Codice di Procedura Civile art. 808 - Clausola compromissoria 1 2 .[I]. Le parti, nel contratto che stipulano o in un atto separato, possono stabilire che le controversie nascenti dal contratto medesimo siano decise da arbitri, purché si tratti di controversie che possono formare oggetto di convenzione d'arbitrato. La clausola compromissoria deve risultare da atto avente la forma richiesta per il compromesso dall'articolo 807. [II]. La validità della clausola compromissoria deve essere valutata in modo autonomo rispetto al contratto al quale si riferisce; tuttavia, il potere di stipulare il contratto comprende il potere di convenire la clausola compromissoria. [1] L'articolo, è stato così sostituito dall'art. 20, d.lg. 2 febbraio 2006, n. 40, a far data dal 2 marzo 2006. . Ai sensi dell'art. 27, comma 3, d.lg. n. 40, cit., la disposizione si applica alle convenzioni di arbitrato stipulate dopo la data di entrata in vigore del decreto. Precedentemente l'articolo era stato sostituito dall'art. 3 l. 5 gennaio 1994, n. 25. Il testo recitava: «[I]. Le parti, nel contratto che stipulano o in un atto separato, possono stabilire che le controversie nascenti dal contratto medesimo siano decise da arbitri, purché si tratti di controversie che possono formare oggetto di compromesso. La clausola compromissoria deve risultare da atto avente la forma richiesta per il compromesso ai sensi dell'articolo 807 commi primo e secondo. [II]. Le controversie di cui all'articolo 409 possono essere decise da arbitri solo se ciò sia previsto nei contratti e accordi collettivi di lavoro purché ciò avvenga, a pena di nullità, senza pregiudizio della facoltà delle parti di adire l'autorità giudiziaria. La clausola compromissoria contenuta in contratti o accordi collettivi o in contratti individuali di lavoro è nulla ove autorizzi gli arbitri a pronunciare secondo equità ovvero dichiari il lodo non impugnabile. [III]. La validità della clausola compromissoria deve essere valutata in modo autonomo rispetto al contratto al quale si riferisce; tuttavia, il potere di stipulare il contratto comprende il potere di convenire la clausola compromissoria». [2] V. l'art. 31, comma 10, l. 4 novembre 2010, n. 183, in tema di clausole compromissorie di cui al presente articolo, che le parti contrattuali possono pattuire, in relazione alle materie di cui all'art. 409, e che rinviano alle modalità di espletamento dell'arbitrato di cui agli artt. 412 e 412-quater. InquadramentoLa norma in commento è dedicata alla clausola compromissoria, i.e. la convenzione di arbitrato che accede ad un contratto stipulato tra le parti e che di norma riguarda tutte le controversie dalla stessa derivanti. La clausola compromissoria, come il compromesso, deve avere forma scritta ad substantiam, ma può essere contenuta in un documento separato rispetto al testo contrattuale (v., tra le altre, Cass. n. 20504/2010). La clausola compromissoria riferita genericamente alle controversie nascenti dal contratto cui essa inerisce deve essere interpretata, in mancanza di espressa volontà contraria, nel senso che rientrano nella competenza arbitrale tutte e solo le controversie aventi causa petendi nel contratto medesimo (cfr. Cass. VI, n. 4035/2017). Peraltro, la clausola compromissoria è autonoma rispetto al contratto cui accede sicché la nullità del negozio sostanziale non travolge, per trascinamento, la clausola compromissoria in esso contenuta, restando rimesso agli arbitri l'accertamento della dedotta invalidità (Cass. I, n. 17393/2015). FormaLa clausola compromissoria, come il compromesso, deve avere forma scritta ad substantiam, come si desume dal rinvio che l'art. 808 c.p.c. fa all'art. 807 c.p.c. (Cass. n. 20504/2010, in Riv. arb., 2011, 69, con nota di Ungaretti Dell'Immagine; Cass. n. 16332/2007). La forma scritta a pena di nullità della clausola compromissoria, richiesta dalla norma in esame, implica che anche il mandato a stipulare, conferito dalle parti, debba essere rilasciato in forma scritta (Cass. I, n. 2082/1962). Considerata la