Codice Civile art. 1836 - Legittimazione del possessore.

Caterina Costabile

Legittimazione del possessore.

[I]. Se il libretto di deposito è pagabile al portatore, la banca che senza dolo o colpa grave adempie la prestazione nei confronti del possessore è liberata, anche se questi non è il depositante [1777, 1992, 2003].

[II]. La stessa disposizione si applica nel caso in cui il libretto di deposito pagabile al portatore sia intestato al nome di una determinata persona o in altro modo contrassegnato.

[III]. Sono salve le disposizioni delle leggi speciali.

Inquadramento

La norma in esame disciplina la responsabilità della banca in caso di pagamento dei libretti al portatore prevedendo che la stessa è liberata se, senza dolo o colpa grave, paga al portatore del titolo anche se costui non è il depositante.

Ad avviso della S.C. l'art. 1836 impone alla banca, in caso di presentazione di libretto di deposito a risparmio pagabile al portatore, di procedere a tutte le attività strumentali necessarie a garantire l'effettivo titolare del diritto. Conseguentemente, la banca ha il potere-dovere di esercitare il controllo sulla legittimazione del presentatore e sulla sussistenza dei presupposti per il valido esercizio della pretesa, provvedendo — qualora ricorrano circostanze tali da giustificare il sospetto che il presentatore non sia titolare del diritto alla restituzione — agli opportuni accertamenti (identificazione, richiesta di chiarimenti) e, se del caso, rifiutando il rimborso (Cass. I, n. 12460/2008; Cass. I, n. 4389/1999).

Libretto al portatore: natura giuridica

Nel caso dei libretti di risparmio al portatore legittimato a compiere le operazioni, e in particolare i prelievi, è il possessore del libretto stesso. Pertanto, la banca non è tenuta ad accertare la legittimità del possesso e può ritenersi liberata se effettua il pagamento al presentatore del documento, salvo i casi di dolo o colpa grave.

Controversa è la natura giuridica dei libretti al portatore.

La dottrina dominante li considera veri e propri titoli di credito (Fiorentino, in Comm. S. B., 1972, 428; Molle, in Tr. C. M.,1981, 138; Santoro, 617; contra v. Campobasso, 8), ma c'è anche chi ritiene di poter ravvisare nei libretti al portatore un esempio di quei titoli impropri cui fa riferimento l'art. 2002 un titolo, cioè, che serve a identificare l'avente diritto alla prestazione e a trasferire il diritto da esso documentato, senza per questo adempiere alla piena funzione dei titoli di credito (Maggiolo, 888).

Il punto controverso, naturalmente, è se nei libretti al portatore si possano ravvisare quei requisiti della letteralità e dell'autonomia che sono propri dei titoli di credito.

La giurisprudenza riconosce al libretto al portatore natura di titolo di credito, ritenendo di conseguenza il possesso dello stesso sufficiente per attribuire la legittimazione all'esercizio del diritto menzionato nel libretto in base alla presentazione all'istituto emittente (Cass. III, n. 22328/2007; Cass. I, n. 5131/1998).

Di recente la S.C. ha ribadito che i libretti di deposito pagabili al portatore sono sostanzialmente titoli di credito caratterizzati dall'intrinseco riferimento causale al rapporto sottostante (deposito a risparmio) e da una circolazione ristretta dipendente proprio dalla natura del rapporto medesimo dato che, sempre secondo le regole generali, sono opponibili le eccezioni fondate sul rapporto causale (Cass. I, n. 24543/2016).

La S.C. ha inoltre rimarcato che il diritto del portatore che abbia il possesso del documento viene meno se il libretto perde l'efficacia di titolo di credito, ipotesi che ricorre nel caso previsto dall'art. 9 l. n. 948/1951, in base al quale al termine della procedura di ammortamento, promossa a seguito di smarrimento, distruzione o sottrazione, il presidente del tribunale o il pretore pronunzia l'inefficacia giuridica del libretto, mentre non ha alcun effetto l'annotazione di fermo che l'istituto emittente apponga nei propri registri a norma dell'art. 6 della stessa legge (Cass. I, n. 1048/1998).

Libretto al portatore con nome o sigla

I libretti al portatore contengono talora l'indicazione di un nome o contrassegno, che serve però solo ad indentificare il conto e non ad attribuire la titolarità del deposito: le operazioni possono essere compiute con effetti liberatori da un soggetto diverso dall'intestatario, il libretto — e il credito in esso incorporato — si trasferisce col possesso (Santoro, ult. cit.).

