Società consortile “a ribaltamento costi” costituita dopo l'aggiudicazione della gara: sussiste la responsabilità solidale delle imprese socio-consorziate

Alessandro Balzano
26 Aprile 2019

Il Tribunale di Milano si è pronunciato all'esito del giudizio di opposizione ad un decreto ingiuntivo concesso ad un'impresa subappaltatrice in danno sia della società consortile che delle sue imprese socio-consorziate.
Massima

La pronuncia affronta il tema, di grande attualità, relativo alla responsabilità solidale delle imprese socio-consorziate per le obbligazioni assunte nei confronti dei terzi da parte di una s.c.a.r.l. costituita - a seguito dell'aggiudicazione di un appalto pubblico - dalle imprese facenti parte dell'ATI che ha preso parte alla procedura di gara.

In materia di appalti pubblici, il principio di diritto della cd. autonomia patrimoniale “perfetta” delle società di capitali sancito dall'art 2462 c.c. (secondo cui delle obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio), deve ritenersi derogato in ragione del carattere di “specialità” della normativa di settore con la conseguenza che - in virtù del combinato disposto tra gli art. 37 del D. Lgs. 163/06 e 93 del DPR 207/2010 - sussiste la responsabilità solidale tra una società consortile e le sue imprese socio-consorziate per obbligazioni assunte nei confronti dei terzi, a nulla rilevando che l'obbligazione assunta nei confronti del terzo sia sorta in capo alla s.c.a.r.l. dopo l'aggiudicazione dell'appalto.

Il caso

Il Tribunale di Milano si è pronunciato all'esito del giudizio di opposizione ad un decreto ingiuntivo concesso ad un'impresa subappaltatrice in danno sia della società consortile che delle sue imprese socio-consorziate.

Nell'ambito di un rapporto concessorio (infrastrutture strategiche) il General Contractor affidava - ex art. 176 e s.s. D.Lgs. 163/2006 (norma applicabile ratione temporis) - una serie di contratti per le attività di progettazione e di realizzazione dell'opera, in esecuzione dell'obbligo previsto nella originaria concessione di appaltare almeno il 30% delle opere tramite pubblici incanti.

Nell'ambito di tali affidamenti parte dell'intervento veniva aggiudicato ad A.T.I. costituita ex art. 37 del D.Lgs. 163/2006.

Onde garantire l'esecuzione unitaria dell'intervento - e disporre di un (unico) strumento operativo - le imprese dell'A.T.I. costituivano una società consortile (di seguito anche s.c.a.r.l.) ai sensi dell'art. 93 del D.P.R. 207/2010 (norma anch'essa applicabile ratione temporis) le cui socio-consorziate erano le stesse imprese - e con le medesime quote di partecipazione - che si erano riunite nell'A.T.I. aggiudicataria dell'intervento.

Durante l'esecuzione delle opere, la società consortile affidava in subappalto (anche tramite un contratto di nolo a caldo) quota parte dei lavori oggetto di affidamento.

L'impresa subappaltatrice, lamentando il mancato ed ingiustificato pagamento dei lavori regolarmente eseguiti per conto della s.c.a.r.l., ha agito in via monitoria per il pagamento del corrispettivo maturato chiedendo, in via solidale, la condanna al pagamento sia della s.c.a.r.l. (sua diretta committente) che delle due società socio-consorziate (ovverosia delle imprese facenti parte dell'A.T.I. che avevano costituito la s.c.a.r.l. stessa).

Il decreto ingiuntivo - concesso nei termini richiesti dal subappaltatore - è stato opposto (soltanto) da una delle consorziate la quale, con un articolato iter argomentativo, ha chiesto dichiararsi l'insussistenza del vincolo di solidarietà passiva delle società socio-consorziate e, pertanto, l'inammissibilità del decreto ingiuntivo concesso anche nei loro riguardi.

La questione

La società opponente ha preliminarmente eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, ritenendo insussistente il vincolo di responsabilità solidale delle socio-consorziate.

