Codice Civile art. 2795 - Vendita anticipata.

Rosaria Giordano

Vendita anticipata.

[I]. Se la cosa data in pegno si deteriora in modo da far temere che essa divenga insufficiente alla sicurezza del creditore, questi, previo avviso a colui che ha costituito il pegno, può chiedere al giudice l'autorizzazione a vendere la cosa.

[II]. Con il provvedimento che autorizza la vendita il giudice dispone anche circa il deposito del prezzo a garanzia del credito. Il costituente può evitare la vendita e farsi restituire il pegno, offrendo altra garanzia reale che il giudice riconosca idonea.

[III]. Il costituente può del pari, in caso di deterioramento o di diminuzione di valore della cosa data in pegno, domandare al giudice l'autorizzazione a venderla oppure chiedere la restituzione del pegno, offrendo altra garanzia reale che il giudice riconosca idonea.

[IV]. Il costituente può chiedere al giudice l'autorizzazione a vendere la cosa, qualora si presenti un'occasione favorevole. Con il provvedimento di autorizzazione il giudice dispone le condizioni della vendita e il deposito del prezzo [530 c.p.c.].

Inquadramento

La disposizione in commento regolamenta la situazione che si presenta laddove la res data in pegno si stia deteriorando al punto da rischiare di essere insufficiente per garantire il creditore.

In questa ipotesi, sia il creditore che il costituente hanno la facoltà di richiedere al tribunale l'autorizzazione alla vendita anticipata del bene, ferma per il costituente la possibilità di sostituire il bene oggetto della garanzia.

Presupposti

La vendita prevista dalla norma è definita «anticipata» perché destinata ad attuarsi in un momento in cui il credito garantito non è ancora scaduto e, dunque, ancora non si profila un inadempimento da parte del debitore dell'obbligazione garantita.

In linea con tale prospettazione, risalente giurisprudenza di merito ha ritenuto che l'istanza di autorizzazione alla vendita ai sensi della disposizione in esame ha natura cautelare (Pret. Milano 2 giugno 1955, in Giur. it., 1955, I, 2, 625, con nota di Garbagnati).

Trovano quindi applicazione, con riserva concreta di compatibilità ex art. 669-quaterdecies c.p.c., le norme sul procedimento cautelare uniforme (Realmonte, 884).

Il pericolo di deterioramento che giustifica la proposizione, da parte de creditore, dell'istanza di vendita anticipata, rispetto all'eventuale inadempimento, della cosa pignorata, deve essere effettivo e non correlato solo ad oscillazioni di mercato circa il valore del bene (Gorla-Zanelli, 114; contra Rubino, 257).

È opportuno considerare, a riguardo, che la S.C., rispetto alla deteriorabilità delle cose pignorate, che consente, ai sensi dell'art. 501 c.p.c., la loro assegnazione o vendita immediata, ha precisato, con un criterio che per eadem ratio appare applicabile anche nella fattispecie in esame, che la stessa non va fissata per categorie di beni astrattamente considerati, in via generale, come potenzialmente alterabili, ma deve essere concretamente accertata e, quindi, riconosciuta tenendo conto, oltre che delle naturali qualità delle cose pignorate, di tutti gli elementi che, nella specifica situazione, possono di fatto incidere sulla relativa conservazione e far perdere alle stesse il loro valore di scambio (Cass. III, n. 133/1984, in Giur. it., 1987, I, 1, n. 1, 188, con nota di Malagù).

Autorizzazione e forme della vendita anticipata

La disposizione in commento stabilisce che, in ogni caso, la vendita anticipata debba essere autorizzata dal giudice che darà anche disposizioni sulle modalità di svolgimento della stessa, sicché l'applicazione delle forme dell'art. 2797 c.c. è solo eventuale (cfr. Gorla, 94).

Poiché l'inadempimento non si è ancora realizzato, dipendendo la vendita anticipata da altri fattori, la somma ricavata dalla stessa deve essere depositata secondo le disposizioni del giudice.

A riguardo, la S.C. ha chiarito che, ove il creditore pignoratizio ottenga l'autorizzazione per la vendita della merce deteriorabile, con deposito fruttifero della somma ricavata, il diritto di prelazione che — in caso di sopravvenuto fallimento del debitore — gli spetta sul credito in sede di ammissione al passivo, ai sensi dell'art 53 l. fall., si estende di diritto agli interessi prodotti dalla somma ricavata dalla vendita, anche se la cosa pignorata era originariamente infruttifera (Cass. I, n. 1052/1974, in Mon. Trib., 1974, I, 633, con nota di Bocchiola).

Bibliografia

Bocchiola, Sulla estensione del pegno agli interessi sulla somma corrispondente al prezzo della cosa non fruttifera venduta, in Mon. Trib., 1974, I, 633; Chironi, Trattato dei privilegi, Torino, 1949; Gabrielli, Pegno, in Dig. civ., XIII, Torino, 1995; Gabrielli E., Il pegno, in Trattato di diritto civile diretto da Sacco, Torino, 2005; Garbagnati, In tema di vendita anticipata e di sostituzione della cosa data in pegno, in Giur. it., 1955, I, 2, 625; Gorla, Zanelli, Del pegno e delle ipoteche, in Comm. S.B., a cura di Galgano, Bologna-Roma, 1992; Realmonte, Il pegno, in Tr. Res., Torino, 1985; Realmonte, L'oggetto del pegno: vecchi e nuovi problemi, in Banca borsa tit. cred., 1994, I, 10.

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