Codice Civile art. 1441 - Legittimazione.Legittimazione. [I]. L'annullamento del contratto può essere domandato solo dalla parte nel cui interesse è stabilito dalla legge. [II]. L'incapacità del condannato in istato di interdizione legale [32 c.p.] può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse. InquadramentoIl negozio annullabile è produttivo di effetti precari che i soggetti interessati possono eliminare o rendere definitivi e stabili (Tommasini, 7). Il mancato esperimento dell'azione di annullamento, la cui causa petendi è costituita dal vizio posto a base della domanda, non sana il vizio e non attribuisce definitività a tali effetti. Il potere di annullamento non è autonomamente cedibile, ma può costituire oggetto di rinunzia (Messineo, 476). È controverso se la facoltà di esercitare l'azione di annullamento sia subordinata alla possibilità di ripristino della situazione preesistente (in senso favorevole Cicala, Il negozio di cessione del contratto, Napoli, 1962, 122; in senso contrario Carresi, Il contratto, in Tr. C.M., 1987, 481). Parte della dottrina ritiene anche necessaria, per la proponibilità dell'azione di annullamento, l'esistenza, ai sensi dell'art. 100 c.p.c., di uno specifico interesse ad agire, consistente nell'esigenza di evitare un danno (Marini, Il contratto annullabile, in Trattato Roppo, IV, 349; Franzoni, Il contratto in generale, in Tr.Bes., XIII, 7, 389). In presenza dei presupposti della responsabilità precontrattuale, unitamente alla domanda di annullamento può essere proposta quella di risarcimento dei danni, nella misura dell'interesse negativo (Bianca, 633) Legittimazione attivaL'annullabilità è assoluta o relativa a seconda di chi abbia la legittimazione attiva. Di regola, questa è conferita a soggetti determinati (trattasi dell'ipotesi disciplinata dal comma 1 della norma in esame), ossia alle parti nel cui interesse la legittimazione è prevista dalla legge, ed allora l'annullabilità è solo relativa. Ma vi sono casi nei quali il potere di annullamento è riconosciuto a «chiunque vi ha interesse» (comma 2 della norma in esame), ed allora si tratta di annullabilità assoluta (artt. 117, 591, 624 c.c.). Parte della dottrina ha colto, a fondamento della distinzione, la diversa natura dell'interesse considerato, che sarebbe negoziale nell'annullabilità relativa ed estraneo al negozio in quella assoluta, con rilevanti conseguenze anche in ordine alla convalidabilità ex art. 1444 c.c. (Piazza, La convalida nel diritto privato, Napoli, 1983, 157). In ogni caso, il vizio che inficia il negozio, rendendolo annullabile, non può essere rilevato d'ufficio dal giudice, ma necessita dell'iniziativa della parte interessata, la quale, per dedurlo, non deve utilizzare forme speciali, essendo sufficiente che esponga nelle proprie difese gli argomenti di fatto e di diritto, da cui possa dedursi la sussistenza del vizio medesimo (Cass. II, n. 1910/1985; Cass. III, n. 3436/1969). Il potere di annullamento si trasmette al successore a titolo universale, ma non al legatario (Cass. II, n. 1683/1983), salvo che l'azione di annullamento appaia funzionale al recupero del bene o dei diritti patrimoniali trasferiti con la disposizione a titolo particolare (Cass. II, n. 4122/1975). Solo in alcuni casi (es., artt. 322, 323, 377, 388, 396, 427, 428, 775 c.c.), l'annullabilità può essere fatta valere anche dagli aventi causa che abbiano acquistato la medesima situazione giuridica in precedenza trasferita con il contratto impugnabile o un altro diritto incompatibile o in conflitto con gli effetti dell'atto viziato. Nell'ipotesi di incapacità legale il contratto può essere impugnato dal rappresentante legale o anche personalmente dall'incapace; tuttavia, l'esigenza di tutela dell'incapace richiede comunque l'intervento del rappresentante legale o, in mancanza, di un curatore speciale o di un protutore (Bianca, 630). Nel caso, invece, di annullabilità del contratto per