Il contratto per l'esercizio dell'impresa agricola

Caputo Luca

Inquadramento

Al fine di comprendere pienamente il processo evolutivo che ha caratterizzato le modalità di esercizio dell'impresa agricola non si può prescindere in primo luogo, dall'esame dell'evoluzione normativa che ha attraversato l'istituto dell'impresa agricola, partendo dall'originaria definizione contenuta nel codice del 1942 per giungere alla sua attuale formulazione, frutto delle innovazioni apportate dal d.lgs. n. 228/2001. Quest'ultimo, nel ridisegnare le caratteristiche essenziali di questa peculiare attività di impresa, ne ha esteso in maniera significativa i contorni, tenendo conto, in particolare, dell'evoluzione tecnologica che ha progressivamente accompagnato le modalità attraverso le quali si estrinseca l'attività produttiva di natura agricola. A questa evoluzione, che ha riguardato le caratteristiche intrinseche nelle quali si sostanzia l'esercizio dell'impresa agricola in forma individuale, ha fatto seguito, in tempi più recenti, l'introduzione della possibilità, con il d.l. n. 91/2014 - che ha esteso ulteriormente i confini dell'istituto introdotto con il d.l. n. 5/2009 - per le imprese agricole di ricorrere alla stipula di contratti di rete, strumento che favorisce la collaborazione tra imprenditori agricoli per consentire lo sfruttamento in comune di una serie di possibilità strettamente connesse alle caratteristiche tipiche dell'imprenditoria agricola. La possibilità di ricorrere ai contratti di rete in materia agricola è subordinata alla sussistenza di una serie di requisiti, di tipo oggettivo e soggettivo, in ordine ai quali sono stati forniti chiarimenti dal Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali e dell'Agenzia delle Entrate, con particolare riferimento ad uno degli effetti principali scaturenti dall'operatività della disciplina sul contratto di rete, ossia la possibilità di considerare la produzione agricola frutto della collaborazione delle imprese agricole come acquisto a titolo originario da parte di tutte le imprese partecipanti alla rete. L'ulteriore ampliamento delle modalità di esercizio dell'impresa agricola attraverso la previsione della possibilità di stipulare contratti di rete rende ancora più attuale la problematica relativa alla giustificazione dell'applicazione alle imprese agricole di uno statuto imprenditoriale differente da quello delle imprese commerciali.

Formula

Repertorio n. ... Raccolta n. ...

REPUBBLICA ITALIANA [1]

CONTRATTO DI RETE TRA IMPRESE AGRICOLE

L'anno ... , il giorno ... del mese di ... in ... e precisamente nel mio studio.

Innanzi a me Dottor ... , Notaio residente in ... , con studio alla via ... n. ... , iscritto nel Ruolo del Distretto Notarile di ... , senza intervento di testimoni per espressa rinunzia fattavi, di comune accordo fra loro e col mio consenso, dai costituiti, i quali hanno tutti i requisiti voluti dalla legge, sono presenti i Signori:

1) ... , nato in ... il ... e domiciliato, per ragione della carica, in ... , il quale interviene alla stipula del presente atto in qualità di Rappresentante Legale (o Consigliere Delegato o Procuratore speciale) della società ... , con sede in ... , alla via/piazza ... n. ... , costituita in ... il ... , capitale sociale € ... (importo in lettere) interamente versato, iscritta al n. ... del Repertorio Economico Amministrativo presso la Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di ... , c.f. ... e iscritta presso il Registro delle Imprese di ... con il numero ... ;

2) ... , nato in ... il ... e domiciliato, per ragione della carica, in ... , il quale interviene alla stipula del presente atto in qualità di Rappresentante Legale (o Consigliere Delegato o Procuratore speciale) della società ... , con sede in ... , alla via/piazza ... n. ... , costituita in ... il ... , capitale sociale € ... (importo in lettere) interamente versato, iscritta al n. ... del Repertorio Economico Amministrativo presso la Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di ... , c.f. ... e iscritta presso il Registro delle Imprese di ... con il numero ... ; [2]

Della identità personale, qualifica e poteri, di essi costituiti sono io Notaio certo ed i costituiti stessi hanno richiesto il mio ministero per la stipula del presente atto, regolato come segue:

PREMESSA

Le Imprese Aderenti esercitano attività agricola ai sensi dell'art. 2135 c.c., come modificato dall'art. 1 del d.lgs. n. 228/2001.

ART. 1

Ai sensi dell'art. 3, comma 4-ter e ss. della l. 9 aprile 2009 n. 33 di conversione al d.l. n. 5/2009, come modificato dall'art. 1 l. n. 99/2009, e dell'art. 1-bis del d.l. n. 91/2014 fra le società " ... ", con sede in ... , e “ ... ", con sede in ... e “ ... ", con sede in ... , rappresentate come precisato innanzi, viene concluso un "Contratto di Rete d'Imprese Agricole" , regolato dai seguenti patti e condizioni.

ART. 2

La Rete è denominata: " ... - RETE D'IMPRESE AGRICOLE".

ART. 3

La sede della Rete è in ... , via/piazza ... n. ... . Sedi operative della Rete sono costituite, con il presente atto, presso le sedi delle società.

ART. 4

Con il presente Contratto di Rete d'Imprese Agricole i contraenti si prefiggono i seguenti obiettivi strategici per lo svolgimento delle attività comuni di seguito descritte:

- gestire in comune le attività di coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse;

- gestire in comune le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, attraverso l'utilizzo di fondi, boschi, acque dolci, salmastre o marine riconducibili ai terreni di proprietà delle Aderenti;

- gestire la promozione dei prodotti agricoli e di tutte le attività agricole, comprese quelle connesse, svolte rispettivamente dalle Imprese Aderenti e precisamente;

- gestire le iniziative e i progetti assunti in comune e tesi a favorire l'innovazione, la ricerca e lo sviluppo dell'attività di impresa agricola e delle altre attività che costituiscono oggetto delle Imprese Aderenti, anche attraverso finanziamenti pubblici o privati;

- gestire in comune la produzione agricola dei seguenti prodotti ... ... attraverso l'utilizzo dei fondi di proprietà delle Imprese Aderenti. A tal fine le Imprese Aderenti stabiliscono che i prodotti agricoli, come sopra individuati, ottenuti attraverso la coltivazione dei terreni delle Imprese Aderenti saranno suddivisi, tenuto conto dell'apporto dato alla relativa produzione da ciascuna Aderente, nella seguente misura:

... % della produzione lorda di ... all'Impresa identificata al punto 1) tenendo conto del contributo dato da quest'ultima alla relativa produzione; il restante ... % della produzione lorda all'Impresa identificata al punto 2), tenendo conto del contributo dato da quest'ultima alla relativa produzione;

... % della produzione lorda di ... all'Impresa identificata al punto 1); il restante ... % della produzione lorda all'Impresa identificata al punto 2), tenendo conto del contributo dato da quest'ultima alla relativa produzione.

Al fine di realizzare la produzione agricola le Imprese Aderenti si impegnano a mettere in comune i terreni e a fornire a tal fine contributi equivalenti sia in termini di risorse umane che di strumenti tecnici.

