Codice Civile art. 1852 - Disposizione da parte del correntista.Disposizione da parte del correntista. [I]. Qualora il deposito [1834 ss.], l'apertura di credito [1842] o altre operazioni bancarie siano regolate in conto corrente, il correntista può disporre in qualsiasi momento delle somme risultanti a suo credito, salva l'osservanza del termine di preavviso eventualmente pattuito. InquadramentoIl «conto corrente bancario» — detto anche «di corrispondenza» (perché in passato le relative operazioni erano disposte e comunicate con scambio di corrispondenza) o «conto corrente semplice» (per distinguerlo dal contratto di «conto corrente proprio» di cui all'art. 1823) — un contratto fondamentale nella regolamentazione dei rapporti banca-cliente, punto di riferimento essenziale dell'attività nel quale confluiscono le attività negoziali di raccolta del risparmio, le operazioni di erogazione del credito e le principali prestazioni di servizi (Cavalli e Callegari, 71). Nonostante la sua assoluta centralità, il legislatore si è astenuto dall'elaborare una definizione del contratto, limitandosi a disciplinare il regolamento in conto corrente delle operazioni bancarie volte a costituire la provvista del conto, in tal modo mostrando di non voler fare riferimento a una figura negoziale autonoma, bensì all'atteggiarsi di altre figure negoziali ogni qual volta contemplino una clausola di regolamentazione in conto corrente. La dottrina descrive il contratto di conto corrente come fattispecie negoziale in virtù della quale il cliente conferisce e la banca, attraverso l'organizzazione del proprio servizio di cassa, si impegna ad eseguire una serie continuativa di incarichi di pagamento (o di riscossione) con utilizzazione (od incremento) di fondi presso di essa, dal primo previamente all'uopo costituiti e costantemente da lui disponibili, con annotazione delle relative operazioni in un unico conto e con progressiva formazione di un saldo (attivo o passivo) per il correntista (Cavalli, 1988, 2). Natura giuridicaVarie sono le tesi avanzate sulla natura giuridica del conto corrente bancario: pur essendo sostanzialmente pacifica la struttura ternaria del rapporto di conto corrente di corrispondenza — in quanto risultante dalla compresenza delle tre distinte componenti di una previa costituzione di provvista, di una successiva attività gestoria e di una coeva regolamentazione contabile — la dottrina si è poi, infatti, largamente divisa nell'apprezzare la risultante combinatoria di tali elementi in termini di prevalenza di una delle tre riferite componenti sulle altre oppure di cooperazione funzionale, ovvero di compenetrazione strutturale delle stesse (Morelli, 139). Secondo la prima prospettiva — a seconda che si attribuisca prevalenza al profilo costitutivo della provvista, a quello gestorio, od a quello contabile del rapporto — il conto corrente bancario si risolve: a) in una «clausola accessoria» rispetto a contratti bancari tipici attivi o passivi; b) in una forma sui generis di «mandato»; c) in una sottospecie del contratto di «conto corrente» (in arg. v. Cavalli, Callegari, 73). Nella diversa ottica di un rapporto funzionale di cooperazione tra le suddette componenti, si inquadra la tesi, invece, del «collegamento di negozi» — deposito/apertura di credito, mandato, conto corrente — che si assumano coordinati nella produzione dell'effetto complessivo del rapporto di conto corrente bancario (Ferri, 668). Mentre chi postula, tra le componenti stesse, un necessario rapporto di integrazione strutturale, ravvisa coerentemente, nella specie, un «contratto (unitario e) complesso»: atipico ovvero tipico. L'orientamento prevalente in dottrina (Fiorentino, in Comm. S. B., 164; Molle, in Tr. C. M., 1981, 493) è quello che vede nel contratto di conto corrente un contratto atipico unitario e complesso «dominato dalle regole del mandato». Anche la giurisprudenza risulta orientata in tal senso, e reputa che il conto corrente di corrispondenza costituisce un negozio giuridico atipico dominato dalle regole del mandato, in quanto la banca assume l'incarico di compiere pagamenti o riscossioni di somme per conto del cliente e secondo le sue istruzioni, potendo altresì mettere a sua disposizione anche delle somme (Cass. I, n. 2226/2017; Cass. I, n. 1584/2017). FormaIl conto corrente di corrispondenza, come tutti i contratti bancari, ha risentito dell'introduzione di obblighi formali e sostanziali dettati dalla normativa di vigilanza prudenziale e di trasparenza bancaria e protezione del consumatore. In particolare, il primo comma dell'art. 117 