Contratto di vendita di fondo agricoloInquadramentoLa cessione di terreni agricoli è sottoposta alle norme sul diritto di prelazione. In pratica, colui che intende vendere il suo appezzamento di terreno deve previamente informare (con lettera raccomandata con avviso di ricevimento) l'eventuale affittuario e i proprietari dei terreni confinanti, i quali, a parità di prezzo di offerta, hanno il diritto di essere preferiti sull'acquisto rispetto a terzi. Il diritto di prelazione spetta, anzitutto, al conduttore del terreno agricolo, ovvero all'affittuario, se è un coltivatore diretto. Lo stesso diritto spetta alla società agricola, purché almeno la metà dei soci abbia la qualifica di coltivatore diretto. Se il terreno non è stato affittato, allora la prelazione spetta ai proprietari dei terreni confinanti, purché essi abbiano, in ogni caso, la qualifica di coltivatore diretto. Sono esclusi dal diritto sia gli imprenditori agricoli professionisti, sia le società di capitali, queste ultime indifferentemente dal godimento della qualifica di coltivatore diretto da parte di almeno metà dei soci. Alla denuntiatio deve essere allegato il contratto di compravendita, il nome dell'acquirente, nonché il prezzo e le condizioni da questi offerte. A quel punto, il destinatario ha diritto a 30 giorni per esercitare la prelazione agraria e, qualora accettasse di acquistare il terreno, dovrebbe versare la somma entro 6 mesi. La vendita sarà così conclusa. Qualora, invece, il cedente non abbia notificato alcunché, oppure abbia comunicato ai potenziali acquirenti un prezzo superiore a quello risultante dal contratto di compravendita, l'avente diritto alla prelazione potrà riscattare il terreno entro un anno dalla trascrizione del contratto nei pubblici registri. La prelazione agraria non si ha nei seguenti casi: permuta, donazione, vendita forzata ed espropriazione per fini di pubblica utilità. FormulaAtto di vendita REPUBBLICA ITALIANA L'anno ... il giorno ... del mese di ... nel mio studio in ... alla via ... n. ... avanti a me Dott. ... Notaio in ... iscritto al Collegio Notarile del Distretto di ..., senza l'assistenza dei testimoni, per espressa concorde rinuncia delle parti aventi i requisiti di legge e con il mio consenso, sono presenti: - Sig. ... nato a ... il ... Codice Fiscale ... residente in ... via ... n. ... - Sig. ... nato a ... il ... Codice Fiscale ... residente in ... via ... n. ... - Sig. ... nato a ... il ... Codice Fiscale ... residente in ... via ... n. ... I comparenti, cittadini italiani, come dichiarano e della cui identità personale io Notaio sono certo, PREMESSO CHE - Il sig. ... è proprietario del fondo agricolo di mq ... denominato ... in agro di ... iscritto al Catasto Terreni del Comune di ... al Foglio ... mappale ... particella ... confinante con via ... fondo precisamente identificato mediante ... sulla piantina che, sottoscritta dalle parti, si allega al presente atto per formarne parte integrante; - Il sig. ... intende vendere il suddetto terreno e il sig. ... intende acquistarlo; Tanto premesso, che costituisce parte integrante e sostanziale del presente contratto, i comparenti convengono e stipulano quanto segue: - Il sig. ... vende, con tutte le garanzie di legge, al sig. ... che in buona fede acquista, fondo di agricolo di mq ... denominato ... meglio descritto in premessa; - Il fondo è pervenuto al sig. ... tramite atto di compravendita a rogito del Notaio dott. ... del ... registrato in ... al n. ... il ... e trascritto il ... a ... ; - Il fondo viene compravenduto con tutti i diritti inerenti, ragioni ed azioni, accessioni, dipendenze e pertinenze, servitù attive e passive legalmente esistenti e costituite, nello stato di fatto e di diritto in cui si trova; - Il venditore garantisce la piena proprietà e disponibilità del fondo, nonché la sua libertà da pesi, vincoli pregiudizievoli ed ipoteche, ad eccezione di un'ipoteca iscritta a favore di ... a garanzia di mutuo per la somma di € ... (€ ... / ... ) contratto dal venditore giusto atto notarile ... del ... , il cui piano di ammortamento è allegato a quest'atto per costituirne parte integrante; - Tanto la proprietà quanto il possesso ed il godimento del fondo passano all'acquirente sin da oggi, con la firma di quest'atto, per tutte le conseguenze utili ed onerose; - Il prezzo convenuto della vendita è di € ... (€ ... / ... ); - La parte acquirente dichiara di aver già corrisposto al venditore la somma di € ... (€ ... / ... ) a titolo di caparra confirmatoria con le seguenti modalità: ... - Il venditore dichiara di aver già ricevuto tali somme dal compratore, in favore del quale rilascia ampia e finale quietanza liberatoria di saldo; - Con espressa rinunzia ad ogni iscrizione ipotecaria legale e d'ufficio; Richiesto, ho ricevuto quest'atto, del quale ho dato lettura ai comparenti, i quali l'approvano. Consta di n. ... fogli dattiloscritti parte da persona di mia fiducia e parte da me Notaio per n. ... facciate fin qui. Letto, approvato e sottoscritto Firme CommentoVendita fondo agricolo Al fine dell'esatta individuazione di un fondo oggetto di compravendita, l'elemento principale è dato dai confini indicati nel contratto, avendo i dati catastali valore meramente sussidiario: l'omessa indicazione esplicita dei confini e la mancanza di riferimento a termini lapidei ovvero a caratteristiche od opere del terreno non autorizza però l'interprete ad affidarsi esclusivamente ai dati catastali o all'estensione risultante dalla mappa allegata e richiamata nel contratto, dovendo indagare se una diversa volontà dei contraenti non risulti aliunde (Trib. Bari I, 14 dicembre 2015, n. 5463). La compravendita di un terreno su cui insistano o su cui siano edificate successivamente delle costruzioni comporta, per il principio della accessione - in forza del quale l'opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario dello stesso - il trasferimento anche delle costruzioni, ancorché non espressamente menzionate nell'atto, salvo che il venditore, contestualmente alla vendita, non costituisca su di esse un diritto di superficie a favore proprio o di terzi. In altri termini, per superare l'operatività della norma dell'art. 934 c.c., per la quale la proprietà della costruzione viene acquistata automaticamente al proprietario del suolo senza necessità di una specifica manifestazione di volontà, occorre individuare nell'atto di compravendita una volontà delle parti di scindere il contenuto del diritto di proprietà facente capo al venditore, giacché senza la creazione di un diritto di superficie (anche attraverso una forma di "riserva" a se di tale diritto da parte del proprietario - venditore) non può che ritenersi effettuata la vendita dell'intera particella costituita dal fondo e da quanto su di essa insistente ovvero di quanto sarà successivamente su di esso costruito. La vendita del fondo acquistato con i benefici della l. n. 590/1965, la quale abbia luogo prima del decorso di dieci anni dall'acquisto, non è nulla, ma comporta unicamente la decadenza dai benefici previsti dalla legislazione in materia di formazione e arrotondamento della proprietà contadina. A tale fine rileva che l'art. 28 l. n. 590/1965, ricollegandosi alla previgente normativa in materia, commina soltanto la sanzione della decadenza dai benefici, mentre la più grave sanzione della nullità non è stata espressamente disposta, senza che possa ritenersi prevista nella forma della cosiddetta nullità virtuale, giacché tale nullità va esclusa allorquando la norma imperativa sia presidiata da rimedi diversi dall'invalidità del contratto. Inoltre, l'art. 11 d.lg. n. 228/2001 in tema di attenuazione dei vincoli in materia di proprietà coltivatrice, nell'escludere la decadenza dei benefici per l'acquirente che alieni o conceda il fondo al coniuge o ai parenti, ribadisce che unica sanzione è la perdita dei benefici, ferma la validità dell'atto (Cass. III, n. 12717/2011). Il contratto preliminare di vendita di fondo agricolo, sottoposto