Secondo quanto previsto dal comma 3 dell'art. 1-bis del d.l. n. 91/2014 l'acquisto dei prodotti agricoli così individuati, conseguente all'esercizio in rete dell'attività di produzione agricola è considerato come effettuato a titolo originario.

A tal fine le Imprese Aderenti dichiarano di occupare meno di 250 persone, di avere un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di €, e un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di €. Inoltre, in osservanza anche ai chiarimenti forniti dall'Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 75/E le parti precisano che tutte le Imprese Aderenti svolgono attività agricole di base e che, in ogni caso, eventuali attività connesse non sono svolte in misura prevalente.

Le Imprese Aderenti si impegnano, inoltre, a non effettuare cessione tra loro dei prodotti agricoli derivanti dall'esercizio in comune dell'attività di produzione e indicati innanzi.

Per raggiungere gli scopi descritti ciascuna Impresa Aderente si impegna a prestare la propria collaborazione più ampia secondo quanto stabilito nel presente contratto, assumendo gli obblighi e gli impegni nello stesso contenuti.

ART. 5 [3]

Le Imprese Aderenti si obbligano a gestire unitariamente le attività sopra descritte, ed a tal fine si impegnano a costituire un Fondo Patrimoniale Comune (o un patrimonio separato ai sensi dell'art. 2447-bis, comma 1, lett. a), c.c.) idoneo al perseguimento degli scopi del contratto ed a sostenere, in parti eguali fra esse, le spese di funzionamento generale della Rete e della sua attività; a tal fine il Presidente della Rete provvederà a redigere preventivi periodici, in virtù dei quali le parti saranno tenute alle eventuali anticipazioni, salvo conguaglio all'esito del rendiconto annuale. Al fine della costituzione del fondo patrimoniale (o del patrimonio separato), la società identificata al n. 1), rappresentata come innanzi, dichiara di conferire, come conferisce, nel Fondo Patrimoniale Comune (o al patrimonio separato) i seguenti beni: ... ;

la società identificata al n. 2), rappresentata come innanzi, dichiara di conferire, come conferisce nel Fondo Patrimoniale Comune (o al patrimonio separato) i seguenti beni: ... ;

ART. 6

Per tutta la durata del contratto gli aderenti non potranno chiedere la divisione del Fondo Patrimoniale Comune (o la cessazione della destinazione dei beni conferiti nel patrimonio separato) e ciò anche in caso di recesso od esclusione. In quest'ultima ipotesi la quota del Fondo spettante all'Impresa esclusa accrescerà proporzionalmente le quote del Fondo degli altri Aderenti; nell'ipotesi di recesso il recedente avrà diritto alla liquidazione della quota – calcolata al tempo del recesso – solo successivamente alla scadenza del contratto di Rete. In ogni caso, allo scioglimento del contratto di Rete le Imprese Aderenti non avranno diritto alla liquidazione delle rispettive quote del Fondo Patrimoniale Comune (o del patrimonio separato) ad esse spettanti, se non dietro prova di aver definitivamente regolato tutti i rapporti di debito verso le altre Imprese Aderenti, verso i committenti e verso terzi nei cui confronti la Rete e/o le altre Imprese Aderenti, in relazione all'attività esercitata relativamente alla Rete, possano essere chiamate a rispondere.

ART. 7

La durata della Rete è fissata fino al 31 dicembre 2023 [4] . L'Assemblea degli Aderenti potrà, entro la scadenza, stabilire un ulteriore termine di durata, prorogando quello già fissato con il presente contratto.

ART. 8

L'ammissione di nuove imprese al contratto di Rete dovrà essere approvata da tutti gli Aderenti ed è in ogni caso subordinata all'accettazione, da parte della nuova Impresa Aderente, di tutte le pattuizioni contenute nel presente Atto, nonché di quelle ulteriori specificate nell'eventuale Regolamento dettato dalle Imprese Aderenti o di altri atti deliberati da queste ultime attraverso delibere dell'Assemblea degli Aderenti [5] o mediante atti modificativi o integrativi del presente contratto.

ART. 9

Le imprese aderenti potranno recedere anticipatamente dal presente Contratto di Rete nei soli casi di scioglimento della rispettiva società o di cessazione definitiva dell'attività di impresa svolta.

ART. 10

Potrà essere esclusa dal contratto di rete, per deliberazione a maggioranza dell'Assemblea degli Aderenti, l'impresa Aderente che violi ripetutamente e gravemente gli obblighi assunti nel contratto, fermo restando ogni ulteriore e diversa azione esercitabile dalle Aderenti nei confronti dell'Impresa esclusa per le violazioni realizzate.

ART. 11

La partecipazione alla Rete istituita con il presente contratto può essere trasferita solo unitamente all'azienda o al suo ramo concretamente interessato alle attività che il presente contratto disciplina, rientrando il presente contratto nella disciplina dell'art. 2558 c.c.

ART. 12

Con il presente contratto sono istituiti i seguenti Organi dell'esecuzione del Contratto di Rete: l'Assemblea degli Aderenti e il Presidente.

ART. 13

L'Assemblea degli Aderenti è composta dai rappresentanti legali di tutte le imprese aderenti o da soggetti muniti di procura speciale; le imprese aderenti possono anche farsi rappresentare da un'altra impresa aderente con delega scritta. Ciascun Aderente ha diritto ad un voto. L'Assemblea è convocata dal Presidente con avviso personale, da inviare a mezzo lettera raccomandata, fax o e-mail con avviso di ricevimento contenente l'ora, il giorno, il luogo e l'elenco delle materie da trattare, 7 (sette) giorni prima di quello fissato per l'adunanza. Con tutte le imprese Aderenti direttamente presenti, l'Assemblea si intende comunque validamente costituita e può deliberare su tutti gli argomenti sui quali, all'unanimità, l'Assemblea stabilisca di deliberare. Delle deliberazioni dell'Assemblea è redatto verbale a cura del Presidente o del Segretario all'uopo nominato che può essere anche un terzo. I verbali sono trascritti a cura del Segretario in apposito libro e gli aderenti possono prenderne conoscenza.

È possibile, inoltre, per gli Aderenti adottare le decisioni mediante consultazione scritta: in questo caso il testo scritto, in cui è indicato in maniera chiara e specifica l'argomento in ordine al quale è richiesto il consenso degli Aderenti, è predisposto dal Presidente o da uno degli Aderenti e viene sottoposto, a ciascun Aderente, con comunicazione a mezzo lettera raccomandata o anche a mezzo fax o e-mail con avviso di ricevimento, inviati agli Aderenti rispettivamente all'indirizzo o al numero di fax o e-mail, a tal fine comunicato al Presidente. L'Aderente interpellato, se è favorevole, presta il suo consenso per iscritto, sottoscrivendo il testo predisposto od altrimenti approvandolo per iscritto. La decisione si perfeziona validamente quando tutti gli aderenti siano stati interpellati e tutti abbiano espresso e comunicato il proprio consenso alla decisione proposta.

Il Presidente informa senza indugio tutti gli Aderenti delle decisioni adottate. La documentazione relativa deve essere conservata tra gli atti della Rete.