In particolare, l'opponente ha eccepito l'inapplicabilità al contratto di subappalto dell'art. 37 D.Lgs. 163/2006 e del regime di solidarietà in esso contenuto, attesa la peculiare disciplina prevista dall'art. 176, comma n. 6 del Codice nell'ambito di un appalto affidato ad un contraente generale.

In secondo luogo, l'opponente ha anche eccepito l'insussistenza di qualsivoglia forma di responsabilità solidale per i debiti contratti dalla consortile in ragione del principio generale dettato dall'art. 2462 c.c. secondo cui per le obbligazioni assunte da una società di capitali risponde esclusivamente la società con il suo patrimonio, senza alcun coinvolgimento patrimoniale dei soci (cd. autonomia patrimoniale “perfetta”).

Sulla applicabilità (o meno) dell'art. 37 D.Lgs. 163/2006 - oggi trasfuso nell'art. 48 del D.Lgs. 50/2016 - al contratto di subappalto concluso con la s.c.a.r.l. La prospettazione del subappaltatore muove invece dall'esistenza di un vincolo di solidarietà tra la s.c.a.r.l. e le sue società socio-consorziate in ragione del principio sancito dall'art. 37 del D.Lgs. 163/06 secondo cui l'offerta dei concorrenti raggruppati determina la loro responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante, del subappaltatore e dei fornitori.

La società opponente, viceversa, ha eccepito che l'applicazione di tale norma al rapporto sorto inter partes contrasterebbe con la disciplina prevista dall'art. 176, comma 6, del D.Lgs. 163/2006 in tema di affidamento a “general contractor” in quanto il contratto di subappalto avrebbe natura strettamente privatistica, con conseguente inapplicabilità del Codice dei contratti pubblici.

Secondo tale interpretazione, difatti, quando il contraente generale provvede all'esecuzione delle opere per mezzo di una società di progetto (come avvenuto nel caso di specie) i rapporti tra quest'ultimo ed i terzi sarebbero di natura privatistica, con conseguente inapplicabilità della disciplina giuspubblicistica prevista dal Codice degli appalti e dal suo Regolamento di attuazione.

Sulla responsabilità solidale delle società socio-consorziate della società consortile costituita ex art. 93 del D.P.R. 207/2010 e la presunta (in)applicabilità dell'art. 37 del D. Lgs. 163/2006 al contratto di subappalto nell'ambito del rapporto tra società consortile e subappaltatore. La società opponente ha inoltre eccepito che il vincolo di solidarietà previsto dall'art. 37, quinto comma del D.Lgs. 163/2006, non troverebbe applicazione in favore del subappaltatore in quanto tale responsabilità sarebbe limitata alle sole ipotesi in cui la società consortile sia stata costituita prima dell'aggiudicazione del contratto di appalto [nel caso di specie, viceversa, la s.c.a.r.l. era stata costituita dai membri dell'A.T.I. solo successivamente all'aggiudicazione] con conseguente inapplicabilità anche dell'art. 93 del D.P.R. 207/2010.

Secondo tale interpretazione, la norma - pur facendo salve le responsabilità della consortile “ai sensi del Codice” - dovrebbe riferirsi esclusivamente alle obbligazioni assunte prima della costituzione della società consortile in quanto, diversamente ragionando, la norma avrebbe dovuto fare esplicito riferimento ai “soci” della società (ex plurimus, Corte d'Appello di Milano, sentenza 22 maggio 2017, n. 2164; Corte d'Appello di Milano, sentenza 24 ottobre 2017, n. 4449; Tribunale di Milano, sez. VII, sentenza 28 maggio 2018, n. 6192).

A ciò la società opponente ha aggiunto che l'inesistenza del vincolo di solidarietà tra socio e società consortile troverebbe conferma nel principio generale di diritto sancito dall'art. 2462 c.c. secondo cui per le obbligazioni sociali risponde soltanto - ed esclusivamente - la società con il suo patrimonio.