alla condizione risolutiva dell'esercizio del diritto di prelazione da parte dell'affittuario coltivatore diretto, si scioglie quando il prelazionario paga il corrispettivo richiesto nel termine legale di tre mesi, previsto dall'art. 8 l. n. 590/1965. L'abbreviazione di questo termine, eventualmente pattuita nel contratto preliminare, è inopponibile al terzo prelazionario (al quale non può essere imposto dalla volontà di terzi un termine minore di quello legale); mentre, se convenuta autonomamente tra proprietario del fondo e prelazionario, è inopponibile al promissario acquirente (il quale sarebbe altrimenti esposto, per volontà di terzi, al rischio di un più probabile avveramento della condizione risolutiva apposta al preliminare; Cass. III, n. 6120/2013). Qualora sia sottoscritto un contratto preliminare di vendita di alcuni fondi, subordinatamente alla condizione del mancato esercizio della prelazione legale da parte degli aventi diritto, e costoro abbiano violato tale condizione, esercitando la prelazione senza essere in possesso dei requisiti prescritti ovvero senza il rispetto delle relative modalità, il promittente acquirente non è titolare di un diritto di prelazione e quindi non può esercitare l'azione di riscatto, potendo invece chiedere sia la dichiarazione di nullità del contratto stipulato dal promissario venditore con il terzo, sia l'esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. nei confronti del promissario alienante, che non ha mai cessato di essere proprietario del fondo, avendo disposto di questo con atto nullo, pertanto, privo di effetti (Cass. VI, n. 23685/2012). Se il proprietario del fondo agricolo, dopo avere stipulato un contratto preliminare di vendita, in assenza d'un valido esercizio del diritto di prelazione, decide di venderlo a persona diversa dal promissario acquirente e a prezzo maggiorato, ha l'onere di reiterare la denuntiatio al titolare del diritto di prelazione, a prescindere dall'atteggiamento da questi serbato rispetto al precedente preliminare (Cass. III, n.7525/2024). La prelazione spettante al proprietario del fondo confinante. La denuntiatio al coltivatore o al confinante della proposta di alienazione del fondo deve avvenire in forma scritta con riferimento a casi in cui essa costituisca l'atto preparatorio della fattispecie traslativa avente a oggetto un bene immobile. La comunicazione deve essere una valida offerta contrattuale, tale per cui l'accettazione scritta del destinatario è di per sé sufficiente a perfezionare la vendita. A tale scopo è essenziale che essa rivesta la forma di cui all'art. 1350 c.c. (Cass. III, n. 2654/2013). In particolare, per la comunicazione ("notifica") al coltivatore o al confinante della proposta di alienazione del fondo, ai fini della prelazione di cui all'art. 8 della l. n. 590 del 1965 e all'art. 7 della l. n. 817 del 1971, da parte del proprietario venditore è richiesta la forma scritta ad substantiam, non essendo, perciò, idonea allo scopo l'effettuazione della stessa in qualsiasi modo, anche verbale. Infatti, la denuntiatio non va considerata solo come atto negoziale, ma anche come atto preparatorio di una fattispecie traslativa avente ad oggetto un bene immobile, cioè il fondo agrario, onde deve rivestire necessariamente la forma scritta, in applicazione dell'art. 1350 c.c., non essendo, per questo, consentita la prova testimoniale ex art. 2725 c.c. Tale forma, peraltro, assolve ad esigenze di tutela e di certezza, rendendo certa l'effettiva esistenza di un terzo acquirente, evitando che la prelazione possa essere utilizzata per fini speculativi in danno del titolare del diritto, e assicurando, a sua volta, al terzo acquirente, in caso di mancato esercizio della prelazione nello spatium deliberandi a disposizione del coltivatore (o del confinante), la certezza della compravendita stipulata con il proprietario, sottraendolo al pericolo di essere assoggettato al retratto esercitato dal coltivatore (o