ART. 14

L'Assemblea degli aderenti: a) Nomina il Presidente; b) Approva il rendiconto annuale predisposto dal Presidente; c) Approva gli eventuali regolamenti interni; d) Delibera sull'ammissione di nuovi componenti della Rete; e) Delibera sull'esclusione delle Imprese Aderenti secondo quanto previsto dall'art. 10); f) Delibera in merito al riparto degli utili ed alla copertura delle perdite; g) Delibera sulle altre materie ad essa rimesse dal presente atto o che il Presidente ritenga di sottoporre alla sua attenzione.

ART. 15

L'Assemblea delibera validamente con il voto unanime di tutti gli Aderenti, salvo che nel caso di delibera di esclusione di uno degli Aderenti, così come specificato al precedente art. 10.

ART. 16

Il Presidente è incaricato della esecuzione dell'attività della Rete e della gestione ordinaria della stessa; a tal fine egli ha facoltà di compiere tutti gli atti che ritenga opportuni per l'attuazione ed il raggiungimento dei suoi scopi, salvo gli atti che importino un'esposizione della Rete verso terzi o Istituti di Credito superiore ad € ... (importo in lettere) per i quali dovrà essere autorizzato in via preventiva ed appositamente dall'Assemblea.

Nell'ambito della gestione ordinaria dell'attività della Rete il Presidente ha, tra l'altro, il compito di assumere e licenziare il personale dipendente, determinandone il compenso, sempre nell'osservanza dei limiti indicati al punto precedente.

Il Presidente dura in carica 1 (uno) anno e può essere nuovamente nominato per ulteriori mandati.

Per il primo anno, con il presente atto le Imprese Aderenti nominano quale Presidente il sopra costituito legale rappresentante dell'impresa di cui al punto n. ... signor ... , il quale, presente accetta la carica conferitagli.

ART. 17

Il Presidente assume la rappresentanza legale della Rete di fronte ai terzi ed in giudizio, con facoltà di promuovere azioni ed istanze giudiziarie ed amministrative, in ogni grado di giurisdizione e di nominare a tal fine avvocati e procuratori alle liti. Ogni iniziativa giudiziaria intrapresa nell'interesse e in nome della rete di imprese costituita con il presente contratto deve essere preceduta dalla deliberazione dell'Assemblea degli Aderenti, secondo le modalità descritte dall'art. 15.

ART. 18

A cura del Presidente, entro due mesi dalla chiusura dell'esercizio annuale, dovrà essere redatta la situazione patrimoniale, osservando le norme relative al bilancio di esercizio delle società a responsabilità limitata; la redazione del bilancio potrà avvenire in forma abbreviata ove ne ricorrano i presupposti previsti dalla Legge. Il primo di tali rendiconti contemplerà l'attività della Rete fino al 31 dicembre del presente anno.

ART. 19

Per le obbligazioni assunte in nome della Rete dal Presidente risponde il Fondo Patrimoniale Comune (o il patrimonio separato) ai sensi degli artt. 2614 e 2615, comma 2, c.c..

ART. 20

È fatto divieto alla Rete di assumere obbligazioni per conto dei singoli Aderenti.

ART. 21

In caso di determinazione di scioglimento del Contratto, l'Assemblea determinerà le modalità della liquidazione e nominerà uno o più liquidatori determinandone i poteri.

Il presente atto sconta l'imposta fissa di registro ai sensi dell'art. 4 d.P.R. 131/1986.

Le spese del presente atto e conseguenti sono poste a carico delle società aderenti in parti eguali della società " ... S.R.L.", con sede in ... .

Il rogito, contenuto in n. ... fogli di carta, occupa pagine ... , questa compresa, scritto a macchina viene sottoscritto e firmato a margine dai costituiti e da me Notaio, alle ore ... .

Io Notaio ho dato chiara lettura del presente atto ai costituiti che, da me interpellati, dichiarano di aver rinvenuto il tutto conforme alla loro volontà e lo approvano.

1. Il modello presentato è redatto nella forma dell'atto pubblico. È consentita la stipulazione del contratto di rete tra imprese agricole anche nella forma della scrittura privata autenticata, nel qual caso sarà sufficiente l'autentica delle sottoscrizioni da parte di notaio o altro pubblico ufficiale autorizzato, senza che l'atto sia interamente redatto dal notaio.

2. Nel modello si indicano esclusivamente due parti, ma ovviamente è possibile prevedere un maggior numero di Imprese Aderenti, non richiedendo la disciplina che il contratto di rete sia stipulato solo da due parti.

3. Nel presente schema contrattuale si ipotizza l'istituzione di un Fondo Patrimoniale Comune, che però è facoltativa. Nel caso di mancata istituzione del Fondo Patrimoniale, quindi, gli artt. 5, 6 e 19 del presente schema contrattuale non dovranno essere inseriti.

4. La disciplina in materia di contratti di rete prevede solo l'obbligo di indicare la durata dello stesso, senza fissare una misura minima. Le parti, quindi, sono libere di determinare la durata del contratto. Occorre considerare, in ogni caso, che il contratto di rete è strumentale alla realizzazione di obiettivi strategici comuni, il che rende opportuno indicare una durata adeguata alla realizzazione degli obiettivi che difficilmente può quindi essere fissata in un lasso di tempo inferiore ai 4-5 anni.

5. Il presente modello di contratto è redatto tenendo conto dell'ipotesi più complessa in cui le imprese aderenti decidono di dotarsi di un fondo comune e di organi di amministrazione e rappresentanza. L'art. 3, comma 4-ter, lett. e) d.l. n. 5/2009 prevede, infatti, esclusivamente che si indichi nel contratto di rete l'organo comune “incaricato di eseguire il programma di rete, i suoi poteri anche di rappresentanza e le modalità di partecipazione di ogni impresa all'attività dell'organo”. Quindi la previsione del relativo funzionamento mediante Assemblea deve considerarsi eventuale e facoltativa, essendo sufficiente l'indicazione dell'organo incaricato dell'esecuzione del programma di rete.

Commento

Evoluzione normativa della nozione di “imprenditore agricolo”

Il codice civile distingue nettamente, all'interno della categoria dell'impresa in generale di cui all'art. 2082 c.c., l'impresa agricola, definita dall'art. 2135 c.c., dall'impresa commerciale, disciplinata invece dagli artt. 2188 e ss. c.c. L'art. 2135 c.c., nella sua originaria formulazione, era composto da due commi: il primo comma definiva l'imprenditore agricolo come colui che “esercita un'attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicultura, all'allevamento del bestiame e attività connesse”; le attività elencate in tale disposizione costituivano le tipiche e tradizionali attività agricole. Il secondo comma rendeva esplicita la nozione di “attività connesse” soltanto richiamate nel primo comma, definendo tali tutte quelle “attività dirette alla trasformazione o all'alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrano nell'esercizio normale dell'agricoltura”.

L'attuale formulazione dell'art. 2135 c.c., frutto delle innovazioni operate dall'art. 1 d.lgs. n. 228/2001 risulta strutturata in tre commi così formulati: “È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.

Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.

Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge”.

Il tenore complessivo della norma, come riformulata dal d.lgs. n. 228/2001, evidenzia un notevole ampliamento della definizione di impresa agricola, in conformità con l'evoluzione della stessa realtà dell'impresa agraria, che è divenuta sempre più, per certi versi, sempre più “indipendente” dall'elemento della mera utilizzazione del fondo in funzione produttiva secondo gli strumenti tradizionali e sempre più legata, invece, all'evoluzione tecnologica e all'utilizzo di strumenti meccanici e chimici tesi a favorire lo sviluppo del c.d. ciclo biologico e, quindi, la produzione di prodotti agricoli e di animali.