Secondo l'opponente, quindi, alle società consortili ex art. 93 del D.P.R. 207/2010 troverebbe applicazione il regime di responsabilità che il codice civile ha previsto per ciascuna tipologia di società con la conseguenza che - trattandosi nel caso di specie di una società consortile a r.l. - le socio-consorziate beneficerebbero della responsabilità limitata tipica della forma societaria, con conseguente inapplicabilità dell'art. 37 del D.Lgs. 163/06 ed esclusione, quindi, della responsabilità solidale per le obbligazioni assunte dalla s.c.a.r.l.

§

Le soluzioni giuridiche

Le argomentazioni spese dalla società debitrice non hanno tuttavia convinto il Giudice dell'opposizione.

L'iter argomentativo del Tribunale muove dalla dirimente questione, tutt'altro che pacifica, in merito alla derogabilità (o meno) del principio generale dell'autonomia patrimoniale “perfetta” delle società sancito dall'art. 2462, comma 1, c.c. in ragione del carattere di “specialità” della normativa gius-pubblicistica prevista per i contratti pubblici e, quindi, se le norme in tema di responsabilità delle consorziate di una consortile a r.l. deroghino - ed in che misura - ai principi generali sanciti dal codice civile (recte, art. 2462, comma 1, c.c.).

Il Tribunale ha quindi richiamato il principio sancito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 18113 del 27.11.2003 secondo cui la regola generale di cui all'art. 2462, comma 1, c.c., può essere derogata in materia di appalti pubblici stante il carattere eccezionale della responsabilità illimitata e solidale dei consorziati per le obbligazioni assunte dalla società consortile nei confronti dei terzi.

La Suprema Corte ha difatti chiarito che tale deroga è dimostrata “[…] dalla specifica previsione normativa in tal senso, originariamente nei soli confronti dell'ente appaltante (art. 21, legge n. 584 del 1977 ed art. 23, comma settimo, D. Lgs. n. 406 del 1991) e, successivamente, nei confronti anche dei subappaltatori e dei fornitori dall'art. 13, comma secondo, legge n. 109 del 1994 […]”.

Compiute tali premesse, il Tribunale ha preliminarmente chiarito che i diffusi richiami giurisprudenziali (Corte d'Appello di Milano, sentenza 22 maggio 2017, n. 2164; Corte d'Appello di Milano, sentenza 24 ottobre 2017, n. 4449; Tribunale di Milano, sez. VII, sentenza 28 maggio 2018, n. 6192; Cassazione Civile, Sentenza n. 7734/2016 e Cassazione Civile, Sentenza n. 7473/2017.)[1] della parte opponete - che si limitano a ribadire soltanto in linea generale l'inderogabilità del principio sancito dall'art. 2462 c.c. - sono del tutto inconferenti e non colgono il fulcro della questione.

Allo stesso modo, anche il [parziale] richiamo alla sentenza n. 18113/2003 della Corte di Cassazione, non appare sufficiente a superare il principio della derogabilità del regime civilistico in ragione del carattere speciale della normativa di settore prevista per gli appalti pubblici.

Il Tribunale ha difatti chiarito che se da un lato la sentenza della Cassazione ha affermato - in linea generale - che il principio sancito dall'art. 2462, comma 1 c.c. è inderogabile, dall'altro ha precisato che tale principio può essere derogato in materia di appalti pubblici allorquando tale previsione è sancita da specifiche norme di legge.

Chiarita, dunque, la derogabilità dello “scudo” della responsabilità per le società consortili a r.l., il Tribunale ha focalizzato la propria attenzione sulle norme speciali che giustificano, nel caso di specie, tale deroga.

La prima cui occorre far riferimento è l'art. 37, quinto comma, D.Lgs. 163/2006 - norma applicabile ratione temporis ed oggi trasfusa nell'art. 48, comma 5 del D.Lgs. 50/2016 - secondo cui gli operatori economici raggruppati e/o consorziati sono solidalmente responsabili nei confronti della stazione appaltante, del subappaltatore e dei fornitori.