d.lgs. n. 385/1993 (T.U. in materia bancaria e creditizia) riproduce il comma 1 dell'art. 3 l. n. 154/1992 ribadendo il principio che i contratti bancari devono essere redatti per iscritto. L'inosservanza di tale requisito è sanzionata da nullità (art. 117, comma 3) che però può essere fatta valere dal solo cliente o rilevata di ufficio dal giudice (art. 127, comma 2). La forma scritta di cui all'art. 117 d.lgs. n. 385/1993 per il contratto di conto corrente non si estende alle disposizioni di volta in volta impartite dal correntista, le quali non richiedono forme particolari e sono lasciate alla libera determinazione dei contraenti (Cass. I, n. 13068/2018). Occorre all'uopo rimarcare che era sorto un contrasto nella giurisprudenza di legittimità in ordine alla validità dei contratti bancari sottoscritti dal solo cliente. Un primo indirizzo giurisprudenziale optava per la validità del cd. «contratto monofirma» considerato che nei contratti per cui è richiesta la forma scritta «ad substantiam» non è necessaria la simultaneità delle sottoscrizioni dei contraenti, pertanto sia la produzione in giudizio della scrittura da parte di chi non l'ha sottoscritta, sia qualsiasi manifestazione di volontà del contraente che non abbia firmato — risultante da uno scritto diretto alla controparte e dalla quale emerga l'intento di avvalersi del contratto (ad es. comunicazione periodica degli estratti conto) — realizzano un valido equivalente della sottoscrizione mancante, purché la parte che ha sottoscritto non abbia in precedenza revocato il proprio consenso ovvero non sia deceduta (Cass. VI, n. 17740/15; Cass. I, n. 4564/2012). Un diverso e più recente orientamento, con riferimento al contratto di intermediazione finanziaria sottoscritto dal solo investitore, aveva ritenuto la nullità del rapporto contrattuale esistente tra banca e cliente, in caso di mancata produzione in giudizio della copia del contratto sottoscritto dal rappresentante della banca (Cass. I, n. 10331/2016; Cass. I, n. 8395/2016; Cass. I, n. 5919/2016). In senso analogo la S.C. si era espressa con riferimento al contratto di conto corrente bancario, ritenendo che il modulo con il quale la banca comunica l'intervenuta apertura di un conto corrente si configura, ove privo della sua sottoscrizione, come un mero atto ricognitivo dell'avvenuta stipula di tale contratto ed è, quindi, inidoneo, in mancanza di documenti sottoscritti da entrambe le parti, ad integrare la forma scritta ad substantiam richiesta dall'art. 117 d.lgs. n. 385/1993, a nulla rilevando che la banca l'abbia prodotto in giudizio, posto che, nei contratti per i quali la forma scritta è richiesta ad substantiam, la produzione in giudizio della scrittura da parte del contraente che non l'ha sottoscritta realizza un equivalente della sottoscrizione e, quindi, il perfezionamento del contratto, ma con effetto ex nunc e non ex tunc (Cass. I, n. 36/2017). Di contro, la giurisprudenza di merito, discostandosi dal più recente indirizzo di legittimità, aveva ritenuto che la forma scritta richiesta per il contratto di conto corrente bancario può ritenersi soddisfatta anche nel caso in cui il contratto, che abbia avuto pacifica esecuzione, sia sottoscritto dal solo cliente su moduli predisposti dalla banca (App. Napoli 28 dicembre 2016; Trib. Padova II, 4 agosto 2016). Le Sezioni Unite sono di recente intervenute sul punto smentendo il recente orientamento di legittimità e statuendo che il requisito della forma scritta del contratto-quadro relativo ai servizi di investimento, disposto dall'art. 23, d.lgs. n. 58/1998, è rispettato ove sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente la sola sottoscrizione dell'investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell'intermediario, il cui consenso ben si può desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti (Cass. S.U., n. 898/2018). La costituzione della provvistaIl contratto di conto corrente bancario e l'esecuzione degli ordini di pagamento impartiti dal correntista presuppongono necessariamente la costituzione presso l'istituto di credito di una provvista, intesa come disponibilità monetaria idonea a consentire l'esecuzione degli incarichi conferiti. Detta disponibilità può essere creata con versamenti di denaro proprio del correntista o con la stipulazione di un'apertura di credito o di un altro tipo di contratto di finanziamento con il quale la banca fornisce allo stesso la valuta necessaria per la creazione della provvista. Le annotazioni in contoNel conto corrente di corrispondenza la disponibilità del conto è destinata a