Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 163 bis - Offerte concorrenti 1Offerte concorrenti1
Quando il piano di concordato di cui all'articolo 161, secondo comma, lettera e), comprende una offerta da parte di un soggetto gia' individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore, anche prima dell'omologazione, verso un corrispettivo in denaro o comunque a titolo oneroso dell'azienda o di uno o piu' rami d'azienda o di specifici beni, il tribunale dispone la ricerca di interessati all'acquisto disponendo l'apertura di un procedimento competitivo a norma delle disposizioni previste dal secondo comma del presente articolo. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche quando il debitore ha stipulato un contratto che comunque abbia la finalita' del trasferimento non immediato dell'azienda, del ramo d'azienda o di specifici beni . Il decreto che dispone l'apertura del procedimento competitivo stabilisce le modalita' di presentazione di offerte irrevocabili, prevedendo che ne sia assicurata in ogni caso la comparabilita', i requisiti di partecipazione degli offerenti, le forme e i tempi di accesso alle informazioni rilevanti, gli eventuali limiti al loro utilizzo e le modalita' con cui il commissario deve fornirle a coloro che ne fanno richiesta, la data dell'udienza per l'esame delle offerte, le modalita' di svolgimento della procedura competitiva, le garanzie che devono essere prestate dagli offerenti e le forme di pubblicita' del decreto. Con il medesimo decreto e' in ogni caso disposta la pubblicita' sul portale delle vendite pubbliche di cui all' articolo 490 del codice di procedura civile ed e' stabilito l'aumento minimo del corrispettivo di cui al primo comma del presente articolo che le offerte devono prevedere. L'offerta di cui al primo comma diviene irrevocabile dal momento in cui viene modificata l'offerta in conformita' a quanto previsto dal decreto di cui al presente comma e viene prestata la garanzia stabilita con il medesimo decreto. Le offerte, da presentarsi in forma segreta, non sono efficaci se non conformi a quanto previsto dal decreto e, in ogni caso, quando sottoposte a condizione. Le offerte sono rese pubbliche all'udienza fissata per l'esame delle stesse, alla presenza degli offerenti e di qualunque interessato. Se sono state presentate piu' offerte migliorative, il giudice dispone la gara tra gli offerenti. La gara puo' avere luogo alla stessa udienza o ad un'udienza immediatamente successiva e deve concludersi prima dell'adunanza dei creditori, anche quando il piano prevede che la vendita o l'aggiudicazione abbia luogo dopo l'omologazione. In ogni caso, con la vendita o con l'aggiudicazione, se precedente, a soggetto diverso da colui che ha presentato l'offerta di cui al primo comma, quest'ultimo e' liberato dalle obbligazioni eventualmente assunte nei confronti del debitore e in suo favore il commissario dispone il rimborso delle spese e dei costi sostenuti per la formulazione dell'offerta entro il limite massimo del tre per cento del prezzo in essa indicato. Il debitore deve modificare la proposta e il piano di concordato in conformita' all'esito della gara. La disciplina del presente articolo si applica, in quanto compatibile, anche agli atti da autorizzare ai sensi dell'articolo 161, settimo comma, nonche' all'affitto di azienda o di uno o piu' rami di azienda. [1] Articolo inserito dall'articolo 2, comma 1, del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2015, n. 132; per l'applicazione vedi l'articolo 23, comma 1, del medesimo decreto. InquadramentoL'art. 163 l.fall. contiene la disciplina fondamentale relativa al decreto di ammissione alla procedura concordataria, pur se la stessa deve essere letta unitamente al precedente art. 162. Entrambe le disposizioni infatti sostanzialmente prevedono che il tribunale sia chiamato a valutare la sussistenza dei presupposti di cui agli artt. 160 e 161 e, ulteriormente, in caso di formazione di classi dei creditori, verificare la correttezza ed idoneità dei criteri all'uopo impiegati. Si ritiene che il decreto di apertura della procedura debba essere motivato. Inoltre, lo stesso contiene necessariamente — alla luce della disposizione in commento — quattro punti necessari: a) la nomina del giudice delegato; b) la nomina del commissario giudiziale; c) la fissazione dell'adunanza dei creditori; d) la previsione del termine entro cui depositare una somma, pure ivi determinata nell'importo, quale cauzione relativa ad una frazione delle prevedibili spese di giustizia. La nomina del giudice delegato mantiene in capo al collegio un potere di controllo più generale, analogo a quello previsto — mutatis mutandis — dall'art. 23 l. fall. per la procedura fallimentare. Infatti, il tribunale continua ad avere il potere di provvedere all'eventuale sostituzione del g.d. o del commissario, alla liquidazione del compenso di quest'ultimo, alla decisione dei reclami proposti contro gli atti del g.d. Mantiene inoltre il potere di revocare l'ammissione alla procedura concordataria (ad es. in caso di frode ai creditori ex art. 173 l.fall.) come pure quello di omologare, risolvere ed annullare il concordato preventivo. Non meno importanti appaiono, tuttavia, le funzioni del giudice delegato. A tale organo compete, infatti, autorizzare il compimento di atti di straordinaria amministrazione, la decisione sui reclami avverso gli atti del comm. giud., nominare lo stimatore che assiste il comm. giud. negli accertamenti circa la fattibilità della proposta e la verifica delle valutazioni. Inoltre, il g.d. presiede l'adunanza dei creditori e dispone l'ammissione dei creditori ai fini del voto, riferisce al tribunale circa l'esito delle votazioni e, dopo l'eventuale omologazione del concordato, mantiene un ruolo di vigilanza circa l'adempimento della proposta concordataria. Nella nomina del commissario giudiziale appare importante il rinvio all'art. 28 l. fall. quanto ai requisiti, mentre le funzioni dello stesso sono fondamentalmente disciplinate dall'art. 165 l. fall., come meglio si vedrà. In assenza di un divieto espresso, si condivide la prassi che, nelle procedure di maggiore complessità o che richiedano l'integrazione di diverse professionalità, consente la nomina collegiale. Naturalmente è pure da apprezzare quella prassi che, in tal caso, non consente una moltiplicazione delle spese prededuttive, assicurando un compenso unitario non superiore a quello liquidabile in caso di nomina singola. Quanto alla fissazione dell'adunanza dei creditori, va detto che dopo la riforma del 2015, che ha di molto inciso sui tempi di deposito della relazione da parte del c.g., ex art. 172 l. fall., prevedendo che tale incombente debba precedere l'adunanza di ben 45 gg. (e non più 10 gg.), la durata della procedura si è