Tale norma va poi integrata - e letta in combinato disposto con l'art. 93 del D.P.R. n. 207/2010 (c.d. Regolamento di attuazione, anch'esso applicabile ratione temporis).

Il comma n. 1 dell'art. 93 del citato Regolamento, difatti, prevede(va) che i concorrenti riuniti o consorziati, possono costituire - successivamente all'aggiudicazione della gara - una società, anche consortile, per l'esecuzione unitaria, totale o parziale, dei lavori appaltati.

Tale disposizione, va poi ulteriormente coordinata con il comma 2 dello stesso art. 93 il quale - a sua volta - precisa(va) che la società così costituita subentra nell'esecuzione del contratto senza che ciò integri alcuna ipotesi di subappalto o cessione di contratto “[…] ferme restando le responsabilità dei concorrenti riuniti o consorziati ai sensi del codice […]” (recte, quella prevista dal sopracitato art. 37 del D.Lgs. 163/06).

Così delineato il quadro normativo di riferimento, il Tribunale meneghino ha quindi affermato che gli artt. 37 del D.Lgs. 163/06 e 93 del D.P.R. 207/2010 - letti in combinato disposto - rappresentano le specifiche norme di legge che permettono, secondo l'insegnamento della Cassazione, di derogare al regime previsto dall'art. 2462 c.c., anche in ragione dell'espresso rinvio alla “[…] responsabilità dei concorrenti riuniti o consorziati ai sensi del codice […]” previsto dal comma n. 2 dell'art. 93 cit.

Tale rinvio, deve infatti riferirsi al regime di responsabilità previsto dall'art. 37, comma n. 5, del D.Lgs. 163/06 e, pertanto, alla responsabilità solidale delle società raggruppate/consorziate per le obbligazioni assunte nei confronti dei terzi (subappaltatori e fornitori).

Sulla presunta responsabilità solidale delle imprese socio-consorziate di una società consortile costituite prima dell'aggiudicazione della gara. Chiarito quanto sopra, ilTribunale è passato al vaglio della seconda censura sollevata dall'opponente secondo cui, in ogni caso, la responsabilità solidale dei consorziati sussisterebbe esclusivamente nel caso in cui la consortile sia stata costituita prima della aggiudicazione della gara.

Neppure tale censura, tuttavia, ha scalfito il convincimento del Giudice.

Secondo il Tribunale di Milano, difatti, tale interpretazione confliggerebbe - anzitutto - con i principi costituzionali di ragionevolezza ed uguaglianza (ex art. 3), non potendosi ritenere che il legislatore abbia inteso “trattare” in modo difforme soggetti identici in fattispecie, sostanzialmente, identiche.

Anche in questo caso, l'iter argomentativo del Tribunale è molto preciso.

Il previgente Codice degli appalti, all'art. 34, comma 1, nel prevedere espressamente che alle procedure ad evidenza pubblica potessero partecipare “[...] e) i consorzi ordinari di concorrenti di cui all'articolo 2602 del codice civile, costituiti tra i soggetti di cui alle lettere a), b) e c) del presente comma, anche in forma di società ai sensi dell'articolo 2615-ter del codice civile […], alla lettera f) precisava che a tali operatori si applicavano le disposizioni di cui al successivo art. 37.

E tale norma, come già chiarito, riconosce(va) la responsabilità solidale dei consorziati - sin dalla fase dell'offerta (e dunque prima della aggiudicazione) - nei confronti della stazione appaltante, del subappaltatore e dei fornitori.

Tanto è sufficiente, a giudizio del Tribunale, a fugare ogni dubbio di sorta in quanto il già citato art. 34 rinvia espressamente al regime di responsabilità dei raggruppamenti e dei consorzi previsto dall' all'art. 37 (precisando che tale vincolo sorge sin dalla presentazione dell'offerta).

Un'interpretazione costituzionalmente orientata delle norme citate porta a ritenere, quindi, che i terzi contraenti (subappaltatori, fornitori, etc. etc.) non debbano essere “discriminati” per il sol fatto che la società consortile sia stata costituita soltanto dopo l'aggiudicazione della gara.