lettera della disposizione, nella giurisprudenza di legittimità si ritiene che la clausola compromissoria possa essere inserita non solo nel contratto, ma possa essere contenuta in un documento separato (Cass. n. 20504/2010; Cass. n. 16332/2007; Cass. n. 1989/2000), come, ad esempio, il patto integrativo del contratto (cfr. Cass. I, n. 7839/2011, la quale ha considerato valida la clausola compromissoria contenuta in una scrittura a latere, dal tribunale correttamente qualificata come patto integrativo dello statuto di un'associazione professionale). Si ritiene, inoltre, che l'accordo compromissorio possa estrinsecarsi in due documenti contenenti la proposta di compromesso e la relativa accettazione (cfr. Cass. I, n. 22/1986, la quale ha osservato che al fine indicato non è sufficiente una proposta scritta di compromesso, quando la risposta scritta dell'altra parte non contenga un'espressa volontà di adesione al compromesso stesso, ma si limiti a richiamare il contratto altrimenti concluso, presupponendone l'esistenza ovvero in due documenti strettamente correlati l'uno all'altro (Cass. I, n. 4856/1995, in Soc., 1995, n. 11, 1432, con nota di Rovelli). Si ritiene dunque che la forma scritta "ad substantiam" richiesta per la validità della clausola compromissoria non postula che la corrispondente volontà sia indefettibilmente espressa in un unico documento recante la contestuale sottoscrizione di entrambe le parti, che può anche realizzarsi con lo scambio delle missive contenenti, rispettivamente, la proposta e l'uniforme accettazione, ex art. 1326 c.c., del deferimento della controversia ad arbitri (Cass., S.U., n. 15713/2022, in fattispecie nella quale la S.C. ha ritenuto invalidamente pattuita una clausola compromissoria la cui proposta, proveniente da una società e dalla stessa inserita unilateralmente nel contratto, doveva ritenersi tacitamente revocata dal proponente che, dopo la sottoscrizione e prima dell'accettazione della controparte, si era rivolto al Tribunale di Roma per ottenere un decreto ingiuntivo nei confronti della resistente). Il requisito della forma scritta ad substantiam della clausola compromissoria è soddisfatto con riguardo alle clausole compromissorie per relationem, ovvero quelle previste in un diverso negozio o documento cui il contratto faccia riferimento allorché il rinvio, contenuto nel contratto, preveda un richiamo espresso e specifico della clausola compromissoria e non, invece, allorché il rinvio sia generico, richiamandosi semplicemente il documento o il formulario che contenga la clausola stessa, in quanto soltanto il richiamo espresso assicura la piena consapevolezza delle parti in ordine alla deroga alla giurisdizione (Cass. I, n. 81/2017). La S.C. ha inoltre da lungo tempo chiarito che la convenzione scritta, avente ad oggetto la proroga di un precedente strumento negoziale intervenuto fra le medesime parti, con tutti i patti in esso contenuti, é idonea a mantenere operativa anche una clausola compromissoria, compresa fra quei patti, in quanto soddisfa i requisiti di forma di cui all'art. 807 c.p.c. (Cass. S.U., n. 3989/1977, in Riv. dir. int. priv. proc., 1978, 771). L'art. 807 c.p.c. esige, a pena di nullità, che il compromesso sia fatto per iscritto, ma non prescrive, per quanto riguarda l'atto scritto, alcuna particolare forma, di talché nulla osta a che la convenzione con cui un condominio, da una parte, e singoli condomini, dall'altra, statuiscono di fare decidere da arbitri le controversie fra di essi insorte, sia inserita in un verbale di assemblea condominiale, sottoscritto da entrambe le parti (Cass. I, n. 2797/1969). InterpretazioneLa portata della convenzione arbitrale che, come la clausola compromissoria, contenga l'indicazione delle liti da devolvere ad arbitri con riferimento a determinate fattispecie astratte, quali, ad esempio, l'«interpretazione» e «l'esecuzione» del contratto, va ricostruita, ex art. 1362 c.c., sulla base della comune volontà dei compromettenti, senza limitarsi al senso letterale della parole (v., tra