Decreto legislativo - 9/04/2003 - n. 70 art. 6 - (Assenza di autorizzazione preventiva)

Giacomo Bizzarri

(Assenza di autorizzazione preventiva)

Art. 6

1. L 'accesso all'attività di un prestatore di un servizio della società dell'informazione e il suo esercizio non sono soggetti, in quanto tali, ad autorizzazione preventiva o ad altra misura di effetto equivalente.

2. Sono fatte salve le disposizioni sui regimi di autorizzazione che non riguardano specificatamente ed esclusivamente i servizi della società dell'informazione o i regimi di autorizzazione nel settore dei servizi delle telecomunicazioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 1997, n. 318, dalla cui applicazione sono esclusi i servizi della società dell'informazione .

Inquadramento

Il grande sviluppo tecnologico degli ultimi decenni, come noto, ha impattato grandemente sulle attività degli operatori economici e in particolare sull'intensificazione degli scambi, nella c.d. contrattazione di massa, mediante sistemi di comunicazione via internet. Tutto questo ha inciso profondamente anche sugli strumenti utilizzati in tale contesto, come per il contratto, con un passaggio significativo da un sistema cartaceo a uno di tipo telematico.

Per un'analisi di tale materia, si deve porre oggi l'attenzione alla normativa introdotta dal d.lgs. n. 70/2003 di attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico.

Il legislatore italiano e quello europeo sono intervenuti in questo settore in modo frammentario, a tratti confuso, in un contesto in cui le problematiche giuridiche sono acuite dalla dimensione sovranazionale del fenomeno. L'e-commerce è interessato da un insieme di disposizioni articolato e stratificato, con importanti ripercussioni sul piano del coordinamento normativo e interpretativo, dove sono coinvolti diversi settori come il diritto d'autore e il diritto industriale, la normativa sui documenti elettronici, la disciplina dei contratti dei consumatori, le clausole vessatorie nei contratti on line, la tutela della privacy, la legislazione sul commercio di cui al d.lgs. n. 114/1998, ecc. (Battelli, 389 ss.). Come pure è stato recentemente osservato, il fenomeno della standardizzazione contrattuale ha interessato in misura rilevante il settore del commercio elettronico, in particolare per quanto concerne i contratti stipulati mediante l'accesso alle vetrine virtuali, marketplaces, dove i professionisti possono esporre i beni e i servizi che offrono in vendita (Cerdonio Chiaromonte, 404).

Le norme di cui al decreto legislativo in esame, n. 70/2003, trovano applicazione prevalentemente nel c.d. commercio elettronico diretto (cioè dove ordinazioni, pagamenti ed esecuzione avvengono on line), sia nei rapporti tra professionisti e consumatori, B2C, sia nei rapporti tra soli professionisti, B2B (Delfini, Introduzione, 2015, 1163 ss.; più in generale, sui problemi del commercio elettronico, diretto e indiretto, Delfini, I contratti telematici dei consumatori, 853 ss.). Peraltro, mentre nei rapporti tra i primi (B2C) le disposizioni del decreto hanno carattere inderogabile e sono sottratte ad un intervento modificativo delle parti, nei rapporti tra professionisti (B2B) è riconosciuta la libertà di determinare il contenuto del contratto secondo schemi diversi (Ricciuto, 4 ss.).

Dunque, per l'individuazione della normativa di volta in volta applicabile si dovranno prendere in considerazione i soggetti coinvolti; nel caso in cui si tratti di consumatori, oltre alla disciplina sul commercio elettronico sarà necessario prendere in considerazione anche la normativa di settore, in particolare quella sui contratti a distanza.

Nella contrattazione via internet, invero, un ruolo fondamentale è certamente giocato dalla normativa di tutela dei consumatori sui contratti a distanza: la regolamentazione dei contratti a distanza era contenuta nel d.lgs. n. 185/1999, di attuazione della direttiva 97/7/CE, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza; tale provvedimento poi è stato abrogato dal d.lgs. n. 206/2005, (art. 146) e la relativa disciplina è stata trasposta all'interno del Codice del consumo. Tale complesso normativo è stato innovato ulteriormente con il d.lgs. n. 21/2014, di attuazione della direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori e la normativa di riferimento è adesso contenuta negli artt. 45 ss. cod. cons. L'esigenza di intervenire per la tutela del consumatore quando la contrattazione avviene secondo le predette modalità è soddisfatta attraverso una disciplina multilivello, partendo dalla previsione di appositi obblighi informativi nella fase precontrattuale, prescrivendo dei requisiti di forma e di contenuto dei contratti, disciplinando un particolare diritto di recesso del consumatore e adottando alcune ulteriori disposizioni anche sul fronte rimediale (per un approfondimento della disciplina di tali contratti si rinvia al relativo commento presente in questo volume).