confinante) pretermesso; garantisce, infine, il coltivatore ( o confinante) in ordine alla sussistenza di condizioni della vendita più favorevoli stabilite dal proprietario promittente venditore e dal terzo promissario acquirente (Cass. III, n. 28495/2018). La vendita di un fondo compiuta senza il rispetto delle norme sul diritto di prelazione di cui agli artt. 8 l. n. 590/1965, e 7 l. n. 817/1971, non è viziata da nullità, ai sensi del citato art. 1418 (né ai sensi dell'art. 1344 c.c.), sussistendo il rimedio dell'esercizio del riscatto (da parte degli aventi diritto alla prelazione) idoneo a conseguire l'obiettivo normativo dello sviluppo della proprietà contadina, a nulla rilevando l'accidentale decadenza della possibilità di esperirlo (Cass. III, n. 22625/2012). In caso di alienazione di un fondo rustico il diritto di prelazione - in favore dei soggetti indicati nell'art. 8 l. n. 590 del 1965 - sorge anche nella eventualità la vendita sia attuata per fini speculativi e non per il trasferimento del fondo stesso a un diverso coltivatore (Cass. III, n. 19748/2011). Al fine del riconoscimento della prelazione e del riscatto agrario in favore del proprietario coltivatore diretto del fondo confinante con quello posto in vendita, sono necessari non solo i requisiti previsti specificatamente dall'art. 7 l. n. 817/1971 (la qualifica di coltivatore diretto, la continuità o contiguità fisica tra il terreno di proprietà del confinante ed il fondo oggetto della vendita e il non insediamento su quest'ultimo di mezzadri, coloni, affittuari, compartecipi od enfiteuti coltivatori diretti), ma anche i presupposti richiesti dall'art. 8 l. n. 590/1965, al quale l'art. 7 cit. rinvia, e cioè (oltre alla qualifica di coltivatore diretto) la coltivazione biennale del fondo confinante di proprietà di colui che esercita il riscatto, il possesso della forza lavorativa adeguata ed il non avere effettuato vendite di fondi rustici nel biennio precedente l'esercizio dell'azione di riscatto (App. Ancona II, 16 maggio 2017, n. 754). In particolare, la mancata vendita di fondi rustici nel biennio precedente costituisce condizione per l'insorgenza del diritto di prelazione e di riscatto in capo al coltivatore diretto proprietario del fondo confinante, sicché chi esercita il relativo diritto, salvo espresso riconoscimento della controparte, deve dimostrarne la sussistenza, senza che la prova sia territorialmente delimitata e senza che rilevi il carattere di fatto negativo della stessa, che comporta, solo la necessità di allegare fatti positivi contrari, la cui acquisizione può avvenire anche con testi e presunzioni, ivi compresi i certificati rilasciati dalla Conservatoria dei Registri Immobiliari e le visure richieste agli uffici territoriali della Agenzia delle Entrate (Cass. III, n. 6247/2015). Ne consegue che tale condizione, allorquando non sia provata dal retraente, può ritenersi dimostrata solo se è stata ammessa dal convenuto espressamente o implicitamente, alla stregua di un'impostazione delle sue difese incompatibile con la contestazione della stessa, e non certo per il semplice ritardo della sua contestazione, specie quando questa, non configurando un'eccezione in senso proprio, bensì una mera deduzione difensiva per la sua afferenza ad una condizione costitutiva del diritto azionato nel giudizio, era rilevabile d'ufficio e così rientrava cogentemente nel thema decidendum (Cass. n. 1244/1995). Mentre è necessario che la coltivazione duri almeno da due anni, non è indispensabile un periodo minimo di titolarità del diritto dominicale; infatti, tale diritto può essere stato acquisito in qualunque momento antecedente al maturare delle condizioni per l'esercizio del diritto di prelazione, purché la coltivazione sia stata effettuata in forza di uno dei titoli giuridici indicati nell'art. 8 l. n. 590/1965, espressamente richiamata dall'art. 7, comma 1, l. n. 817/1971. Non occorre, peraltro, che la coltivazione del proprietario confinante sia stata legittimata o dal