le più recenti, Cass. VI, n. 26553/2018, fattispecie nella quale la S.C. ha ritenuto che, con la clausola compromissoria riferentesi alle controversie scaturenti dall'«interpretazione ed esecuzione del contratto», le parti avessero inteso deferire alla competenza degli arbitri tutte le controversie aventi causa petendi in quell'accordo, compresa la domanda di nullità del contratto in quanto tendente a paralizzare l'attuazione di un programma negoziale nonché presupposto implicito di una controversia avente ad oggetto l'esecuzione del contratto). In particolare, la clausola compromissoria riferita genericamente alle controversie nascenti dal contratto cui essa inerisce va interpretata, in mancanza di espressa volontà contraria, nel senso che rientrano nella competenza arbitrale tutte e solo le controversie aventi causa petendi nel contratto medesimo, con esclusione di quelle che hanno, in esso, unicamente un presupposto storico (cfr. Cass. VI, n. 4035/2017, che ha escluso l'estensione della clausola compromissoria contenuta in un contratto di appalto, ad una fattispecie nella quale gli attori avevano proposto azione di responsabilità extracontrattuale, ex art. 1669 c.c., deducendo gravi difetti dell'immobile da loro acquistato). Inoltre, la clausola compromissoria contenuta in un determinato contratto non estende i propri effetti alle controversie relative ad altro contratto, ancorché collegato a quello principale (fattispecie in tema di contratto di locazione e di sublocazione: Cass. III, n. 941/2017). In generale, infatti, poiché il deferimento di una controversia al giudizio arbitrale comporta una deroga alla competenza dell'autorità giudiziaria, con conseguente sottrazione delle parti al giudice naturale, nel caso in cui l'interpretazione della clausola compromissoria, da condursi con i normali criteri di ermeneutica contrattuale, lasci sussistere dei dubbi, deve essere preferita la cognizione del giudice ordinario (Cass. II, n. 2132/1991). Poiché la clausola compromissoria è riferibile a tutte le controversie civili o commerciali attinenti a diritti disponibili nascenti dal contratto cui essa accede, sicché la rinunzia ad avvalersene in occasione di una controversia insorta tra i contraenti non implica, di per sé, una definitiva e complessiva abdicazione alla stessa in relazione ad ogni altra controversia, a meno che le parti — con accordo la cui validità presuppone il rispetto delle condizioni di forma e di sostanza proprie di un patto risolutivo degli effetti del patto compromissorio — non abbiano rinunziato definitivamente alla clausola compromissoria nel suo complesso (Cass. II, n. 3464/2015). In ogni caso, l'indagine sulla portata di una clausola compromissoria, ai fini della risoluzione di una questione di competenza, rientra nei poteri della Corte di cassazione che, in tale materia, è anche giudice di fatto (Cass. VI, n. 19546/2015). Anche al fine di determinare se si verta in tema di arbitrato rituale o irrituale, occorre interpretare la clausola compromissoria alla stregua dei normali canoni ermeneutici ricavabili dall'art. 1362 c.c. e, dunque, fare riferimento al dato letterale, alla comune intenzione delle parti ed al comportamento complessivo delle stesse, anche successivo alla conclusione del contratto, senza che il mancato richiamo nella clausola alle formalità dell'arbitrato rituale deponga univocamente nel senso dell'irritualità dell'arbitrato, ovvero possa essere invocato il criterio, residuale, della natura eccezionale dell'arbitrato rituale, dovendosi tenere conto delle maggiori garanzie offerte da tale forma di arbitrato quanto all'efficacia esecutiva del lodo, al regime delle impugnazioni, alle possibilità per il giudice di concedere la sospensiva (Cass. II, n. 11313/2018, la quale ha cassato la sentenza impugnata, che aveva desunto la natura irrituale del lodo dal tenore di parte della clausola arbitrale, a mente della quale la decisione del collegio arbitrale sarebbe stata «inappellabile e vincolante per la parti», senza valutare altre espressioni — quali «giudicheranno secondo norme di diritto» e «spese del giudizio» — coerenti con una qualificazione del lodo come arbitrato rituale, né la circostanza che, nel corso del procedimento, il collegio arbitrale aveva precisato trattarsi di arbitrato rituale e le parti avevano aderito a tale determinazione). Casistica Appartiene alla competenza del giudice statuale e non a quella degli arbitri la controversia nella quale la parte convenuta in giudizio per l'esecuzione di un contratto comprensivo di clausola compromissoria contesti di avere concluso il contratto e disconosca la firma apposta sullo stesso, in quanto la devoluzione del giudizio agli arbitri postula che sia pacifica tra le parti la conclusione del contratto e l'esatta individuazione dei contraenti (Cass. VI, n. 13616/2016). La ricognizione di debito non è fonte di obbligazioni nuove ed autonome, in quanto ha un valore meramente confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, con il limitato effetto di dispensare colui a cui favore è fatta dall'onere di fornire la prova: di conseguenza, essa non sottrae il rapporto medesimo alla norme ed ai patti che lo regolano, e — pertanto — non interferisce sull'operatività della clausola compromissoria con la quale le parti abbiano devoluto ad arbitri le controversie ad esso inerenti (Cass. I, n. 6675/1998). Poiché la clausola compromissoria, in mancanza di espressa volontà contraria, deve essere interpretata nel senso di ascrivere alla competenza arbitrale tutte le controversie che si riferiscono a pretese aventi la causa petendi nel contratto cui essa è annessa, ove tale clausola sia stata inserita nell'atto di cessione ad una società delle quote di capitale di una s.r.l., in seguito sottoposte a sequestro nell'ambito di una misura di prevenzione, spetta all'autorità giudiziaria e non agli arbitri la cognizione della controversia, relativa al successivo accordo con il quale i precedenti titolari delle quote in questione e l'Amministrazione giudiziaria interessata hanno assunto, in favore delle due società coinvolte nel menzionato atto, un obbligo di garanzia di alcuni crediti specificamente indicati. In particolare, va esclusa l'esistenza di una fonte legale di responsabilità dei venditori delle dette quote, poiché anche nella società semplice l'art. 2290 c.c., nel prevedere una siffatta responsabilità verso i terzi per le obbligazioni sociali anteriori alla cessione, non la estende nei confronti della società o dei cessionari, salvo che una simile garanzia non sia stata pattuita (Cass. VI, n. 3523/2020). La clausola compromissoria, contenuta nello statuto di una società, la quale preveda la devoluzione ad arbitri delle controversie connesse al contratto sociale, deve ritenersi estesa alla controversia riguardante il recesso del socio dalla società, alla domanda di accertamento dell'inadempimento dell'amministratore agli obblighi di comunicazione ai soci accomandanti del bilancio e del conto dei profitti e perdite, ai sensi dell'art. 2320, comma 3, c.c., e alla connessa domanda di condanna dell'amministratore al risarcimento del danno ex art. 2395 c.c., rientrando i correlativi diritti nella disponibilità del socio che se ne vanti titolare (Cass.VI, n. 15697/2019). L'impresa mandataria di un'associazione temporanea di imprese può ricevere dalle imprese associate, in forza del sottostante mandato con rappresentanza, il potere di rappresentarle non soltanto nei rapporti con la stazione appaltante ma anche nei rapporti con i terzi, in vista della migliore realizzazione dell'opera per la quale l'associazione è stata costituita; in tal caso, ex art. 808, comma 2 c.p.c., il potere di concludere i contratti esecutivi e di subappalto, comprende quello di pattuire la clausola compromissoria, la cui efficacia soggettiva è estesa anche alle imprese mandanti (Cass. I, n. 11802/2022). AutonomiaLa clausola compromissoria ha carattere autonomo rispetto al contratto nel quale è contenuta (v., in sede applicativa, Trib. Potenza 19 luglio 2018, n. 675). Pertanto la clausola