In questo senso assume particolare rilievo la previsione contenuta nel secondo comma della nuova formulazione dell'art. 2135 c.c., in cui si afferma espressamente che le attività di coltivazione del fondo, di selvicoltura e di allevamento di bestiame (ora di animali), considerate come attività agricole essenziali, costituiscono, in realtà, delle mere esemplificazioni di quello che è il vero nucleo caratterizzante l'attività agricola, ossia quelle attività consistenti nella “cura” e nello “sviluppo” di un ciclo biologico oppure di una fase necessaria di quest'ultimo, sia esso di carattere vegetale o animale. Con l'espressione “ciclo biologico” si allude al percorso in virtù del quale una determinata entità materiale dotata di vita organica, nasce, si sviluppa, muore ed eventualmente si riproduce; il riferimento è, evidentemente, al ciclo evolutivo naturale che contraddistingue i prodotti del regno animale e vegetale. La partecipazione alla cura e allo sviluppo del ciclo biologico, però, come si evince dalla lettura complessiva del secondo comma in esame, in cui si afferma “che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine”, non può comunque prescindere dalla presenza di tali elementi. Ne consegue, quindi, che la correlazione tra l'attività in considerazione ed il ciclo biologico (o la partecipazione a fasi di quest'ultimo) deve necessariamente passare attraverso l'utilizzo del fondo o di altri elementi naturali, come, appunto, il bosco, o le acque. Ciò induce ad escludere, quindi, che possano essere fatte rientrare nell'attività agricola quelle attività per lo svolgimento delle quali, pur contribuendosi a partecipare a determinate fasi del ciclo biologico, non si utilizzano in alcun modo il fondo o altri supporti naturali; si pensi, ad esempio, all'allevamento di animali effettuato solo tramite strumenti artificiali o alla coltivazione di vegetali in laboratorio.

Di particolare interesse è anche il riferimento contenuto, sempre all'interno del comma 2 dell'art. 2135 in esame, non solo al ciclo biologico in sé e per sé e considerato ma anche alle fasi necessarie di quest'ultima, considerandosi anche quest'ultima come attività agricola. Tale riferimento espresso alla “fase” del ciclo biologico non è casuale, ma appare anch'esso frutto dell'attenzione prestata dal legislatore del 2001 all'evoluzione dell'attività agricola, sempre più caratterizzata, proprio in conseguenza delle evoluzioni avvenute in ambito tecnologico, dalla parcellizzazione e divisioni del suddetto ciclo in singole fasi, caratterizzate, quindi, da una forte specializzazione; da ciò deriva, quindi, che si verifica sempre più frequentemente che una determinata impresa si occupi della produzione di un determinato prodotto agricolo non per l'intero ciclo biologico dal momento iniziale della relativa nascita/produzione a quello finale della commercializzazione, ma di una singola fase di tale ciclo.

Infine, sempre proseguendo con l'esame del concetto di impresa agricola, la ridefinizione dei contorni di quest'ultima ad opera della riforma del 2001 è avvenuta anche in relazione alla categoria delle attività agricole per connessione, disciplinate in precedenza dal secondo comma dell'art. 2135 c.c. ed attualmente dal terzo comma di tale disposizione.

La precedente formulazione della norma richiedeva che, affinché si fosse in presenza di attività connesse a quella agricola, che vi fossero “attività dirette alla trasformazione o all'alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrano nell'esercizio normale dell'agricoltura”. La norma, quindi, correlava la definizione di attività connesse al criterio della “normalità agricola”; quest'ultimo implicava che, in sostanza, potessero essere considerate agricole tutte quelle pratiche che nel tempo si fossero diffuse al punto da poter essere, appunto, considerate alla stregua di modalità normalmente utilizzate dagli imprenditori agricoli.

L'attuale formulazione della norma, invece, ha eliminato ogni riferimento al criterio della c.d. “normalità agricola” ed ha contemplato, in primo luogo, un elenco dall'ampio contenuto che ricomprende al suo interno anche attività di mera commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli, sempre che, però, si tratti di prodotti ottenuti, in misura prevalente, proprio attraverso la coltivazione del fondo o gli altri supporti naturali indicati dal sin dal primo comma della disposizione. Inoltre, nella seconda parte la disposizione in esame espande ulteriormente i confini delle attività connesse, ricomprendendovi anche quelle attività che hanno ad oggetto non già l'utilizzazione di prodotti agricoli, ma della struttura aziendale e delle relative attrezzature normalmente utilizzate nell'attività agricola (principale) esercitata. Interessante appare anche l'ultima parte di tale comma, nella quale si fa riferimento ad attività di “valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità”; in tale ambito possono essere ricomprese le attività finalizzate a fornire beni e servizi di natura ambientale alla collettività, come, ad esempio, escursioni di tipo naturalistico, così come quelle attività in cui i prodotti e i beni dell'azienda agricola siano utilizzati anche per assicurare l'ospitalità di terzi, ossia i cd. agriturismi.

Autonomia negoziale e regolamentazione dell'esercizio dell'impresa agricola: il contratto di rete

Un'importante innovazione in ordine alle modalità di esercizio dell'impresa agricola si è registrata con l'introduzione della possibilità per le imprese agricole di stipulare contratti di rete, attraverso i quali è possibile l'esercizio in comune da parte di più imprese agricole di attività produttiva agricola. Com'è noto, “Con il contratto di rete più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a tal fine si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all'esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell'oggetto della propria impresa” (art. 3, comma 4-ter d.l. n. 5/2009). Attraverso il contratto di rete, quindi, più imprenditori perseguono l'obiettivo di accrescere, individualmente e collettivamente, la capacità innovativa e la competitività sul mercato. Al fine di realizzare l'obiettivo comune individuato, le imprese aderenti al contratto di rete si impegnano, in virtù di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati, mediante l'assunzione di obblighi, che si sostanziano nello scambio di informazioni, nell'apporto di risorse umane e materiali, nell'effettuazione di prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica. È possibile, quindi, distinguere tra uno scopo-fine, costituito dall'obiettivo finale di “accrescere individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato”, per raggiungere il quale, quindi, le imprese aderenti alla rete programmano la realizzazione di una serie di attività in comune che costituiscono, in sostanza, altrettanti “scopi-mezzo”.

Si tratta, quindi, di un contratto teso a favorire forme di collaborazione e aggregazione tra imprese, allo scopo di facilitare lo scambio di know-how e di risorse e di rafforzare, quindi, in questo modo, la capacità produttiva delle imprese e la relativa competitività anche sul piano dei mercati internazionale. Il punto centrale del contratto di rete è quindi costituito dal programma di rete, perché attraverso quest'ultimo le imprese aderenti esplicano gli obiettivi che intendono raggiungere attraverso la costituzione della rete e, al contempo, individuano le modalità attraverso le quali si intendono raggiungere detti obiettivi, specificando, in particolare, l'attività che deve essere compiuta dalle singole imprese aderenti e i diritti e gli obblighi che fanno capo a queste ultime.

