Decreto legislativo - 6/09/2005 - n. 206 art. 55 - Effetti del recesso 1Effetti del recesso 1
1. L'esercizio del diritto di recesso pone termine agli obblighi delle parti: a) di eseguire il contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali; oppure b) di concludere un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali nei casi in cui un'offerta sia stata fatta dal consumatore. [1] Articolo sostituito dall'articolo 1, comma 1, del D.Lgs. 21 febbraio 2014, n. 21, con la decorrenza di cui all'articolo 2, comma 1, del D.Lgs. n. 21/2014. InquadramentoUn ruolo di primo piano nella disciplina dei contratti negoziati fuori dei locali commerciali e a distanza è rivestito certamente della regolamentazione puntuale del diritto di recesso, artt. 52 ss. cod. cons., con particolare attenzione ai termini e alle modalità per il relativo esercizio nonché in punto di effetti. Nell'esame della disciplina dei contratti a distanza, infine, merita porre attenzione, seppur sinteticamente, agli artt. 67-bis ss. cod. cons. appositamente dedicati alla commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori. Il diritto di recesso: la natura e i caratteriAll'interno della sezione II (“Informazioni precontrattuali per il consumatore e diritto di recesso nei contratti a distanza e nei contratti negoziati fuori dei locali commerciali”), del capo I (“Dei diritti dei consumatori nei contratti”), del titolo III (“Modalità contrattuali”), parte III (“Il rapporto di consumo”), il codice del consumo dedica ben 8 articoli (artt. 52-59 cod. cons.) alla disciplina del diritto di recesso, approntando una regolamentazione dettagliata e ampiamente strutturata di quello che a buon titolo può essere considerato uno tra i più rilevanti diritti del consumatore. Si tratta di un complesso normativo che è stato introdotto, come già esposto nella parte introduttiva, dal d.lgs. n. 21/2014, in attuazione della Direttiva 2011/83/UE (v. supra). La volontà di raggiungere in ambito europeo un livello di armonizzazione normativa più ampio possibile, ha fatto premio sulla necessità di assicurare un elevato standard di tutela del consumatore. Il legislatore italiano, da parte sua, proprio in ragione dell'armonizzazione massima sottesa alla direttiva, è intervenuto con timidezza, limitandosi a recepire il contenuto normativo di quest'ultima e anzi sostituendolo integralmente alla precedente disciplina sul recesso, senza particolari mediazioni. Dunque, da un punto di vista tecnico generale e in considerazione delle finalità proprie dell'istituto in discorso, la recente riforma non è stata sempre migliorativa rispetto al precedente assetto normativo (Farneti, 121 ss.). In dottrina si è ben messa in luce questa duplice finalità del riassetto normativo in materia di ius poenitendi. La ratio dell'istituto certamente è quella di tutelare la libertà negoziale del consumatore, consentendogli di svincolarsi nel caso in cui egli non sia stato in grado di valutare adeguatamente l'impegno che si stava assumendo, sia per lacune informative e percettive nei contratti a distanza, sia per l'eventuale aggressività della tecnica adottata dal commerciante fondata sul c.d. effetto sorpresa. Ma vi è un'altra finalità sottesa a questo istituto, che è quella di dare maggiore fiducia ai consumatori nelle operazioni transfrontaliere (Bravo, 215 ss.). Il diritto di recesso garantisce così la libertà del consumatore di valutare tutti gli elementi del negozio che sta ponendo in essere, tutelandolo da modalità di conclusione del contratto insidiose, dall'asimmetria informativa insita nelle vendite a distanza e dalla complessità dei contenuti e dalla portata economica di particolari tipi di negozi (Battelli, 236 ss.). Su di un piano più generale, occorre considerare che vi è un acceso dibattito sulla natura del diritto di recesso e sul suo inquadramento dogmatico. Il problema inizialmente si è appuntato sulla riconducibilità della figura consumeristica a quella tradizionale: al riguardo si è subito notata l'insopprimibile eterogeneità delle due fattispecie, dove quella classica si lega ad un rapporto già sorto ed efficace ma ‘quiescente', mentre quella speciale ammette l'esecuzione del programma negoziale; quest'ultima, inoltre, risulta esperibile anche rispetto alle semplici proposte del consumatore. Queste considerazioni hanno presto condotto ad abbandonare i tentativi di accostamento alla figura di cui all'art. 1373 c.c. (Farneti, 134 ss.). In tal senso si è affermato che il diritto di recesso disciplinato dagli artt. 52 ss. cod. cons. si distingue in modo significativo rispetto al corrispondente istituto di diritto comune: ai sensi delle disposizioni menzionate, invero, tale diritto deve essere esercitato entro un termine relativamente breve che decorre dal perfezionamento del negozio o da un momento prossimo ad esso; inoltre, per il suo esperimento non è richiesta una particolare ragione giustificativa (Battelli, 236 ss.). Ancora, si è osservato che il diritto di recesso del consumatore non si presta ad un accostamento alla figura tradizionale codicistica, poiché risulta applicabile tanto ai contratti già conclusi quanto alle proposte contrattuali provenienti dal consumatore. Tale ambivalenza ha favorito la formazione di due orientamenti ricostruttivi di questo istituto: secondo una prima ipotesi, il recesso ex art. 52 ss. cod. cons. si configura come un meccanismo destinato ad incidere sugli effetti di un contratto già esistente ed efficace, mentre secondo un'altra impostazione il recesso si inserisce nell'iter formativo del contratto che si può ritenere concluso soltanto una volta che sia decorso il termine per l'esperimento dello ius poenitendi (Rumi, 190 ss.). Il legislatore europeo, fedelmente alla sua tradizione, ha adottato un approccio pratico puntando agli obiettivi di armonizzazione e tutela, senza soffermarsi su questioni dogmatiche e di principio. Certamente risulterebbe utile addivenire ad una chiara configurazione di questo istituto, onde meglio ricostruirne lo statuto normativo e offrirne un'adeguata interpretazione, ma si deve peraltro tenere conto dell'assoluta originalità dello strumento elaborato dal legislatore europeo, per la cui comprensione si devono abbandonare forzature e assolutizzazioni classificatorie: il recesso del consumatore agisce sì sugli effetti del contratto ma come reazione ad elementi turbativi che risalgono al momento della formazione. Dunque, qualora si intenda avvicinarsi alle norme degli artt. 52 ss. cod. cons., appare preferibile un approccio meno rigoroso e intransigente, optando per un'interpretazione di queste disposizioni come tali, alla luce della loro peculiare matrice europea (Farneti, 128 ss.). I caratteri di questo istituto sono costituiti dalla gratuità, dall'assenza di un obbligo di motivazione e dalla sua natura potestativa (Battelli, 236 ss.); altri autori ne hanno evidenziato pure la irrinunciabilità, l'unilateralità, la temporaneità e la formalità (Farneti, 128 ss.). Tale diritto di recesso, dunque, viene configurato come un diritto che può essere esercitato ad nutum, cioè senza necessità di particolari ragioni giustificatrici; in dottrina, infatti, si sono sottolineate le grandi difficoltà sottese ad un ipotetico sindacato sull'eventuale abusività dell'esercizio del recesso, nonché le problematicità insite nella possibilità di individuare delle conseguenze sanzionatorie di una tale condotta, considerato pure che il dato positivo (art. 52 cod. cons.) esonera il consumatore dal dover fornire una motivazione (Farneti, 128 ss.). Altri autori tuttavia hanno posto l'accento sulla necessaria esistenza di un interesse meritevole, pena la configurazione di un'ipotesi di abuso del diritto (Battelli, 236 ss.). Per quanto attiene al carattere della gratuità, evidentemente, si tratta di un elemento complementare a quello della discrezionalità volto anche ad assicurare l'effettività di quest'ultima, evitando che il consumatore possa essere dissuaso dall'esercitare il diritto di recesso per la presenza di costi o oneri di sorta a ciò connessi. Si tratta di un'importante innovazione rispetto al quadro normativo precedente, nell'ambito del quale si erano sviluppate prassi consistenti nell'addossare al consumatore “costi di gestione”: l'attuale