compromissoria contenuta in un preliminare di compravendita sopravvive alla sua mancata riproduzione nel contratto definitivo, trattandosi di negozio autonomo ad effetti processuali, avente funzione distinta dal contratto preliminare cui accede, con la conseguenza che le parti possono porla nel nulla solo mediante una manifestazione di volontà specificamente diretta a tale effetto (Cass. VI, n. 1439/2020). Di conseguenza, la nullità del negozio sostanziale non travolge, per trascinamento, la clausola compromissoria in esso contenuta, restando rimesso agli arbitri l'accertamento della dedotta invalidità (Cass. I, n. 17393/2015). Inoltre, dal principio di autonomia della clausola compromissoria rispetto al contratto cui accede deriva che rientrano nella sua sfera di operatività anche le controversie che insorgono dopo la cessazione del contratto, quando siano dipendenti da fatti pregressi (Cass. I, n. 8028/1992). Peraltro, vi sono alcune ipotesi nelle quali l'autonomia in questione non può operare. Si è ad esempio chiarito che il difetto di potere rappresentativo costituisce una causa esterna di inefficacia del contratto che si estende compromissoria in virtù del quale ad essa non si estendono le cause di invalidità del negozio sostanziale (cfr. Cass. n. 3854/2018, fattispecie nella quale la S.C. ha cassato la sentenza di appello che aveva ritenuto efficace nei confronti di una società una clausola arbitrale contenuta in un atto sottoscritto da un falsus procurator, senza accertare se questo, o anche la sola clausola, avessero formato oggetto di ratifica). È stato inoltre precisato che il principio secondo il quale la clausola compromissoria non costituisce un accessorio del contratto nel quale è inserita, ma ha una propria individualità ed autonomia nettamente distinta da quella del contratto cui accede, sicché ad essa non si estendono le cause di invalidità del negozio sostanziale, non trova applicazione nelle ipotesi in cui queste siano esterne al negozio e comuni ad esso e alla clausola (con la conseguenza che la invalidità dell'atto di aggiudicazione dell'appalto di un servizio pubblico, la quale esclude che l'amministrazione potesse legittimamente stipulare il contratto con l'apparente aggiudicatario, e perciò inserire nello stesso una clausola compromissoria, determina la invalidità anche di questa: Cass. I, n. 2529/2005). Su un piano più generale, è stato chiarito che il principio dell'autonomia della clausola compromissoria rispetto al negozio di riferimento opera in relazione all'arbitrato rituale, che si attua, per volontà delle parti compromittenti, mediante l'esercizio di una potestà decisoria alternativa rispetto a quella del giudice istituzionale e si risolve in un lodo avente tra le parti la stessa efficacia di sentenza, ma non può essere invocato in relazione all'arbitrato irrituale, avente natura negoziale e consistente nell'adempimento del mandato, conferito dalle parti all'arbitro, di integrare la volontà delle parti stesse dando vita ad un negozio di secondo grado, il quale trae la sua ragione d'essere dal negozio nel quale la clausola è inserita e non può sopravvivere alle cause di nullità che facciano venir meno la fonte stessa del potere degli arbitri (Cass. I, n. 8222/2000). In ogni caso l'accertamento del carattere simulato del contratto sul quale si fonda la pretesa fatta valere innanzi agli arbitri rientra nella "potestas iudicandi" di questi ultimi, in quanto la loro cognizione si estende, salvo eventuali ben precisi limiti legali, a qualsiasi aspetto della vicenda che risulti rilevante per stabilire se ed in quale misura il diritto fatto valere da una parte sia fondato (Cass. I, n. 14884/2019, in Giur. it., 2020, n. 8-9, con nota di MASPES). «Circolazione» della clausola compromissoriaLa giurisprudenza più risalente della S.C. ha affermato che la clausola compromissoria, pur essendo di rigida applicazione, si estende anche a chi subentra nella situazione giuridica di uno dei compromettenti per effetto della cessione del contratto, in conseguenza