Codice Civile art. 2787 - Prelazione del creditore pignoratizio.

Rosaria Giordano

Prelazione del creditore pignoratizio.

[I]. Il creditore ha diritto di farsi pagare con prelazione sulla cosa ricevuta in pegno [2744].

[II]. La prelazione non si può far valere se la cosa data in pegno non è rimasta in possesso del creditore o presso il terzo designato dalle parti.

[III]. Quando il credito garantito eccede la somma di 2,58 euro, la prelazione non ha luogo se il pegno non risulta da scrittura con data certa, la quale contenga sufficiente indicazione del credito e della cosa [2704].

[IV]. Se però il pegno risulta da polizza o da altra scrittura di enti che, debitamente autorizzati, compiono professionalmente operazioni di credito su pegno, la data della scrittura può essere accertata con ogni mezzo di prova.

Inquadramento

La norma in esame individua le condizioni per l'operatività della prelazione, da un lato nella persistenza dello spossessamento menzionato dalla norma precedente e, dall'altro, nella sussistenza di un duplice requisito formale, salvo il caso (oggi praticamente irrilevante) che il credito garantito sia contenuto nell'importo indicato.

Diritto di prelazione

Lo scopo di garanzia del pegno non si risolve soltanto nel soddisfacimento del creditore pignoratizio attraverso l'esecuzione forzata, giacché esso poggia, altresì, sull'elemento dell'attribuzione al creditore di un diritto di prelazione nei confronti degli altri creditori del medesimo debitore. Ciò è riconosciuto dalla disposizione in commento la quale, dopo aver stabilito che il creditore ha diritto di farsi pagare con prelazione sulla cosa ricevuta in pegno, subordina la sussistenza della prelazione ad un duplice requisito per un verso materiale e per l'altro formale. Da un lato, infatti, occorre, ai fini della prelazione, che la cosa data in pegno sia rimasta in possesso del creditore o presso il terzo (ai sensi dell'art. 2786, comma 2, c.c.) e dall'altro lato, ogni qual volta il credito ecceda la somma insignificante di € 2,58, che il pegno risulti da una scrittura: di data certa; contenente sufficiente indicazione del credito; contenente sufficiente indicazione della cosa.

La prelazione prevista dall'articolo in esame costituisce, secondo la prospettazione giurisprudenziale, contenuto essenziale del diritto di pegno (Cass., n. 1110/1962).

Il diritto di prelazione si sostanzia, in concreto, in quello di vendere autonomamente il bene da parte del creditore, nell'ambito di una forma eccezionale di autotutela privata (per tutti, Bongiorno, 1 ss.).

Scrittura avente data certa con sufficiente indicazione del credito garantito

Come evidenziato, il comma 3 della disposizione in esame prevede che, quando il credito garantito eccede la somma di 2,58 euro, la prelazione non ha luogo se il pegno non risulta da una scrittura con data certa, la quale contenga sufficiente indicazione del credito e della cosa.

I requisiti indicati dal comma 3 della norma in commento sono finalizzati a scongiurare frodi a danno degli altri creditori, e quindi essenzialmente per determinare l'opponibilità ai terzi — creditori concorrenti e terzo proprietario della cosa rimasto estraneo alla costituzione del pegno — della prelazione (Cass. I, n. 2648/1979).

È incontroverso in giurisprudenza che la forma scritta è prevista dall'art. 2787, comma 3, c.c. ai soli fini della prelazione del creditore pignoratizio sulla cosa oggetto della garanzia, mentre la convenzione costitutiva del pegno si perfeziona, ai sensi dell'art. 2786 c.c., con la consegna della casa al creditore (Cass. III, n. 1526/2010).

Si è precisato che, in tema di opponibilità del pegno ai terzi, deve ritenersi che in caso di pegno su titoli di credito, valga l'applicazione della normativa dettata per il pegno su beni mobili; l'opponibilità del contratto è data dalla redazione dello stesso mediante atto scritto con data certa.

La Corte di cassazione ha più volte precisato, rispetto alla portata del comma 3 della disposizione in esame, che la sufficiente indicazione del credito garantito, può essere desunta in via indiretta, in base ad elementi che comunque portino alla identificazione del credito in questione, che siano presenti all'interno della scrittura o anche ad essa esterni, purché il documento contenga indici di collegamento utili alla individuazione del credito e della cosa. (cfr. Cass. I, n. 20699/2007, la quale ha ritenuto che la scrittura costitutiva di pegno recasse l'indicazione dell'ammontare del credito garantito e della sua natura e che la banca avesse concesso un'apertura di credito in conto corrente sino alla concorrenza della somma indicata nell'atto costitutivo di pegno ed ha, quindi, cassato con rinvio la sentenza impugnata che aveva ritenuto la nullità del pegno per indeterminatezza del credito garantito). In sostanza, agli effetti dell'art. 2787, comma 3, c.c., in tema di prelazione del creditore pignoratizio, perché il credito garantito possa ritenersi sufficientemente indicato, non occorre che esso venga specificato, nella scrittura costitutiva del pegno, in tutti i suoi elementi oggettivi, bastando che la scrittura medesima contenga elementi che comunque portino alla identificazione del credito garantito, i quali siano presenti all'interno della scrittura o anche ad essa esterni, purché il documento contenga indici di collegamento utili alla individuazione del credito e della cosa. Resta, invece, inopponibile la prelazione se, per la genericità delle espressioni usate, il credito garantito possa essere individuato solo con l'ausilio di ulteriori elementi esterni, ancor più se non preesistenti o almeno coevi alla formazione della scrittura, la cui insorgenza solo dopo la convenzione, tanto più se lontana da essa, comporti che il pegno sia stato costituito in previsione di indeterminate ed eventuali operazioni creditizie, ed in mancanza, dunque, dei caratteri di accessorietà ed inerenza, venuti ad esistenza solo ex post (Cass. I, n. 1532/2006, in Banca borsa tit. cred., 2007, II, 314, con nota di Gabrielli).