modificarsi nel corso del rapporto in conseguenza dei successivi versamenti e prelievi che si traducono in annotazioni di accreditamenti e addebitamenti nel conto. Le annotazioni, a differenza del conto corrente ordinario, non costituiscono conseguenza di reciproche rimesse — e dunque non esprimono l'esistenza di crediti e debiti reciproci — ma rappresentano semplici variazioni quantitative dell'originario rapporto di debito o di credito con la banca (Molle, in Tr. C. M., 1981, 487; Porzio, in Tr. Res., 1986, 871). I servizi di pagamentoGli addebiti in conto corrente sono determinati dagli incarichi di pagamento a cui la banca deve provvedere subordinatamente all'esistenza di fondi disponibili, oltre che dalla annotazione degli interessi debitori e delle spese: la richiesta del cliente assume, pertanto, carattere di «incarico» o di «ordine» in relazione ad una attività dovuta della banca. La convenzione di assegno Fra gli ordini di pagamento posizione consolidata e tradizionale occupano quelli effetti a mezzo assegni bancari la cui traenza è prevista e regolata da apposita convenzione (la cd. convenzione di assegno) che la giurisprudenza considera implicita nel conto corrente di corrispondenza (Cass. I, n. 3447/1986). La convenzione in oggetto è disciplinata dalle norme bancarie uniformi, dal r.d. n. 1736/1933 (cd. legge assegni) e dalla l. n. 386/1990 come modificata dal d.lgs. n. 507/1999. Secondo tale disciplina il cliente è autorizzato a disporre dei propri saldi attivi con assegni, mentre la banca assume l'obbligo di onorare gli incarichi ricevuti con la dovuta diligenza, purché ricorrano i necessari requisiti. La S.C. ha all'uopo chiarito che l'apertura di un conto corrente con convenzione di assegno dà vita ad un negozio giuridico autonomo complesso — concorrendo in esso sostanzialmente elementi del mandato, del conto corrente e del deposito bancario — in base al quale il correntista ha il diritto di emettere assegni e la banca trattaria, che viene a svolgere un vero e proprio servizio di cassa per conto, nell'interesse e secondo le istruzioni del cliente, ha il dovere di onorare l'assegno pagandone l'importo al beneficiario, nei limiti dei fondi disponibili presso la banca trattaria. La esistenza di detti fondi deve permanere per tutta la durata del termine di presentazione dell'assegno, rilevando essa funzionalmente soprattutto al momento del pagamento. E poiché l'ordine di pagamento mediante assegno è un atto unilaterale recettizio ed è quindi destinato a produrre effetti dal momento della presentazione, sino a tale momento sussiste l'obbligo del correntista-traente di assicurarsi che sul conto vi siano fondi disponibili in misura sufficiente per assicurare il buon fine dell'assegno, con la conseguenza che se, per effetto di altri atti di disposizione della provvista o della revoca dell'affidamento, la provvista viene meno, il correntista non può dolersi del rifiuto della banca di pagare e della conseguente levata del protesto (Cass. I, n. 2711/2007). Bonifico richiesto dal correntista Rientrano tra gli ordini di pagamento anche i bonifici richiesti dal correntista che si sostanziano in ordini di trasferimento di denaro da un conto corrente ad un altro, presso la stessa banca o banche diverse. Il bonifico viene inquadrato dalla dottrina nella delegazione di pagamento (Molle, in Tr. C. M., 1981, 496) e non comporta, quindi, l'assunzione da parte del delegato di alcun obbligo nei confronti del delegatario a meno che egli non decida di obbligarsi direttamente nei suoi confronti (1269, comma 1, c.c.). Anche giurisprudenza riconosce al bonifico natura di delegatio solvendi escludendo tuttavia che, pur in assenza di un espresso divieto del delegante, la banca delegata possa assumere un'autonoma obbligazione, ai sensi dell'art. 1269, comma 1, verso il creditore delegatario al fine di compensare i crediti dalla stessa vantati, ove l'assunzione di tale obbligo si ponga in contrasto con il rapporto di mandato ex art. 1856 c.c. (Cass. I, n. 10545/2015). Domiciliazioni e Bancomat È inoltre possibile che il correntista appoggi o domicili cambiali o altri documenti incorporanti una sua obbligazione presso la banca, dando incarico a quest'ultima di eseguire il pagamento della prestazione mediante addebito della relativa provvista sul conto corrente. Molto utilizzata è anche la domiciliazione presso la banca di fatture commerciali periodiche al cui saldo è tenuto il titolare del conto corrente (Cavalli, Callegari, 71). Rientrano tra le operazioni di pagamento anche le operazioni di prelievo di denaro effettuate