del trasferimento, dal cedente al cessionario, dei diritti e degli obblighi nel loro complesso unitario (Cass. I, n. 965/1979). In applicazione di tale canone, si è affermato che poiché in tema di trasferimento di azienda, ai sensi dell'art. 2558 c.c. — secondo cui si verifica il trasferimento ex lege al cessionario di tutti i rapporti contrattuali a prestazioni corrispettive non aventi carattere personale e rispetto ai quali le parti non abbiano espressamente escluso l'effetto successorio — si verifica il subentro ipso iure del cessionario d'azienda anche nella clausola compromissoria contenuta in contratto stipulato dal cedente per l'esercizio dell'azienda, senza che sia necessario un apposito patto di cessione e senza che sia pertanto richiesta la forma scritta ad substantiam (Cass. I, n. 7652/2007, in Corr. giur., 2007, n. 9, 1227, con nota di Rocchio). È stato inoltre evidenziato, su problematica analoga, che l'operazione di leasing finanziario, pur non dando luogo ad un contratto plurilaterale, realizza un collegamento negoziale tra contratto di fornitura e contratto di leasing, che legittima l'utilizzatore a esercitare in nome proprio le azioni scaturenti dal contratto di fornitura: pertanto, la clausola compromissoria contenuta nel contratto di fornitura deve ritenersi operante anche nei confronti dell'utilizzatore (Cass. VI, n. 20825/2018). La clausola compromissoria contenuta nello statuto della società in favore dei soci e degli amministratori della società è clausola della quale non può avvalersi chi non ha mai rivestito nella società alcuna carica sociale (Trib. Parma I, 8 gennaio 2018, n. 23). Sottoscrizione specificaPeraltro è stato chiarito che, in materia di condizioni generali di contratto, qualora le parti contraenti richiamino, ai fini dell'integrazione del rapporto negoziale, uno schema contrattuale predisposto da una di loro in altra sede non è configurabile un'ipotesi di contratto concluso mediante moduli o formulari, assumendo la disciplina richiamata (nella specie, una clausola compromissoria, peraltro integralmente riprodotta dai contraenti) per il tramite di relatio perfecta il valore di clausola concordata, sicché resta sottratta all'esigenza dell'approvazione specifica per iscritto di cui all'art. 1341 c.c. (Cass. II, n. 7403/2016). Casistica La clausola compromissoria contenuta in un capitolato, generale o speciale, non deve essere approvata specificamente, essendo sufficiente, ai fini della validità della stessa, che la volontà di rimettere ad arbitri la risoluzione di controversie si possa evincere da atto scritto (Cass. n. 17721/2014). In materia di contratto di assicurazione, la clausola compromissoria, inserita nelle condizioni generali di contratto, che preveda un meccanismo di corresponsione dell'onorario agli arbitri correlato al valore della causa, ma non in misura proporzionale, e indipendente dall'esito della controversia (nella specie, concretizzato nell'obbligo di pagare il compenso dell'arbitro rispettivamente nominato e di metà di quello dovuto al terzo), ha natura vessatoria se limiti il diritto dell'assicurato ad essere sollevato dalle conseguenze pregiudizievoli del sinistro, esponendolo (soprattutto nelle controversie di modesto valore) all'esborso di rilevanti somme per gli onorari degli arbitri, non proporzionate a quelle riconoscibili a titolo risarcitorio, con valenza dissuasiva dal ricorso all'arbitrato, sì da favorire comportamenti dilatori dell'assicuratore in pregiudizio del diritto di difesa dell'assicurato (Cass. III, n. 13312/2015). Nell'ipotesi di deroga del foro del consumatore e, ancor più, in presenza di una clausola compromissoria che escluda il ricorso all'autorità giudiziaria in favore di un procedimento arbitrale, trova applicazione l'art. 33, d.lgs. n. 206/2005, anche ove si ricada nell'ambito del contenzioso insorto tra banca e cliente, essendo attribuibile la qualifica di «consumatore» anche all'investitore persona fisica che abbia concluso il contratto per esigenze della vita quotidiana, estranee