dilatata. Infatti, occorre pur sempre calcolare uno spazio temporale sufficiente a consentire al c.g. il compimento delle verifiche ed analisi dei valori dell'attivo e passivo concordatario, oltre che le valutazioni comparative circa l'eventuale alternativa liquidatoria, e quindi ancora aggiungere un mese e mezzo di «preavviso» rispetto all'adunanza. Infine, il decreto deve necessariamente disporre in ordine al deposito di una cauzione per le spese di procedura, somma che va depositata nelle forme previste dal tribunale ed entro un termine non superiore a quindici giorni (in genere previsto proprio in questa misura massima). La norma, ancora, prevede espressamente che in caso di previsioni di classi, spetti al tribunale valutare la correttezza dei criteri con cui le stesse sono state «costruite», posta l'alterazione degli esiti del voto che l'artificiosità delle stesse potrebbe provocare. In tema di concordato preventivo, ove si intenda prevedere la suddivisione in classi, la proposta deve necessariamente conformarsi ai due criteri fissati dal legislatore nell'art. 160, comma 1, lett. c), l. fall., costituiti dall'omogeneità delle posizioni giuridiche (che riguardano la natura del credito, le sue qualità intrinseche, il carattere chirografario o privilegiato, l'eventuale esistenza di contestazioni, ovvero la presenza o meno di garanzie prestate da terzi o di un titolo esecutivo) e degli interessi economici (riferiti alla fonte e alla tipologia socio-economica del credito, ovvero al peculiare tornaconto vantato dal suo titolare). Rientra tra i compiti del tribunale — con un accertamento in fatto che non è sindacabile in sede di legittimità ove adeguatamente motivato — valutare congiuntamente i detti criteri al fine di verificare l'omogeneità dei crediti raggruppati, che non può essere affermata in termini di assoluta identità, essendo sufficiente la presenza di tratti principali comuni di importanza preponderante, che rendano di secondario rilievo quelli differenzianti, in modo da far apparire ragionevole una comune sorte satisfattiva per le singole posizioni costituite in classe (cfr. Cass. I, n. 9378/2018). Sulla nomina collegiale del comm. giud. si è espresso Trib. Bergamo 28 gennaio 2016, secondo cui nonostante l'art. 163, comma 2, n. 3), l. fall. faccia esplicito riferimento alla nomina di un solo commissario, tale norma non esclude la possibilità di nominare un organo avente struttura collegiale, la cui designazione deve quindi reputarsi non estranea al dettato normativo, specie in presenza di diverse norme che prevedono la possibilità per il giudice di avvalersi del contributo e dell'attività di organi tecnici collegiali, tra le quali norme vanno incluse quelle relative ad altre procedure concorsuali previste dall'ordinamento (cfr. la disciplina dettata in tema di esecuzione del concordato preventivo per cessione di beni, in tema di liquidazione coatta amministrativa, di dichiarazione dello stato di insolvenza ex lege n. 270/1999 e di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi). In coerenza con le norme suindicate, il collegio di commissari giudiziali deve adempiere alle proprie funzioni secondo la disciplina da esse prevista per il caso in cui venga disposta la nomina di un organo collegiale: deliberazione a maggioranza in caso di eventuale contrasto di opinioni; esercizio congiunto dei poteri di rappresentanza attraverso almeno due dei componenti del collegio (artt. 198, comma 2, l. fall.; 15 e 38 l. n. 270/1999). Va infine evidenziato che, in considerazione dell'effetto sinergico dell'attività svolta dai componenti del collegio, il compenso finale a quest'ultimo spettante, da determinare secondo i consueti criteri di legge, non può comunque superare quello previsto a favore di un unico commissario, dovendosi quindi procedere alla suddivisione dell'unico onorario complessivo, nella misura che verrà liquidata dal tribunale, per la quota di un terzo in favore di ciascun professionista. L'ammissione alla procedura: la valutazione del tribunaleIl tema della individuazione del perimetro entro il quale si collocano le valutazioni consentite al tribunale in sede di ammissione alla procedura di concordato è, certamente, uno dei più dibattuti. Se è vero, infatti, che le riforme del 2006-2007 hanno escluso fra i requisiti di ammissione quello della meritevolezza del debitore, e che — ancora — l'atipicità della proposta concordataria riflette una visione certamente (anche) privatistica dell'istituto, molteplici dati normativi hanno conservato la natura concorsuale del procedimento ed il perseguimento di interessi di ordine più generale, rispetto a quello presidiato dall'incontro di volontà espressa con il voto dal singolo creditore. Il riferimento contenuto nell'art. 162 l. fall. alla sussistenza dei requisiti di cui all'art. 160 e 161 l. fall., infatti, si presta a letture puramente formalistiche — nelle quali si adduce che la privatizzazione della procedura di concordato avrebbe lasciato all'organo giudiziale una semplice valutazione di completezza della domanda e legittimità formale della stessa — come pure a ricostruzioni opposte, nelle quali si afferma spettare al tribunale un più penetrante controllo anche in ordine alla fattibilità della proposta, ossia al suo grado elevato di realizzabilità. Ulteriormente, proprio il concetto di fattibilità si presta a letture distoniche, che hanno portato la giurisprudenza degli ultimi anni a distinguere fra fattibilità giuridica, certamente valutabile da parte del tribunale, e fattibilità economica, lasciata alla valutazione di convenienza dei creditori. Peraltro, anche questa ricostruzione è stata più volte intesa come non appagante, distinguendosi la fattibilità economica (ossia il grado ragionevolmente certo o almeno probabilmente elevato di realizzazione dei risultati economici attesi dall'esecuzione del piano) dalla convenienza della proposta rispetto ad altre alternative, prevalentemente quella liquidatoria, allargando la valutazione del tribunale alla prima e lasciando i creditori — purché correttamente e completamente informati — arbitri esclusivamente di questo secondo ambito valutativo. Va al riguardo sottolineato come il nuovo Codice della crisi e dell'insolvenza (d.lgs. n. 14/2019) preveda espressamente che il tribunale sia chiamato a censire, tanto in sede di ammissione che in sede di omologazione del concordato, sia l'ammissibilità della proposta che la fattibilità economica del piano. Con tale disciplina (destinata a divenire operativa fra 18 mesi), pur riconfermando l'idea che l'organo giudiziale eserciti lo stesso potere valutativo in ogni fase concordataria, si supera in radice la questione della distinzione pratica fra fattibilità economica e fattibilità giuridica, peraltro messa già in crisi, come si