dal cliente (anche con bancomat) nonché i pagamenti diretti presso esercizi commerciali attraverso carte di credito o bancomat. Il bancomat è una carta di debito con cui il cliente può prelevare tramite gli sportelli A.T.M. e fare acquisti presso gli esercizi convenzionati tramite il sistema POS (Point of Sale). Ogni transazione è regolata con valuta del giorno stesso tramite addebito sul conto corrente del titolare, pertanto non esplica alcuna funzione creditizia ma riveste solo natura di strumento di pagamento. I servizi di riscossioneSpeculari alle operazioni di pagamento sono le operazioni di riscossione somme: in dette ipotesi l'accreditamento si perfeziona nel momento in cui l'importo viene annotato nel conto indipendentemente dalla comunicazione al correntista in favore del quale viene effettuata l'annotazione (Cass. I, n. 3507/1989). Bonifico ricevuto dal correntista Rientra nelle operazioni di riscossione il bonifico, quale l'incarico del terzo dato alla banca di accreditare al cliente correntista la somma oggetto della provvista, costituisce un ordine (delegazione) di pagamento che la banca delegata, se accetta, si impegna (verso il delegante) ad eseguire. Da tale accettazione non discende, tuttavia, un'autonoma obbligazione della banca verso il correntista delegatario, trovando lo sviluppo ulteriore dell'operazione la sua causa nel contratto di conto corrente di corrispondenza che implica un mandato generale conferito alla banca dal correntista ad eseguire e ricevere pagamenti per conto del cliente, con autorizzazione a far affluire nel conto le somme così acquisite in esecuzione del mandato (Cass. I, n. 3086/2018). La giurisprudenza ha evidenziato che la banca quando accetta la delegazione di pagamento conferitale da un terzo con un bonifico, si obbliga all'esecuzione nei confronti del solo delegante, non assumendo alcuna autonoma obbligazione nei confronti del correntista beneficiario (Cass. I, n. 1742/2009). Ciò in quanto lo sviluppo ulteriore dell'operazione trova la sua causa nel contratto di conto corrente di corrispondenza che implica un mandato generale conferito alla banca dal correntista ad eseguire e ricevere pagamenti per conto del cliente, con autorizzazione a far affluire nel conto le somme così acquisite in esecuzione del mandato (Cass. I, n. 17954/2008). Ricevute bancarie Rientrano tra le operazioni di riscossione anche quelle relative ai crediti contenuti in portafoglio tra i quali rientrano le fatture per forniture e prestazioni e le ricevute bancarie (ri.ba.): queste ultime sono dichiarazioni di quietanza rilasciate dal creditore e consegnate alla banca perché provveda all'incasso del credito relativo. La banca designata per il pagamento del credito indicato nella ricevuta bancaria provvederà ad inviare al debitore un avviso della scadenza ormai prossima e, quando il pagamento sia stato effettuato, rilascerà al debitore la ricevuta quietanzata, salvo restituire al creditore-correntista quelle rimaste insolute. La S.C. ha evidenziato che la consegna di ricevute bancarie ha natura diversa dallo sconto, infatti, mentre questo comporta necessariamente una cessione di credito, la prima non è in grado di realizzare tale effetto traslativo, perché la ricevuta non è riconducibile alla categoria dei titoli di credito, non incorporando alcun credito (Cass. I, n. 4085/2001). La mera consegna di ricevute bancarie dal cliente alla banca, in difetto di specifiche pattuizioni, concreta difatti mandato a riscuotere (eventualmente) accompagnato dall'anticipazione da parte della banca dell'importo delle ricevute stesse (Cass. I, n. 4908/1999). Incasso di assegni o altri titoli di credito Tra i servizi in esame rientra anche l'incasso di assegni o di altri titoli di credito girati dal correntista all'istituto di credito: nell'eseguire le operazioni di incasso la banca agisce pertanto su ordine del correntista e non per proprio conto, con conseguente produzione degli effetti a favore del mandante. La giurisprudenza ha evidenziato che la clausola «salvo incasso» inerente al versamento di un titolo di credito da parte del cliente sul conto corrente bancario, ricollegandosi ad un mandato conferito alla banca per la realizzazione del credito portato dallo stesso, ha effetto sospensivo del trasferimento della proprietà, in attesa che il mandato sia compiutamente adempiuto con l'effettiva riscossione. La banca, prima dell'incasso, non è pertanto tenuta a mettere a disposizione del cliente la relativa somma e non può essere chiamata a rispondere dei danni che il cliente stesso abbia subito per il protesto