenti di patrimonio e i versamenti di cd. “quasi capitale” Il finanziamento soci si distingue, sia dai conferimenti di patrimonio, come tali ascrivibili nello stato patrimoniale in quanto capitale di rischio, sia dagli versamenti effettuati dai soci a titolo di “quasi capitale”. Tali ultime operazioni presentano natura ibrida, in quanto munite di alcune caratteristiche comuni sia ai conferimenti di patrimonio, sia ad un normale contratto di finanziamento soci: tra queste si ricordano principalmente i versamenti effettuati in conto capitale, a copertura perdite e i prestiti in conto aumento capitale (anche futuro). Detti versamenti si distinguono dai finanziamenti soci in quanto consistenti in una potenziale attribuzione patrimoniale che, al ricorrere di determinati presupposti, può diventare definitiva, concorrendo così a formare il patrimonio netto della società. Ciò può avvenire per ripianare le perdite conseguite medio tempore dal capitale della società, ma anche per costituire nuovo capitale di rischio. Come tali, tali versamenti si definiscono “irredimibili” in quanto restituibili ai soci, come ritenuto da gran parte della giurisprudenza di merito e di legittimità, solo in via eventuale, quando cioè il residuo attivo della società in fase di liquidazione sia già stato decurtato di tutti i crediti vantati da soggetti terzi, e soprattutto in via proporzionale, sulla scorta della partecipazione detenuta da ciascun socio al capitale sociale della società (così Cass. n. 16393/2007). La definitività dell'apporto a titolo di componente del patrimonio netto dei versamenti operati in conto capitale o futuro aumento di capitale, peraltro, interviene solo nel momento in cui tali poste vengono formalmente iscritte nel patrimonio di bilancio in conseguenza della esecuzione della relativa delibera dell'assemblea dei soci (quando, ad esempio, nel caso di aumento di capitale deliberato dall'assemblea, i soci procedano entro i termini alla sottoscrizione delle nuove quote di capitale). Prima di tale momento, infatti, detti versamenti devono essere considerati alla stregua di debiti verso i soci che, in determinate circostanze (ad esempio quando il versamento in conto futuro aumento capitale è sospensivamente condizionato alla delibera di aumento di capitale cd. “inscindibile” e alla relativa sottoscrizione entro un certo termine), possono avere diritto alla restituzione di quanto versato, qualora la società non abbia portato a compimento tutte le operazioni cui il versamento era stato preordinato. In linea generale, nell'ambito della individuazione della esatta disciplina da applicare alla erogazione finanziaria operata dal socio, la giurisprudenza di merito e di legittimità hanno più volte statuito che occorre badare, al di là del tenore letterale degli accordi sottostanti il finanziamento, anche alla concreta volontà delle parti che a tale strumento sono ricorsi, desumibile da fatti concludenti quali, ad esempio, gli appostamenti operati in bilancio di una data operazione, nonché da una attenta valutazione degli effettivi interessi dalla stessa sottesi (ex multis, Cass. n. 2758/2012). La postergazione dei crediti dei soci di s.r.l. ex art. 2467 c.c. e 2497-quinquies c.c. La riforma del diritto societario di cui al d.lgs. n. 6/2003 ha introdotto all'interno dell'ordinamento una specifica disposizione a tutela degli interessi dei creditori di società a responsabilità, estesa giurisprudenzialmente a tutte le società di capitali (cfr. Trib. Venezia 21 aprile 2011; Cass. n. 14056/2015) della c.d. postergazione dei diritti di credito del socio. In particolare, tale postergazione interessa tutti i crediti vantati dai soci della società, nonché dai soggetti esercitanti funzione di direzione e coordinamento sulla stessa (ex art. 2497 c.c.), rispetto a quelli vantati da creditori terzi, ossia che ad essa non risultino legati da alcun rapporto di partecipazione societaria. Tale tutela viene riservata ai creditori terzi della società al fine di neutralizzare l'innegabile vantaggio dell'asimmetria informativa caratterizzante la figura del socio finanziatore, come tale detentore di informazioni privilegiate rispetto ai normali creditori sociali (si veda sul punto Trib. Pescara 22 settembre 2016). In particolare, la postergazione dei crediti in parola opera in presenza di specifiche circostanze contemplate dall'art. 2467 c.c., ossia quando ricorra almeno una delle seguenti fattispecie: - il finanziamento sia stato concesso in un momento di eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto, tenuto conto della natura e del tipo di attività esercitata dalla società finanziata; - il finanziamento sia stato erogato in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole operare un conferimento di patrimonio. Inoltre, la medesima disposizione statuisce che, qualora il rimborso del finanziamento nei confronti dei soci sia stato concesso nell'anno precedente la dichiarazione di fallimento, lo stesso debba essere restituito alla società al fine di tutelare gli interessi dei terzi creditori. In merito, l'art. 383, comma 1 d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, “Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza”, modificando l'art. 2467 c.c., ha disposto la soppressione delle parole «e, se avvenuto nell'anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito.». Tale disposizione, ai sensi dell'art. 389, comma 1, entrerà in vigore decorsi diciotto mesi