vedrà, dall'introduzione della soglia di soddisfacimento minimo del 20% per i creditori chirografari dall'ultimo comma dell'art. 160 l.fall., così come inciso dalle modifiche del 2015, con riguardo al concordato liquidatorio. Si deve alla nota Cass. S.U., n. 1521/2013 la condivisibile ed ancora pienamente attuale premessa secondo cui, seppur l'istituto del concordato preventivo sia caratterizzato da connotati di indiscussa natura negoziale (come d'altro canto si desume anche dal nome del procedimento), tuttavia nella relativa disciplina siano individuabili evidenti manifestazioni di riflessi pubblicistici, suggeriti dall'avvertita esigenza di tener conto anche degli interessi di soggetti ipoteticamente non aderenti alla proposta, ma comunque esposti agli effetti di una sua non condivisa approvazione, ed attuati mediante la fissazione di una serie di regole processuali inderogabili, finalizzate alla corretta formazione dell'accordo tra debitore e creditori, nonchè con il potenziamento dei margini di intervento del giudice in chiave di garanzia. Da qui, la distinzione fra fattibilità giuridica e fattibilità economica: «la fattibilità si traduce in una prognosi circa la possibilità di realizzazione della proposta nei termini prospettati, il che implica una ulteriore distinzione, nell'ambito del generale concetto di fattibilità, fra la fattibilità giuridica e quella economica. Una prima conclusione che si può trarre da questa premessa può dunque essere individuata nel fatto che certamente il controllo del giudice non è di secondo grado, destinato cioè a realizzarsi soltanto sulla completezza e congruità logica dell'attestato del professionista... Deve dunque ritenersi che egli svolga funzioni assimilabili a quelle di un ausiliario del giudice, come pure si desume dal significativo ruolo rivestito in tema di finanziamento e di continuità aziendale, circostanza questa che esclude che destinatari naturali della funzione attestatrice siano soltanto i creditori e viceversa comporta che il giudicante ben possa discostarsi dal relativo giudizio, così come potrebbe fare a fronte di non condivise valutazioni di un suo ausiliario». Per poi concludere che il giudice ha il dovere di esercitare il controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato, non restando tale giudizio escluso dall'attestazione del professionista, mentre resta riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio, che ha ad oggetto la probabilità di successo economico del piano ed i rischi inerenti. Il controllo di legittimità del giudice si realizza facendo applicazione di un unico e medesimo parametro nelle diverse fasi di ammissibilità, revoca ed omologazione in cui si articola la procedura di concordato preventivo, verificando l'effettiva realizzabilità della causa concreta della procedura di concordato; quest'ultima, la quale deve essere intesa come obiettivo specifico perseguito dal procedimento, non ha contenuto fisso e predeterminabile, essendo dipendente dal tipo di proposta formulata, ma deve comunque essere finalizzata, da un lato, al superamento della situazione di crisi dell'imprenditore e, dall'altro, all'assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori. Tale ultima prospettiva risulta confermata anche dalla recentissima Cass. I, n. 5655/2019, secondo cui — con riguardo ad un concordato sottratto all'applicazione della ricordata soglia minima ex art. 160 ult. comma l.fall. — la causa concreta della procedura di concordato preventivo, da intendersi come obiettivo specifico perseguito dal procedimento, non ha perciò un contenuto fisso e predeterminabile, essendo dipendente dal tipo di proposta formulata, pur se inserita nel generale quadro di riferimento finalizzato al superamento della situazione di crisi dell'imprenditore e, nel contempo, all'assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori. In questa prospettiva interpretativa non è possibile individuare una percentuale fissa minima al di sotto della quale la proposta concordataria possa ritenersi — secondo la disciplina applicabile ratione temporis —, di per sè, inadatta a perseguire la causa concreta a cui la procedura è volta. Il Tribunale, dunque, deve avere riguardo a rilevare dati da cui emerga, in maniera eclatante, la manifesta inettitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati, ivi compresa la soddisfazione in una qualche misura dei crediti rappresentati. Una volta esclusa questa evenienza va lasciata al giudizio dei creditori, quali diretti interessati all'esito della procedura, la valutazione — sotto i diversi aspetti della plausibilità dell'esito e della convenienza della proposta — delle modalità di soddisfacimento dei crediti offerte dal debitore, ivi comprese la consistenza delle percentuali di pagamento previste. Si è altresì affermato (così Cass. I, n. 14444/2017) che quantunque in sede di omologazione del concordato preventivo le corti di merito siano chiamate a verificare la fattibilità del concordato, il sindacato su tale punto, nei casi in cui si discuta della fattibilità economica, non può essere esteso oltre la verifica della idoneità della proposta concordataria a realizzare la «causa concreta» della procedura concorsuale, la quale si estrinseca nella finalità di assicurare il superamento della crisi attraverso «una sia pur minimale soddisfazione dei creditori chirografari» (cfr. Cass. S.U. n. 1521/2013; Cass. n. 11497/2014; Cass. n. 11423/2014; Cass. n. 6332/2016). Sempre in questa ottica, va ricordata Cass. n. 21175/2018, secondo cui in sede di omologa del concordato preventivo, rientra nell'alveo del giudizio di fattibilità giuridica demandato al tribunale, la valutazione dell'effettiva realizzabilità della causa concreta della proposta concordataria attraverso la previsione di una soddisfazione in tempi di realizzazione ragionevolmente contenuti; viceversa, sono rimessi all'apprezzamento dei creditori la verosimiglianza dei termini di adempimento prospettati e i rischi temporali connessi alla liquidazione dell'attivo, trattandosi di aspetti concernenti la mera convenienza economica. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di rigetto del reclamo avverso il provvedimento con cui il giudice, nel dichiarare l'inammissibilità di un concordato preventivo liquidatorio, aveva valorizzato — ritenendolo incluso nel quadro delle valutazioni giuridiche consentite al collegio — l'aspetto dell'incompatibilità tra il tipo di procedura concordataria prescelto e la programmata persistenza di un contratto d'affitto di azienda alberghiera per ulteriori sei anni al cui spirare era procrastinata la dismissione del complesso di beni). Ed ancora si è rilevato che il sindacato del tribunale sulla effettiva realizzabilità della causa concreta della proposta di concordato preventivo può estendersi a fattori quali l'imminente scadenza del contratto di affitto di azienda, con conseguente eventuale indisponibilità dell'immobile ospitante la struttura aziendale, nonché l'eventualità del mancato rinnovo dell'accreditamento presso il servizio sanitario nazionale necessario per la prosecuzione dell'attività sanitaria (Cass. n. 22691/2017). Per poter ammettere il debitore al concordato preventivo, il giudice è tenuto a una verifica diretta del presupposto di fattibilità del piano, con la precisazione che mentre il sindacato del giudice sulla fattibilità giuridica, intesa come verifica della non incompatibilità del piano con norme inderogabili, non incontra particolari limiti, il controllo sulla fattibilità economica, intesa come realizzabilità nei fatti del medesimo, può essere svolto nei limiti nella verifica della sussistenza o meno di una assoluta, manifesta inettitudine del piano presentato dal debitore a raggiungere gli obbiettivi prefissati, individuabile caso per caso in riferimento alle specifiche modalità indicate dal proponente per superare la crisi. Tanto vuol dire che non è vero affatto che il controllo di fattibilità economica sia in sé vietato (v. Cass. I, n. 11497/2014 e, da ultimo Cass. I, n. 26329/2016), e che nella prospettiva funzionale è sempre sindacabile la proposta concordataria ove totalmente implausibile. In altre parole, riservata ai creditori è solo la valutazione di convenienza di una proposta plausibile, rispetto all'alternativa fallimentare, oltre che, ovviamente, la specifica realizzabilità della singola percentuale di soddisfazione per ciascuno di essi (così Cass. I, n. 4915/2017). La prevalente giurisprudenza di merito appare ancora legata alla distinzione fra fattibilità giuridica ed economica, pur se a fronte di un tale inquadramento teorico, in concreto, ammette la sindacabilità delle condizioni che rendono concretamente realizzabile il piano, considerato strettamente funzionale all'avveramento della proposta. Tale analisi è destinata ad ampliarsi, come subito si vedrà, alla luce dell'introduzione all'art. 160, ultimo comma l. fall. del dovere di assicurare, nel concordato liquidatorio, il soddisfacimento nella misura minima del 20% dei creditori chirografari. Segue. Il rispetto del soddisfacimento minimo del 20%Le modifiche introdotte dalla c.d. mini-riforma estiva, avvenuta con il d.l. n. 83/2015, convertito con l. n. 132/2015 hanno avuto un rilevante impatto sulla disciplina delle procedure concorsuali. Se, infatti, la riforma del 2006-2007 era stata chiaramente ispirata da un favor per le soluzioni concordatarie alternative al fallimento (si pensi soltanto all'abbandono dell'idea che il c.p. fosse appannaggio esclusivo del debitore meritevole ed alla scomparsa della soglia di sbarramento del 40% di soddisfacimento, a favore di una completa atipicità della proposta concordataria) e se, ancora, la riforma del 2012 aveva ulteriormente accentuato il favor debitoris (per tutte: l'introduzione del concordato in bianco o «prenotativo» e di silenzio-assenso in tema di voto), si deve sicuramente evidenziare come la riforma del 2015 porti ad un complessivo riequilibrio delle posizioni e degli interessi dei creditori rispetto a quelli dell'imprenditore in crisi, con il non nascosto fine di eliminare alcune «storture» applicative, quando non veri e propri «abusi» nell'utilizzo dello strumento concordatario. Si legge nella relazione di accompagnamento al disegno di legge 27 giugno che la stessa «contendibilità dell'impresa in crisi» ha la finalità di «massimizzare la recovery dei creditori concordatari e di mettere a disposizione dei creditori una possibilità ulteriore rispetto a quella di accettare o rifiutare in blocco la proposta del debitore». Uno dei punti «nodali» della riforma risiede nell'inserimento di un nuovo ultimo comma nell'art. 160 l. fall., che testualmente recita: «In ogni caso la proposta di concordato deve assicurare il pagamento di almeno il venti per cento dell'ammontare dei crediti chirografari. La disposizione di cui al presente comma non si applica al concordato con continuità aziendale di cui all'art. 186-bis». Su tale disposizione e sul significato del verbo «assicurare» si è sviluppato una forte dialettica. La nuova disposizione, inserita all'ultimo comma dell'art. 160 l. fall., per la sua centralità richiede alcune notazioni aggiuntive, quantomeno sintetiche. Circa l'espressione «deve assicurare» si è sostenuto che la stessa non possa interpretarsi letteralmente, non potendo cioè ritenersi che la stessa introduca una sorta di «garanzia» della percentuale; su tale affermazione può anche convenirsi in linea di principio posto che — altrimenti — il legislatore avrebbe implicitamente eliminato il concordato meramente liquidatorio per lasciare unicamente spazio a quello con continuità aziendale o per garanzia; inoltre l'espressione «assicurare» è utilizzato sicuramente con significati non sempre perfettamente coincidenti dal legislatore della riforma, se si considera che oltre al nuovo ultimo comma dell'art. 160 l. fall. impiega detta locuzione anche l'interpolazione apportata alla nuova lett. e) dell'art. 161, comma 2, l. fall. (con riguardo al concetto di «utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile») nonché il nuovo art. 163, comma 6 a proposito dell'attestazione «qualificata» idonea a rendere inammissibili eventuali proposte concorrenti. Peraltro, neppure l'atecnicità della locuzione può essere eccessivamente enfatizzata: il collegamento con l'utilità che il debitore deve necessariamente impegnarsi ad assicurare e l'apertura tranchant della disposizione «in ogni caso» sono elementi testuali rilevanti, destinati a saldarsi con l'argomento teleologico fornito dalla relazione di accompagnamento secondo cui la modifica ha «la finalità di evitare che possano essere presentate proposte per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo che lascino del tutto indeterminato e aleatorio il conseguimento di un'utilità specifica per i creditori». Pertanto — pur sussistendo autorevole opinione contraria — il verbo «assicurare» appare utilizzato sì in senso atecnico, ma come sinonimo di impegno tendenzialmente obbligatorio e non semplicemente descrittivo a formulare una proposta di concordato che preveda la cessione di beni tali da consentire un soddisfacimento del 20% per i chirografari (sulla scorta delle perizie, delle verifiche dell'attivo e del passivo, nonché della relazione di attestazione); ovviamente resta il vero tema del contrasto fra la formulazione della domanda di concordato e l'esito delle verifiche del commissario giudiziale, confluenti nella relazione ex art. 172 l. fall. che, a parere di chi scrive possono prevalere sulla prima previo vaglio di ragionevolezza e portare ad una revoca/inammissibilità sopravvenuta