Anche questi libretti hanno, quindi, natura di titolo di credito, senza che l'esistenza di un nome integri un elemento presuntivo in ordine alla titolarità del rapporto o possa fornire un dato di fatto rilevante nella valutazione della diligenza della banca all'atto del pagamento, potendo al più essere valutato come ulteriore elemento di giudizio del comportamento del banchiere alla luce della singola fattispecie concreta.

La giurisprudenza ritiene che l'apposizione su un libretto di deposito a risparmio, nella parte riservata all'intestazione, di una sigla, di un numero, di un nome di fantasia, di una combinazione di lettere o di numeri, non è idonea a costituire un valido elemento di riferibilità o di appartenenza del libretto ad una persona determinata, tali indicazioni valendo solo ad individuare il libretto, onde consentire alla banca una corretta tenuta della contabilità. In siffatte ipotesi il libretto deve, pertanto, qualificarsi al portatore, e non nominativo (Cass. I, n. 5949/1982).

Le limitazioni introdotte dalla normativa antiriciclaggio

La normativa antiriciclaggio, ovvero l'art. 49 d.lgs. n. 231/2007 e successive modifiche, ha introdotto il divieto di trasferimento tra soggetti — persone fisiche o giuridiche — dei libretti di deposito bancari al portatore di importo complessivamente superiore a tremila euro (in origine a cinquemila euro).

Il trasferimento superiore al predetto limite, quale che ne sia la causa o il titolo, è vietato anche quando è effettuato con più pagamenti, inferiori alla soglia, che appaiono artificiosamente frazionati e può essere eseguito esclusivamente per il tramite di banche, Poste italiane S.p.a., istituti di moneta elettronica e istituti di pagamento.

Inoltre, a decorrere dall'entrata in vigore della normativa antiriciclaggio, il legislatore ha disposto (art. 49, comma 12) la possibilità di emettere unicamente di libretti di deposito, bancari o postali, nominativi e vietato il trasferimento di libretti di deposito bancari o postali al portatore che, ove esistenti, sono estinti dal portatore entro il 31 dicembre 2018.

L'art. 50 d.lgs. n. 231/2007 ha poi vietato l'apertura in qualunque forma di conti o libretti di risparmio in forma anonima o con intestazione fittizi, nonché l'utilizzo degli stessi se aperti presso Stati Esteri.

Libretto nominativo

I libretti di deposito a risparmio nominativi sono intestati ad una determinata persona fisica o giuridica, e le operazioni di prelievo possono essere compiute solo dal titolare, dal suo legittimo rappresentante o da persona munita di procura speciale; chiunque invece può effettuare versamenti.

La nominatività ha lo scopo di garantire il titolare nel caso di smarrimento o furto del libretto: nessuno può prelevare le somme depositate e il titolare è in grado di ottenere con facilità un duplicato dalla banca emittente.

La nominatività serve, inoltre, a facilitare l'operato della banca al momento della richiesta di prelevamenti da parte del creditore ed agevolare l'identificazione del titolare del diritto alla prestazione.

Pacifica è la natura giuridica dei libretti nominativi. È certamente da escludere che possa trattarsi di titoli di credito: nei titoli di credito il diritto è incorporato nel documento e ne segue la sorte, mentre invece nel caso dei libretti di risparmio nominativi il credito può essere trasferito, sequestrato o pignorato a prescindere dal documento.

La dottrina è concorde nel considerarli titoli di legittimazione (Santoro, 618): il possesso del libretto è necessario per esigere dalla banca il pagamento delle somme depositate, e la banca a sua volta può ritenersi liberata quando il pagamento sia effettuato al possessore che risulti anche intestatario a seguito di accertamenti espletati con la diligenza richiesta alle aziende di credito nell'esercizio della loro specifica attività.

Anche la giurisprudenza ritiene che il libretto di deposito a risparmio nominativo è un documento di legittimazione la cui intestazione ha la funzione di impedire che le somme depositate possano essere riscosse dal possessore dello stesso, qualora sia diverso dall'intestatario, senza che, tuttavia, essa fornisca elementi decisivi circa l'appartenenza delle somme in deposito, potendo dall'intestazione in questione trarsi soltanto un elemento presuntivo, che può essere smentito dalla prova contraria (Cass. I, n. 4706/2011).