Sul punto, il Tribunale ha anche speso una serie di argomenti - pienamente condivisibili - che rispondono anche a ragioni di giustizia sostanziale.

Difatti, indipendentemente dal segmento temporale in cui si colloca la costituzione della società consortile, è fuori dubbio che il meccanismo delineato dal Codice degli appalti - integrato dal D.P.R. 207/2010 - determina che tra il concorrente associatosi in sede di gara (A.T.I. o Consorzio che sia) e la società consortile costituita ex art. 93 del Regolamento, vi sia una integrale e perfetta sovrapposizione.

Difatti, non solo la norma regolamentare dispone(va) espressamente - al comma n. 2 - il subentro della società consortile nell'esecuzione totale o parziale dell'appalto ma, soprattutto, il comma n. 4 del medesimo art. 93 obbliga(va) tutti i concorrenti riuniti a far parte della costituenda società “[…] nella medesima percentuale di appartenenza al raggruppamento […]”.

Le conclusioni del Tribunale di Milano. In conclusione il Tribunale di Milano ha affermato che il vincolo di solidarietà previsto dall'art. 37, comma n. 5 del D.Lgs. 163/06 (oggi art. 48, comma n. 5 del D.Lgs. 50/2016) debba estendersi anche alla società consortile costituita ex art. 93 del D.P.R. 207/2010 ed alle sue società socio consorziate, indipendentemente dal momento della sua costituzione.

Le regole generali in tema di responsabilità limitata delle società di capitali, quindi, devono ritenersi derogate dalle specifiche disposizioni di settore tra le quali rientrano l'art. 93 del D.P.R. 207/2010 e, a cascata, l'art. 37 comma n. 5 del D.Lgs. 163/2006.

In ragione di tali rilievi il Tribunale, rigettando integralmente l'opposizione, ha quindi confermato il decreto ingiuntivo emesso anche nei confronti delle società socio-consorziate

Osservazioni

La pronuncia del Tribunale di Milano affronta un tema di grande attualità ed offre interessanti spunti di riflessione che meritano di essere approfonditi: alcuni di questi sono di carattere sostanziale (ovvero, più precisamente, di “giustizia sostanziale”) altri, invece, di carattere più propriamente tecnico-giuridico.

Profili pratici: le società consortili costituite ex art. 93 del D.P.R. 207/2010 e la prassi applicativa di tale strumento. Nel vuoto creato dal legislatore, l'apprezzabile e condivisibile sforzo interpretativo del Tribunale culmina, più che in una vera e propria soluzione “di diritto”, in una pronuncia di giustizia sostanziale.

È ormai diffusa, difatti, l'esigenza di garantire una tutela più incisiva alle piccole e medie imprese che troppo spesso vengono fagocitate, nell'ambito di sub-affidamenti, dai grossi gruppi imprenditoriali italiani.

Nella la prassi applicativa, difatti, l'utilizzo dello strumento delle società consortili ex art. 93 del D.P.R. 207/2010 - pur rispondendo ad esigenze operative tutt'altro che trascurabili - spesso e volentieri si traduce in uno “scudo” dietro il quale le società socio consorziate si nascondono per sottrarsi agli obblighi contrattuali assunti nei confronti dei terzi.

Difatti, i sub-contraenti che sottoscrivono il contratto con la società consortile si trovavano spesso a far valere le proprie pretese creditizie nei confronti di soggetti incapienti, con capitali sociali irrisori e senza alcuna garanzia patrimoniale (in gergo anche dette “scatole vuote”).

Le recenti vicende di cronaca legate alla realizzazione di infrastrutture strategiche (concessioni autostradali, realizzazioni di opere affidate a contraenti generali) e grandi opere (si pensi, su tutte, ad Expo) hanno definitivamente rilevato che l'utilizzo di uno strumento operativo di per sé utile - qual è una società consortile costituita per garantire l'esecuzione unitaria dell'opera e la gestione amministrativa dell'appalto accentrata su un unico soggetto - nel silenzio della norma si è troppo spesso prestato anche a scopi diversi.