Per quanto attiene al coordinamento tra questi complessi normativi, si evidenzia che l'art. 68 cod. cons., in chiusura del titolo III (‘modalità contrattuali'), parte III (‘Il rapporto di consumo'), dove appunto sono regolamentati i contratti negoziati fuori dei locali commerciali e i contratti a distanza, richiama espressamente la disciplina di cui al d.lgs. n. 70/2003 per gli aspetti non disciplinati dal codice medesimo; inoltre, l'art. 51 cod. cons. sui ‘requisiti formali per i contratti a distanza', al comma nono precisa che restano impregiudicate le disposizioni relative alla conclusione dei contratti elettronici e all'inoltro di ordini per via elettronica in conformità agli articoli 12, commi 2 e 3 e 13 del d.lgs. n. 70/2003 (v. infra, commento art. 13). Il d.lgs. n. 70/2003, da parte sua, all'art. 1, comma 3, specifica che sono fatte salve le disposizioni comunitarie e nazionali sulla tutela dei consumatori.

Con la disciplina sul commercio elettronico il legislatore europeo ha cercato di dettare delle regole comuni di base in ambito europeo per la prestazione di servizi per via elettronica intervenendo, tra le altre cose, in punto di obblighi informativi, formazione del contratto, responsabilità ecc.

La disciplina che trova applicazione in materia di commercio elettronico, dunque, è innanzitutto quella di matrice comunitaria finalizzata all'esigenza di assicurare la formazione di un consenso consapevole. Il legislatore europeo è intervenuto con la direttiva 2000/31/CE, attuata sul piano domestico con il d.lgs. n. 70/2003, al fine di garantire un elevato livello di integrazione giuridica comunitaria e di instaurare così uno spazio senza frontiere interne per i servizi della società dell'informazione; invero, come è stato evidenziato in dottrina, nel preambolo n. 7 della direttiva il legislatore comunitario ha espresso l'intenzione di realizzare un quadro generale chiaro per taluni aspetti giuridici del commercio elettronico nel mercato interno (Battelli, 389 ss.).

In dottrina si è cercato di offrire una sintesi dei profili di rilevanza giuridica del commercio elettronico, sottolineando l'importanza della fase di accesso al mercato digitale, della fase della contrattazione on line, della fase di esecuzione delle obbligazioni e del regime di responsabilità dei soggetti prestatori dei servizi (Bravo, 264 ss.). In tale ottica si è osservato che la disciplina in esame interviene sostanzialmente in quattro ambiti, peraltro in modo alquanto disomogeneo: la libertà di prestazione e circolazione dei servizi; gli obblighi informativi; la regolamentazione del contratto; la disciplina della responsabilità extracontrattuale dell'attività del provider (Delfini, Introduzione, 2015, 1163 ss.).

I destinatari della normativa sul commercio elettronico

Attraverso il commercio elettronico si realizza una nuova modalità di incontro tra domanda e offerta, alla quale possono ricorrere i produttori e le organizzazioni per migliorare la loro attività economica, attraverso anche una riduzione dei costi e dei tempi di consegna. Il riferimento normativo in materia è offerto dalla direttiva 2000/31/CE, con cui si sono delineate le regole per alcuni aspetti concernenti i servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico nel mercato interno, nel tentativo di definire alcune regole comuni di base in ambito europeo, a fronte delle divergenze esistenti tra i vari Stati membri. Oggetto della direttiva, pertanto, sono tutte le transazioni che avvengono per mezzo dell'uso della telematica tra soggetti distanti geograficamente (Tommasi, 259 ss.).

Come già osservato (v. supra), la tutela dei consumatori nei contratti B2C è solo uno degli obiettivi delle norme in esame, le quali disciplinano anche rapporti diversi come quelli B2B. Si è evidenziato comunque che è improbabile che un soggetto non professionale disponga di un sito web nel quale sia possibile per un privato acquistare un servizio o un bene secondo le modalità tipiche dell'e-commerce del point and click (Ricciuto, 4 ss.).