ai sensi dell'art. 173, ultimo comma, l. fall. («... se in qualunque momento risulta che mancano le condizioni prescritte per l'ammissibilità del concordato»); del resto, che la stessa relazione ex art. 172 l. fall. abbia oggi un valore «privilegiato» può desumersi dalla disciplina delle proposte concorrenti, laddove il terzo può non allegare alcuna attestazione se si rifà agli accertamenti ed ai valori verificati dal C.G. Si può pertanto concludere, pur con la sinteticità di queste annotazioni, che la norma reintroduca nel vaglio di ammissibilità demandato al Tribunale quello relativo alla idoneità della proposta a consentire con «ragionevole certezza o forte probabilità» un grado minimale di soddisfacimento fissato per legge (sia pure in concreto svolta anche attraverso la verifica di inidoneità dell'attestazione fornita dal debitore). Circa l'ambito di applicazione, afferma testualmente la nuova norma che (essa) «non si applica al concordato con continuità aziendale di cui all'art. 186-bis» con una espressione che, ad avviso dello scrivente, va interpretata in senso ampio, ossia che è sufficiente che il concordato sia anche parzialmente in continuità per escludere l'applicazione dell'innovativo limite di ammissibilità (in altri termini, in un concordato «misto» con continuità ma anche con cessione di beni ritenuti non strategici il nuovo limite di soddisfacimento non pare applicabile neppure in proporzione ai valori assicurati dalla parte liquidatoria rispetto al più complessivo attivo concordatario); si è più volte affermato che l'art. 186-bis introduce una sorta di «statuto» del concordato in continuità ad applicazione necessaria per i rischi che la prosecuzione diretta dell'attività può determinare alle ragioni creditorie e che rende perciò essenziali le cautele ivi previste (redazione di un business plan, attestazione «rafforzata» sulla funzionalità al miglior interesse dei creditori, nuova ipotesi di revoca di cui all'ultimo comma dell'art. 186-bis l. fall.) e percorribili gli incentivi connessi (prosecuzione dei contratti pubblici, pagamento dei crediti anteriori «strategici», ecc..). Resta tuttavia possibile una interpretazione alternativa basata sul criterio di «prevalenza» che riconduce il singolo piano nella continuità o nella liquidazione a seconda dell'entità delle risorse assicurate dalla prosecuzione o dalla vendita dei beni: quest'ultima prospettiva è adottata dalla recente legge di riforma c.d. Rordorf l. n. 155/2017 che appunto fa della prevalenza uno dei criteri qualificatori così come, per converso, afferma espressamente la compatibilità dell'affitto d'azienda con il concetto di continuità, in tal modo sottraendo alla disposizione dell'art. 160, ultimo comma l. fall. una buona «fetta» di proposte concordatarie (vds. anche retro, sub art. 160 l. fall.). Quanto all'utilizzo del verbo «pagamento» in luogo di soddisfacimento: si tratta di disposizione di non agevole coordinamento con lo stesso primo comma lett. a) del medesimo art. 160 l. fall., che parla di «soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma»; molto probabilmente si tratta di una «svista» del legislatore posto che una interpretazione puramente letterale introdurrebbe evidenti disparità di trattamento rispetto al concordato con continuità, che pure altre disposizioni (ad es. art. 163, comma 5, l. fall. e la stessa mancata previsione della soglia del 20%) sembrano preferire; anche il nuovo art. 161, comma 2, lett. e), parlando più genericamente di «utilità» sembrerebbe nel senso si scongiurare una interpretazione puramente letterale dell'espressione «pagamento» e della regola di cui all'art. 1277 c.c. Quanto alla verifica inerente il rispetto della percentuale minima introdotta, inoltre, appare persuasivo quanto si va affermando in ordine alla necessità che le risorse complessivamente riservate dalla proposta ai creditori chirografari rappresentino almeno il 20% dell'importo totale dei crediti privi di cause legittime di prelazione, con la possibilità per il debitore di ripartire dette risorse secondo classi omogenee, non dovendo invece garantire il rispetto del predetto limite attraverso la «media ponderata» del soddisfacimento offerto a ciascuna classe, né tantomeno prevedere classi ciascuna delle quali riceva un soddisfacimento di almeno il 20% (ovviamente tale problema sarà destinato a porsi nel solo caso di concordato per classi). Anche qui la citata Legge delega di riforma avalla questa interpretazione, facendo riferimento al soddisfacimento complessivo e quindi ad una valutazione fra entità dei crediti chirografari complessivamente intesi ed ammontare delle risorse destinate agli stessi. In sede applicativa si è ritenuto che a seguito dell'introduzione, nel concordato liquidatorio, della percentuale minima di pagamento del venti per cento dell'ammontare complessivo dei creditori chirografari (art. 160, comma 4, l. fall.) e, con riferimento a tutti i tipi di concordato, dell'obbligo di assicurare un'utilità specifica ed economicamente valutabile (art. 161, comma 2, lett. e), la valutazione del giudice in ordine alla fattibilità del concordato preventivo non è più limitata alla verifica della incompatibilità del piano con norme inderogabili (cd. fattibilità giuridica) od alla assoluta e manifesta inettitudine dello stesso a raggiungere gli obiettivi prefissati (cd. fattibilità economica); con le modifiche di cui al d.l. n. 83/2015, sono stati, infatti, attribuiti al tribunale più penetranti poteri di indagine tra i quali, quello di verificare la fattibilità tout court del piano valutando tutti gli elementi a disposizione, senza alcun vincolo che non sia quello del canone del prudente apprezzamento di cui all'art. 116 c.p.c. (App. Lecce, 26 aprile 2017). Secondo altra interpretazione, la proposta concordataria che rappresenti in linea di massima il trattamento offerto ai crediti ma non esprima un impegno serio e vincolante circa il pagamento di quanto meno il 20% ai crediti chirografari è inammissibile, mancando l'assicurazione richiesta dall'ultimo comma dell'art. 160 l.fall. Inoltre, l'attestazione di fattibilità del professionista a mente dell'art. 161 comma 3, l. fall. che contenga riflessioni che denotano incertezze circa il reperimento delle liquidità indispensabili per il pagamento dei creditori chirografari non risulta sorretta da argomentazioni coerenti ed è quindi inadeguata, rendendo inammissibile la domanda di concordato (Trib. Mantova 2 marzo 2017). Il deposito della cauzioneLa previsione di un deposito monetario quale cauzione per le prevedibili spese della procedura assolve ad un duplice scopo: a) da un lato garantire la serietà della proposta di ristrutturazione del debito e superamento della crisi, impedendo o quantomeno ostacolando formulazioni del tutto velleitarie