diritto dominicale o da un contratto agrario, perché la norma non lega l'attribuzione del beneficio all'esistenza di una "coltivazione qualificata", ma solo avvenuta in base a un titolo legittimo (Cass. III, n. 2092/2013). Inoltre, ai fini dell'esercizio della prelazione da parte del proprietario confinante del fondo compravenduto ai sensi della l. n. 817/1971, è necessario non solo che lo stesso rivesta la qualifica di coltivatore diretto per essere dedito in concreto all'attività agricola, ma altresì che coltivi direttamente il fondo adiacente a quello posto in vendita, non essendo sufficiente che eserciti altrove l'attività di agricoltore (Cass. III, n. 16651/2016). Ciò in quanto l'intento perseguito dal legislatore è l'ampliamento dell'impresa coltivatrice diretta finitima e non l'acquisto della proprietà della terra da parte di qualsiasi coltivatore diretto (Cass. III, n. 6538/2016). La prova di tutte le condizioni cui è subordinato il diritto di prelazione e di riscatto deve essere fornita da colui che tale diritto fa valere, anche quando trattasi di fatti negativi. Deriva da quanto precede, pertanto, in caso di riscatto esercitato dal proprietario del fondo confinante a quello posto in vendita, che spetta all'attore - tra l'altro - fornire la prova del requisito oggettivo della contiguità dei fondi (quello del retraente e quello per cui è stato esercitato il retratto), cioè della comunanza di confine in senso giuridicamente proprio e, quindi, di contiguità fisica e materiale, per contatto reciproco lungo la comune linea di demarcazione (sia essa meramente ideale ovvero esteriorizzata mediante muri, recinzioni o altri segnali), con esclusione della diversa ipotesi della cosiddetta contiguità funzionale, ossia di fondi separati ma idonei a essere accorpati in una azienda agraria (Cass. III, n. 11757/2013). Occorre, peraltro, tener presente che, ai fini dell'esercizio del diritto di prelazione agraria (o di riscatto), il requisito della contiguità tra il fondo del prelazionario e quello posto in vendita deve sussistere con riferimento alle porzioni di quest'ultimo che abbiano destinazione agricola. Pertanto, se viene posto in vendita un fondo unitario, avente solo in parte destinazione agricola, la prelazione od il riscatto non possono essere esercitati se le parti a destinazione non agricola si frappongono fra quelle a destinazione agricola ed il confine del fondo del prelazionario, perché in questo caso viene meno il requisito della contiguità materiale tra i due fondi (Cass. III, n. 3727/2012). Infine, il retraente deve dimostrare che il fondo, di cui si invoca il riscatto, unitamente agli altri già coltivati in proprietà, non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa loro o della loro famiglia (Trib. Teramo, n. 21/2016). Le condizioni alle quali è subordinata la proficua utilizzazione del meccanismo del riscatto agrario devono sussistere tanto alla data in cui nasce il relativo diritto, coincidente con la vendita del fondo al terzo, quanto alla data in cui lo stesso è esercitato, identificantesi con il momento nel quale la dichiarazione del retraente perviene al retrattato, che segna la conclusione del procedimento acquisito con il subingresso del primo al secondo. Deriva da quanto precede, pertanto, che qualora il mutamento della destinazione, da agraria a industriale (o, comunque, urbana) del fondo oggetto del diritto di retratto, viene a verificarsi tra il primo e il secondo dei suddetti momenti rimane impedito il perfezionamento della vicenda acquisitiva in favore del retraente, poiché non si prospetta giustificabile tutelare la formazione della piccola proprietà coltivatrice attraverso il riscatto di un fondo che non si presti più a tale destinazione, mentre tale mutamento non rileva quando sopravvenga dopo il concreto esercizio del retratto medesimo e sia sussistente al momento della decisione del giudizio in cui il retratto sia ancora in discussione (Cass. III, n. 12718/2011; conf. Cass. III, n. 