Codice Civile art. 2792 - Divieto di uso e disposizione della cosa.

Rosaria Giordano

Divieto di uso e disposizione della cosa.

[I]. Il creditore non può, senza il consenso del costituente, usare della cosa [1770], salvo che l'uso sia necessario per la conservazione di essa. Egli non può darla in pegno o concederne ad altri il godimento.

[II]. In ogni caso, deve imputare l'utile ricavato prima alle spese e agli interessi e poi al capitale.

Inquadramento

La disposizione in esame deriva strettamente dalle funzioni di custode attribuite al creditore pignoratizio laddove stabilisce che non possa fare uso della cosa, salvo che ciò sia necessario per la conservazione della stessa (Gorla, 84).

Scopo della norma

Il divieto posto in capo al creditore di utilizzare il bene pignorato, pure in custodia dello stesso, senza il consenso del debitore si correla alla funzione di garanzia del pegno e si estende agli atti di disposizione giuridica del bene (Rubino, 249).

Ambito applicativo

In alcune ipotesi, peraltro, si ritiene che l'operatività della norma debba essere esclusa dall'incompatibilità del generale divieto d'uso della res oggetto di pegno da parte del creditore quando ciò deriva dalla natura della cosa stessa: l'esempio paradigmatico è quello del pegno irregolare, come espressamente previsto dall'art. 1851 c.c.

Invero, nel pegno irregolare, disciplinato in tema di anticipazione bancaria dall'art. 1851 c.c., le somme di denaro o i titoli depositati presso il creditore, considerati quali beni fungibili, diventano — diversamente che nel pegno regolare — di proprietà dello stesso creditore, il soddisfacimento di quest'ultimo non avviene mediante il meccanismo di cui agli artt. da 2796 a 2798 c.c., che presuppone l'altruità delle cose ricevute in pegno, e considerato altresì che il pegno irregolare deve poter realizzare l'effetto che gli è proprio di permettere al creditore pignoratizio di soddisfarsi sulla cosa al di fuori del concorso con gli altri creditori e che, esistendo unicità o accessorietà di rapporti tra pegno irregolare e credito a garanzia del quale esso è stato costituito, tale credito si estingue in virtù di un'operazione contabile — al di fuori di una compensazione in senso tecnico — e può soltanto sorgere l'obbligo di restituzione dell'eventuale eccedenza della somma o dei beni oggetto del pegno irregolare (cfr. Cass. I, n. 745/1997, in Giust. civ., 1997, I, n. 6, 1563, con nota di Didone).

Del resto, la costituzione di un pegno irregolare rende inoperante anche il divieto di patto commissorio di cui all'art. 2744 c.c., atteso che, ai sensi dell'art. 1851 c.c., ed in coerenza con l'intento del legislatore di evitare indebite locupletazioni, deve ritenersi consentito al creditore, nell'ipotesi di inadempimento della controparte, di fare definitivamente propria la (sola) somma corrispondente al credito garantito e, quindi, di compensarlo con il suo debito di restituzione del tantundem, nel legittimo esercizio del proprio diritto di prelazione e senza richiesta di assegnazione al giudice dell'esecuzione (Cass. III, n. 10000/2004, in Giur. it., 2005, n. 7, con nota di Battelli).

Bibliografia

Chironi, Trattato dei privilegi, Torino, 1949; Gabrielli, Pegno, in Dig. civ., XIII, Torino, 1995; Gabrielli E., Il pegno, in Trattato di diritto civile diretto da Sacco, Torino 2005; Ghia, Il pegno bancario, in Fall., 1992, I, 180; Gorla, Zanelli, Del pegno e delle ipoteche, in Comm. S.B., a cura di Galgano, Bologna-Roma, 1992; Realmonte, Il pegno, in Tr. Res., Torino, 1985; Realmonte, L'oggetto del pegno: vecchi e nuovi problemi, in Banca borsa tit. cred., 1994, I, 10.

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