articolo 52 cod. cons., in particolare, precisa che il consumatore ha diritto di recedere da un contratto negoziato fuori dei locali commerciali o a distanza senza dover sostenere costi diversi rispetto a quelli previsti dagli artt. 56, comma 2 e 57 cod. cons. (Farneti, 134 ss.). Da un punto di vista generale, nella giurisprudenza di merito si è rilevato che il fulcro della disciplina del diritto dei consumatori, di cui al codice del consumo, risieda proprio nel diritto di recesso, che si sostanza nella facoltà per il consumatore di ripensare all'affare commerciale, privandolo sostanzialmente di efficacia mediante una sua dichiarazione (Trib. Bari 30 settembre 2014). La sanzione amministrativa, applicabile ratione temporis, di cui agli articoli 5 e 11 del d.lgs. n. 52/1992, posta a presidio dell'informazione del consumatore sul diritto di recesso nei contratti negoziati fuori dei locali commerciali, è finalizzata alla protezione del singolo consumatore e non già dell'intera categoria di appartenenza. Conseguentemente, in caso di reiterato negoziazioni effettuate attraverso moduli contrattuali non rispondenti alle previsioni di legge, si è in presenza di una pluralità di violazioni sanzionabili e non di un'unica condotta illecita (Cass. II, n. 3878/2012). Nel vigore della direttiva 85/577/CEE sui contratti negoziati fuori dei locali commerciali, adesso abrogata, si è ritenuto che l'art. 4 non osta ad una normativa nazionale che preveda la rilevabilità d'ufficio della nullità di un contratto rientrante nell'ambito di applicazione di tale direttiva, per il fatto che il consumatore non era stato informato del suo diritto di recesso, anche qualora tale nullità non sia mai stata fatta valere dal consumatore dinanzi ai giudici nazionali competenti (CGUE, 17 dicembre 2009, C-277/08, Martín c. EDP Editores). Segue. I termini, le modalità di esercizio e le esclusioniPer quanto concerne la disciplina del diritto di recesso, contenuta negli artt. 52 ss. cod. cons., si deve innanzitutto porre l'attenzione sulla precisa individuazione di un termine per il suo esperimento. L'art. 52, comma 1 cod. cons., prescrive che il consumatore che intenda recedere da un contratto negoziato fuori dei locali commerciali o a distanza, dovrà farlo entro quattordici giorni, salvo poi individuare diversi momenti di decorrenza a seconda dell'ipotesi concreta: nel caso dei contratti di servizi, dal giorno della conclusione del contratto (art. 52, comma 2, lett. a), cod. cons.); nel caso di contratti di vendita, dal giorno in cui il consumatore, o un terzo diverso dal vettore e designato dal consumatore, acquisisce il possesso fisico dei beni (art. 52, comma 2, lett. b, prima parte cod. cons.); ecc. La disciplina previgente attribuiva al consumatore un termine di dieci giorni lavorativi; con l'innovazione apportata dalla direttiva 2011/83/UE, dunque, si è inteso uniformare la disciplina a livello europeo, legando la decorrenza del termine ai giorni “di calendario” e portandolo a quattordici giorni. Si tratta di un termine definibile come “ordinario”, poiché è la stessa disposizione, al secondo comma, a “fare salvo” il diverso termine allungato di cui all'art. 53, comma 1 cod. cons. Per quanto riguarda l'individuazione di diversi momenti di decorrenza del termine in discorso, ciò rispecchia la fisiologia dei rapporti cui si riferisce, essendovi una evidente differenza di fondo tra i contratti di vendita, per i quali assume un ruolo centrale il momento in cui si acquisisce il possesso fisico dei beni, e i contratti di servizi, dove il momento rilevante è quello della conclusione del contratto poiché, in linea generale, soltanto la merce può essere restituita (Farneti, 138 ss.). Trattandosi di termine prescritto da norma imperativa, è insuscettibile di deroga in peius; peraltro, essendo preposto alla tutela degli interessi di una parte, non dovrebbero esservi ostacoli ad una sua estensione pattizia. Piuttosto, nell'eventualità che in pendenza del termine si verifichino nella sfera dell'acquirente fatti impeditivi alla formazione della volontà di recedere, attese la perentorietà del termine e l'assenza di disposizioni specifiche, dovrebbero ritenersi applicabili le norme in tema di decadenza e dovranno quindi ritenersi irrilevanti le eventuali circostanze impeditive soggettive (Guerinoni, 452 ss.). L'art. 53, cod. cons., poi, creando un importante collegamento tra la disciplina sugli obblighi informativi (v. supra) e la regolamentazione del diritto di recesso, prevede uno slittamento della decorrenza del termine nel caso in cui il professionista abbia omesso di adempiere all'informativa dovuta in proposito. In tal caso, come già osservato, tale termine decorrerà solo dal momento in cui tale informativa sarà fornita, con il limite massimo di 12 mesi dalla data di stipulazione del contratto ovvero dalla data di consegna del bene. Si è sottolineata a questo proposito l'importanza dell'omogeneità di trattamento per le due diverse modalità di contrattazione, fuori dei locali commerciali e a distanza, consentendo in entrambe una informazione tardiva ma completa che ha solo l'effetto di spostare la decorrenza del termine del recesso al momento dell'effettiva ricezione dell'informativa su di esso. Il potere di scioglimento unilaterale del vincolo contrattuale, così, costituirebbe oltre che una forma di protezione dell'acquirente disinformato anche una sorta di sua reazione in autotutela contro la violazione da parte del professionista degli obblighi informativi (Battelli, 241 ss.). Il limite massimo per l'esercizio del recesso è stato uniformato per i contratti negoziati fuori dei locali commerciali e per quelli a distanza, ed è stato elevato a dodici mesi, contro i termini precedentemente previsti rispettivamente di sessanta e novanta giorni. L'esistenza di un limite massimo, benché configuri pur sempre una compressione degli interessi del consumatore che non sia stato adeguatamente informato sul proprio diritto di recesso, evita che si possano creare situazioni di permanente incertezza, anche in considerazione del fatto che, da un punto di vista pratico, può diventare pressoché impossibile gestire le conseguenze di un recesso esercitato a distanza di molti anni. In questo modo si è anche reciso l'orientamento della giurisprudenza europea che, almeno nei contratti negoziati fuori dei locali commerciali, in un'ottica di tutela del consumatore era giunta a riconoscere in questi casi una recedibilità senza limiti di tempo (Farneti, 138 ss.). Si è rilevato che la nuova normativa, a differenza di quella precedente, non disciplina il caso dell'informativa errata o incompleta, dando luogo ad un importante dubbio ermeneutico: se non si dovesse propendere per un'interpretazione estensiva della tutela approntata dall'art. 53 cod. cons., la disciplina novellata costituirebbe un evidente passo indietro rispetto al passato (Farneti, 138 ss.). Nell'ambito di applicazione, ratione temporis, della disciplina previgente, si è precisato che in materia di contratti negoziati fuori dei locali commerciali, la tutela del consumatore per l'omessa informativa sul diritto di recesso consiste nel far decorrere un termine più lungo per l'esercizio di tale diritto, potendosi conseguire, ai sensi dell'art. 10 d.lgs. n. 50/1992, la nullità delle sole pattuizioni che risultino in contrasto con le disposizioni del decreto e non dell'intero contratto (Cass. III, 23412/2018). Sempre nell'ambito della normativa previgente, nella giurisprudenza di merito si è affermato che l'informativa sul diritto di recesso dovuta per i contratti negoziati fuori dei locali commerciali, in forza di quanto previsto dal d.lgs. n. 50/1992, non può essere adempiuta con la semplice inclusione della clausola di recesso all'interno del materiale informativo diverso dal contratto, dovendo tale informativa essere inserita all'interno del documento contrattuale sottoscritto dal consumatore (Trib. Pordenone 24 ottobre 2016). Per quanto attiene alle modalità di esercizio del diritto di recesso, l'art. 54, comma 1 cod. cons., lascia ampia libertà al consumatore sui mezzi con cui informare il professionista della sua volontà di recedere dal contratto (o dalla proposta eventualmente avanzata): a tal fine sarà possibile utilizzare un