Codice Civile art. 1835 - Libretto di deposito a risparmio.Libretto di deposito a risparmio. [I]. Se la banca rilascia un libretto di deposito a risparmio, i versamenti e i prelevamenti si devono annotare sul libretto. [II]. Le annotazioni sul libretto, firmate dall'impiegato della banca che appare addetto al servizio, fanno piena prova nei rapporti tra banca e depositante. [III]. È nullo ogni patto contrario. InquadramentoIl deposito di denaro presso un istituto di credito può essere attestato dal rilascio di un libretto di deposito a risparmio su cui l'impiegato della banca addetto al servizio annota, con efficacia probatoria tra le parti, le operazioni di versamento e prelevamento. L'art. 1835 considera nullo ogni patto contrario. Il libretto di deposito a risparmio non costituisce, dunque, elemento necessario che accede al contratto di deposito bancario, ma viene emesso assume la funzione di documentare le operazioni inerenti allo svolgimento del rapporto e le relative annotazioni sono dotate di una particolare forza probatoria. Inoltre, il libretto assicura la funzione di legittimazione all'esercizio dei diritti dallo stesso documentati e, per quanto attiene ad alcune particolari tipologie di libretto, di consentire una circolazione ristretta del credito documentato. I libretti di deposito a risparmio sono classificabili in libretti nominativi, nominativi pagabili al portatore, al portatore e al portatore contrassegnati da un nome. La S.C. ha chiarito che, nel caso in cui sia stato stipulato un contratto di deposito bancario con rilascio di un libretto di deposito a risparmio, deve considerarsi cliente della banca non solo il possessore del libretto di deposito, legittimato al compimento delle operazioni riguardanti il titolo, ma anche, se diverso dal possessore del libretto, il soggetto titolare del rapporto di deposito, che, quale parte del rapporto contrattuale con la banca, può comunque avere interesse ad acquisire la documentazione inerente alle operazioni relative al suo svolgimento (Cass. I, n. 22118/2018). La dottrina concorda nel qualificare i libretti nominativi come titoli di legittimazione, ma discute intorno alla natura dei libretti al portatore considerati dall'opinione maggioritaria come veri e propri titoli di credito (contra Campobasso, 8). La S.C. ha evidenziato che l'art. 1835 nel disporre che le annotazioni sul libretto, firmate dall'impiegato della banca, fanno piena prova nei rapporti fra la stessa e il depositario, delinea una presunzione iuris tantum di validità delle sole annotazioni che figurano apposte sul libretto. È possibile peraltro vincere tale presunzione con la dimostrazione che un'operazione di versamento o prelevamento di somme, benché non annotata, sia stata comunque eseguita. In base a quanto disposto dall'art. 2697 c.c., è colui che afferma l'esistenza di un diritto a dover provare i fatti che ne costituiscono il fondamento (Cass. VI, n. 14888/2014). Efficacia probatoria delle annotazioniLe annotazioni sul libretto, firmate dall'impiegato della banca che appare addetto al servizio, fanno piena prova nei rapporti tra banca e depositante: esse hanno quindi natura confessoria e, come tali, possono essere impugnate solo per errore di fatto e per violenza (Campobasso, 6; Guglielmucci, 257; Molle, in Tr. C. M., 1981, 130). La dottrina ritiene che l'efficacia probatoria del libretto vada intesa in senso positivo, e non anche negativo: ogni operazione annotata sul documento deve ritenersi incontestabile, ma è possibile utilizzare altri mezzi per dimostrare che sono avvenuti prelievi o versamenti non menzionati dal libretto (Santoro, 616). Costituisce principio pacifico in giurisprudenza che il libretto bancario di deposito a risparmio, pur non potendosi considerare atto pubblico dotato dell'efficacia probatoria privilegiata di cui all'art. 2700 c.c., è assistito dallo speciale regime probatorio delineato dall'art. 1835, secondo comma, stesso codice. Pertanto, qualora il documento presenti i requisiti formali minimi della sua identità, esso fa piena prova non solo delle annotazioni eseguite e sottoscritte dal funzionario addetto, ma anche della provenienza del libretto dalla banca al cui servizio appare addetto il menzionato funzionario (Cass. I, n. 9277/2014; Cass. I, n. 25370/2013). Ciò nondimeno l'annotazione firmata non è il solo mezzo probatorio con il quale si può dare la prova dell'operazione bancaria, esprimendo tale speciale regime un principio di tutela rafforzata del diritto alla prova predisposto dalla legge a favore del depositario. Ne consegue che è sempre ammessa la dimostrazione che un'operazione di versamento o prelevamento di somme, benché non annotata sul libretto, sia stata effettivamente eseguita (Cass. III, n. 13643/2014). In difetto di annotazione firmata, incombe dunque sulla banca, convenuta dal cliente con la richiesta di restituzione delle somme che risultino depositate sul libretto, ove sostenga che detta operazione è stata già eseguita per disposizione del cliente, dare la dimostrazione dell'esistenza di tale disposizione. In particolare, non è stato ritenuto sufficiente, per superare tale onere probatorio, la circostanza che il depositante abbia espressamente ammesso — nella citazione introduttiva — di essersi accordato con un impiegato infedele dell'istituto di credito convenuto perché investisse in azioni il saldo di tale libretto di risparmio, previo ritiro, da parte di questi, dell'importo risultante a credito (Cass. I, n. 422/2000). La S.C. ha, inoltre, evidenziato che detto speciale regime probatorio presuppone che il documento presenti i requisiti formali minimi corrispondenti alla individuazione dello stesso in conformità al modello tipico, situazione che non si verifica allorché l'efficacia in questione sia stata sottratta in radice al documento, ove, in seguito a giudizio penale, siano state dichiarate false le annotazioni su di esso apposte (Cass. I, n. 2122/ 2014). La disposizione in esame non può trovare deroga nelle condizioni generali di contratto in quanto è diretta a tutelare l'affidamento dei clienti su operazioni effettuate con impiegati che si presentino, secondo il normale svolgimento delle attività bancarie, apparentemente muniti di idonei attribuzioni (Cass. I, n. 13547/1991). Ciò in quanto le condizioni generali di contratto operano solo sul piano interno dei servizi bancari, prevedendo ripartizioni di competenze e modalità di esecuzione delle operazioni, al fine di realizzare un controllo funzionalmente preordinato a garantire il buon andamento dell'istituto. La peculiare efficacia probatoria, che il secondo comma dell'art. 1835, riconosce alle annotazioni sottoscritte sul libretto dall'impiegato bancario addetto al servizio, riguarda solamente la verità storica delle operazioni di prelevamento o di versamento annotate, e non l'esistenza di clausole contrattuali dalle quali le operazioni possano dipendere. Pertanto, in mancanza di specifica convenzione al riguardo, gli interessi sono dovuti nella misura del saggio legale (Cass. I, n. 17945/2003). BibliografiaCampobasso, Deposito, III, Deposito bancario, in Enc. giur., X, Roma, 1988; Ferri, voce Deposito Bancario, in Enc. dir., XII, Milano, 1964; Guglielmucci, Deposito bancario, in Dig. comm., IV, Torino, 1989; Maggiolo, Libretto di deposito, in Noviss. Dig. it., IX, Torino, 1963; Santoro, voce Libretto di deposito a risparmio, in Enc. dir., XXIV, Milano, 1974; Sotgia, Contratti bancari, in Commentario al codice civile, a cura di D'Amelio e Finzi, Firenze, 1949. |