Codice Civile art. 1195 - Quietanza con imputazione.Quietanza con imputazione. [I]. Chi, avendo più debiti, accetta una quietanza nella quale il creditore ha dichiarato di imputare il pagamento a uno di essi, non può pretendere un'imputazione diversa, se non vi è stato dolo [1439 1] o sorpresa da parte del creditore. InquadramentoL'imputazione a cura del creditore che vanti più situazioni creditorie verso il medesimo debitore può avvenire quando il debitore non abbia imputato il pagamento ad alcuno specifico debito. Quando anche il creditore non imputi il pagamento ad alcun credito, opereranno i criteri legali di imputazione. L'imputazione del creditore, secondo l'opinione prevalente, ha natura di negozio unilaterale. Ne consegue che l'accettazione del debitore in ordine alla quietanza con imputazione rilasciata dal creditore è funzionale all'acquisizione della prova del pagamento e non è significativa di un accordo sull'imputazione (Bianca, 340; Giorgianni, 328). Secondo altre tesi, avrebbe natura di mero atto giuridico (Di Majo, in Comm. S.B., 1988, 326) ovvero di negozio bilaterale (Nicolò, 563). La dichiarazione di imputazione del creditore normalmente è contenuta nella quietanza, ma — ove il creditore non abbia rilasciato quietanza — la dichiarazione può essere autonoma, purché inviata tempestivamente al debitore (Bianca, 341). Il debitore ha l'onere di contestare immediatamente l'imputazione del creditore: la mancata opposizione equivale ad atto di acquiescenza (Bianca, 340; Natoli, in Tr. C.M., 1984, 146). Secondo la giurisprudenza, quando il debitore non si avvalga della facoltà di dichiarare quale debito intenda soddisfare, la scelta spetta al creditore, il quale, nello stesso documento di quietanza, può dichiarare di imputare il pagamento ad uno o più debiti determinati, subentrando i criteri legali di cui all'art. 1193, che hanno carattere suppletivo, soltanto quando né il debitore né il creditore abbiano effettuato l'imputazione (Cass. n. 31837/2022; Cass. n. 2672/2013). In ordine alla natura di tale imputazione, si sostiene che la dichiarazione di imputazione del creditore deve essere accettata dal debitore e, qualora sia inserita nello stesso documento contenente la quietanza, la ricezione del documento da parte del debitore si riferisce solo alla quietanza in esso contenuta e soddisfa il suo interesse a conservare la prova documentale dell'avvenuto pagamento, ma non presuppone un accordo sull'imputazione; perché la ricezione del documento assuma valore di prova dell'accettazione dell'imputazione operata dal creditore è necessario, difatti, che da parte del debitore essa non venga immediatamente o prontamente contestata, atteso che la mancata tempestiva contestazione assume il valore dell'acquiescenza (Cass. n. 917/2013; Cass. n. 27405/2005). L'onere della prova anche in ordine all'imputazione effettuata dal creditore ricade sul debitore (Cass. n. 5707/1982, in Giust. civ., 1983, I, 849, con nota di Costanza). Pretesa di un'imputazione diversaIl creditore può esercitare senza alcun vincolo la facoltà di imputazione, purché tale esercizio avvenga con lealtà. Infatti, in caso di dolo o sorpresa il debitore può disattendere l'imputazione del creditore (Bianca, 341). Il dolo si traduce in un comportamento fraudolento del creditore che induce il debitore in errore. Invece, la sorpresa consiste nell'approfittamento da parte del creditore delle condizioni personali in cui versa il debitore, come la disattenzione o la fiducia riposta, al fine di ottenere un'imputazione a sé favorevole e senza opposizione (Bianca, 342; Natoli, in Tr. C.M., 1984, 145). Qualora ricorrano detti presupposti, il debitore può fare opposizione all'imputazione del creditore, che si presenti contraria al canone di buona fede, e provvedere all'esito egli stesso all'imputazione (Bianca, 341). Per converso, il dolo e la sorpresa non costituiscono vizi della volontà idonei a determinare l'annullamento dell'atto di imputazione. Un'isolata pronunzia della giurisprudenza di legittimità sembra, invece, fare riferimento all'annullamento per dolo o sorpresa (Cass. n. 27405/2005). BibliografiaBianca, Diritto civile, IV, L'obbligazione, Milano, 1997; Bigliazzi Geri, voce Buona fede nel diritto civile, in Dig. civ., Torino, 1988; Di Majo, Le modalità delle obbligazioni, Bologna-Roma, 1986; Di Majo, L'adempimento dell'obbligazione, Bologna, 1993; Giorgianni, voce Obbligazione (diritto privato), in Nss. D.I., Torino, 1965; Nicolò, voce Adempimento (diritto civile), in Enc. dir., Milano, 1958; Rescigno, voce Obbligazioni (nozioni), in Enc. dir., Milano, 1979; Rodotà, voce Diligenza (diritto civile), in Enc. dir., Milano, 1964; Romano, voce Buona fede (diritto privato), in Enc. dir., Milano, 1959; Rovelli, voce Correttezza, in Dig. civ., Torino, 1989; Schlesinger, Il pagamento al terzo, Milano, 1961. |