apposito modulo allegato alla direttiva, ovvero presentare in altro modo una dichiarazione esplicita in tal senso. Dunque, la norma non pone particolari limitazioni e il recesso potrà essere anche esperito oralmente. Ai sensi del comma 3 dell'art. 54 cod. cons., inoltre, è prevista la facoltà per il professionista di consentire al consumatore l'invio della dichiarazione sul proprio sito web; in tal caso dovrà essere data, mediante supporto durevole, pronta conferma al consumatore della ricezione del recesso esercitato. L'art. 54, comma 2 cod. cons., si premura di precisare che, per rispettare il termine prescritto per recedere dal contratto, è necessario che entro tale momento avvenga l'invio della comunicazione da parte del consumatore, evitando in tal modo che possano ricadere su quest'ultimo le conseguenze negative di eventuali ritardi nella consegna. Il quarto comma dell'art. 54 cod. cons., infine, pone l'onere della prova sull'avvenuto esercizio del diritto di recesso in capo al consumatore, il quale dovrà quindi dimostrare di averlo correttamente esercitato. L'incombenza di tale onere sul consumatore, tra le altre cose, dovrebbe condurre ad un approccio cauto nella scelta di mezzi alternativi per l'invio della dichiarazione di recesso, soprattutto se non scritti. Per l'esercizio del diritto di recesso, a differenza che nel regime previgente, il consumatore potrà avvalersi di un modulo standard ricalcante lo schema allegato alla direttiva, immodificabile in tutti gli Stati dell'Unione; attraverso la previsione di un modello uniforme si è inteso semplificare le modalità di esercizio del recesso e così anche ridurre i costi per i professionisti che operano a livello transfrontaliero. Si tratta di uno schema-tipo armonizzato di recesso, piuttosto stringato, all'interno del quale devono essere riportati i dati identificativi delle parti, l'indicazione se si tratta di contratto di beni o di servizi e alcuni riferimenti temporali. Peraltro, l'utilizzo di tale modulo non è obbligatorio e il consumatore ben potrà avvalersi di altri mezzi per la presentazione di una dichiarazione, anche non scritta (Battelli, 241 ss.). La nuova disciplina sulle modalità di recesso, che ha cancellato la complessa e articolata normativa precedente del vecchio art. 64 cod. cons., elimina la necessità di una dichiarazione scritta da parte del consumatore: pertanto, ben si potrà inviare una email; ma anche una comunicazione telefonica risulterà sufficiente, salvo poi porsi il problema di come assolvere all'onere probatorio gravante sul consumatore. Essendo richiesta una dichiarazione esplicita, peraltro, viene meno la possibilità di un recesso tacito, ad esempio mediante la mera restituzione della merce (Farneti, 138 ss.). A differenza di quanto avveniva nel vigore della normativa precedente, affinché si producano gli effetti del recesso non è più necessaria la ricezione della comunicazione da parte del professionista, poiché adesso si adotta come unico criterio, tanto per la tempestività dell'esercizio del diritto quanto per la produzione degli effetti, quello della spedizione della comunicazione (Rumi, 222 ss.; si veda anche Farneti, 152 ss.). Poiché la novella normativa ha introdotto la libertà della forma per l'esercizio del diritto di recesso, sarà cura del consumatore quella di precostituirsi la prova della tempestività della dichiarazione, archiviandola su un supporto durevole, poiché in caso di contestazioni spetterà a lui dimostrare di aver esercitato per tempo il proprio diritto (Rumi, 221). Il diritto di recesso nei contratti negoziati fuori dei locali commerciali e a distanza, disciplinato dagli artt. 52 ss. cod. cons., è escluso in una serie di ipotesi individuate espressamente dall'art. 59 cod. cons., in chiusura delle norme in esame sul diritto di recesso. Tale disposizione contiene un elenco di ben tredici casi, tra cui meritano di essere segnalati: i contratti di servizi, una volta che il servizio è stato interamente prestato se l'esecuzione è iniziata con l'accordo espresso del consumatore e con l'accettazione da parte di quest'ultimo della perdita del diritto di recesso una volta che le prestazioni dovute dal professionista siano state eseguite (art. 59, comma 1, lett. a, cod. cons.); la fornitura di beni soggetti a deterioramento o scadenza rapidi (art. 59, comma 1, lett. d, cod. cons.); i contratti in cui il consumatore ha espressamente richiesto una visita da parte del professionista per l'effettuazione di lavori urgenti di manutenzione e riparazione, ma tale eccezione non si estende ai servizi e ai beni aggiuntivi che eventualmente vengano prestati o utilizzati e che non siano stati oggetto della precedente richiesta del consumatore (art. 59, comma 1, lett. h, cod. cons.); la fornitura di contenuti digitali su supporti non materiali se l'esecuzione è iniziata con l'accordo espresso del consumatore e con la sua accettazione del fatto che in tal caso avrebbe perso il diritto di recesso (art. 59, comma 1, lett. o, cod. cons.); ecc. La novella ha inciso profondamente anche sul regime delle eccezioni al riconoscimento del diritto di recesso, unificando le ipotesi prima regolate rispettivamente per i contratti negoziati fuori dei locali commerciali e per i contratti a distanza e aggiungendo ulteriori casi di esclusione. Benché non sia più contemplata espressamente la possibilità di accordare il diritto di recesso anche nelle ipotesi escluse, come era in precedenza, la dottrina ritiene comunque che possa esservi un diverso accordo tra le parti (Rumi, 257 ss.). Prima della novella del 2014, con riferimento all'ipotesi di beni confezionati su misura o chiaramente personalizzati, si è precisato che l'esclusione del diritto di recesso concerne i contratti a distanza, ma non quelli negoziati fuori dei locali commerciali e le vendite a domicilio: la ratio della limitazione soltanto ai primi risiede nella diversa condizione in cui si trova il consumatore, che in questo caso non è soggetto ad alcuna pressione o condizionamento di tipo psicologico, data l'assenza fisica del professionista o di un suo incaricato; conseguentemente, egli è maggiormente capace di compiere una valutazione libera e di farsi carico, senza ripensamenti, delle conseguenze relative alla decisione di acquisto (T.A.R. Lazio 9 giugno 2011, n. 5161). In caso di contratto avente ad oggetto la proposta di fornitura di un capo confezionato su misura, per la quale il d.lgs. n. 185/1999, esclude il diritto legale di recesso, quest'ultimo è comunque legittimamente esercitato qualora le parti lo abbiano espressamente convenuto in contratto (Cass. III, n. 29186/2008). Segue. Gli effettiPer quanto riguarda gli effetti dell'esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore, questi ricevono una regolamentazione analitica agli articoli 55-58 cod. cons., dove in particolare ci si premura di specificare quali siano gli obblighi che in caso di recesso gravano rispettivamente sul professionista e sul consumatore (artt. 56 e 57 cod. cons.). Innanzitutto, l'art. 55 cod. cons., specifica che a seguito dell'esercizio del diritto di recesso cessa l'obbligo per le parti di eseguire il contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali, ovvero, per il caso di ‘recesso' da offerta del consumatore, cessa l'obbligo di concludere il contratto; evidentemente, di là dalla imprecisione terminologica, il senso della disposizione, figlia anche in questo caso della pragmaticità del legislatore europeo, è quello di consentire al consumatore la revoca della proposta da lui formulata. Il riferimento contenuto nell'art. 55, comma 1, lett. a) cod. cons., agli «obblighi delle parti di eseguire il contratto», allude semplicemente alla generica e fondamentale vincolatività del contratto e alla sua forza di legge ex art. 1372 c.c. Per quanto riguarda invece la successiva lett. b), dove si afferma che l'esercizio del diritto di recesso pone termine all'obbligo di concludere un contratto in caso di offerta da parte del consumatore, il suo fondamento risiede nella volontà di consentire al consumatore di liberarsi dalle proposte irrevocabili o vincolanti, mediante quella che più propriamente sarebbe una revoca (Farneti, 152 ss.). Come già precisato nel paragrafo precedente, alla luce del mutato