Attraverso il contratto di rete le imprese aderenti conservano la loro autonomia, soggettiva e patrimoniale, pur prevedendosi la costituzione di un fondo patrimoniale (o di un patrimonio separato) e di un sistema di amministrazione della rete tesi a conferire, quindi, alla rete di imprese una posizione simile a quella di una società o di un consorzio.

In particolare si distingue tra la fattispecie della rete-contratto, caratterizzata dal fatto che non è attribuita alcuna soggettività giuridica alla rete, distinta da quella delle imprese che ne fanno parte e dal fatto che, conseguentemente, la previsione della dotazione di un fondo patrimoniale e di organi comuni è una mera facoltà, dalla fattispecie della rete-soggetto, caratterizzata, invece, dall'essere dotata di soggettività giuridica con conseguente obbligo di dotazione di un fondo patrimoniale comune. La possibilità di dare luogo a rete-soggetto è stata introdotta dal d.l. n. 83/2012 e dal d.l.n. 179/2012; in questo modo, quindi, si è prevista espressamente la possibilità per le imprese aderenti alla rete di creare un soggetto autonomo, dotato, tra l'altro, di soggettività, anche sotto il profilo tributario (circolare 20/E del 18 giugno 2013 dell'Agenzia delle Entrate). È proprio nelle ipotesi di rete-soggetto che di regola è previsto nei contratti di rete che quest'ultima si doti di una struttura più articolata, attraverso un organo deliberativo ed uno di rappresentanza e di esecuzione del programma della rete. Anche in questo caso, va ribadito che le imprese aderenti conservano la loro autonomia rispetto alla rete di imprese costituite, la quale, a differenza che nell'ipotesi della rete-contratto, è dotata però di soggettività giuridica e di autonomia patrimoniale attraverso la previsione della creazione di un fondo comune.

Con il d.l. n. 91/2014 è stata espressamente prevista, con riferimento alle imprese agricole, una particolare disciplina relativa alla produzione agricola derivante da attività comune frutto della stipula di un contratto di rete da parte delle imprese agricole.

In particolare, l'art. 1-bis, comma 3 d.l. n. 91/2014 prevede che “Per le imprese agricole, definite come piccole e medie ai sensi del regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008, nei contratti di rete, di cui all'art. 3, comma 4-ter d.l. n. 5/2009, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 33/2009, e successive modificazioni, formati da imprese agricole singole ed associate, la produzione agricola derivante dall'esercizio in comune delle attività, secondo il programma comune di rete, può essere divisa fra i contraenti in natura con l'attribuzione a ciascuno, a titolo originario, della quota di prodotto convenuta nel contratto di rete”.

In base alla previsione normativa occorre, quindi, sotto il profilo soggettivo, perché possa operare l'effetto specifico previsto dalla disciplina speciale in tema di contratto di rete tra imprese agricole, che alla stipula di quest'ultimo prendano parte imprese agricole che rientrano nella definizione di piccole e medie imprese secondo la disciplina europea. Occorre, più specificamente, che si tratti di imprese definite medie e piccole secondo il Regolamento CE n. 800/2009, ossia imprese che, indipendentemente dalla forma giuridica individuale o collettiva, occupano meno di 250 persone, hanno un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro, o un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro.

Sotto il profilo oggettivo, invece, la caratteristica principale del contratto di rete agricolo è quella di consentire una condivisione dei vari fattori di produzione (risorse materiali e umane, beni strumentali) e del know how delle imprese che partecipano al contratto al fine di realizzare lo scopo comune individuato nel contratto, ossia la realizzazione di una produzione agricola che favorisca la crescita imprenditoriale delle imprese che ne fanno parte, assicurando una maggiore capacità di innovazione e una maggiore competitività delle stesse.

Il contratto di rete, secondo la disciplina dettata dall'art. 3, comma 4-ter e 4-quater d.l. n. 5/2009, deve essere redatto per atto pubblico o scrittura privata autenticata. Esso deve contenere, in primo luogo, la denominazione sociale delle imprese aderenti alla rete; inoltre, deve indicare le attività comuni che costituiscono la base sulla quale poggia l'esercizio in comune della rete. Ancora, il contratto deve descrivere un programma di rete che indichi gli obiettivi che si intendono realizzare in comune e, conseguentemente, i diritti e gli obblighi di ciascuna impresa partecipante assunti proprio al fine di realizzare i prefissati obiettivi. Con riferimento a questo aspetto è prevista a tal fine, in particolare, sia la possibilità di costituire un fondo patrimoniale comune sia la possibilità di destinare all'obiettivo perseguito n il contratto di rete un patrimonio separato co ai sensi dell'art. 2447-bis, primo 1, lett. a) c.c.

Inoltre, deve essere determinata la durata del contratto e individuate le ipotesi di recesso dallo stesso. Infine, sotto il profilo dell'operatività del sistema di rete tra imprese che si costituisce con il contratto in esame, è previsto che in esso sia indicato l'organo comune incaricato di eseguire il programma di rete, i relativi poteri di rappresentanza e anche le modalità con le quali è garantita la partecipazione di ogni impresa all'attività dell'organo. A tal fine le imprese potranno prevedere, ad esempio, l'istituzione di un organo assembleare, deputato all'adozione delle delibere concernenti gli scopi della rete.

Il contratto di rete è quindi un contratto formale, per il quale è previsto l'obbligo della forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o mediante firmato digitale da parte di ciascun imprenditore o legale rappresentante delle imprese aderenti, nel quale è necessario, in sostanza, che le parti definiscano in termini chiari e specifici qual è il programma che intendono realizzare attraverso l'apporto dato da ciascuna di esse, e, a tal scopo, individuino specificamente i diritti e gli obblighi che ciascuna impresa assume a tal fine per poter realizzare il programma comune.

È evidente, quindi, che la conclusione del contratto di rete non incide automaticamente sul profilo soggettivo, atteso che le imprese che partecipano al contratto restano distinte e autonome, a meno che le parti non abbiano inteso ricorrere alla figura della rete-soggetto, che, come osservato, costituisce un soggetto formalmente distinto dai contraenti, dotato di risorse proprie, acquisite attraverso il fondo patrimoniale o il patrimonio separato a ciò destinato. In quest'ottica, quindi, è possibile che le reti si dotino anche di organi ad hoc che hanno la funzione di assicurare l'esecuzione del programma di rete e di rappresentare all'esterno le imprese in rete.