Per servizi della società dell'informazione si intendono le attività economiche svolte on line nonché qualsiasi servizio prestato dietro retribuzione, senza la presenza simultanea delle parti (a distanza), per via elettronica e cioè inviato e ricevuto con strumenti elettronici di trattamento e di memorizzazione dei dati, interamente trasmesso, inoltrato e ricevuto tramite fili, radio, mezzi ottici o altri strumenti elettromagnetici, a richiesta individuale di un destinatario di servizi (Battelli, 389 ss.). Tali servizi coprono ormai una vasta gamma di attività economiche svolte on line, tra cui vi sono la vendita di beni e la prestazione di servizi mediante la stipulazione di contratti, non sempre conclusi a titolo oneroso, che possono riguardare l'offerta di informazioni o comunicazioni commerciali on line ovvero la fornitura di strumenti per la ricerca di dati oppure ancora l'accesso a una rete (Pasquino, 103 ss.). Dunque, la nozione di servizi dell'informazione è ambivalente, poiché essa si riferisce sia al quomodo dell'attività, che è un servizio a distanza per via elettronica con le caratteristiche indicate, sia ai contenuti della stessa che abbraccia una vasta gamma di attività economiche svolte in linea (Sica, 1250 ss.).

Il destinatario dei servizi della società dell'informazione è il soggetto che, per scopi professionali e non professionali, utilizza un servizio della società dell'informazione, in particolare per ricercare o rendere accessibili informazioni (Battelli, 389 ss.). Mentre il prestatore è il soggetto, persona fisica o giuridica, che presta un servizio della società dell'informazione.

Per l'individuazione del campo applicativo delle disposizioni sul commercio elettronico si devono prendere in considerazione anche le numerose esclusioni previste dal decreto. Così il comma secondo dell'art. 1 indica una serie di materie e rapporti che ‘non rientrano nel campo di applicazione del presente decreto' tra i quali i rapporti tra contribuenti e amministrazione finanziaria in materia di tributi, le questioni che coinvolgono il diritto alla riservatezza, le intese restrittive della concorrenza, la rappresentanza e la difesa processuali, ecc. Come già osservato poi, il comma terzo fa salve le norme in tema salute pubblica e consumatori, nonché in materia di ordine pubblico e sicurezza, prevenzione nel riciclaggio di denaro, ecc.

A tutte queste esclusioni-limitazioni, ci sembra qui opportuno dover aggiungere anche quelle specificamente previste per taluni contratti dall'art. 11 del decreto, che comunque costituiscono ipotesi di sottrazione dall'applicazione della disciplina in commento, quali i contratti disciplinati dal diritto di famiglia e di successione, i contratti che trasferiscono o costituiscono diritti relativi a beni immobili diversi da quelli in materia di locazioni, ecc.

Peraltro, come è stato evidenziato, l'art. 11 pare il frutto di un errore del legislatore commesso in sede di trasposizione della direttiva sul piano interno. La direttiva prevedeva che gli Stati potessero escludere la possibilità di concludere determinati contratti per via elettronica; il legislatore italiano, invece, ha escluso l'applicazione delle norme del decreto, cosa che spiega anche la collocazione di queste disposizioni in una sede diversa rispetto a quella delle esclusioni già previste dall'art. 1, comma secondo (v. supra). Dunque tali contratti potranno essere conclusi per via telematica ma ad essi non potrà essere applicata la disciplina qui in commento (S. Romano, Art. 11 — Esclusioni, 1199 ss.).

Sulla individuazione del campo applicativo della disciplina in esame, pare opportuno richiamare un precedente reso in materia di diffusione via internet di contenuti musicali, ossia CGUE, 15 settembre 2016, C-484/14, Mc Fadden C. Sony, dove si è precisato che una prestazione come quella oggetto del procedimento principale, fornita dal gestore di una rete di comunicazione e consistente nel mettere gratuitamente quest'ultima a disposizione del pubblico, integra un'ipotesi di servizio della società dell'informazione, ai sensi dell'art. 12, paragrafo 1, direttiva 2000/31/CE, quando è fornita dal prestatore a fini pubblicitari per beni venduti o servizi forniti dal medesimo.

L'accesso al mercato: libertà e limiti

Come evidenziato (v. supra), uno dei quattro ambiti di intervento del d.lgs. n. 70/2003 attiene all'affermazione della libertà della prestazione dei servizi della società dell'informazione nel mercato interno, con una serie di perimetrazioni dettagliatamente individuate.

