Legge - 21/02/1991 - n. 52 art. 7 - Fallimento del cedente.Fallimento del cedente. 1. L'efficacia della cessione verso i terzi prevista dall'articolo 5, comma 1, non è opponibile al fallimento del cedente, se il curatore prova che il cessionario conosceva lo stato di insolvenza del cedente quando ha eseguito il pagamento e sempre che il pagamento del cessionario al cedente sia stato eseguito nell'anno anteriore alla sentenza dichiarativa di fallimento e prima della scadenza del credito ceduto. 2. Il curatore del fallimento del cedente può recedere dalle cessioni stipulate dal cedente, limitatamente ai crediti non ancora sorti alla data della sentenza dichiarativa. 3. In caso di recesso il curatore deve restituire al cessionario il corrispettivo pagato dal cessionario al cedente per le cessioni previste nel comma 2. InquadramentoNell'ambito del contratto di factoring, tra i profili disciplinati con l'intervento della l. n. 52 del 1991, assumono un ruolo di particolare importanza le norme in tema di efficacia della cessione nei confronti dei terzi, nonché quelle in punto di fallimento del debitore ceduto e di fallimento del creditore cedente. Nell'ottica di un esame complessivo della disciplina dell'operazione di factoring, si rende necessario analizzare poi anche il tema delle eccezioni. L'opponibilità della cessioneLa disciplina degli effetti della cessione nei confronti dei terzi presenta delle differenziazioni rispetto alla normativa di matrice codicistica: in particolare, il secondo comma dell'art. 5 fa salva per il cessionario la facoltà di rendere la cessione opponibile ai terzi nei modi previsti dal codice ma introduce anche, al primo comma, un criterio nuovo che si fonda sulla data certa del pagamento, totale o parziale, del corrispettivo della cessione (F. Ferdani, 283 ss.). L'articolo 5 della l. n. 52/1991, dunque, detta alcune particolari prescrizioni per quanto concerne la disciplina della opponibilità della cessione nei confronti dei terzi. Ai sensi del primo comma, si richiede che il cessionario abbia pagato in tutto o in parte il corrispettivo della cessione e che il pagamento abbia data certa; al ricorrere di questi elementi la cessione sarà opponibile: agli altri aventi causa del cedente il cui titolo di acquisto non sia stato reso efficace nei confronti dei terzi anteriormente alla data del pagamento; al creditore del cedente che abbia pignorato il credito dopo la data del pagamento; al fallimento del cedente che sia stato dichiarato dopo la data del pagamento, salvo il curatore fallimentare provi che il cessionario era conoscenza dello stato di insolvenza al momento del pagamento e sempre che quest'ultimo sia stato eseguito nell'anno anteriore alla sentenza dichiarativa di fallimento e prima della scadenza del credito ceduto. Il comma 1-bis dell'art. 5 specifica poi che per l'ottenimento della data certa è sufficiente l'annotazione del contante sul conto di pertinenza del cliente, così come previsto dall'art. 2, comma 1, lett. b) d.lgs. n. 170/2004 di attuazione della direttiva 2002/47/CE in materia di contratti di garanzia finanziaria. I commi secondo e terzo dell'art. 5, infine, richiamano l'applicabilità della disciplina codicistica per quanto concerne la possibilità per il cessionario di opporre la cessione ai terzi, nonché sull'efficacia liberatoria dei pagamenti eseguiti dal debitore ai terzi. Come è stato messo in luce, mentre l'efficacia traslativa della cessione rispetto al debitore ceduto e l'efficacia liberatoria dei pagamenti che quest'ultimo dovesse effettuare in buona fede al cedente o a terzi continuano ad essere disciplinati dalle norme del codice civile, la l. n. 52/1991 ha introdotto un nuovo meccanismo di opponibilità della cessione, che si affianca e si aggiunge a quello regolato all'art. 1265 c.c., fondato sul pagamento, totale o parziale, avente data certa, del corrispettivo pattuito per la cessione. Viene inoltre ampliato il novero dei soggetti ‘terzi' rispetto ai quali si disciplina il regime dell'opponibilità, poiché questa non è limitata ad altri eventuali cessionari, trattandosi anche dei creditori del cedente e del suo fallimento. La disciplina introdotta dall'art. 5 ha posto alcuni dubbi interpretativi: in particolare, si è rilevato che l'anteriorità del pagamento, anche parziale, avente data carta, costituisce titolo di preferenza tra più cessionari, ma non di opponibilità al debitore; pertanto, il debitore verrebbe liberato pagando a un secondo cessionario in forza di una cessione notificata o accettata