quadro normativo, che sul punto si ispira al favor consumatoris, affinché si producano gli effetti del recesso è adesso sufficiente la spedizione della comunicazione di recesso e non più la sua ricezione da parte del professionista (Rumi, 222 ss.). Nella stessa linea si è messo in evidenza che la precedente previsione contenuta nell'art. 66 cod. cons., che ancorava l'effetto liberatorio al momento della ricezione da parte del professionista della comunicazione di recesso, era stata oggetto di molteplici censure sotto diversi punti di vista, come per il fatto di discostarsi senza ragioni plausibili dell'enunciato della direttiva sui contratti porta a porta e per il fatto di penalizzare la posizione del consumatore ledendo lo standard minimo di tutela a livello europeo. Adesso il riferimento al momento della ricezione è stato rimosso e ai sensi dell'art. 54, comma 2 cod. cons., il recesso deve ritenersi avvenuto con l'invio tempestivo della comunicazione da parte del consumatore (Farneti, 152 ss.). È discusso se il recesso operi retroattivamente o meno e se la nuova formulazione normativa abbia inteso esercitare un'opzione in un senso o nell'altro. L'art. 55 cod. cons., stabilisce che il recesso «pone termine agli obblighi delle parti» di eseguire il contratto ovvero di concluderlo in caso di offerta fatta dal consumatore. La norma attuale diverge da quella di cui al precedente art. 66 cod. cons., ma nella sostanza nulla pare essere cambiato e non sembra che il legislatore abbia inteso prendere posizione in merito alla retroattività o meno dell'efficacia del recesso, ma la dottrina risulta divisa sul punto (Rumi, 225 ss.). L'espressione ‘pone termine agli obblighi' ha condotto alcuni interpreti a deporre a favore della irretroattività degli effetti del recesso ma, a ben vedere, il dato testuale continua a risultare ambiguo anche in considerazione del fatto che non era nelle intenzioni del legislatore europeo quella di fornire indicazioni circa la collocazione di tale istituto all'interno dei diversi ordinamenti nazionali (Farneti, 152 ss.). L'art. 56 cod. cons., che disciplina nel dettaglio gli obblighi gravanti sul professionista in caso di recesso del consumatore, gli impone di rimborsare, ‘senza indebito ritardo' e comunque entro quattordici giorni dalla ricezione della dichiarazione di recesso, tutte le somme percepite e le eventuali spese di consegna. Per ragioni di semplificazione, poi, il primo comma dell'art. 56 cod. cons., stabilisce che salvo il consumatore abbia convenuto diversamente, il professionista deve effettuare il rimborso mediante lo stesso mezzo utilizzato dal consumatore per il pagamento. In chiusura del primo comma dell'art. 56 cod. cons., per evitare possibili condotte elusive, si sancisce la nullità dei patti in forza dei quali il professionista venga esonerato, in tutto o in parte, dal dover restituire al consumatore le somme versate. Ai sensi del terzo comma dell'art. 56 cod. cons., per tutelare il professionista di fronte ad una possibile mancata restituzione dei beni da parte del consumatore nei contratti di vendita, si consente che il rimborso sia differito al momento in cui quest'ultimo prova di averli rispediti, ovvero, se precedente, al momento in cui tali beni giungono al professionista. Nonostante sia prevista la necessità di provvedere al rimborso dei pagamenti «senza indebito ritardo», la disciplina di attuazione della direttiva appare scarsamente effettiva sul piano rimediale, poiché il legislatore italiano non ha previsto particolari misure sul punto e quindi la questione appare legarsi esclusivamente alla disciplina generale di cui all'art. 1219 c.c. sull'immediata costituzione in mora (Guzzardi, Art. 56, 2015, 231 ss.) Circa il mezzo da utilizzare per l'effettuazione del rimborso, si è osservato che di là dalle lodevoli intenzioni di semplificazione, la creazione di un vincolo di questo tipo per il professionista rischia di tradursi in un'eccessiva complicazione operativa nonché in un possibile aggravio di oneri amministrativi (Guzzardi, Art. 56, 2015, 231 ss.) Considerato il diverso momento di decorrenza per il consumatore e per il professionista dei rispettivi obblighi restitutori, il primo dalla spedizione della comunicazione di recesso mentre il secondo soltanto da quando venga informato di ciò, si evince come nel disegno normativo sia il consumatore il soggetto tenuto per primo ad assolvere i propri obblighi; ciò trova conferma proprio nella prescrizione contenuta nel terzo comma dell'art. 56 cod. cons. sul diritto del professionista di differire il rimborso. Peraltro, per controbilanciare tale previsione, si stabilisce che il consumatore ha la facoltà quantomeno di sbloccare e accelerare la procedura di rimborso dando prova di aver rispedito i beni (Farneti, 157 ss.). La novella ha implementato un corposo insieme di regole in merito agli obblighi gravanti sul consumatore a seguito dell'esercizio del recesso, articolandole nell'attuale art. 57 cod. cons. Ai sensi primo comma, che sul punto si snoda in parallelo a quanto previsto per gli obblighi gravanti sul professionista, il consumatore deve procedere alla restituzione della merce senza “indebito ritardo” e comunque entro quattordici giorni da quando ha manifestato la dichiarazione di recesso. Si stabilisce che il termine si considera rispettato quando entro tale momento il consumatore ha effettuato la spedizione e che il consumatore sostiene soltanto il costo diretto della spedizione, a meno che non se ne sia fatto carico lo stesso professionista. Il secondo comma della norma in commento si premura di limitare la responsabilità del consumatore per la perdita del valore dei beni circoscrivendola al solo caso in cui essi siano stati manipolati in modo difforme rispetto a quanto necessario per stabilire la loro natura, le loro caratteristiche e il loro funzionamento. Ai sensi del terzo comma dell'art. 57 cod. cons., se il consumatore esercita il diritto di recesso rispetto ad una delle ipotesi di cui agli articoli 50, comma 3 e 51, comma 8 cod. cons. – cioè per contratti di prestazione di servizi ovvero di fornitura di acqua, gas, elettricità ecc., per i quali egli abbia richiesto l'inizio dell'erogazione prima della scadenza del termine di recesso –, egli dovrà corrispondere al professionista un importo proporzionale a quanto è stato fornito sino al momento in cui ha informato quest'ultimo dell'esercizio del diritto di recesso. Il quarto comma dell'art. 57 cod. cons., quindi, prevede una serie di ipotesi in cui alcun costo può essere addebitato al consumatore per l'ipotesi di violazione di alcune delle norme sopra esaminate, ad esempio: per il caso degli obblighi informativi di cui all'art. 49, comma 1, lett. h) e l) cod. cons., per i contratti di servizi; ovvero quando il professionista abbia omesso di fornire la conferma di cui all'art. 50, secondo comma o di cui all'art. 51, comma 7 cod. cons., per la fornitura di contenuti digitali non forniti su supporto materiale, ecc. Con il complesso dettato dell'art. 57 cod. cons, si è tentato di uniformare il trattamento dell'istituto per le fattispecie prese in considerazione, ma sullo sfondo emergono le differenze ontologiche tra le due diverse tipologie fondamentali, vendita di beni (primo e secondo comma) e contratti di servizi (terzo e quarto comma) (M. Farneti, Il recesso nei contratti a distanza e fuori dai locali commerciali, 161 ss.). Si è comunque osservato che per un'adeguata comprensione della disciplina degli obblighi gravanti sul consumatore in caso di suo recesso, regolata adesso dall'art. 57 cod. cons., è necessario tenere presente quanto precisato dal considerando n. 47 della direttiva 2011/83/UE secondo cui gli obblighi del consumatore per il caso di suo recesso non dovrebbero scoraggiarlo dall'esercitare il relativo diritto (Guzzardi, Art. 57, 240 ss.). In dottrina si è osservato come nella nuova disciplina si sia così elevato il termine per la riconsegna dei beni, da dieci a quattordici giorni, ma soprattutto si sia posticipato il dies della decorrenza, dalla data di ricevimento del bene al momento dell'invio della comunicazione di recesso (Farneti, 161 ss.). Per quanto concerne la disciplina introdotta per la possibile diminuzione di valore del bene, si tratta di una