In tal senso, l'art. 6, comma 1, afferma in via generale che l'accesso all'attività di prestazione di servizi della società dell'informazione e il suo esercizio non sono soggetti, in quanto tali, ad autorizzazione preventiva o ad altra misura di fatto equivalente.

L'art. 6 sancisce il principio di assenza di autorizzazione preventiva e cioè il c.d. diritto al sito, assicurando così il diritto soggettivo di utilizzare internet per fornire i servizi della società dell'informazione, nel pieno godimento delle garanzie costituzionali e senza limitazioni dovute ad autorizzazioni preventive (Battelli, 389 ss.).

Il decreto introduce poi il c.d. principio del paese di origine, per il quale l'attività del prestatore è sottoposta alle norme del paese di stabilimento ed i servizi erogati nel rispetto di esse possono liberamente circolare negli Stati membri (Delfini, Art. 3, 2015, 1175 ss.). In linea con il principio della libera circolazione di servizi, il decreto rende operante la c.d. clausola mercato interno per la quale il controllo dei servizi della società dell'informazione deve essere effettuato nello Stato membro di stabilimento del prestatore (Battelli, 389 ss.).

L'art. 3, comma 1, invero, afferma che i servizi della società dell'informazione forniti da un prestatore stabilito sul territorio italiano devono adeguarsi alla normativa nazionale applicabile nell'ambito regolamentato e alle norme del decreto; l'ambito regolamentato, così come definito dall'art. 2, comma 1, lett. h), consiste nell'insieme di norme che regolano la disciplina dell'accesso all'attività e il relativo esercizio da parte da parte del prestatore. Al comma 2, poi, si stabilisce che le disposizioni sull'ambito regolamentato non possono limitare la libera circolazione dei servizi della società dell'informazione provenienti da un prestatore stabilito in uno Stato membro diverso.

Al principio del paese di origine sono però previste delle deroghe dal successivo articolo 4, in un'ampia gamma di ipotesi espressamente indicate, tra cui il diritto d'autore, l'emissione di moneta elettronica, le obbligazioni contrattuali riguardanti i contratti conclusi dai consumatori, ecc. Viene così lasciata alla legislazione nazionale interna la disciplina di alcuni settori specifici; peraltro, come è stato osservato, le deroghe sono circoscritte ai principi della circolazione dei servizi e a quello del paese di origine, mentre resta applicabile la restante disciplina contenuta nel decreto sugli obblighi informativi, sul contratto e sulla responsabilità del prestatore (Delfini, 2015, 1178 ss.).

Infine, ai sensi dell'articolo 5, l'attività di prestazione di servizi effettuata da prestatore stabilito in uno Stato membro diverso può essere limitata, con provvedimento dell'autorità giudiziaria o dagli organi amministrativi di vigilanza o dalle autorità indipendenti di settore, per ragioni di ordine pubblico, tutela della salute pubblica, pubblica sicurezza, ecc.

Come è stato sottolineato, mentre le deroghe di cui all'art. 4 (relative al precedente art. 3) del decreto sono di tipo generalizzato, quelle di cui all'art. 5 costituiscono eventuali esiti dell'esercizio di una facoltà concessa dalla direttiva a determinati soggetti, che sono appunto l'autorità giudiziaria, gli organi amministrativi di vigilanza e le autorità indipendenti di settore. La possibilità di ricorrere alla facoltà contemplata dall'art. 5 è subordinata al ricorso a una specifica procedura, informata ai principi di necessità e proporzionalità e di funzionalizzazione della deroga alla tutela di beni giuridici espressamente individuati (Delfini, Art. 5, 2015, 1179 ss.).

L'articolo 3 della direttiva 2000/31/CE deve essere interpretato nel senso che esso non impone un recepimento di norma specifica di conflitto; peraltro, gli Stati membri devono assicurare che, salve le deroghe autorizzate alle condizioni stabilite dall'art. 3, n. 4 della direttiva, il prestatore di un servizio del commercio elettronico non deve essere assoggettato a prescrizioni più rigorose di quelle previste dal diritto sostanziale applicabile nello Stato membro dove è stabilito (CGUE, Grande Sezione, 25 ottobre 2011, cause riunite C-509/09 e C-161/10, eDate c. X e Martinez c. MGN).

Bibliografia

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