prima ai sensi dell'art. 1265 c.c., pur in presenza di un pagamento anteriore con data certa; il cessionario che avesse effettuato il pagamento, pertanto, dovrebbe provare che il debitore era a conoscenza della cessione a suo favore (Clarizia, 1701 ss.). Con l'innovazione apportata dalla l. n. 52/1991 le vie per rendere opponibile la cessione sono diventate tre, poiché accanto alle due tradizionali contemplate dal codice civile si è aggiunto il pagamento avente data certa regolato dalla legge speciale. Il senso della nuova disposizione è quello di rafforzare la posizione del cessionario con un meccanismo che risulta più adatto per le cessioni di massa, anche di crediti futuri, rispetto alla notificazione al debitore ceduto o alla sua accettazione che meglio si attagliano a cessioni di crediti singoli. Tra le varie questioni interpretative che la novella ha posto, si è evidenziato il profilo della possibilità di un pagamento parziale di misura meramente simbolica, finalizzato esclusivamente a poter ottenere l'opponibilità ai sensi di legge: a questo proposito si è osservato che la giustificazione del vantaggioso criterio di opponibilità che la disciplina speciale offre al factor risiede nella anteriorità di un sacrificio economico effettivo del cessionario qualificato; pertanto, un corrispettivo puramente simbolico non dovrebbe essere idoneo ai fini dell'opponibilità (Modica, 1119 ss.). In merito all'individuazione di data certa, in dottrina si è rilevato come questa sia correlata dalla legge speciale al pagamento, ma più propriamente essa dovrebbe essere riferita a documenti: dunque, pagamento con data certa è da intendersi come pagamento provato attraverso un documento avente data certa, quale potrebbe essere la quietanza o altri strumenti, come quelli attinenti alle operazioni bancarie di pagamento cui possa essere riconosciuta in qualche modo certezza di data ai sensi di legge (Cian, 253 ss.). Il factor, che si sia reso cessionario di un credito futuro, può opporre il suo acquisto al creditore pignorante anche prima che il credito ceduto venga ad esistenza, sia che esegua il pagamento del corrispettivo ai sensi dell'art. 5 l. n. 52/1991, sia che proceda tempestivamente alla notifica della cessione; in quest'ultimo caso, peraltro, è necessario che si tratti di credito infratriennale avente origine da un rapporto di base già esistente, e non di un credito soltanto eventuale, non identificato in tutti gli elementi soggettivi ed oggettivi (Cass. III, n. 17054/2014). La disciplina delle eccezioniPer quanto concerne il regime delle eccezioni opponibili tra i soggetti interessati dall'operazione di factoring, la legge speciale non ha introdotto prescrizioni in proposito, pertanto si dovrà fare riferimento alla disciplina generale sulla cessione di crediti. La posizione di maggior rilievo è certamente quella del debitore ceduto e delle eccezioni da lui opponibili al factor: in merito a questo rapporto, come si è rilevato, vale in generale il principio secondo cui il ceduto non può essere pregiudicato dalla cessione; pertanto il debitore potrà opporre al factor tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre al cedente nonché, ovviamente, quelle derivanti proprio dai suoi rapporti con il cessionario stesso, ma non quelle nascenti dal rapporto di cessione. Inoltre, per quanto riguarda i fatti estintivi o modificati del credito, in linea generale questi saranno opponibili se anteriori alla cessione; peraltro, saranno pur sempre opponibili, perché indipendenti da un intervento del cedente, fatti quali la prescrizione e la decadenza (Clarizia, 1710 ss.). In questo senso, la Cass. I, n. 1257/1988 ha affermato che il debitore ceduto può opporre al cessionario le eccezioni opponibili al cedente, tra le quali rientrano sia quella diretta contro la validità dell'originario rapporto, sia quelle rivolte a far valere l'estinzione del credito. Il debitore ceduto non può invece opporre al cessionario le eccezioni relative al rapporto di cessione, poiché il debitore è rimasto ad esso estraneo e tale rapporto non incide sull'obbligo di adempiere; il debitore ceduto, per il quale sono indifferenti i vizi inerenti al rapporto causale sottostante, non può interferire nel rapporto tra cedente e cessionario poiché il suo interesse si concreta nel compiere un efficace pagamento liberatorio. Sempre in punto di eccezioni, la Cass. III, n. 5302/2008, ha precisato che il debitore ceduto può opporre al factor le eccezioni riguardanti l'esistenza e la validità del negozio da cui