Sovente accade che piccole imprese che operano nell'ambito di grosse commesse pubbliche, si trovano a negoziare le proprie prestazioni con gruppi imprenditoriali di comprovata solidità economica (e, quindi, che offrono idonee garanzie di solvibilità) salvo, poi, obbligarsi contrattualmente con la società consortile ed essere quindi costrette a far valere i propri diritti nei confronti di quest'ultima, con tutte le conseguenze del caso.

Tuttavia, se la sentenza in esame ha il pregio di aver ampliato in novero degli interlocutori processuali cui il creditore può rivolgersi per ottenere il pagamento del corrispettivo, ha lasciato un grosso punto interrogativo sulla concreta applicabilità del principio di solidarietà delle socio-consorziate della s.c.a.r.l. (in deroga all'art. 2462c.c.).

Il concetto di solidarietà passiva tra codice civile e Codice degli Appalti. Difatti il Tribunale di Milano, pur chiarendo che il regime di responsabilità previsto dall'art. 37 del Codice è applicabile anche alle imprese socio socio-consorziate, lascia aperta una questione operativa tutt'altro che marginale.

Il Giudice - probabilmente perché non sollecitato sul punto - non ha difatti chiarito se il rinvio al regime di solidarietà di cui al comma n. 5 dell'art. 37 (ora art. 48 del D.Lgs. 50/2016), debba tener conto anche della previsione, contenuta nello stesso comma, secondo cui tale responsabilità debba essere ripartita tra le consociate in ragione della loro quota di partecipazione e della natura delle prestazioni assunte da ciascuna di esse ovvero se il regime di solidarietà cui la sentenza fa riferimento debba intendersi tout court, secondo il principio di diritto sancito dall'art. 1292 c.c. secondo cui il creditore può indistintamente richiedere l'adempimento a ciascun debitore, tenuto anche conto che l'art. 1293 c.c. prevede che la solidarietà non può essere esclusa per il sol fatto che i singoli debitori siano tenuti ciascuno con diverse modalità.

La questione, dunque, pone una serie di problematiche operative.

Posto che tra l'A.T.I./s.c.a.r.l. ed il soggetto terzo sorge un rapporto di natura privatistica (seppur con le peculiarità di un contratto inserito nell'alveo di un appalto pubblico), la portata della solidarietà passiva applicata alle imprese socio-consorziate muta a seconda che la si voglia intendere con le specifiche limitazioni previste dal Codice Appalti ovvero secondo i principi generali sanciti dal codice civile.

Con la conseguenza che, nel primo caso, il creditore potrebbe far valere le proprie pretese per l'intero nei confronti della sola mandataria e, pro-quota, nei confronti delle mandanti (nel caso di prestazioni scorporabili).

Il che, evidentemente, finirebbe con l'affievolire notevolmente le garanzie riconosciute al terzo contraente nel caso in cui l'impresa mandataria fosse insolvente.

Viceversa, applicando il principio generale di cui all'art. 1292 c.c., il terzo potrebbe legittimamente pretendere l'adempimento per l'intero da ciascuna impresa dell'A.T.I., salvo il diritto di rivalsa interno per il soggetto che ha adempiuto l'obbligazione anche per la parte che non era di propria competenza.

Nel silenzio della norma, e seguendo l'iter argomentativo del Giudice, si è portati a ritenere che - in mancanza di specifiche indicazioni - il concetto di solidarietà cui fa riferimento il Tribunale faccia riferimento all'art. 37 del D.Lgs. 163/06 complessivamente inteso, con conseguente applicazione di tutte le limitazioni ivi previste.

Ma, se così fosse, non sarebbe garantita ampia tutela al terzo contraente in quanto - si pensi al caso, sempre più frequente, di imprese in stato di fallimento ovvero ammesse alla procedura del concordato preventivo - la piena soddisfazione del credito dipenderebbe, in modo preponderante, dalle sorti dell'impresa mandataria.

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