22260/2018). Il diritto di prelazione del confinante non viene meno quando, al momento in cui il fondo sia venduto, il rapporto di affitto sia prossimo alla scadenza e vi sia stata rinuncia alla prosecuzione del rapporto da parte dell'affittuario, a nulla rilevando se tale rinuncia sia avvenuta nei confronti del solo venditore, ovvero nei confronti del solo compratore, oppure nei confronti di tutti e due, e anche se il rilascio materiale del fondo non sia ancora avvenuto ma avvenga poco dopo la vendita, purché lo stesso sia stato già concordato (Cass. III, n. 19234/2015). È opportuno ricordare che la dichiarazione dell'affittuario di fondo agrario di voler esercitare la prelazione in caso di vendita, ai sensi dell'art. 8 della l. n. 590/1965, integra un atto unilaterale recettizio, sicché produce effetto solo nel momento in cui giunga a conoscenza del destinatario o in cui deve reputarsi da questi conosciuta perché pervenuta al suo indirizzo (Cass. III, n. 12883/2016). In tema di prelazione e riscatto agrario, all'affittuario coltivatore diretto della porzione di un più ampio fondo messo in vendita spetta il diritto di prelazione sulla parte da lui coltivata, a condizione che l'intero predio sia diviso in porzioni distinte e autonome sotto il profilo giuridico ed economico. Ne consegue che, quando il fondo sia promesso in vendita a terzi unitamente ad altri fondi con l'indicazione di un prezzo unitario e il prelazionario non provveda al versamento del prezzo nel termine fissato dall'art. 8, sesto comma, della legge n 590 del 26 maggio 1965, non si verifica la decadenza dal diritto di prelazione, in quanto specificazione del prezzo della porzione soggetta a prelazione costituisce un obbligo posto a carico del proprietario, la cui determinazione può avvenire anche nel giudizio di riscatto (Cass. III, n. 5414/2014). In particolare, il diritto di prelazione agraria, disciplinato dall'articolo 8 della legge 590/1965, è esercitabile anche quando il fondo su cui si appunta è parte di una più vasta estensione, purché presenti un'autonomia colturale e produttiva. In questo caso, l'accertamento delle condizioni che consentono l'esercizio del suddetto diritto deve essere compiuto non con riguardo alla configurazione data dalle parti al contratto di vendita, ma considerando la situazione oggettiva, in modo tale da verificare, da un lato, se il terreno trasferito si presenti frazionato in appezzamenti aventi caratteristiche diverse e differenti colture e, dall'altro lato, se il fondo trasferito non debba, ciò malgrado, essere ritenuto un fondo oggettivamente unitario, per essere le attività svolte sui diversi appezzamenti coordinate tra loro, si da costituire aspetti complementari di un'unica gestione. Il giudice di merito dovrà accertare se lo scorporo della porzione oggetto della prelazione non pregiudichi la possibilità di coltivazione del fondo unilateralmente inteso o comporti l'imposizione, sulle restanti parti, di servitù o di oneri di carattere reale, tali da eliminare la loro esclusività di godimento e da menomare il loro valore di scambio (Cass. III, n. 9235/2013). Al fine della prelazione e del riscatto agrario, per "fondo" deve intendersi un'estensione che abbia una propria autonomia colturale e produttiva. Ne consegue che, potendo nel relativo concetto farsi rientrare tanto un'unità poderale (costituita da un complesso unitario di terreni non suscettibili singolarmente di autonoma coltivazione), quanto un singolo terreno (anche di piccole dimensioni, che, rispetto ai terreni circostanti, sia distinto ed autonomo per caratteristiche della sua coltivazione e produttività), nel caso di vendita di un complesso di terreni attigui tra loro e confinanti solo in parte con un fondo appartenente a coltivatore diretto, per stabilire se il diritto di prelazione debba essere esercitato in relazione a tutti i terreni oggetto della vendita, ovvero soltanto a quelli a confine con la proprietà dell'avente diritto alla prelazione, devesi accertare