origina il credito ceduto e sottrarsi al pagamento deducendo che quest'ultimo non è mai sorto nei suoi confronti. Il debitore può inoltre opporre le eccezioni concernenti l'esatto adempimento del negozio sottostante, ferma restando l'efficacia traslativa della cessione. Ancora, secondo quanto stabilito da Cass. III, n. 10833/2007, poiché la cessione avviene senza o addirittura contro la volontà del debitore ceduto, questa non può pregiudicare la sua posizione: conseguentemente, quest'ultimo potrà opporre al factor le eccezioni relative all'esistenza e alla validità del negozio da cui origina il credito ceduto nonché quelle concernenti l'esatto adempimento dell'indicato negozio. Le eccezioni basate su fatti estintivi o modificativi del credito, invece, saranno opponibili al cessionario se anteriori alla notizia della cessione. In tal senso, più recentemente, si vedano anche Cass. III, 8373/2009 e, nella giurisprudenza di merito, Trib. Venezia, 25 maggio 2014, in Contratti, 2014, 10, 942 ss. Il fallimento del debitore cedutoUna disciplina speciale particolarmente significativa è stata dedicata alle ipotesi di fallimento del debitore ceduto e di fallimento del creditore cedente, rispettivamente agli artt. 6 e 7 della l. n. 52/1991. Con riferimento all'ipotesi di fallimento del debitore ceduto, il legislatore si è preoccupato di tutelare il factor contro il rischio della revocatoria fallimentare del pagamento ricevuto in adempimento del credito acquistato, escludendo espressamente la revocabilità ex art. 67 r.d. n. 267/1942 (l. fall.). Peraltro, qualora sia dimostrato che il cedente era a conoscenza dello stato di insolvenza del ceduto alla data di pagamento al cessionario, il curatore fallimentare potrà esperire nei suoi confronti tale azione; in tal caso, il cedente potrà rivalersi nei confronti del cessionario che abbia eventualmente rinunciato alla garanzia di solvenza di cui all'art. 4 l. n. 52/1991. Come è stato messo in luce, la norma ha suscitato forti critiche tra gli interpreti, che tra le altre cose vi hanno letto una misura di sacrificio per gli interessi dei creditori concorsuali, oltre che atecnica nella forma e lacunosa nella sostanza. Innanzitutto, poiché si impedisce al fallimento di agire in revocatoria nei confronti del cessionario, che pure ha incassato i crediti, risulta palese la disparità di trattamento rispetto agli altri creditori. Ma poi, ancor più problematica risulta la possibilità di promuovere l'azione nei confronti del cedente, a condizione che egli fosse a conoscenza dello stato di insolvenza al momento del pagamento al cessionario: la norma richiede la consapevolezza della condizione di decozione rispetto a un momento in cui il cedente non è più titolare del credito; appare comunque alquanto difficile offrire la prova di tale circostanza; in questo modo, inoltre, si prevede il recupero della somma nei confronti di un soggetto, il cedente, che non necessariamente ha tratto vantaggio dal pagamento effettuato al cessionario; d'altra parte, come pure è stato evidenziato, non sembra neppure del tutto corretto parlare di ‘revocatoria', considerato che si agisce nei confronti di un soggetto diverso da quello che ha ricevuto il pagamento che si vuole revocare. Più comprensibile risulta invece la previsione secondo cui il cedente può rivalersi nei confronti del cessionario che abbia rinunciato alla garanzia di solvenza di cui all'art. 4, poiché in tal caso quest'ultimo si è assunto completamente il rischio derivante dal possibile inadempimento (Alessi, 1129 ss.). Recentemente la Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare che la disciplina speciale contenuta nell’art. 6 l. n. 52/1991 trova applicazione in luogo di quella ordinaria al ricorrere dei presupposti individuati dall’art. 1; ciò, pertanto, può accadere sia quando il factor paga all’imprenditore i crediti ceduti secondo il loro importo nominale al netto di una commissione a titolo di corrispettivo, sia quando il factor concede degli anticipi sui crediti ceduti nel qual caso a quest’ultimo spetteranno tanto la commissione quanto gli interessi sulle somme anticipate (Cass. I, n. 11589/2019). Per quanto riguarda i pagamenti effettuati antecedentemente all'entrata in vigore della l. n. 52/1991, questi restano assoggettati, quanto al regime dell'azione revocatoria fallimentare, alla disciplina previgente, benché il fallimento sia stato dichiarato in epoca successiva; conseguentemente, non trova applicazione l'art. 6 l. n. 52/1991, che esclude la revocabilità dei pagamenti