L'aspetto più rilevante conseguente all'esercizio in rete dell'impresa agricola, sotto il profilo degli effetti, è costituito dal fatto che la produzione agricola che deriva dall'esercizio in comune delle attività, come concordato in base al programma comune, può essere divisa in natura tra le imprese partecipanti alla rete con previsione dell'attribuzione a ciascuna di esse di una quota di prodotto, secondo i termini convenuti nel contratto. La produzione così stimata e ottenuta è considerata come acquistata a titolo originario da ciascuna impresa partecipante, con conseguenze rilevanti sotto il profilo fiscale e in particolare in tema di applicazione dell'IVA; ciò considerato che, in sostanza, pur realizzandosi in questo modo una cessione di prodotti agricoli tra le imprese che fanno parte della rete, attraverso lo scambio di risorse strumentali alla produzione agricola, l'acquisto degli stessi viene considerato a titolo originario. Si pensi, ad esempio, alla possibilità che due imprenditori agricoli coltivino, sulle superfici di terreno di rispettiva proprietà, due diversi tipi di prodotti agricoli: in virtù del contratto di rete potranno decidere di dividere i quantitativi di prodotti agricoli così ottenuti, che saranno comunque considerati come propri di ciascun impresa partecipante alla rete a titolo originario e, quindi, come se derivassero dal terreno di ciascuno di essi. Il che sotto il profilo fiscale, e in particolare del regime IVA, comporta una conseguenza estremamente rilevante perché, ai fini dell'applicazione di quest'ultima, la ripartizione dei prodotti secondo le modalità previste nel contratto di rete non è considerata come conseguente ad una cessione, proprio per l'espressa qualificazione dell'acquisto come a titolo originario.

Proprio in considerazione delle rilevanti conseguenze sul piano fiscale ed in particolare del regime IVA, l'Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 75/E/2017, interpretando il comma 3 dell'art. 1-bis introdotto dal d.l. n. 91/2014, ha chiarito che, affinché l'acquisto di prodotti agricoli frutto dell'esercizio in comune dell'attività secondo le modalità fissate dal contratto di rete sia considerato a titolo originario occorre che, in primo luogo, tutte le imprese che fanno parte del contratto di rete svolgano attività agricole di base e, in caso di svolgimento di attività connesse, queste ultime comunque non devono essere prevalenti rispetto a quelle principali, alle quali occorre anche che siano legate da un rapporto di stretta complementarietà. È inoltre necessario che il contratto di rete preveda come obbligatoria la messa in comune dei terreni e che sia rispettato il principio dell'equivalenza nel contributo dato da ciascuna impresa alla rete, sia che avvenga nelle forme della condivisione di risorse umane che nella forma di apporto di strumenti tecnici. Ancora, è necessario che si osservi un criterio di proporzionalità, nel senso che la divisione della produzione agricola deve avvenire tra le imprese facenti parte della rete in misura proporzionale rispetto all'apporto che è stato dato da ciascuna impresa alla relativa realizzazione. Infine, occorre che i prodotti agricoli ottenuti in conseguenza dell'operatività del contratto di rete non vengano successivamente ceduti tra le imprese che partecipano alla rete.

È evidente, quindi, come si desume dai chiarimenti resi dall'Agenzia delle Entrate, che la finalità che si intende perseguire è quella di fare sì che il contratto di rete tra imprese agricole costituisca uno strumento attraverso il quale realizzare effettivamente una forma di cooperazione nello svolgimento dell'obiettivo comune e che, quindi, l'esercizio in comune dell'attività agricola non sia soltanto apparente, come appunto avverrebbe nel caso in cui si consentisse la successiva cessione di prodotti tra le imprese agricole che ne fanno parte; ciò, infatti, darebbe luogo, dal punto di vista fiscale, alla realizzazione di un meccanismo meramente elusivo dell'IVA, perché sostanzialmente la produzione in comune sarebbe solo apparente e fittizia.

La difficile distinzione tra imprenditore agricolo e imprenditore commerciale

Alla luce dell'introduzione dell'ulteriore strumento del contratto di rete per le imprese agricole e considerata l'attuale formulazione dell'art. 2135 c.c. si registra, quindi, un significativo ampliamento dei contorni dell'impresa agricola - peraltro ulteriormente dilatata da alcune disposizioni, come quelle contenute nella l. n. 313/2004 che ha incluso tra le attività agricole connesse anche l'apicoltura - che induce ad interrogarsi sull'opportunità della persistente differenza di statuto tra impresa commerciale ed impresa agricola, e ciò specialmente se si considera che, come si è evidenziato, nell'evoluzione di quest'ultima assume un peso sempre crescente il ricorso ad attrezzature, macchinari e strumenti tecnologici che, quanto meno, si affiancano all'utilizzo produttivo del fondo (e di supporto naturale ad esso assimilato).

Secondo la ricostruzione dottrinale prevalente, infatti, la sottrazione dell'imprenditore agricolo alle procedure concorsuali si giustifica, in ultima analisi, per il fatto che l'attività imprenditoriale agricola si caratterizza per essere soggetta al rischio climatico ed ambientale, a differenza di quella imprenditoriale tout court e commerciale in particolare, poiché soltanto nel caso dell'attività agricola alcune circostanze come le variazioni climatiche e il verificarsi di eventi atmosferici non controllabili possono incidere in maniera significativa sulla produzione agricola giungendo finanche ad azzerarla. Si tratta, quindi, di un rischio peculiare, ulteriore e differente rispetto al rischio d'impresa che caratterizza l'attività imprenditoriale commerciale e la cui incidenza può essere decisiva rispetto all'andamento dell'impresa agricola. Parte della dottrina ha sul punto osservato come, da un lato, l'evoluzione tecnologica abbia notevolmente ridotto questo tipo di rischio, nel senso che le innovazioni tecnologiche consentono di svincolare la produzione agricola da fenomeni imprevedibili legati al fattore ambientale e atmosferico e, dall'altro, come la medesima evoluzione tecnologica, di cui da conto la stessa definizione contenuta nell'art. 2135 c.c. come attualmente formulato, abbia reso, per certi versi, l'attività di impresa agricola più vicina a quella industriale, nel senso che essa fa sempre più ricorso a strumenti tecnologici e mezzi meccanici, il che la rende sempre più affine all'attività imprenditoriale di tipo commerciale.

Ciononostante, anche in occasione delle modifiche apportate dalla citata l. n. 228/2001 sono rimaste ferme le distinzioni principali tra la disciplina dell'imprenditore commerciale e dell'imprenditore agricolo, e segnatamente, l'esonero di quest'ultimo dall'obbligo di regolare tenuta delle scritture contabili e la non assoggettabilità alla procedura fallimentare, quest'ultima desumibile “a contrario” dal fatto che gli artt. 1 della legge fallimentare (r.d. n. 267/1942) e 2221 c.c. fanno espresso riferimento all'imprenditore commerciale. E così, anche con la riforma del diritto fallimentare operata con il d.lgs. n. 5/2006, si è ribadita la previsione secondo cui le disposizioni dettate in tema di fallimento e di concordato preventivo trovano applicazione solo con riferimento agli imprenditori che esercitano attività commerciale.

Una parziale apertura si è registrata con l'art. 23, comma 43, l. n. 111/2011, che ha previsto la possibilità anche per gli imprenditori agricoli che versino in stato di crisi di avvalersi degli accordi di ristrutturazione dei debiti, oltre che della transazione fiscale di cui agli artt. 182-bis e ter della Legge Fallimentare. Analogamente anche la l. n. 3/2012, in tema di crisi da sovraindebitamento, nel prevedere un procedimento ad hoc per quei debitori che non siano assoggettabili alle procedure concorsuali, sembra certamente applicabile anche agli imprenditori agricoli, che ben possono rientrare in quest'ultima categoria. L'unica innovazione normativa, che ha avvicinato lo statuto dell'imprenditore agricolo a quello dell'imprenditore commerciale, è allora rappresentata dalla previsione contenuta nell'art. 2 d.lgs. n. 228/2001 in virtù della quale l'iscrizione degli imprenditori agricoli in sezioni speciali del registro delle imprese non assolve più esclusivamente ad una funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia, ma acquista anche l'efficacia dichiarativa che ha, ai sensi dell'art. 2193 c.c., l'iscrizione nel registro delle imprese delle vicende relative alle imprese commerciali per le quali è prevista l'iscrizione.