novità rilevante, poiché si prevede che in caso di recesso il consumatore ne è responsabile soltanto se conseguente ad un'ispezione e ad una manipolazione diverse da quelle necessarie per stabilirne la natura, le caratteristiche e il funzionamento ossia, secondo quanto riferisce il considerando n. 47 della direttiva 2011/83/UE, se pone in essere una manipolazione diversa da quella che gli sarebbe stata consentita in un negozio (Battelli, 241 ss.). D'altra parte la Corte di Giustizia, 3 settembre 2009, causa C-489/07, Messner c. Krüger, aveva già avuto modo di affermare che essendo il diritto di recesso nei contratti a distanza finalizzato anche a consentire al consumatore proprio di esaminare e testare il bene, l'effettività e l'efficacia di tale diritto sarebbero messe in discussione se si imponesse a quest'ultimo, in generale, di corrispondere un'indennità per il solo fatto di aver compiuto tali attività. Peraltro, ciò non impedisce che in certe circostanze il consumatore possa essere tenuto a corrispondere una somma per l'utilizzo dei beni acquistati dei quali abbia fatto uso in modo incompatibile con i doveri di correttezza e buona fede; una normativa nazionale, invero, ben potrebbe prevede che in caso di recesso da parte del consumatore sia dovuta un'indennità per l'uso del bene di consumo, soprattutto nel caso in cui essa non incida negativamente sulla effettività del diritto di recesso, rientrando tale competenza nel margine di discrezionalità degli Stati membri. I commi terzo e quarto dell'art. 57 cod. cons., intervengono a regolare le obbligazioni gravanti sul consumatore per quella particolare tipologia di contratti che hanno ad oggetto la prestazione di servizi, nei quali non si può porre un problema di restituzione di beni al pari che nei negozi di vendita. La differenza ontologica che intercorre tra beni e servizi si percepisce con forza proprio nella dimensione restitutoria, con particolare attenzione al profilo dell'eventuale remunerazione per i servizi eseguiti medio tempore: in questi casi, la prestazione fornita prima della scadenza del termine per l'esercizio del diritto di recesso non può essere restituita al consumatore in natura e quindi si pone il problema se questa debba essere compensata o remunerata, per evitare eventuali abusi del consumatore che fruisca del servizio e poi receda per cercare di trarre un vantaggio senza compensare il professionista: a tali interrogativi ha risposto la direttiva 2011/83/UE, in forza della quale sono stati introdotti i precetti in esame (Farneti, 152 ss.). Infine, l'art. 58 cod. cons., si occupa specificamente della sorte dei contratti accessori rispetto a quelli, negoziati fuori dei locali commerciali e a distanza, che sono stati oggetto del recesso del consumatore: i negozi accessori sono risolti di diritto, senza costi per il consumatore salvo quanto previsto agli artt. 56, comma 2 e 57, cod. cons. È fatta salva l'applicazione della normativa specifica per il credito al consumo di cui al d.lgs. n. 141/2010. Si tratta di un precetto inedito in forza del quale, in caso di esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore rispetto a un contratto negoziato fuori dei locali commerciali o a distanza, si determina automaticamente anche la risoluzione dei contratti ad esso accessori, senza dover sopportare alcun costo che non sia riconducibile alle stesse voci cui è tenuto in forza del contratto principale. La nozione di “contratto accessorio” è contenuta nell'art. 45, comma 1, lett. q), cod. cons., che lo definisce come quel contratto tramite il quale il consumatore acquista beni o servizi connessi a un contratto negoziato fuori dei locali commerciali o a distanza laddove tali beni o servizi vengono forniti dal professionista o da un terzo in forza di un accordo tra questi ultimi. La ratio della norma risiede come sempre nell'esigenza di tutelare il consumatore e di proteggere la sua libertà decisionale, evitando che egli possa incontrare delle resistenze nell'esercizio del suo diritto di recesso per il fatto di trovarsi coinvolto in più rapporti contrattuali (Farneti, 152 ss.). I contratti a distanza per la prestazione di servizi finanziari: inquadramento e campo d'applicazioneTrattando in generale dei contratti a distanza, una parte del commento deve opportunamente essere dedicata a quel particolare gruppo di ipotesi che va sotto la rubrica di ‘commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori' (sezione IV-bis, capo I, titolo III, parte III, cod. cons.), disciplinato agli articoli 67-bis-67-vicies-bis del codice del consumo. Tale complesso di norme è stato introdotto nel nostro ordinamento con il d.lgs. n. 190/2005, di attuazione della direttiva 2002/65/CE, concernente la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori, ma è stato inserito all'interno del codice del consumo soltanto in un secondo momento, con il d.lgs. n. 221/2007. La direttiva 2002/65/CE, adottata dal legislatore europeo per il raggiungimento di un elevato livello di protezione dei consumatori, si inserisce tra le misure finalizzate al progressivo consolidamento del mercato interno: per il buon funzionamento di quest'ultimo, che impone di assicurare a tutti i cittadini la possibilità di scegliere con la massima libertà e senza discriminazioni tra i servizi finanziari offerti dai professionisti che operano nell'UE, è parso indispensabile emanare una disciplina che fosse capace di garantire un livello di protezione elevato e uniforme per tutti i consumatori, in modo da far loro acquisire la fiducia e la sicurezza necessarie per stipulare a distanza contratti per la prestazione di servizi finanziari con profes sionisti stabiliti in Stati diversi da quelli della propria residenza. La direttiva 97/7/CE, riguardante la protezione dei consumatori nei contratti a distanza, escludeva espressamente dal proprio campo applicativo la prestazione di servizi finanziari e tale scelta è stata confermata dalla direttiva 2011/83/CE, recepita sul punto con l'art. 47, comma 1, lett. d) cod. cons. (De Cristofaro, 173 ss.). La direttiva 2002/65/CE è un provvedimento di armonizzazione completa, mediante il quale si è inteso costruire una disciplina unitaria e comune a tutti gli Stati membri, che pertanto non risulta modificabile da questi ultimi salvo nei casi in cui la direttiva stessa consenta espressamente di scegliere se adottare o meno una determinata disposizione ovvero di optare fra due o più regole alternative. Lo Stato italiano, da parte sua, forse anche per il timore di non riuscire a rispettare i rigorosi vincoli che una tale direttiva di armonizzazione completa imponeva, si è limitato a riprodurre il testo di quest'ultima e a prevedere che sono fatte salve, ove non espressamente derogate, le disposizioni in materia bancaria, finanziaria, assicurativa, dei sistemi di pagamento e di previdenza individuale, nonché le competenze delle autorità indipendenti (attualmente all'art. 67-bis, comma 3 cod. cons.). Peraltro, tale rinvio complessivo, privo di un'adeguata ponderazione, crea dei problemi di coordinamento, come per la regolamentazione delle offerte fuori sede di strumenti finanziari e servizi e attività di investimento (art. 30 T.U.F. e art. 78 reg. Consob n. 16190 del 29 ottobre 2007), per la disciplina degli obblighi informativi precontrattuali gravanti sugli intermediari che offrono in vendita a distanza prodotti assicurativi (artt. 121 e 183 cod. ass. e artt. 58-61 reg. ISVAP 5/2006), ecc. (De Cristofaro, 173 ss.). Secondo alcuni autori, in mancanza di norme specifiche regolanti le ipotesi di conflitto, si dovrebbe propendere per l'applicazione delle disposizioni che assicurano una maggiore tutela dell'utente dei servizi finanziari (Pellegrini, Artt. 67-bis-67-ter, 541 ss.); d'altra parte si è osservato che le disposizioni attuative della direttiva, in forza della realizzazione dell'armonizzazione massima, sarebbero destinate a prevalere sulle disposizioni speciali eventualmente contrastanti con le prime (De Cristofaro, 173 ss.). Come precisato dall'art. 67-bis cod. cons., per quanto concerne il campo applicativo della normativa in esame, la disciplina contenuta nella sezione IV-bis riguarda i contratti aventi ad oggetto la prestazione di servizi finanziari, stipulati a