e unicamente rivolte a procrastinare la dichiarazione di insolvenza ed il fallimento; b) dall'altro, mira a garantire lo svolgimento senza ostacoli economici delle operazioni di verifica ed accertamento rese necessarie dalla pendenza della procedura concorsuale. Proprio per questo la norma non prevede un indice fisso, bensì una «forbice» fra il 20 ed il 50% delle spese «che si presumono necessarie per l'intera procedura». In tale espressione rientrano certamente i compensi del commissario giudiziale e dello stimatore, le spese di pubblicazione e trascrizione del decreto di apertura della procedura, i costi di notificazioni e comunicazioni, contributo unificato e registrazione del decreto di omologazione. Si ritiene, invece, che non debbano essere conteggiate le spese relative alla fase di esecuzione della procedura e, per i concordati in continuità, le spese di funzionamento dell'impresa, non essendo strettamente collegate ai costi di giustizia della procedura. Va notato che la Corte costituzionale ha giudicato legittima la disposizione, reputando che la stessa non violi l'art. 24 Cost. in quanto non assimilabile alla cautio pro expensis che precludeva l'accesso a taluni rimedi processuali o impugnatori (Corte Cost. n. 3/1969) e neppure sia contraria al principio di uguaglianza ex art. 3 Cost., non risultando irragionevole distinguere fra imprenditori che hanno una liquidità sufficiente al suo versamento da chi ne è del tutto privo (Corte Cost. n. 2991/1994). Il S.C. ha osservato che il termine fissato dal tribunale, ai sensi dell'art. 163 l. fall., per il deposito della somma che si presume necessaria per l'intera procedura ha carattere perentorio, atteso che la prosecuzione di quest'ultima richiede la piena disponibilità, da parte del commissario, dell'importo a tal fine destinato e questa esigenza può essere soddisfatta soltanto con la preventiva costituzione del fondo nel rispetto del predetto termine, da considerarsi quindi improrogabile, con conseguente inefficacia del deposito tardivamente effettuato (cfr. Cass. I, n. 8100/2016; nello stesso senso anche Cass. n. 20667/2012). In ordine alle conseguenze dell'omesso deposito, si è precisato che tale circostanza innesta, attraverso l'informativa del commissario giudiziale al tribunale, il subprocedimento di revoca dell'ammissione a quella procedura, ex art. 173 l. fall., che si articola in due fasi: la prima, necessaria ed officiosa, nel corso della quale il tribunale verifica la sussistenza dei requisiti per l'adozione del provvedimento; la seconda, eventuale e ad impulso di parte, che può condurre alla dichiarazione di fallimento, ove ricorrano i presupposti di cui agli artt. 1 e 5 l. fall. (Cass. I, n. 18704/2016). Peraltro, Cass. I, n. 2234/2017, ha rilevato che non è autonomamente impugnabile il provvedimento con il quale il tribunale, a conclusione del procedimento ex art. 173 l. fall., non riconoscendo fondamento alla ragione di revoca dell'ammissione al concordato preventivo, definisce un conflitto insorto rispetto ad una mera fase endoconcordataria, senza decidere su diritti o status né incidere su di essi; la mancata impugnazione di detto provvedimento (che, nel caso di specie, non ha revocato il concordato in ragione del mancato deposito della cauzione di cui all'art. 163 l. fall.) non preclude, pertanto, la facoltà di proporre opposizione al concordato ex art. 180 l. fall. contestando i presupposti di omologabilità a contraddittorio pieno e con unicità della decisione finale. Proposte concorrentiLa riforma del 2015 ha introdotto nella disposizione in esame i nuovi comma 4 e 5, così riconoscendo per la prima volta la possibilità di avanzare proposte concorrenti nel concordato preventivo. La norma così novellata accorda ai creditori la facoltà di presentare una proposta di concordato preventivo concorrente con quella presentata dal debitore, ma non ha riconosciuto tale possibilità in via autonoma: l'iniziativa di ricorrere all'istituto del concordato preventivo per risolvere la propria crisi resta così in capo al solo debitore, pur se la nuova regola della «contendibilità» dell'impresa in crisi si è così arricchita di una possibilità in più per i creditori, non costretti semplicemente a «prendere o lasciare» la proposta del proprio debitore. Peraltro, al di là degli scarsi finora utilizzi concreti dalla norma, la stessa ha un evidente effetto indiretto volto a stimolare il debitore a proporre sin da subito la migliore e più efficiente proposta di concordato, fra quelle astrattamente possibili, per il rischio che uno o più creditori insoddisfatti possano, altrimenti, promuovere a loro volta una proposta da porre concorrentemente al vaglio e gradimento dei creditori. La legittimazione non è riconosciuta in modo indiscriminato: l'art. 163, comma 4, l. fall. prevede infatti che legittimati a presentare la proposta concorrente di concordato preventivo siano i creditori che rappresentino almeno il 10% dei crediti complessivi, anche per effetto di acquisti successivi alla presentazione della relazione sulla situazione patrimoniale economica e finanziaria dell'impresa prevista dall'art. 161, comma 2, lettera a); non si è in tal modo accolta l'idea di consentire ai terzi in genere tale possibilità (ad es. a concorrenti dell'imprenditore in crisi non creditori dello stesso). La circostanza, invece, che si faccia riferimento alla situazione patrimoniale economico-finanziaria aggiornata e l'assenza di altri elementi, induce a ritenere che nel calcolo della percentuale rientrino anche i creditori privilegiati (così ad es. risulta legittimato un creditore ipotecario che superi il 10% dell'ammontare complessivo dei crediti, pur se irrilevante nella categoria dei chirografari). Il termine ultimo è fissato, poi, entro i trenta giorni che precedono l'adunanza dei creditori, ex art. 174 l.fall. Va ricordato, invece, che l'art. 163, comma 5, l. fall. prevede inoltre che la proposta dei creditori possa coinvolgere l'intervento di terzi e, se il debitore è costituito in forma di S.p.a. o S.r.l. possa essere attuata attraverso un aumento di capitale sociale, con esclusione o limitazione del diritto d'opzione dei soci della società debitrice. In base all'art. 165, comma 2, l. fall., il commissario giudiziale, assunti gli opportuni obblighi di riservatezza, fornisce ai creditori che presentano una richiesta, da lui giudicata congrua, le informazioni utili per la presentazione di proposte concorrenti, sulla base delle scritture contabili e fiscali obbligatorie del debitore e di ogni altra informazione rilevante in suo possesso: in questa norma risiede il punto di equilibrio tra riservatezza e necessaria circolazione di quelle informazioni atte a rendere effettiva la possibilità di presentare altre proposte di concordato, altrimenti esclusiva