se quelli costituiscono un'unità poderale (nell'ambito della quale ogni terreno sia privo di propria autonomia coltivatrice), oppure un insieme di porzioni distinte e indipendenti l'una dall'altra per caratteristiche ed esigenze colturali e produttive. In questa seconda ipotesi, la prelazione può esercitarsi con esclusivo riferimento a quelle porzioni confinanti con il fondo del coltivatore diretto (Cass. n. 4685/2020). La vendita del fondo effettuata dal proprietario in pendenza del termine per il pagamento del prezzo da parte del coltivatore che abbia esercitato il diritto di prelazione, pur non costituendo una delle ipotesi previste dall'art. 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590 per l'operatività del diritto al riscatto, deve, tuttavia, equipararsi ad esse e considerarsi presupposto idoneo all'esercizio del riscatto da parte del coltivatore pretermesso nei confronti del terzo acquirente, a nulla rilevando che il prelazionante, a fronte del rifiuto opposto dal creditore all'accettazione del corrispettivo, non abbia effettuato il deposito liberatorio della somma nei termini di legge (art. 1210 c.c.; Cass. III, n. 14049/2013). Nel caso di retratto agrario, il retraente è tenuto a versare esattamente il medesimo prezzo indicato nel contratto di vendita stipulato in violazione del diritto di prelazione, senza interessi e senza rivalutazione monetaria, a nulla rilevando né che la sentenza di accoglimento della domanda di riscatto sia intervenuta a distanza di tempo dalla vendita, né che il retraente sia rimasto nella detenzione del fondo senza pagare alcun corrispettivo (Cass. III, n. 1016/2013). La giurisprudenza si è occupata di recente dei rapporti tra prelazione agraria e prelazione tra coeredi di cui all’art. 732 c.c., stabilendo la prevalenza di quest’ultima (Cass. III, n. 25443/2024). Profili fiscali. La decadenza dalle agevolazioni tributarie che, a norma dell'art. 7, commi 1 e 2, l. n. 604/1954 (contenente modificazioni alle norme relative alle agevolazioni tributarie a favore della piccola proprietà contadina), colpisce l'acquirente il quale, prima del termine stabilito, "aliena volontariamente" il bene acquistato, può essere esclusa soltanto quando l'evento, che rende impossibile la realizzazione delle finalità normative, agisca in senso assoluto ed oggettivo e come causa esterna non imputabile al contribuente (Cass. sez. trib., n. 4242/2006). In particolare, in tema di agevolazioni tributarie per la formazione e l'arrotondamento della piccola proprietà contadina, l'art. 11 d.lgs. n. 228/2001, il quale ha ridotto da dieci a cinque anni il periodo entro il quale la vendita del fondo comporta la perdita dei benefici fiscali riconosciuti per il suo acquisto, si applica anche agli atti di acquisto posti in essere in epoca precedente al quinquennio anteriore alla sua entrata in vigore, determinando il consolidamento delle agevolazioni conseguite dai coltivatori diretti che abbiano acquistato il fondo da coltivare in epoca anteriore al 30 giugno 1996, alla sola condizione che i fondi acquistati siano stati da loro coltivati per almeno cinque anni, e che le vertenze eventualmente insorte a tale proposito non siano state nel frattempo risolte con sentenza passata in giudicato (Cass. sez. trib., n. 4636/2008). La disposizione introdotta dall'art. 11 d.lg. n. 228/2001, in tema di attenuazione dei vincoli alla proprietà coltivatrice, che, nel modificare l'art. 11 l. 14 agosto 1971 n. 817, dopo aver ridotto da dieci a cinque anni il termine dopo la scadenza del quale il fondo acquistato con le agevolazioni tributarie previste dalla l. n. 604/1954 può essere rivenduto senza incorrere nella decadenza dal beneficio, stabilisce, nel comma 5, l'applicabilità del nuovo termine "anche agli atti di acquisto posti in essere in data antecedente di almeno cinque anni la data di entrata in vigore del presente decreto". La norma in questione non esplica alcun effetto sulle situazioni già esaurite per intervenuta