distanza, tra un consumatore e un professionista, anche qualora una delle fasi della commercializzazione comporta la partecipazione di un soggetto diverso dal fornitore. Peraltro, qualora si tratti di servizio finanziario che si articola in un accordo iniziale di servizio seguito da operazioni successive o distinte della stessa natura, il complesso normativo in esame si applica soltanto all'accordo iniziale; se invece vengono poste in essere più operazioni successive o distinte della stessa natura, ma senza accordo iniziale, trovano applicazione esclusivamente gli artt. 67-quater-67-decies cod. cons. (obblighi informativi) e soltanto rispetto alla prima operazione. La nozione di servizi finanziari viene offerta dall'art. 67-ter, comma 1 lett. b) cod. cons., e si presenta particolarmente ampia, comprendendo qualsiasi servizio di natura bancaria, creditizia, di pagamento, di investimento, di assicurazione o di previdenza individuale. Si è osservato che la definizione di servizi finanziari in parola, come quella prevista dalla direttiva, risulta priva di riferimenti a normative esistenti e così onnicomprensiva, capace di includere qualunque tipologia di servizio finanziario (Nunziata, Art. 67-ter - Definizioni, 554). Per l'individuazione della nozione di contratto a distanza, ai fini dell'applicazione delle norme della sezione IV-bis, l'art. 67-ter, comma 1, lett. a) cod. cons., rinvia alla più ampia definizione di contratto a distanza contenuta nell'art. 50, comma 1, lett. a) cod. cons.; inoltre, ai fini dell'applicazione delle norme in commento è necessario che il contratto sia concluso tra un consumatore e professionista (v. supra). Questo complesso di norme si avvia con l'individuazione dell'ambito di applicazione di tale disciplina e con la definizione della terminologia usata, per poi passare a disciplinare, anche in questo caso, l'aspetto fondamentale degli obblighi informativi nella fase precontrattuale (artt. 67-quater-67-decies, cod. cons.) e il diritto di recesso del consumatore (artt. 67-duodecies-67-terdecies, cod. cons.). Vi sono poi anche una serie di norme particolari, attinenti alla specifica tipologia di servizi in esame: divieto di ricorrere a metodi di commercializzazione aggressivi (artt. 67-quinquiesdecies-67-sexiesdecies, cod. cons.) e un peculiare apparato di sanzioni per il caso di violazioni commesse dal fornitore (art. 67-septiesdecies, cod. cons.). Segue. Gli obblighi informativi e il diritto di recessoGli articoli 67-quater-67-undecies cod. cons., sono dedicati alla regolamentazione dei doveri informativi nella commercializzazione dei prodotti finanziari a distanza. In particolare, gli articoli 67-quater-67-octies cod. cons., individuano il contenuto di base degli obblighi informativi precontrattuali che devono riguardare il fornitore (67-quinquies cod. cons.), il servizio finanziario (67-sexies cod. cons.), il contratto a distanza (67-septies cod. cons.) e l'esistenza o meno di procedure extragiudiziali di reclamo e di ricorso (67-octies cod. cons.). Per quanto riguarda le informazioni relative al fornitore, al servizio finanziario, al contratto a distanza e all'esistenza o meno di procedure extragiudiziali di reclamo e di ricorso, come anticipato, queste sono dettagliate in apposite disposizioni dove si richiede che vengano specificate le informazioni: sull'identità del professionista e dei suoi riferimenti, nonché degli eventuali intermediari (67-quinquies cod. cons.); sulle caratteristiche del servizio finanziario, compreso il suo prezzo complessivo e, se del caso, che il servizio è in rapporto con strumenti che implicano particolari rischi dovuti a loro specifiche caratteristiche (67-sexies cod. cons.); sull'esistenza o meno del diritto di recesso e sulle sue condizioni d'esercizio, sull'esistenza di eventuali clausole contrattuali relative alla legge applicabile e sul foro competente, nonché sulla durata minima del contratto in caso di prestazione permanente o periodica di servizi finanziari (67-septies cod. cons.); sull'esistenza o meno di procedure extragiudiziali di reclamo e di ricorso e sulle condizioni per avvalersene, nonché sull'esistenza o meno di fondi di garanzia o altri dispositivi di indennizzo (67-octies cod. cons.). Per quanto concerne le modalità di comunicazione delle informazioni, che come si è avuto modo di osservare circa la contrattazione a distanza e fuori dei locali commerciali costituisce uno degli aspetti fondamentali della disciplina sugli obblighi informativi, il secondo comma dell'art. 67-quater cod. cons., prescrive che la trasmissione sia effettuata in modo chiaro e comprensibile, con qualunque mezzo adeguato alla tecnica di comunicazione a distanza utilizzata, anche in considerazione dei doveri di correttezza e buona fede. Peraltro, poi, l'art. 67-undecies, comma 1 cod. cons., stabilisce che tutte le condizioni contrattuali e le informazioni dovute siano fornite al consumatore su supporto cartaceo o su altro supporto durevole. Come è stato osservato, si tratta di una mole di informazioni imponente, che il codice del consumo prescrive siano fornite al consumatore al fine di consentirgli di disporre di tutti gli elementi necessari per compiere le proprie scelte in maniera consapevole e razionale, informazioni che devono comprendere anche il testo delle clausole del regolamento negoziale che disciplinerà il rapporto contrattuale. Per altro supporto durevole si deve intendere, ai sensi dell'art. 67-ter, lett. f) cod. cons., qualsiasi strumento idoneo a permettere al consumatore di memorizzare le informazioni fedelmente, in modo tale da potervi accedere agevolmente e in un tempo adeguato ai fini cui esse sono destinate (G. De Cristofaro, I contrati a distanza per la prestazione di servizi finanziari, 182 ss.). Circa i termini entro cui gli obblighi informativi devono essere adempiuti, se da un lato l'art. 67-quater cod. cons., impone di provvedere nella fase delle trattative e comunque prima che il consumatore sia vincolato da un contratto a distanza o in base ad un'offerta, dall'altro lato l'art. 67-undecies cod. cons., richiede che il supporto cartaceo (o altro supporto durevole) sia fornito al consumatore in tempo utile prima che quest'ultimo sia vincolato dal contratto o dall'offerta; peraltro, se la tecnica di comunicazione a distanza utilizzata su richiesta del consumatore non consente un adempimento di tale obbligo prima che il vincolo sia sorto, il professionista deve adempiere a tale obbligo subito dopo la conclusione del contratto (art. 67-undecies, comma 2 cod. cons.). In un arresto della giurisprudenza amministrativa si è affermato che l'art. 67-undecies cod. cons. ribadisce, in chiave settoriale, un principio del tutto inequivoco in relazione alla stipulazione dei contratti a distanza, cioè che il vincolo contrattuale si perfeziona solo quando il consumatore riceve tutte le informazioni dovute su supporto cartaceo o altro stabile supporto (come potrebbe essere un supporto di tipo informatico che garantisca la provenienza delle informazioni dal fornitore e la sua sicura ricezione da parte del consumatore, nonché l'integrità delle informazioni trasmesse). Nel caso di specie, pertanto, la pratica commerciale posta in essere da una delle parti in causa, di considerare perfezionato il vincolo contrattuale fin dal momento del consenso telefonico, peraltro neppure documentato tramite registrazione, con conseguente scomputo dell'importo del premio dal credito a disposizione del titolare della carta e il suo successivo addebito in conto corrente bancario, è stata ritenuta contrastante con le disposizioni del codice del consumo e come tale integrante un difetto di diligenza professionale (T.A.R. Lazio 6 maggio 2009, n. 8672). L'art. 67-novies cod. cons., si occupa dello specifico caso della commercializzazione per via telefonica di servizi finanziari. Come è stato precisato in dottrina, con tale disposizione si è approntata una tutela su tre livelli: innanzitutto si deve consentire al consumatore di conoscere sin dall'inizio della comunicazione telefonica l'identità del fornitore e il fine commerciale della chiamata; il secondo livello presuppone il consenso del consumatore a proseguire la telefonata e prescrive al fornitore di trasmettere al consumatore solo alcune