I giudici di legittimità hanno, peraltro ritenuto che tale funzione non impedisce che l'intestazione del libretto ad un determinato soggetto possa costituire oggetto di un accordo fiduciario tra colui cui viene intestato il libretto ed un terzo, il quale rimane l'effettivo titolare delle somme depositate e può, quindi pretenderne la restituzione, provando l'esistenza dell'accordo fiduciario con qualunque mezzo (Cass. I, n. 4706/2011).

Libretto nominativo pagabile al portatore

Qualora sul libretto nominativo sia apposta la clausola «pagabile al portatore» la banca deve effettuare il pagamento al possessore del titolo senza verificare la legittimazione del presentatore.

La dottrina unanime qualifica i libretti nominativi con la clausola «pagabile al portatore» come titoli di legittimazione e non di credito ritenendo ad essi applicabili, in tema di cessione, la disciplina dei libretti nominativi ordinari (Molle, in Tr. C. M., 1981, 134, Santoro, ult. cit.). Si è all'uopo evidenziato che il soggetto che esibisce il libretto non assume la veste di cessionario del credito, ma soltanto di adiectus del depositante, cioè di soggetto da questi autorizzato a ricevere la prestazione dovutagli dalla banca (Molle, in Tr. C. M., 1981, 135).

La giurisprudenza in alcune pronunce ha aderito all'impostazione dottrinale qualificando i libretti nominativi pagabili al portatore come documenti di legittimazione (Cass. I, n. 651/1989), rimarcando che il presentatore non assume la veste di creditore — come invece nel libretto al portatore —, ma soltanto di adiectus del depositante, cioè di soggetto da questi autorizzato a ricevere la prestazione dovutagli dalla banca.

In altre pronunce li ha, invece, qualificati come veri e propri titoli di credito al pari di quelli «al portatore» in virtù della loro idoneità alla circolazione, con la conseguenza che il mero possesso del titolo conferisce al portatore la legittimazione a riscuotere ed individua nello stesso il soggetto nei confronti del quale la banca può pagare, con effetto liberatorio, la somma disponibile sul libretto (Cass. I, n. 336/1995).

Cointestazione

La prassi bancaria prevede che i libretti nominativi possono essere intestati a più persone.

In dottrina si ritiene che, nel caso la banca debba eseguire un incarico per conto di più clienti, sia applicabile la disciplina del mandato collettivo e nel caso di pluralità di depositanti si applicherebbe l'art. 1772. Dalle norme sopra richiamate si trae il principio che i depositanti debbano agire congiuntamente, secondo il principio dell'unanimità, che è espresso anche nell'art. 1854, per il quale la facoltà di agire disgiuntamente deve essere esplicitamente espressa dalle parti. Si ritiene altresì applicabile l'art. 1854 c.c., ai depositi a risparmio, con la conseguenza che i cointestatari di un deposito, con facoltà di operare separatamente, devono essere considerati creditori solidali nei confronti della banca (Campobasso, 4).

Nell'ipotesi di deposito semplice con facoltà di disposizione separata secondo taluna dottrina non è possibile presumere la solidarietà dei depositanti, perciò in assenza di una previsione espressa costoro saranno creditori parziari nei confronti della banca; ne consegue che i loro creditori potranno aggredire le somme depositate soltanto limitatamente alla parte del diritto di credito spettante al debitore senza intaccare i diritti degli altri cointestatari (Salanitro, in Tr. Vas., 1983, 159).

La giurisprudenza ha ritenuto che la mera cointestazione del librettosenza facoltà di agire separatamentecomporta l'accensione di un deposito congiunto semplice, su cui ciascun cointestatario, anche se non può agire anche per l'altro, può tuttavia disporre della sua quota ed esigerla, stante la divisibilità dell'obbligazione di denaro (Cass. III, n. 23844/2008).

Nel caso, invece, in cui il deposito bancario sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni attive e passive anche disgiuntamente, si realizza una solidarietà dal lato attivo della obbligazione, che sopravvive alla morte di uno dei contitolari (Cass. I, n. 15231/2002).

Pertanto, il contitolare ha diritto di chiedere, anche dopo la morte dell'altro, l'adempimento dell'intero saldo del libretto di deposito a risparmio e l'adempimento così conseguito libera la banca verso gli eredi dell'altro contitolare (Cass. I, n. 12385/2014).

Ammortamento

La procedura di ammortamento del libretto di deposito bancario ha, come unica funzione, quella di individuare la persona legittimata a riscuotere e non quella di accertare la titolarità del credito, come è reso esplicito da quanto dispongono l'art. 1836 e, per i libretti al portatore, gli artt. 7 e ss. l. n. 948/1951.