Le evidenziate rilevanti differenze che continuano ad esistere tra la disciplina dell'impresa commerciale e quella dell'impresa agricola e, in particolar modo, la previsione della non assoggettabilità di quest'ultima alle procedure concorsuali in generale e a quella fallimentare in particolare - con tutto ciò che ne consegue in tema di rischio che assumono in concreto i creditori che si interfacciano con l'impresa agricola in caso di insolvenza di quest'ultima - hanno condotto e conducono a frequenti pronunce giurisprudenziali tese a indicare i criteri ermeneutici che devono guidare gli interpreti nel classificare in concreto l'impresa come agricola o come commerciale. In questo senso, si è affermato che “Ai fini dell'esenzione dal fallimento di una impresa agricola, è irrilevante l'organizzazione della stessa in forma societaria, come pure le previsioni statutarie in ordine al suo oggetto sociale, poiché, ai sensi dell'art. 1 d.lgs. n. 99/2004, anche le società di capitali possono esercitare l'impresa agricola, sicché, per essere dichiarate fallite, è sempre necessaria un'indagine volta a provare la natura commerciale dell'attività in concreto svolta” (Cass. I, n. 17343/2017).

In quest'ottica, quindi, si afferma la sostanziale irrilevanza della verifica in ordine all'eventuale veste societaria assunta dall'impresa, atteso che il dato formale, rappresentato, appunto, dalla veste assunta, è un elemento neutro che non incide sulla verifica che invece va svolta sul tipo di attività concretamente esercitata che potrebbe essere solo apparentemente di tipo agricola e costituire, piuttosto, per caratteristiche e modalità con le quali svolta, una vera e propria attività commerciale. A tal fine si è quindi più volte ribadito che il criterio che deve guidare l'interprete è quello di valutare che in concreto l'attività esercitata corrisponda a quanto previsto nell'art. 1 d.lgs. n. 228/2001, atteso che soltanto in questo caso l'attività può essere considerata agricola e quindi non soggetta a fallimento (Cass. I, n. 9788/2016).

Le principali problematiche applicative, in questa prospettiva, investono proprio il profilo delle attività c.d. “connesse”, disciplinate dall'attuale formulazione dell'art. 2135 c.c., rispetto alle quali può risultare più complessa la verifica in ordine al tipo di attività esercitata e, quindi, l'accertamento della natura effettivamente agricola o meno dell'attività di impresa. In questi casi si è affermato che il criterio da seguire è quello della prevalenza, nel senso che occorre pur sempre, pur in presenza di attività connesse ai sensi dell'art. 2135, comma 3 c.c., che tali attività, quali ad esempio quelle di trasformazione e commercializzazione di prodotti, non assumano rilievo preminente rispetto a quelle di coltivazione, allevamento e silvicoltura, ossia quelle agricole c.d. “essenziali” riconducibili al primo comma dell'art. 2135 c.c. che deve sempre essere presente.

In particolare, si è affermato che attività come quelle di macellazione, lavorazione, trasformazione, confezionamento e commercializzazione di prodotti agricoli e zootecnici, anche nel caso in cui questi ultimi siano conferiti dai soci, non possono essere qualificate come attività agricole connesse, atteso che occorre pur sempre che queste ultime siano esercitate in correlazione con l'attività agricola propriamente intesa.

Secondo tale ricostruzione, quindi, il riferimento alle attività connesse contemplato dall'art. 2135 c.c. non implica la creazione di un'ulteriore figura di imprenditore agricolo, ma presuppone pur sempre che si sia in presenza dell'esercizio di un'impresa agricola; con la conseguenza che, a ben vedere, l'imprenditore agricolo “per connessione” è pur sempre un imprenditore agricolo, cioè un soggetto che esercita attività di coltivazione del fondo, selvicoltura e allevamento di animali e che inoltre svolge attività diverse, quali, appunto, quelle di trasformazione e macellazione di prodotti animali, e che però devono pur sempre presentare un collegamento funzionale con l'attività agricola in senso stretto. Pertanto, non rientra nella categoria dell'imprenditore agricolo, con conseguente non operatività dello statuto dell'impresa agricola e, quindi, con possibile assoggettabilità alle procedure concorsuali, il soggetto che svolga esclusivamente attività agricole per connessione, prescindendo, quindi, completamente dall'esercizio di un'attività agricola in senso stretto o esercitando quest'ultima in misura marginale o comunque non prevalente (Cass. VI, n. 22978/2016).

È evidente, allora, che all'estensione del concetto di impresa agricola, e in special modo del concetto di attività agricole connesse, operata dalla riforma del 2001, ed all'ulteriore ampliamento delle modalità di esercizio costituito dalla possibilità per le imprese agricole di stipulare i contratti di rete, fa da contraltare un'interpretazione giurisprudenziale rigorosa che postula pur sempre la centralità dell'esercizio dell'impresa agricola intesa come attività che basa la propria produzione biologica sui tipici elementi naturali costituiti dalla coltivazione del fondo, dalla cura del bosco e dall'allevamento di animali; ciò si giustifica proprio in considerazione del fatto che l'esercizio dell'impresa agricola, come si è visto, è sottratto all'applicazione della quasi totalità delle norme che disciplinano l'impresa commerciale e, in particolare, al rischio del fallimento (e dell'assoggettamento alle altre procedure concorsuali), il che rende necessario che si verifichi in concreto che si sia in presenza effettivamente di un'attività di impresa agricola e non di una attività commerciale vera e propria che presenta solo apparentemente i caratteri della prima.

Da ciò consegue anche che, in questi casi, grava sul soggetto che invoca l'esonero dall'applicazione della disciplina fallimentare l'onere di dimostrare in concreto che l'attività esercitata costituisca effettivamente attività imprenditoriale agricola e, in caso di attività connesse, che queste ultime non assumano rilievo preminente, nel senso che attività connesse come quelle di conservazione e commercializzazione devono avere ad oggetto prodotti agricoli che siano pur sempre conseguiti in misura prevalente attraverso la coltivazione del proprio fondo (Cass. I, n. 16614/2016).

Si tratta, infatti, di una circostanza esimente, al pari della carenza del requisito dimensionale (art. 1 l. fall.), che, implicando l'esistenza di uno status particolare sottratto al fallimento, postula che la relativa prova sia fornita dal soggetto debitore; ciò anche in applicazione del principio di vicinanza dell'onere della prova, ed al fine di evitare, quindi, che il creditore sia gravato di una vera e propria probatio diabolica, in quanto costretto ad acquisire informazioni interne relative allo svolgimento dell'attività aziendale. Al contempo deve osservarsi che la prospettazione della natura agricola dell'impresa non costituisce un'eccezione in senso stretto, con la conseguenza che è possibile, anche in relazione alla verifica in concreto della sussistenza dei presupposti che giustifichino il mancato assoggettamento allo statuto dell'imprenditore commerciale, che siano esercitati in sede giudiziale i poteri ufficiosi del giudice, giustificati dalla natura pubblicistica degli interessi sottesi alla procedura fallimentare (Cass. I, n. 2323/1997; Cass. I, n. 24310/2011; Cass. I, n. 16614/2016).