all'attività imprenditoriale e professionale esercitata (Cass. VI, n. 3744/2017, in Resp. civ. prev., 2017, n. 6, 1872, con nota di Albanese, per la quale la deroga in favore di arbitri è ammessa a condizione che si dimostri l'esistenza di una specifica trattativa tra le parti e la prova di tale circostanza costituisce onere preliminare a carico del professionista che intenda avvalersi della clausola arbitrale, in quanto l'esistenza della suddetta trattativa si pone come antecedente logico rispetto alla dimostrazione della natura non vessatoria di siffatta clausola). Applicazioni giurisprudenzialiIl rapporto che lega l'amministratore alla società è di immedesimazione organica, non riconducibile al rapporto di lavoro subordinato, né a quello di collaborazione coordinata e continuativa, dovendo essere, piuttosto, ascritto all'area del lavoro professionale autonomo ovvero qualificato come rapporto societario tout court, sicché le controversie tra amministratori e società, anche se specificamente attinenti al profilo interno dell'attività gestoria ed ai diritti che ne derivano agli amministratori (quale, nella specie, quello al compenso), sono compromettibili in arbitri, ove tale possibilità sia prevista dagli statuti societari (Cass. n. 2759/2016). La clausola compromissoria, apposta ad un contratto, è inidonea ad attribuire agli arbitri la cognizione sulle obbligazioni originate dal contratto di transazione, con il quale il primo sia stato consensualmente risolto e siano stati diversamente regolati i rapporti fra le parti senza richiamare il precedente contratto, in quanto il principio dell'autonomia della clausola compromissoria rispetto al negozio in cui è stata inserita ne comporta l'estensione alle sole cause di invalidità di questo, purché ad esso non esterne. Deve pertanto escludersi l'ultrattività della clausola in ordine ai rapporti derivanti da contratti successivi, neppure indirettamente menzionati nella clausola stessa e di cui il precedente negozio costituisca ormai soltanto un mero antecedente storico (Trib. Taranto, sez. lav., 1 dicembre 2017, in Ilgiuslavorista.it, con nota di Fargnoli; in senso difforme v., tuttavia, Cass. I, n. 48/1981, per la quale poiché la clausola compromissoria che si riferisce genericamente «alle controversie nascenti dal contratto» cui inerisce, deve essere interpretata nel senso che rientrano nella competenza arbitrale tutte le controversie che si riferiscano a pretese aventi la loro causa petendi nel contratto medesimo, in presenza di una clausola siffatta, rientra nella competenza arbitrale anche la controversia relativa all'esistenza e alla portata di una transazione stipulata dalle stesse parti in ordine a taluni effetti del contratto, la quale venga dedotta per negare una pretesa formulata dall'altro contraente sulla base di un diritto nascente dal rapporto). È incompetente l'autorità giudiziaria ordinaria a decidere una controversia avente ad oggetto operazioni di «Interest Rate Swap» disciplinate da un contratto normativo contenente apposita clausola compromissoria (Trib. Roma VIII, 28 maggio 2015, n. 12029). Il capitolato generale per le opere pubbliche, di cui al d.P.R. n. 1063/1962, ha valore normativo e vincolante e si applica, quindi, in modo diretto, solo per gli appalti stipulati dallo Stato mentre per quelli stipulati dagli altri enti pubblici, dotati di distinta personalità giuridica e di propria autonomia, le previsioni del capitolato costituiscono clausole negoziali, comprensive anche di quella compromissoria per la soluzione delle controversie con il ricorso all'arbitrato, che assumono efficacia obbligatoria solo se e nei limiti in cui siano richiamate dalle parti per regolare il singolo rapporto contrattuale. A tal fine, tuttavia è necessario che la volontà di recepire il contenuto dell'intero capitolato risulti espressa in maniera esplicita ed univoca (Cass. I, n. 747/2015). La forma scritta ad substantiam richiesta per la validità della clausola compromissoria non postula che la corrispondente volontà sia indefettibilmente