Pertanto, il rilascio, a seguito della procedura di ammortamento, del duplicato di libretti di deposito bancario nominativi o al portatore estingue nei confronti dell'istituto emittente i diritti del detentore, ma non pregiudica le eventuali ragioni che questi abbia contro chi ha ottenuto il duplicato.

Nella controversia con l'ammortante, il detentore è tenuto peraltro a provare, non già di aver eseguito il deposito della somma presso la banca che ha emesso il libretto, ma soltanto di aver acquistato la titolarità del credito da esso portato anteriormente all'ammortamento. Detto onere probatorio, nel caso di libretto al portatore, può essere assolto dimostrando di aver posseduto quest'ultimo prima dell'ammortamento, spettando quindi all'ammortante dare la prova contraria (attesa la presunzione di buona fede nel possesso, ex art. 1147 c.c.) che l'acquisto del possesso era avvenuto in mala fede, ovvero (stante la presunzione di possesso intermedio ex art. 1142 c.c.) che il credito era stato successivamente trasferito dal detentore.

Ciò in quanto l'ammortamento priva il possessore del libretto della legittimazione cartolare, impedendo l'ulteriore trasferimento del credito secondo le regole sulla circolazione dei titoli di credito, ma non opera retroattivamente, nel senso di rendere inefficaci i trasferimenti operati anteriormente all'ammortamento mediante traditio del libretto (Cass. I, n. 15496/2005).

Attesa la funzione della procedura, la richiesta di ammortamento presentata congiuntamente da due soggetti, con la quale gli stessi si siano dichiarati comproprietari del libretto, non ha il valore probatorio di confessione nel giudizio successivamente intentato da uno dei due soggetti nei confronti dell'altro al fine dell'accertamento della proprietà della somma depositata, ma rappresenta un semplice indizio, che può essere superato dalla prova che detta somma proveniva esclusivamente dal patrimonio dell'attore (Cass. I, n. 4870/2006).

La S.C. ha altresì rimarcato che, in tema di ammortamento di titoli rappresentativi di depositi bancari (nella specie, un certificato di deposito al portatore), legittimata a proporre opposizione al decreto di ammortamento è anche la banca che abbia provveduto al pagamento del titolo, non solo in virtù dell'espressa previsione di cui all'art. 12, comma 2 l. n. 948/1951, ma anche ai sensi dell'art. 9, comma 2, ultima parte della medesima legge, non potendo negarsi alla banca la qualifica di detentrice, avuto riguardo ad una possibile reviviscenza del titolo, che esporrebbe la banca, la quale abbia provveduto in buona fede alla sua estinzione, al rischio di dover pagare una seconda volta il medesimo importo (Cass. I, n. 12460/2008).

Onere di diligenza della banca

L'art. 1836, in caso di presentazione di libretto di deposito a risparmio pagabile al portatore, impone alla banca, in forza del generale obbligo di particolare correttezza e diligenza che grava sulla stessa nella esecuzione dei contratti con i clienti, di procedere a tutte le attività strumentali necessarie a garantire l'effettivo titolare del diritto. Conseguentemente, la banca ha il potere-dovere di esercitare il controllo sulla legittimazione del presentatore e sulla sussistenza dei presupposti per il valido esercizio della pretesa, provvedendo — qualora ricorrano circostanze tali da giustificare il sospetto che il presentatore non sia titolare del diritto alla restituzione — agli opportuni accertamenti (identificazione, richiesta di chiarimenti) e, se del caso, rifiutando il rimborso (Cass. I, n. 12460/2008).

Pertanto, la banca che adempie la prestazione nei confronti del terzo senza assumere le necessarie cautele versa in stato di colpa grave e non è liberata dall'obbligo di restituzione nei confronti del vero titolare (Cass. I, n. 17039/2008; Cass. I, n. 4389/1999).

Bibliografia

Campobasso, Deposito, III, Deposito bancario, in Enc. giur., X, Roma, 1988; Ferri, voce Deposito Bancario, in Enc. dir., XII, Milano, 1964; Guglielmucci, Deposito bancario, in Dig. comm., IV, Torino, 1989; Maggiolo, Libretto di deposito, in Noviss. Dig. it., IX, Torino, 1963; Santoro, voce Libretto di deposito a risparmio, in Enc. dir., XXIV, Milano, 1974; Sotgia, Contratti bancari, in Commentario al codice civile a cura di D'Amelio e Finzi, Firenze, 1949.

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