L'accertamento in ordine alla natura agricola o commerciale dell'attività di impresa esercitata non deve essere, peraltro, condotta sulla base dei criteri dettati dalle leggi regionali, che possono fungere solo ed esclusivamente da supporto interpretativo, ma sulla scorta di criteri uniformi che, come tali, valgano per l'intero territorio nazionale, quale appunto, la previsione dell'art. 2135, comma 3 c.c. da cui non è possibile prescindere (Cass. I, n. 8690/2013).

La verifica, inoltre, va effettuata attribuendo rilievo a criteri sostanziali come l'estensione del terreno utilizzato per l'esercizio di attività agricola e l'entità della produzione agricola propria, non essendo sufficiente il dato formale della mera iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese dedicata alle imprese agricole.

In questa prospettiva, con riferimento ad una delle attività imprenditoriali agricole che maggiormente si è diffusa negli ultimi anni, ossia l'attività di agriturismo, si è affermato che, affinché quest'ultima possa essere considerata come impresa agricola, in particolare attraverso la previsione del terzo comma dell'art. 2135 c.c. che ricomprende nell'ambito delle cd. attività agricole connesse anche quelle di “ricezione ed ospitalità”, occorre che ricorrano contemporaneamente sia la condizione della sussistenza della qualifica di imprenditore agricolo in capo al soggetto che la esercita - da intendersi, evidentemente, ai sensi dell'art. 2135, comma 1 c.c. - sia la condizione della sussistenza di un rapporto di “connessione e complementarietà”, nel senso che l'attività di agriturismo deve costituire pur sempre un'attività accessoria rispetto a quella agricola intesa in senso stretto, che deve continuare a costituire l'attività prevalente (Cass. V, n. 24430/2008; Cass. VI, n. 10905/2011). Con l'ulteriore conseguenza che, qualora manchi in concreto, in chi svolge l'attività di agriturismo, la qualità di imprenditore agricolo, o qualora manchi il rapporto di connessione con l'attività agricola, e analogamente quando quest'ultima sia del tutto secondaria, l'attività di agriturismo non potrà essere considerata attività agricola connessa e, quindi, sarà soggetta al rischio del fallimento. In linea con la definizione più moderna di impresa agricola, e tenendo conto anche dell'attuale disciplina in tema di azienda agrituristica dettata dalla l. n. 96/2006. si è affermato che “L'apprezzamento, in concreto, della ricorrenza dei requisiti di connessione tra attività agrituristiche ed attività agricole, nonché della prevalenza di queste ultime rispetto alle prime, va condotto alla luce dell'art. 2135, comma 3, c.c., integrato dalle previsioni della l. n. 96/2006 sulla disciplina dell'agriturismo, tenuto conto che quest'ultima costituisce un'attività para-alberghiera, che non si sostanzia nella mera somministrazione di pasti e bevande, onde la verifica della sua connessione con l'attività agricola non può esaurirsi nell'accertamento dell'utilizzo prevalente di materie prime ottenute dalla coltivazione del fondo e va, piuttosto, compiuta avuto riguardo all'uso, nel suo esercizio, di dotazioni (quali i locali adibiti alla ricezione degli ospiti) e di ulteriori risorse (sia tecniche che umane) dell'azienda, che sono normalmente impiegate nell'attività agricola” (Cass. n. 8690/2013).

La decisione richiamata assume particolare rilievo perché appare maggiormente in linea con l'evoluzione dell'impresa agricola, così come sostanzialmente recepita anche dalla attuale formulazione dell'art. 2135 c.c., in base alla quale assume una rilevanza sempre maggiore, rispetto al tradizionale criterio dello sfruttamento del fondo, anche l'elemento rappresentato dall'utilizzo di dotazioni strutturali e meccaniche pur sempre funzionali ad esercitare l'attività agricola.

Profili fiscali

Il reddito agrario esprime la redditività media derivante dall'esercizio di attività agricole nei limiti della potenzialità del terreno ed è determinato mediante l'applicazione di tariffe d'estimo stabilite dalla legge catastale per ciascuna coltivazione e deve essere rapportato al capitale d'esercizio e al lavoro di organizzazione della produzione impiegati dal soggetto che esercita l'attività agricola.

Il reddito delle attività agricole svolte da società di persone e di capitali e da enti commerciali viene determinato secondo le ordinarie regole del reddito di impresa.

Sono tenuti a dichiarare il reddito agrario i contribuenti che esercitano su un fondo un'attività agricola di coltivazione, di silvicoltura o di allevamento, a prescindere dal presupposto giuridico che li lega al fondo, sia esso un diritto di proprietà, un altro diritto reale, ovvero lo conducano sulla base di un contratto di locazione. In quest'ultimo caso, l'obbligo di dichiarare il reddito agrario decorre dalla data di effetto del contratto.

Ai fini fiscali, la qualificazione del reddito come agrario, dipende esclusivamente dall'attività svolta.

Titolare del reddito agrario è, infatti, colui che esercita l'impresa agricola, svolgendo un'attività diretta: alla coltivazione del fondo; alla silvicoltura; all'allevamento degli animali e attività connesse (cd. attività agricole principali).

La l. n. 350/2003 (finanziaria per il 2004) ha introdotto nuove regole per la determinazione del reddito agrario, ampliando l'ambito delle attività considerate agricole per connessione e prevedendo una nuova modalità di determinazione del reddito di impresa per le attività che eccedono i limiti di reddito agrario.

Tale reddito viene quindi calcolato non facendo riferimento alla nozione di “esercizio normale dell'agricoltura”, ma sulla base del criterio di “prevalenza”, in forza del quale si devono considerare attività agricole per connessione tutte quelle attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, con riferimento a particolari beni individuati ogni due anni con apposito decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze.

La Finanziaria per il 2004 ha poi introdotto una nuova disposizione nel TUIR (art. 56-bis d.P.R. n. 916/1987), che prevede una specifica disciplina per le attività agricole, diverse dall'allevamento di animali, che eccedono i limiti del reddito agrario.

In particolare, è stata prevista una nuova modalità di determinazione del reddito di impresa per le seguenti attività agricole:

- attività dirette alla produzione di vegetali - per le attività dirette alla produzione di vegetali, che eccedono i limiti del reddito agrario, in quanto esercitate tramite l'utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, con una superficie adibita alla produzione che eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste, il reddito relativo alla parte eccedente concorre a formare il reddito nell'ammontare corrispondente al reddito agrario relativo alla superficie sulla quale la produzione insiste in proporzione alla superficie eccedente;

- attività connesse - per le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, valorizzazione e commercializzazione di prodotti diversi da quelli ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, il reddito è determinato applicando all'ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione ai fini Iva, conseguiti con tali attività, il coefficiente di redditività del 15%;

- attività dirette alla fornitura di servizi - per le attività dirette alla fornitura di servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità, il reddito è determinato applicando all'ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione ai fini Iva, conseguiti con tali attività, il coefficiente di redditività del 25%.

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