Numerose sono le applicazioni di questi generali principi nella giurisprudenza di legittimità.

Per un verso, si è affermato che, in tema di prelazione del creditore pignoratizio, il requisito della «sufficiente indicazione della cosa» nella scrittura costitutiva del pegno, di cui all'art. 2787, comma 3, c.c., mira essenzialmente ad evitare che la cosa medesima possa essere sostituita con altre di maggior valore, a tutela degli interessi degli altri creditori, e, pertanto, nel caso di pegno di titolo di credito al portatore (nella specie, obbligazioni pubbliche), deve ritenersi soddisfatto dalla menzione della natura del titolo e dell'ammontare del credito in esso incorporato, senza necessità di ulteriore specificazione di tutti gli elementi occorrenti per l'esatta identificazione del documento (Cass. I, n. 21084/2015, in Banca borsa tit. cred., 2007, II, 314, con nota di Gabrielli).

Non ricorre tuttavia la sufficiente indicazione del credito nell'ipotesi in cui l'atto di costituzione del pegno faccia riferimento soltanto ad un conto corrente bancario, senza specificarlo e senza contenere alcuna ulteriore indicazione (Cass. I, n. 21084/2005, cit.), così come si è ritenuto, avuto riguardo alla identificazione della cosa data in pegno, inefficace il pegno costituito sui titoli di Stato depositati nella gestione centralizzata presso la Banca d'Italia quando non è stata effettuata la loro preventiva individuazione (Cass. I, n. 7859/1996).

Sul punto, la S.C., ribadendo che l'eventuale ricorso a dati esterni all'atto di costituzione del pegno richiede che l'atto contenga un indice di collegamento da cui possa desumersi l'individuazione dei menzionati dati, ha affermato che non vi è luogo alla prelazione se, per effetto della estrema genericità delle espressioni usate, il credito garantito possa essere individuato soltanto mediante l'ausilio di ulteriori elementi esteriori, come nel caso in cui si sia fatto riferimento alle «linee di credito accordate» dalla banca, anche se risulti poi che contestualmente alla costituzione del pegno quest'ultima abbia concesso un'apertura di credito in conto corrente ovvero come nel caso di riferimenti al solo conto corrente bancario, senza che si possa far ricorso al «libro fidi» tenuto dalla banca, oppure al concreto svolgimento del rapporto, per accertare che l'atto si riferiva a uno o più specifici rapporti (cfr. Cass. I, n. 5561/2004, la quale ha annullato la sentenza impugnata che aveva ritenuto adeguatamente identificato il credito garantito con la costituzione di un pegno irregolare, originariamente riferito ai finanziamenti concessi dalla banca in relazione ad uno specifico contratto stipulato dalla propria correntista, anche ai successivi mutamenti contrattuali con i quali la garanzia era stata trasferita a tutti i crediti bancari derivanti da affidamenti in valuta denominati «denaro caldo», non avendo il giudice del merito chiarito quali elementi di collegamento vi fossero tra tali affidamenti e l'originaria previsione, e non essendo comunque sufficiente il riferimento alla valuta estera a soddisfare il requisito della specificità imposto dall'art. 2787, comma 3, c.c.).

Si è inoltre affermato che, poiché ai fini dell'ammissibilità in via privilegiata di un credito garantito da pegno al passivo fallimentare deve escludersi l'opponibilità della prelazione in favore dell'istituto bancario creditore pignoratizio, quando non vengano rispettate le condizioni imposte dall'art. 2787, comma 3, c.c., riguardanti sia la certezza della data che l'indicazione del credito garantito e della cosa data in pegno, non può ritenersi sufficiente l'annotazione nel libro pegni della banca, ancorché regolarmente vidimato, che non contenga la riproduzione della scrittura relativa al credito garantito, indicata come prova della costituzione del pegno, ma esclusivamente l'indicazione di un simbolo numerico o altri segni identificativi, con totale omissione del contenuto del contratto (Cass. I, n. 23839/2007).

È stato poi ritenuto nullo per indeterminatezza dell'oggetto il pegno costituito su titoli nel quale, come oggetto della garanzia, siano indicati genericamente i titoli ed i valori depositati e che verranno depositati sul conto/deposito (Cass. I, n. 4079/2003; cfr., peraltro, in sede di merito, Trib. Milano 17 maggio 2004, in Banca borsa tit. cred., 2006, II, 537, per la quale nel caso di pegno su titoli, l'indicazione completa della denominazione degli stessi, del loro valore e la formula «credito per scoperto di conto corrente» sono elementi nel complesso adeguati a integrare i requisiti della sufficiente determinazione dell'oggetto della garanzia e del credito garantito previsti dall'art. 2787, comma 3, c.c., per la validità della prelazione pignoratizia nei confronti dei terzi).

La S.C. ha precisato in più occasioni, inoltre, che la «dematerializzazione» (o «decartolarizzazione») dei titoli di credito, secondo il regime compiutamente attuato dalla l. n. 231/1998, superando la fisicità del titolo, anche agli effetti della costituzione del pegno, non consente di prescindere dallo spossessamento ma consente soltanto forme di consegna e di trasferimento virtuali, senza la movimentazione o addirittura neppure la creazione del supporto cartaceo, ma non elimina la necessità dell'individuazione del titolo, a norma dell'art. 1378 c.c., attraverso meccanismi alternativi di scritturazione (Cass. I, n. 23268/2006).

Bibliografia

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