specifiche informazioni; infine, il fornitore deve comunicare in ogni caso tutte le informazioni quando adempie ai propri obblighi ai sensi dell'art. 67-undecies cod. cons. (F. Totaro, Art. 67-novies, 572 ss.) È stata poi introdotta una disposizione di raccordo al successivo art. 67-decies, comma 1 cod. cons., nel quale si specifica che, oltre alle informazioni di cui sopra, sono applicabili le disposizioni più rigorose eventualmente previste dalle normative di settore disciplinanti l'offerta del servizio o del prodotto interessati. In caso di violazione della normativa sugli obblighi informativi esaminata, oltre alle conseguenze privatistiche da inadempimento, la disciplina in esame contempla delle particolari misure sanzionatorie di carattere pubblicistico (v. par. successivo). Gli articoli 67-duodecies-67-terdecies, cod. cons., disciplinano il diritto di recesso del consumatore in caso di commercializzazione a distanza di servizi finanziari e le sue condizioni di esercizio. In particolare, l'art. 67-duodecies riconosce in capo al consumatore il diritto di recedere dal contratto entro il termine di quattordici giorni, senza dover fornire motivazioni in proposito e senza dover corrispondere somme a titolo di penale, termine esteso a trenta giorni per le assicurazioni sulla vita di cui al d.lgs. n. 209/2005 (cod. ass. priv.) e per le operazioni relative a schemi pensionistici individuali. Il termine per esercitare il diritto di recesso decorre dal momento della conclusione del contratto ovvero, se successivo, dal momento in cui il consumatore ha ricevuto le informazioni di cui all'art. 67-undecies; per le assicurazioni sulla vita il termine decorre dal momento in cui il consumatore è informato dell'avvenuta conclusione del contratto. Per quanto concerne le modalità di esercizio del diritto di recesso, a differenza che nelle ipotesi analizzate nei paragrafi precedenti dove non sono richieste forme particolari, nella commercializzazione a distanza di servizi finanziari si è ritenuto opportuno imporre al consumatore l'invio, prima del termine di scadenza, di apposita comunicazione scritta mediante raccomandata con avviso di ricevimento o altro mezzo indicato ai sensi dell'art. 67-septies, comma 1, lett. d) cod. cons. Queste norme ci offrono un nitido esempio delle complessità di coordinamento relative ai rapporti tra la normativa in esame ed altre discipline di settore. Si è osservato infatti che l'art. 177 cod. ass. attribuisce al contraente il diritto di recedere ad nutum entro trenta giorni dalla ricezione dell'informazione sull'avvenuta stipulazione del contratto, a prescindere dal fatto che egli sia una persona fisica ovvero un ente collettivo nonché, qualora si tratti di persona fisica, a prescindere dagli scopi per i quali abbia agito; ancora, l'art. 30, comma 6 T.U.F., riconosce all'investitore non professionale il diritto di recedere dai contratti di collocamento di strumenti di finanziari o di gestione di portafogli conclusi fuori sede nel termine di sette giorni dalla sottoscrizione della proposta o dell'accettazione. Ebbene, per le ragioni già evidenziate (si veda anche quanto già osservato in punto di coordinamento al precedente paragrafo n. 5), queste norme di settore possono trovare applicazione solo qualora si tratti di fattispecie non rientranti nel campo applicativo degli artt. 67-duodecies-67-terdecies cod. cons. D'altra parte, qualora si tratti di contratti di credito ai consumatori ai sensi dell'art. 121, lett. c) T.U.B., troverà invece applicazione la disciplina sul diritto di recesso contenuta nell'art. 125-ter T.U.B. Benché il termine entro cui esercitare il recesso sia legato al mero invio della dichiarazione, affinché si producano gli effetti di legge è comunque necessario che tale dichiarazione giunga al fornitore, trattandosi pur sempre di un atto unilaterale recettizio (G. De Cristofaro, I contrati a distanza per la prestazione di servizi finanziari, 190 ss.). Coerentemente con la disciplina sinora esaminata, ai sensi dell'art. 67-terdecies cod. cons., il consumatore che esercita il diritto di recesso è tenuto a pagare esclusivamente l'importo del servizio finanziario eventualmente prestato e l'esecuzione del contratto può iniziare solo previa richiesta del consumatore medesimo. Quindi, il fornitore sarà tenuto a rimborsare al consumatore le somme eventualmente percepite, ad eccezione di quanto dovuto per il servizio effettivamente prestato, entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione di recesso; il consumatore, da parte sua, dovrà restituire le somme e i beni eventualmente ricevuti entro trenta giorni dall'invio della comunicazione di recesso. Il quinto comma dell'art. 67-duodecies cod. cons., prevede una consistente serie di ipotesi in cui non viene riconosciuto il diritto di recesso al consumatore, tra cui meritano di essere segnalate: i servizi finanziari il cui prezzo dipenda da fluttuazioni del mercato finanziario che possono avere luogo durante il periodo di recesso e che non sono controllabili dal fornitore (operazioni di cambio, strumenti di mercato monetario, valori mobiliari, ecc.); i contratti interamente eseguiti dalle parti su esplicita richiesta del consumatore prima che quest'ultimo abbia esercitato il suo diritto di recesso; ecc. Per quanto concerne quest'ultima ipotesi, si è rilevato che non si tratterebbe a ben vedere di un caso di esclusione del diritto di recesso, quanto piuttosto di un'ipotesi di sua estinzione anticipata. Per tale ragione, affinché il diritto di recesso venga meno pare sia necessario che il fornitore abbia trasmesso l'informativa di cui all'art. 67-undecies, comma 1 cod. cons. e che altresì abbia informato il consumatore del fatto che l'immediata e completa esecuzione del contratto lo priverà del diritto di recesso (De Cristofaro, I contratti a distanza per la prestazione di servizi finanziari, 190 ss.). Il quarto comma dell'art. 67-duodecies cod. cons., contiene poi un'importante prescrizione per i contratti relativi ai servizi di investimento, stabilendo che durante il periodo di decorrenza del termine per l'esercizio del diritto di recesso l'efficacia del contratto è sospesa. La disposizione in esame, dunque, concerne esclusivamente una particolare tipologia di contratti per la prestazione di servizi, quelli relativi ad operazioni di investimento. Tale disposizione rinvia così implicitamente a quanto previsto dagli artt. 18 ss. T.U.F. e si estrinseca in una prescrizione abbastanza simile a quella contenuta nell'art. 30, comma 6 T.U.F. Il fatto che soltanto per i contratti di investimento sia prevista una sospensione della loro efficacia, conduce a ritenere che gli altri siano immediatamente produttivi di effetti, salvo l'eventuale successivo esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore. La necessità di prevedere una particolare ipotesi di sospensione per i contratti di investimento si lega alle peculiari esigenze di tutela che emergono in tali fattispecie nelle quali, tra le altre cose, si possono avere degli esborsi monetari particolarmente importanti (Sangiovanni, 415 ss.). Segue: l'inadempimento, le sanzioni e le tuteleCome anticipato nel paragrafo precedente, le conseguenze per l'inadempimento degli obblighi del fornitore in caso di commercializzazione a distanza di servizi finanziari si presentano del tutto peculiari, tra rimedi di tipo privatistico e sanzioni a carattere pubblicistico. L'art. 67-septiesdecies cod. cons., prevede una sanzione amministrativa pecuniaria, salvo il fatto costituisca reato, per il caso in cui il fornitore contravvenga alle norme della sezione IV-bis. Il compito di accertare le violazioni e irrogare le sanzioni viene affidato alle autorità di vigilanza dei settori bancario, assicurativo, finanziario e della previdenza complementare, ciascuna nel proprio ambito di competenza. Sul piano privatistico, invece, in caso di inadempimento degli obblighi informativi documentali di cui all'art. 67-undecies cod. cons., si è previsto uno slittamento della decorrenza del termine per l'esercizio del diritto di recesso sino a quando il consumatore venga effettivamente informato (art. 67-duodecies cod. cons.). Altra ipotesi particolare è poi quella della nullità disciplinata dall'art. 67-septiesdecies, comma 