mente teorica, per i terzi creditori. Sempre per agevolare i terzi l'art. 163, comma 4, l. fall. prevede espressamente che la relazione di cui all'art. 161, comma 3, l. fall. possa essere limitata alla fattibilità del piano per gli aspetti non già oggetto di verifica da parte del commissario giudiziale e possa essere omessa qualora non ve ne siano di diversi. Se ritenuta ammissibile, la proposta concorrente viene sottoposta dal Tribunale ai creditori ed a tal fine il c.g. dovrà riferire circa le proposte pervenute e depositerà in cancelleria la relazione integrativa per poi comunicare ai creditori, almeno dieci giorni prima della loro adunanza, di prenderne visione. L'art. 175, ultimo comma, prevede che sono sottoposte alla votazione dei creditori tutte le proposte presentate dal debitore e dai creditori, seguendo, per queste ultime, l'ordine temporale del loro deposito. Il creditore proponente può votare soltanto se collocato in una classe autonoma: si tratta di un esempio di classamento obbligatorio previsto dall'attuale normativa. La proposta di concordato è ordinariamente approvata con la maggioranza dei voti ammessi e, in caso di classi, con l'ulteriore maggioranza per classi di voto. Quando sono poste al voto più proposte di concordato ai sensi dell'art. 175, comma 5, si considera approvata la proposta che ha conseguito la maggioranza più elevata dei crediti ammessi al voto; in caso di parità, prevale quella del debitore o, in caso di parità fra proposte di creditori, quella presentata per prima. Quando nessuna delle proposte concorrenti poste al voto sia stata approvata con le maggioranze di cui al primo e secondo periodo del presente comma, il giudice delegato, con decreto da adottare entro trenta giorni dal termine di cui al quarto comma dell'art. 178, rimette al voto la sola proposta che ha conseguito la maggioranza relativa dei crediti ammessi al voto, fissando il termine per la comunicazione ai creditori e il termine a partire dal quale i creditori, nei venti giorni successivi, possono far pervenire il proprio voto con le modalità previste dal predetto articolo. In ogni caso si applicano il primo e secondo periodo del presente comma Rare sono le applicazioni pratiche del nuovo istituto delle proposte concorrenti. Secondo Trib. Ancona, 26 novembre 2015, alla procedura di concordato preventivo introdotta con ricorso prenotativo ex art. 160, comma 6, l. fall. in data anteriore all'entrata in vigore della normativa di cui al d.l. n. 83/2015, convertito in l. n. 132/2015, deve ritenersi inammissibile la proposta concorrente depositata dal terzo nell'ambito di una procedura iniziata con ricorso prenotativo depositato in data 6 maggio 2015, proposta che potrà essere presa in considerazione solo nel caso in cui venga fatta propria e deliberata dal debitore. Sul termine ultimo entro il quale avanzare una possibile proposta concorrente: l'eventuale rinvio dell'adunanza dei creditori sortisce quale effetto lo spostamento del termine utile per la presentazione di proposte concorrenti da parte di soggetti a ciò legittimati, termine individuato dall'art. 163 l. fall. nel trentesimo giorno antecedente quello dell'adunanza dei creditori (Trib. Bergamo 28 gennaio 2016). Da ricordare anche Trib. Reggio Emilia, 28 giugno 2017, secondo cui La disposizione di cui all'art. 163, comma 5, l.fall., secondo la quale la proposta di concordato preventivo può prevedere l'intervento di terzi e, se il debitore ha la forma di società per azioni o a responsabilità limitata, può prevedere un aumento di capitale della società con esclusione o limitazione del diritto d'opzione, ha natura eccezionale e non può essere applicata al di fuori dell'ipotesi delle proposte concorrenti (nel caso di specie, il Tribunale ha dichiarato inammissibile la proposta di concordato preventivo ove le risorse funzionali all'esercizio della continuità aziendale avrebbero dovuto essere reperite mediante deliberazione di un aumento di capitale con esclusione o limitazione del diritto di opzione per i soci). Offerte concorrentiDi particolare interesse ed applicazione pratica frequente è stata, invece, l'introduzione dell'art. 163-bis l.fall. circa il necessario ricorso all'esperimento di procedure competitive per addivenire — in sinergia con quanto disposto al successivo art. 182 l.fall. — alla cessione di beni, diritti, attività aziendali successivamente al deposito del ricorso per l'ammissione al concordato. Più in particolare, mentre la novellazione dell'art. 163 l.f. in tema di proposte concorrenti persegue lo scopo di sottrarre al debitore l'assoluta egemonia sulla propria crisi, offrendo ai creditori (come si esprime la relazione accompagnatoria) “una possibilità ulteriore rispetto a quella di accettare o rifiutare in blocco la proposta del debitore”, l'art. 163-bis mira, piuttosto, ad escludere la praticabilità di concordati “chiusi” o “chiavi in mano”, nell'idea di fondo che la consultazione del mercato e la ricerca di potenziali offerenti ulteriori possa aumentare le chances di alienazione delle attività concordatarie a prezzi più favorevoli, così aumentando indirettamente la recovery offerta in concreto ai creditori. La norma in esame prevede che debba perciò procedersi ad una gara davanti al g.d. ogni qual volta la proposta di concordato “comprende una offerta da parte di un soggetto già individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore, anche prima dell'omologazione, verso un corrispettivo in denaro o comunque a titolo oneroso dell'azienda o di uno o più rami dell'azienda o di specifici beni”. Tale modulo procedimentale deve applicarsi, secondo il legislatore, anche nel caso in cui, invece di una proposta, ci si trovi di fronte ad un contratto stipulato dal debitore che comunque abbia la finalità del trasferimento non immediato dell'azienda, del ramo d'azienda o di specifici beni (si pensi al caso di un contratto preliminare); come pure nel caso in cui l'offerta proveniente da soggetto individuato o il contratto finalizzato al trasferimento riguardi l'affitto dell'azienda o di un suo ramo. Con una disposizione di chiusura particolarmente interessante, anche in chiave di ricostruzione in termini di concorsualità della stessa fase di concordato in bianco, la norma prevede altresì l'applicazione delle procedure competitive già a partire dal deposito del concordato prenotativo, di cui all'art. 161 comma 6 l.fall. (del resto è evidente che la necessità del ricorso a queste procedure di competizione sarebbe facilmente frustrata ove non si applicasse già nella fase preconcordataria, potendo altrimenti il debitore cercare di anticipare già in tale fase l'esecuzione di parti considerevoli se non dell'intero piano). Cosa si intende per procedura competitiva? La dottrina e giurisprudenza prevalenti ritengono