espressa in un unico documento recante la contestuale sottoscrizione di entrambe le parti, che può anche realizzarsi con lo scambio delle missive contenenti, rispettivamente, la proposta e l'uniforme accettazione, ex art. 1326 c.c., del deferimento della controversia ad arbitri. (Nella specie, la S.C., ha ritenuto invalidamente pattuita una clausola compromissoria la cui proposta, proveniente da una fondazione, era stata seguita da una delibera di accettazione — sostituiva di altra precedente mai esternata — del destinatario ente pubblico rivelatasi, tra l'altro, non conforme ad essa e sfornita di prova quanto alla sua avvenuta accettazione, quale nuova proposta, da parte della fondazione originaria proponente) (Cass. n. 15993/2014). Qualora il contratto di appalto stipulato tra l'ente pubblico e la società appaltatrice abbia previsto l'applicazione del capitolato generale delle opere pubbliche di cui al d.P.R. n. 1063/1962, è legittima la pattuizione di una clausola compromissoria, in deroga all'art. 45 del d.P.R. n. 1063/1962 cit., che preveda la costituzione di un collegio arbitrale composto da tre anziché da cinque membri ed il cui contenuto non sia evincibile da un unico documento avente forma scritta, ma dalla volontà in tal senso manifestata, da un lato, dalla società appaltatrice (con la notificazione della domanda di arbitrato, la contestuale nomina dell'arbitro e l'invito all'ente pubblico a nominare l'arbitro di competenza) e, dall'altro, dall'ente pubblico (con la nomina dell'arbitro, la successiva designazione del terzo arbitro con funzioni di presidente del collegio arbitrale e con l'invito alla controparte ad esprimere l'accettazione del terzo arbitro, espressa dalla società appaltatrice con lettera inviata all'ente) (Cass. n. 10000/2014). La controversia finalizzata ad ottenere la condanna in forma specifica al pagamento di un credito per interessi già genericamente riconosciuto in un precedente lodo — con l'indicazione dei relativi tassi, ma non delle date di decorrenza — rientra nell'ambito applicativo della clausola compromissoria in base alla quale tale ultimo lodo è stato pronunciato e, dunque, appartiene alla cognizione degli arbitri e non del giudice ordinario (Cass. n. 25372/2013). In virtù del principio di autonomia della clausola compromissoria, essa ha un'individualità nettamente distinta dal contratto nel quale inserita, non costituendone un accessorio, con la conseguenza che la nullità del negozio sostanziale non travolge, per trascinamento, la clausola compromissoria in esso contenuta, restando rimesso agli arbitri l'accertamento della dedotta invalidità (Cass. n. 25024/2013). BibliografiaBriguglio, Inderogabilità della competenza territoriale ex art. 810 c.p.c., in Riv. arb. 1993, 430; D'Alessandro E., Conclusione dell'accordo compromissorio mediante atti di mera nomina degli arbitri?, in Riv. arb., 2007, n. 2, 237; Fazzalari, L'arbitrato, Torino, 1997; Gennari, Superato il «doppio binario» l'arbitrato societario rimane vincolato al vago confine della disponibilità dei diritti, in Riv. dir. comm., 2014, I, 551; La China, L'arbitrato: il sistema e l'esperienza, Milano, 2011; Menchini (a cura di), La nuova disciplina dell'arbitrato, Padova, 2010, 65; Punzi, Disegno sistematico dell'arbitrato, Padova, 2012; Ravidà, Sull'efficacia della pronuncia del giudice che declina la propria competenza in favore dell'arbitro e sulla forma dell'accordo di arbitrato, in Riv. arb., 2014, n. 3, 604; Ricci, Il nuovo arbitrato societario, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2003, 521; Ricci, La convenzione di arbitrato e le materie arbitrabili nella riforma, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2007, 759; Rocchio, Circolazione della clausola compromissoria e cessione d'azienda, in Corr. giur., 2007, n. 9, 1227; Ruffini, Il patto compromissorio, in Fazzalari (a cura di), La riforma della disciplina dell'arbitrato, Milano, 2006; Ungaretti dell'Immagine, Brevi note sulla forma della convenzione arbitrale, in Riv. arb., 2011, 73. |