di un proprio assegno, emesso senza l'osservanza dell'onere del preventivo accertamento del buon fine di quel titolo (Cass. I, n. 1946/1999). Fallimento del correntista e revocatoria fallimentareIl fallimento del correntista determina «ipso iure» lo scioglimento del contratto di conto corrente bancario e la cristallizzazione, alla corrispondente data, dei rapporti di debito/credito tra le parti (Cass. I, n. 19325/2013). Prima della riforma della legge fallimentare la S.C. riteneva, in caso di fallimento del correntista, revocabili tutte le rimesse effettuate su un conto scoperto (ovvero non assistito da un'apertura di credito o coperto da un'apertura di credito ma con saldo passivo eccedente il fido concesso) e quando fossero state effettuate in epoca successiva alla chiusura del conto o alla revoca del fido poiché in siffatte ipotesi le rimesse avevano carattere solutorio (Cass. I, n. 15605/2014; Cass. n. 16608/2010). In particolare, ad avviso della S.C., per potersi escludere la revocabilità di rimesse affluite su un conto scoperto, in quanto dipendenti da operazioni bilanciate, era necessario il venir meno della funzione solutoria delle stesse, in virtù di accordi intercorsi tra il solvens e l'accipiens, che le avessero destinate a costituire la provvista di coeve o prossime operazioni di pagamenti o prelievi mirati in favore di terzi o del cliente stesso, in modo tale da poter negare che la banca abbia beneficiato dell'operazione sia prima, all'atto della rimessa, sia dopo, all'atto del suo impiego; la prova dell'esistenza dei predetti accordi, che giovino a caratterizzare la rimessa, piuttosto che come operazione di rientro, come una specifica provvista per una operazione speculare a debito, in relazione ad un ordine ricevuto ed accettato o ad una incontestata manifestazione di volontà, ove non derivi da un atto scritto, potrebbe anche essere desunta da facta concludentia, purché la specularità tra le operazioni ne evidenzi con certezza lo stretto collegamento negoziale (Cass. I, n. 19751/2017; Cass. I, n. 6758/2016). La novella di cui alla l. n. 80/2005 ha modificato la disciplina della revocatoria fallimentare, dettata dall'art. 67 r.d. n. 267/1942, introducendo un'esenzione per le rimesse in conto corrente bancario che non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l'esposizione debitoria del fallito verso la banca (Cavalli, 2006, 1). La giurisprudenza di merito ha evidenziato che il criterio di valutazione quantitativo della riduzione consistente dell'esposizione debitoria, in mancanza di indicazioni da parte del legislatore, deve essere relativizzato in termini percentuali, con riferimento all'importo massimo revocabile di cui all'art. 70, comma 3 r.d. n. 267/1942. Ciò in quanto l'intento del legislatore medesimo è quello di escludere dall'ambito di applicazione dell'istituto della revocatoria quelle operazioni che, per il loro peso, non paiono idonee a depauperare il patrimonio del fallito in maniera significativa. Allo stesso modo, per l'accertamento della natura durevole della riduzione del debito, identificabile nell'apprezzabile stabilità nel tempo dell'effetto solutorio, dovrà farsi ricorso ad un criterio relativo e non assoluto, dipendente dalla frequenza delle movimentazioni del conto (Trib. Firenze I, 18 aprile 2016, n. 18090; Trib. Reggio Emilia 13 maggio 2016; Trib. Udine 16 aprile 2012; Trib. Milano 27 marzo 2008). La riduzione della esposizione debitoria deve essere stata progressiva e tendenzialmente unidirezionale e di ammontare non trascurabile, avuto riguardo all'ammontare delle rimesse ed all'interesse della massa fallimentare al recupero delle somme andata a beneficio di un solo creditore, non potendosi porre in dubbio che l'azione revocatoria bancaria, pur ridimensionata e ridisegnata, abbia comunque mantenuto la sua funzione di tutela della par condicio creditorum (App. Torino 5 maggio 2017, n. 973). BibliografiaCavalli, Conto corrente, II, Conto corrente bancario, in Enc. giur., VIII, Roma, 1988; Cavalli, Considerazioni sulla revocatoria delle rimesse in conto corrente bancario dopo la riforma dell'art. 67 legge fallimentare, in Banca borsa tit. cred., 2006, I, 1; Cavalli, Callegari, Lezioni sui contratti bancari, Bologna, 2008; Ferri, voce Conto corrente di corrispondenza, in Enc. dir., IX, Milano, 1961; Molle, Conto corrente bancario, in Nss. D.I. IV, Torino 1959, 414; Morelli, Materiali per una configurazione del conto corrente bancario come contratto legalmente tipico, in Giust. civ., 4, 1998, 139; Salnitro, Conto corrente bancario, in Dig. Comm., Torino, 1989. |