che per potersi parlare di “competitività” debbano ricorrere le seguenti tre condizioni: a) deve trattarsi di una procedura pubblica, nel senso che qualunque soggetto potenzialmente interessato deve avere la possibilità di conoscere l'esistenza di un procedimento di selezione di interessati all'acquisto e poter accedere ai dati indispensabili per poter formulare un'offerta o proposta consapevole ed attendibile (il che sottende l'esigenza di diffusione dei bandi od avvisi di gara o selezione mediante i più diversi strumenti tradizionali o telematici, anche in attesa della prossima costituzione del portale ministeriale delle vendite previsto dall'art. 490 c.p.c.); b) il bene o l'azienda oggetto di cessione debbono essere sottoposti a preventiva “stima” ad opera di un soggetto indipendente rispetto al debitore/proprietario del bene da cedere, sia a garanzia della pienezza di informativa per qualunque terzo interessato, sia a tutela dello stesso acquirente in ordine alla piena comprensione di ciò che sta acquistando (se conforme o difforme a prescrizioni urbanistiche, sottoposto o meno a vincoli paesaggistici, gravami, se di valore superiore o meno rispetto all'eventuale offerta già pervenuta, ecc...); c) deve sussistere una possibilità effettiva di gara fra gli eventuali interessati (si ritiene ad esempio che il sistema delle c.d. “buste chiuse” senza rilancio non ottemperi ai requisiti di trasparenza e possibilità di reale competizione che sta alla base delle nuove norme). Il decreto che dispone l'apertura del procedimento competitivo stabilisce le modalità di presentazione di offerte irrevocabili, prevedendo che ne sia assicurata in ogni caso la comparabilità, i requisiti di partecipazione degli offerenti, le forme e i tempi di accesso alle informazioni rilevanti, gli eventuali limiti al loro utilizzo e le modalità con cui il commissario deve fornirle a coloro che ne fanno richiesta, la data dell'udienza per l'esame delle offerte, le modalità di svolgimento della procedura competitiva, le garanzie che devono essere prestate dagli offerenti e le forme di pubblicità del decreto. Lo stesso decreto, inoltre, dispone la pubblicità sul portale delle vendite pubbliche di cui all'articolo 490 c.p.c. (che può naturalmente essere integrata da forme pubblicitarie aggiuntive) e stabilisce l'aumento minimo in caso di gara fra più offerenti. Questione assai dibatutta concerne proprio la comparabilità, che naturalmente costituisce un presupposto affinchè la gara possa svolgersi in modo effettivo. Questo spiega la possibilità di introdurre modifiche alle condizioni di cessione del bene da parte del tribunale e la regola per cui le offerte non sono efficaci se non conformi a quanto previsto dal decreto e, in ogni caso, quando sottoposte a condizione. Una prassi diffusa ritiene che l'inutile svolgimento delle fasi di pubblicità e gara consentano, in caso di mancanza di offerenti, di “ripescare” l'offerta originaria, che pur sempre rappresenta — salvo il caso in cui la stessa appaia iniqua rispetto ai reali valori del bene — un'opportunità per i creditori concordatari. Si ritiene che proposte fondate su offerte inique o che appaiono aprioristicamente incomparabili o tali da impedire una reale possibilità di ricerca di competitors (si pensi all'offerta di pagamento del prezzo mediante integrale scomputo dei canoni medio tempore pagati sino al momento tralsativo) debbano essere affrontati dal tribunale già con il decreto di cui all'art. 162 l.fall., invitando a formulare le conseguenti rettifiche o fornire i chiarimenti atti a superare un possibile profilo di inammissibilità della stessa proposta. Di grande interesse anche la disposizione che impone al debitore di modificare la proposta e il piano di concordato in conformità all'esito della gara. È inoltre previsto che nel caso in cui la gara si risolva a favore di un soggetto diverso da colui che ha presentato l'offerta iniziale, quest'ultimo sarà liberato dalle obbligazioni eventualmente assunte nei confronti del debitore e in suo favore il comm. giud. può disporre il rimborso delle spese e dei costi sostenuti per la formulazione dell'offerta, ma entro un limite massimo del 3% del prezzo in essa indicato. Deve ritenersi che questo indennizzo dia luogo ad un credito prededucibile. A testimonianza del forte impatto pratico dell'art. 163-bis l.fall. si pone un gran numero di precedenti giurisprudenziali di merito, fra i quali non possono che segnalarsi quelli più recenti. Si è così affermato, in linea con quanto sostenuto nel testo che precede, che è inammissibile la proposta concordataria la quale preveda l'acquisizione dell'azienda da parte di un soggetto determinato, evitando, mediante l'attuazione di un complesso percorso contrattuale, la gara con altri potenziali acquirenti prevista dalla norma di carattere imperativo contenuta nell'art. 163-bis l.fall. (Trib. Brescia, 21 giugno 2018). Si è inoltre sostenuto che sotto il profilo degli effetti, la vendita competitiva di cui all'art. 163-bis legge fall., pur in assenza di un richiamo degli artt. da 105 a 108-ter legge fall. comporta: 1) gli effetti cd. purgativi di una vendita forzata (art. 108), eseguita con decreto di trasferimento del giudice o con atto notarile previa autorizzazione del giudice, in quanto i) fatta dall'autorità giudiziaria; ii) indipendentemente dalla volontà del debitore, in quanto soggetta a procedura competitiva, oltretutto soggetta all'aumento minimo del prezzo base; iii) nell'interesse del ceto creditorio e iv) con distribuzione del ricavato nel rispetto delle cause legittime di prelazione ai sensi dell'art. 2741 cc; 2) gli effetti liberatori dalla responsabilità dell'acquirente per i debiti sorti prima del trasferimento dell'azienda e risultanti dai libri contabili obbligatori (art. 105 l.fall.) (così Trib. Bolzano, 17 maggio 2016, secondo cui se alla gara non dovesse partecipare alcuno, oppure le offerte depositate, compresa quella dell'originario offerente, si dovessero ritenere inefficaci in quanto non conformi al decreto del tribunale oppure condizionate, il bene andrà comunque aggiudicato a colui il quale aveva fatto l'offerta originaria iniziale). Si è altresì ritenuto che la prescrizione dell'esperimento della procedura competitiva contenuta nell'articolo 163-bis l.fall. costituisce norma inderogabile destinata a regolare le vendite e le cessioni in ambito concordatario; da ciò consegue la necessità di modificare la proposta che si fondi essenzialmente su un'offerta di acquisto che preveda un termine di scadenza talmente ravvicinato da impedire la pubblicizzazione dell'offerta e l'espletamento della gara competitiva (Trib. Ravenna, 27 novembre 2015). BibliografiaAA.VV., Codice della crisi di impresa, diretto da F. 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