eseguiti in favore del cessionario del credito del debitore ceduto, ammettendo invece l'esperibilità dell'azione, in presenza di determinati presupposti, nei confronti del cedente; diversamente opinando, si inciderebbe sul diritto acquisito dal cedente, in base al regime del tempo dell'avvenuto pagamento, di essere e di restare esente dalla revocatoria (Cass. I, n. 574/2007). Il fallimento del creditore cedenteIn caso di fallimento del cedente, invece, premesso quanto già osservato supra, se il pagamento del cessionario a favore del primo è avvenuto nell'anno anteriore alla sentenza dichiarativa di fallimento e prima della scadenza del credito ceduto, il curatore fallimentare può escludere l'opponibilità della cessione (avente i requisiti di cui all'art. 5) al fallimento dimostrando che il cessionario era a conoscenza dello stato di insolvenza al momento del pagamento. Per quanto riguarda i crediti non ancora sorti, poi, il comma 2 dell'art. 7 precisa che il curatore può recedere dalle cessioni per i crediti non ancora sorti alla data della sentenza dichiarativa di fallimento; in tal caso, in forza del successivo terzo comma, dovrà essere rimborsato al cessionario il prezzo che sia stato da lui corrisposto. L'articolo 7 della l. n. 52/1991 si occupa dell'ipotesi del fallimento del cedente sui piani della opponibilità della cessione e dello scioglimento del rapporto. Dalla norma, a contrario, si ricava innanzitutto l'opponibilità di tutti i crediti con pagamento di data certa anteriore di oltre un anno alla sentenza dichiarativa di fallimento, nonché dei crediti già scaduti. Per quanto concerne la disciplina della possibilità di scioglimento del rapporto, questa non dipende tanto dal tipo e dall'oggetto della cessione, quanto piuttosto dalla condizione dei crediti alla data della sentenza dichiarativa di fallimento: se la cessione, anche in massa, ha riguardato esclusivamente crediti esistenti o già venuti ad esistenza, ancorché con scadenza futura, non è possibile esercitare il recesso da parte del curatore; diversamente, per i crediti non ancora sorti alla data del fallimento, il curatore può scegliere tra la continuazione del rapporto o il recesso. Questa disciplina, si è evidenziato, può dare luogo a difficoltà applicative per la possibilità di un recesso a effetti parziali, con scioglimento del rapporto per i crediti ancora futuri e, all'opposto, continuazione per quelli già esistenti (Rivolta, 725 ss.). L'art. 7 di cui alla l. n. 52/1991, in tema di factoring, individua nel pagamento dal cessionario al cedente il momento dal quale far discendere l'opponibilità della cessione al fallimento del cedente, a condizione che il curatore dimostri la consapevolezza del cessionario dello stato di insolvenza, che il pagamento sia stato eseguito entro l'anno anteriore la sentenza dichiarativa di fallimento e prima della scadenza del credito ceduto. Pertanto, l'azione revocatoria non concerne il singolo pagamento ma l'intero accordo di cessione dei crediti, divenendo prive di effetto le cessioni esecutive di esso; tale azione rientra nel disposto dell'art. 67, comma 2 l. fall., colpendo disposizioni patrimoniali a titolo oneroso compiute dall'imprenditore dichiarato fallito, le quali, benché non inique o squilibrate, turbano comunque la consistenza della massa attiva che in sede concorsuale è destinata alla soddisfazione dei creditori (Cass. I, n. 12994/2015). BibliografiaAlessi, ‘Factoring' e revocatoria fallimentare, in Alessi, Mannino (a cura di), Cessione ‘factoring' cartolarizzazione, in La circolazione del credito, I, in Garofalo, Talamanca (diretto da), Trattato delle obbligazioni, IV, Padova, 2008, 1129-1133; Cian, Legge 21 febbraio 1991, n. 52. Disciplina della cessione dei crediti di impresa, in Nuove leggi civ. comm. 1994, 2, 245-264; Clarizia, Contratti di factoring, in Gabrielli, Lener (a cura di), I contratti del mercato finanziario, II, in Rescigno, Gabrielli (diretto da), Trattato dei contratti, Torino, 2011, 1665-1772; Ferdani, La cessione dei crediti di impresa. Con particolare riferimento alla disciplina dettata dalla normativa di cui alla legge 21 febbraio 1991, n. 52, in Rass. Avv. St., 2010, 3, 279-284; Modica, L'opponibilità della cessione, in Alessi, Mannino (a cura di), Cessione ‘factoring' cartolarizzazione, in La circolazione del credito, I, in L. Garofalo, M. Talamanca (diretto da), Trattato delle obbligazioni, IV, Padova, 2008, 1119-1124; Rivolta, La disciplina della cessione dei crediti d'impresa, in Riv. dir. civ. 1991, 6, 709-727. |