dalla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 38 del 14 febbraio 2019). Quanto alla individuazione dei presupposti sopra indicati ai fini dell'applicazione della postergazione dei crediti, la relativa sussistenza dovrà essere valutata nel singolo caso di specie. In particolare, con riferimento al primo requisito dell'eccessivo squilibrio dell'indebitamento della società rispetto al patrimonio netto, secondo la principale dottrina, la valutazione ai fini dell'applicazione in concreto della postergazione dovrà effettuarsi tenuto conto del relativo livello di indebitamento (cd. “leverage”), del grado di capitalizzazione e di copertura degli oneri finanziari, oltre che dell'indice medio di indebitamento delle imprese nazionali in base al tipo di attività esercitata. La giurisprudenza di merito ha, invece, inteso rendere più elastici i criteri di individuazione del requisito in esame, affermando la necessità di affiancare ai tradizionali indici sposati dalla dottrina anche una valutazione della situazione economico-finanziaria della società in rapporto al mercato del credito, tenuto conto del tipo di attività esercitato (Trib. Milano 4 giugno 2013, n. 7805). Per quanto concerne la verifica del secondo presupposto relativo la situazione finanziaria della società, tale da rendere ragionevole la effettuazione di un conferimento di capitale di rischio in luogo di un finanziamento, giurisprudenza e dottrina sono concordi nel ritenere che tale requisito possa essere valutato sulla base di criteri di ragionevolezza standardizzati e normalmente utilizzati da un finanziatore terzo per valutare l'opportunità di finanziare una società versante in un determinato stato economico- finanziario (Trib. Milano 11 novembre 2010), tenuto conto anche del contesto storico, economico e geografico in cui la stessa versa in quel momento (così Trib. S.M. Capua Vetere 24 luglio 2013). Operatività della postergazione Quanto alla operatività in concreto della tutela di cui all'art. 2467 c.c., la dottrina prevalente e la giurisprudenza ritengono la postergazione operante solo in ipotesi di liquidazione concorsuale della società, ossia quando la società sia entrata o stia per entrare in una specifica fase di crisi (Cass. n. 16393/2007; Trib. Milano 13 ottobre 2016), potendo, invece, la società rimborsare il finanziamento dei soci senza dover preventivamente pagare tutti gli altri creditori sociali in situazioni diverse da quelle sopra prospettate. In caso infatti di rimborso illegittimo di un finanziamento, in quanto intervenuto in fase di crisi di impresa, e come tale soggetto a postergazione del credito, troverà applicazione la tutela fornita dall'azione revocatoria ordinaria ex art. 2901, con conseguente inefficacia del rimborso. È stata altresì riconosciuta l'operatività della tutela della postergazione ex art. 2467 c.c. per il rimborso di finanziamenti erogati dai soci ad imprese in fase di “start up”, quando, sussistendo perdite tali da richiedere una ricapitalizzazione della società, i soci effettuino finanziamenti in luogo di nuovi apporti di capitale di rischio, così aggravandone il livello di indebitamento (così Trib. Milano 13 marzo 2014). Infine, l'applicabilità della postergazione è stata riconosciuta anche nei confronti dei finanziamenti operati da soggetti non più soci che, quindi, non possono essere rimborsati prima degli altri creditori sociali ancorché usciti definitivamente dalla compagine sociale (in questo senso: Trib. Milano 14 marzo 2013 e Trib. Milano 5 gennaio 2014). Cass. I, n. 30725/2023 ha sottolineato che il credito il credito da finanziamento soci non presenta alcuna parentela ontologica e funzionale con il credito derivante del socio e ciò per l'evidente ragione che in quest'ultimo caso il credito conseguirebbe allo scioglimento del rapporto sociale e in quell'evento troverebbe fondamento, mentre, nel primo caso, la costanza del rapporto sociale costituirebbe il presupposto per l'insorgenza del credito. Da ciò l'inapplicabilità, al credito derivante dal recesso del socio, della disciplina della postergazione per la restituzione dei finanziamenti del socio alla stregua dell' art. 2467 c.c. Profili fiscali Se il finanziamento dei soci in conto capitale non è di per sé soggetto ad alcuna imposta, atteso che si paga l'imposta di registro in misura fissa solo in presenza di determinati eventi (ad esempio, se successivamente si delibera il passaggio a capitale del finanziamento, oppure la restituzione ai soci delle somme versate, sotto forma di distribuzione delle riserve disponibili risultanti dal bilancio), il prestito concesso alla società dal socio è invece soggetto all'imposta di registro con l'aliquota del 3% (art. 9 parte I Tariffa d.P.R. n. 131/1986). Proprio al fine di evitare la tassazione immediata, come nell'esemplificazione proposta, si può concordare il prestito mediante scambio di lettere raccomandate tra il socio e la società, da registrare solo in caso d'uso. Per altro verso, la concessione di un finanziamento alla società da parte del socio può assumere rilevanza ai fini dell'accertamento, con metodo sintetico, della capacità patrimoniale dello stesso, in quanto costituiscono “spesa per incrementi patrimoniali”, ai sensi dell'art. 38, commi 4 e 5, del d.P.R. n. 600/1973, anche i finanziamenti soci e tutte le altre forme di capitalizzazione, ove comportino un esborso effettuato a tale scopo da parte del contribuente (Cass. sez. trib., n. 19613/2018). |