4 cod. cons.: qua è stata inserita un'ipotesi di nullità del contratto assolutamente originale e con degli importanti profili di eccentricità rispetto al nostro ordinamento. Al quarto comma si prevede la nullità del contratto nel caso in cui il fornitore ostacoli l'esercizio del diritto di recesso del consumatore, ovvero non rimborsi le somme dovute o violi gli obblighi informativi precontrattuali in modo da alterare significativamente la rappresentazione delle caratteristiche del contratto. Dunque il legislatore ha deciso così di introdurre un'ipotesi di nullità testuale, ma lo ha fatto ancorandola alla violazione di norme comportamentali, esterne rispetto al contratto in sé considerato. A tutela del consumatore, poi, al quinto comma si stabilisce che questa ipotesi di nullità possa essere fatta valere soltanto da quest'ultimo. Nel contesto della direttiva, che si poneva l'obiettivo della massima armonizzazione, la regolamentazione delle conseguenze sanzionatorie costituiva uno dei pochi punti sui quali il legislatore godeva di una certa discrezionalità: ai sensi dell'art. 11 della direttiva, gli Stati membri dovevano introdurre sanzioni adeguate per il mancato rispetto della normativa sulla commercializzazione a distanza di servizi finanziari, che fossero effettive, proporzionate e dissuasive. La competenza ad accertare le violazioni e ad irrogare le relative sanzioni è stata attribuita alle autorità di vigilanza del settore bancario, assicurativo, finanziario e della previdenza complementare; pertanto gli aspetti procedimentali potrebbero variare in ragione della diversa autorità di volta in volta competente (De Vitiis, Art. 67-septiesdecies, 591 ss.). Non sono mancate le critiche dottrinali a questa costruzione legislativa, considerato che la nullità colpisce in questo caso un contratto validamente concluso, mentre tradizionalmente si tratterebbe di un vizio dell'atto che ne impedisce l'efficacia (Sangiovanni, 1469 ss.). La previsione di nullità dei contratti di prestazione a distanza di servizi finanziari, disciplinata dal d.lgs. n. 190/2005, art. 16, comma 4, stabilita per il caso in cui il fornitore ostacoli l'esercizio del diritto di recesso da parte del contraente ovvero ometta di rimborsare le some eventualmente pagate da quest'ultimo, oppure violi gli obblighi informativi precontrattuali in modo tale da alterare significativamente la rappresentazione delle caratteristiche del servizio, presenta evidenti caratteri di specialità che la collocano in una posizione sistematicamente isolata (Cass. S.U., n. 26724/2007). Merita dare conto, poi, dell'introduzione di due disposizioni particolari all'interno della sezione IV-bis, l'art. 67-quinquiesdecies cod. cons., sui servizi non richiesti e l'art. 67-sexiesdecies cod. cons., sulle comunicazioni non richieste: in forza del primo, premesso che ogni servizio non richiesto viene espressamente qualificato come ‘pratica commerciale scorretta', si stabilisce che in tali ipotesi il consumatore non sia tenuto ad alcuna prestazione e che la mancanza di una risposta non implica consenso del consumatore. L'articolo successivo disciplina invece le modalità con cui i professionisti si rivolgono al consumatore, imponendo la presenza di un previo consenso di quest'ultimo per l'utilizzo di tecniche di chiamata con dispositivi automatici senza operatore o di telefax; tale previo consenso è comunque necessario se la tecnica prescelta consente una comunicazione individuale. Gli articoli 67-vicies e 67-novesdecies cod. cons., rispettivamente, dettano particolari prescrizioni per la composizione stragiudiziale delle controversie e per i ricorsi giurisdizionali e amministrativi. Sul primo piano, si affida ai Ministeri dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico e della giustizia, sentite le autorità di vigilanza di settore, il compio di promuovere l'istituzione di adeguate procedure di composizione extragiudiziale di reclamo e di ricorso per la composizione delle controversie in materia. Con l'art. 67-novesdecies cod. cons. si è attribuita alle associazioni dei consumatori iscritte all'elenco di cui all'art. 137 cod. cons., per la tutela degli interessi collettivi dei consumatori, la legittimazione a proporre reclamo alle competenti autorità di vigilanza per l'accertamento delle violazioni delle norme della sezione IV-bis, nonché la legittimazione a promuovere azione inibitoria ai sensi dell'art. 140 cod. cons. Infine, al comma 3, si è attribuito alle autorità di vigilanza di settore il potere di inibire ai fornitori i comportamenti contrari alle disposizioni in esame. Come è stato osservato in dottrina, l'art. 67-noviesdecies valorizza il ruolo delle associazioni dei consumatori, individuate quali interpreti privilegiati della tutela degli interessi collettivi di questi ultimi e che possono: proporre reclamo alle competenti autorità di vigilanza, consistente in una dichiarazione, sostenuta da adeguati elementi probatori, secondo cui un fornitore ha commesso o potrebbe commettere delle violazioni in materia; adire l'autorità giudiziaria per ottenere un provvedimento inibitorio per la cessazione delle infrazioni poste in essere dal professionista (De Vitiis, Art. 67-noviesdecies, 598-599). Un'altra disposizione di particolare rilievo sul piano della tutela della posizione dei consumatori è contenuta nell'art. 67-viciessemel cod. cons., con il quale si pone in capo al fornitore l'onere della prova circa l'adempimento degli obblighi informativi, la prestazione del consenso da parte del consumatore alla conclusione del contratto, l'avvenuta esecuzione del contratto nonché in merito alla responsabilità per l'inadempimento delle obbligazioni da esso scaturenti. Al secondo comma si precisa poi che le pattuizioni mediante le quali si realizza, in tutto in parte, un'inversione del predetto onere probatorio, si presumono vessatorie ai sensi dell'art. 33, comma 2, lett. t) cod. cons. Non è chiaro a cosa intenda riferirsi tale norma quando tratta della responsabilità per l'inadempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto: se si trattasse delle obbligazioni del consumatore, evidentemente, ciò costituirebbe una significativa deroga alle linee generali del nostro ordinamento in materia, secondo cui grava sul debitore la dimostrazione che l'obbligazione è stata esattamente adempiuta o che è venuta meno per una causa di estinzione diversa dall'adempimento. Per quanto attiene alla disposizione di cui al secondo comma dell'art. 67-viciessemel, che sancisce la presunzione di vessatorietà delle clausole con le quali si prevede un'inversione dell'onere probatorio, ne è stata sottolineata l'inutilità, quantomeno così per come è stata formulata, trattandosi di precetto già incluso nel disposto dell'art. 33, comma 2, lett. t) cod. cons. Si è evidenziato che, a ben vedere, vi è stato un errore da parte del legislatore italiano, posto che l'art. 15, comma 2 direttiva 2002/65/CE, si riferiva piuttosto a qualunque clausola volta a porre a carico del consumatore l'onere di provare l'inadempimento di uno qualsiasi degli obblighi del fornitore e comunque imponeva agli stati membri di qualificare tali clausole come senz'altro abusive e non soltanto di introdurre una presunzione. Si è ritenuto che a queste imprecisioni possa essere posto rimedio per via interpretativa: le clausole di inversione dell'onere della prova rispetto agli elementi previsti dall'art. 67-viciessemel cod. cons., sarebbero nulle per contrasto con l'art. 67-octiesdecies cod. cons., mentre le clausole con le quali si richiede al consumatore di provare l'inadempimento di un'obbligazione del fornitore, diversa da quelle sulle informazioni dovute, saranno senz'altro vessatorie in applicazione dell'art. 33, primo comma, cod. cons., interpretato in conformità al comma secondo dell'art. 15 della direttiva 2002/65/CE (G. De Cristofaro, I contrati a distanza per la prestazione di servizi finanziari, 202 ss.). Infine, a tutela del consumatore e in chiusura di questo microsistema di norme, si stabilisce l'irrinunciabilità dei diritti del consumatore all'art. 67-octiesdecies, cod. cons. Tale norma, peraltro, parrebbe meramente ripetitiva di quanto già previsto all'art. 143 cod. cons. 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