vendita del terreno prima dell'entrata in vigore del d.lgs. (30 giugno 2001) e non contiene alcuna esplicita previsione di irretroattività, essendo applicabile solo alle situazioni in corso, caratterizzate dall'avvenuto acquisto del terreno sia nella piena vigenza della legge (cioè dopo il 30 giugno 2001) sia nell'arco di tempo precedente di almeno cinque anni tale data, e non ancora esaurite per effetto di vendita del bene (Cass. sez. trib., n. 18230/2007). Il contratto preliminare di vendita di fondo agricolo, sottoposto alla condizione risolutiva dell'esercizio del diritto di prelazione da parte dell'affittuario coltivatore diretto, si scioglie quando il prelazionario paga il corrispettivo richiesto nel termine legale di tre mesi, previsto dall'art. 8 l. n. 590/1965. L'abbreviazione di questo termine, eventualmente pattuita nel contratto preliminare, è inopponibile al terzo prelazionario (al quale non può essere imposto dalla volontà di terzi un termine minore di quello legale); mentre, se convenuta autonomamente tra proprietario del fondo e prelazionario, è inopponibile al promissario acquirente (il quale sarebbe altrimenti esposto, per volontà di terzi, al rischio di un più probabile avveramento della condizione risolutiva apposta al preliminare; Cass. III, n. 6120/2013). La clausola, inserita in un contratto di vendita di un fondo edificabile, in virtù della quale il venditore dichiari di «riservarsi» la proprietà di alcune aree del fabbricato che l'acquirente vi costruirà, non comporta una delimitazione dell'oggetto della vendita, ma la costituzione di un diritto di superficie in favore del venditore, con la conseguenza che l'imposta di registro va applicata per ciascuno dei due diversi negozi (vendita e costituzione del diritto di superficie) simultaneamente stipulati (Cass. sez. trib., n. 2892/2009). Perdono il beneficio consistente nell'aliquota ridotta sull'imposta di registro gli agricoltori che vendono il terreno agricolo ad altro coltivatore diretto in quanto, la vendita cambia in ogni caso la destinazione del fondo (Cass. sez. trib., n. 10254/2007). In tema di imposta di registro, il trasferimento di un fondo deve presumersi comprensivo dei fabbricati che su di esso siano stati edificati, ai sensi dell'art. 23 d.P.R. n. 634/1972 (art. 24 t.u. n. 131/1986) a meno che siano esclusi espressamente dalla vendita o si provi, con atto che abbia acquistato data certa mediante la registrazione, che appartengono ad un terzo o sono stati ceduti all'acquirente da un terzo, non bastando per vincere la presunzione di trasferimento delle accessioni, stabilita dalla norma summenzionata, l'esistenza di un atto di efficacia obbligatoria attribuente uno ius edificandi o di una concessione edilizia rilasciata al soggetto beneficiario di tale diritto (Cass. I, n. 7583/1999). Per Sez. V, n. 19964/2018, in tema di imposte sui redditi, sono sempre tassabili, ai sensi dell'art. 81, comma 1, lett. b), del d.P.R. n. 917 del 1986, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione, a prescindere dalle modalità di acquisizione dei terreni, dal tempo intercorso tra acquisto e rivendita, nonché dall'eventuale svolgimento di alcun tipo di attività sui terreni da parte del cedente. Sempre in tema di imposta sui redditi, ai sensi dell'art. 67 del d.P.R. n. 917 del 1986, Sez. V, n. 1714/2018, ha ritenuto soggetta a tassazione separata quale “reddito diverso” la plusvalenza derivante dalla cessione a titolo oneroso di un terreno edificabile, non assumendo rilievo la natura pertinenziale dello stesso che non ne esclude, di per sé, la potenzialità edificatoria. In applicazione del principio, ha cassato la sentenza impugnata che aveva escluso la tassazione in ragione della natura pertinenziale di un terreno edificabile rispetto ad un fabbricato, rilevando che i due beni risultavano accatastati separatamente e che nell'ambito della vendita, anche se conclusa con il medesimo atto, le parti avevano stabilito un prezzo specifico per il terreno. |