incapacità naturale, la legittimazione attiva spetta all'incapace, ai suoi eredi o aventi causa. Qualora sia integrato un vizio del consenso, la legittimazione attiva spetta alla parte il cui processo di formazione della volontà sia stato alterato dal vizio. Nel caso di annullabilità del contratto concluso dal rappresentante per vizi del consenso (art. 1390 c.c.), per conflitto di interessi (art. 1394 c.c.) o per la realizzazione della figura del contratto con se stesso (art. 1395 c.c.), legittimato attivo a proporre la domanda di annullamento è il rappresentato (Messineo, 476). L'azione di annullamento, inoltre, può essere esperita anche da chi è membro di una parte complessa (Bianca, 631), sempre che il riferimento alla parte complessa non sia indicativo di un gruppo collettivo (sociale, condominiale, ecc.), considerato dalla legge come tale. Infatti, nei c.d. gruppi organizzati la legittimazione ad agire spetta agli organi competenti ovvero, qualora non esistano, deve essere autorizzata nel rispetto del principio collegiale (Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, 847). Nei gruppi non organizzati, invece, i cui componenti costituiscono una parte complessa, l'annullamento elimina gli effetti del consenso prestato dal membro che rientrava nella parte complessa, con la conseguenza che il contratto rimane privo di efficacia (secondo la logica di cui agli artt. 1419 e 1446 c.c.), se era essenziale il consenso di tutti, mentre, in caso contrario, rimane soltanto parzialmente travolto: in quest'ultima ipotesi, gli altri membri che rimangono vincolati al contratto potrebbero essere costretti a effettuare restituzioni anche indesiderate nei confronti del soggetto il cui vincolo è stato travolto, subendo pertanto il rischio dei vizi che inficiano il consenso di quel soggetto (Sacco, De Nova, in Tr. Res., 1988, 490). Con specifico riguardo all'annullamento per interdizione legale, l'incapacità opera in via singolare come sanzione accessoria, e non come misura di protezione del soggetto incapace, il che spiega l'attribuzione a chiunque vi abbia interesse della legittimazione ad agire, ad esclusione dello stesso soggetto incapace (Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, 846). Altre ipotesi in cui la natura degli interessi giustifica la legittimazione assoluta si riscontrano con riguardo al matrimonio e al testamento. Secondo la giurisprudenza, l'azione di annullamento di un negozio per incapacità naturale (art. 428 c.c.) può essere proposta anche da uno solo dei coeredi dell'incapace, ancorché in contrasto con gli altri, senza che ciò comporti un frazionamento dell'azione, con conseguente caducazione soltanto parziale del negozio: l'incapacità naturale investe, infatti, l'atto nella sua interezza per ogni conseguenziale effetto, sicché esso non potrebbe essere contemporaneamente valido per taluni soggetti ed invalido per altri (Cass. II, n. 2858/1993); inoltre, non è legittimata a proporre la domanda di annullamento la controparte che intenda far prevalere le proprie ragioni su quelle del presunto incapace naturale (Cass. I, n. 3456/2015). Per quanto attiene ai contratti stipulati dalla P.A., in linea di principio deve ritenersi che le irregolarità relative al procedimento di formazione della volontà dell'ente pubblico possano essere dedotte, ai fini dell'annullamento del contratto, solo dalla stessa P.A. (Cass. I, n. 21019/2006; Cass. III, n. 7529/1991), salvo che lo svolgimento della gara d'appalto abbia integrato gli estremi del reato, in caso contrario consentendosi che il reato venga portato ad ulteriori conseguenze (Cass. I, n. 23025/2011). Si è, poi, precisato che, nei contratti di diritto privato stipulati da un ente pubblico, la volontà negoziale — i cui vizi possono essere fatti valere dall'ente medesimo a norma dell'art. 1441 c.c. — deve essere tratta unicamente dalle pattuizioni intercorse tra le parti contraenti e risultanti dal contratto tra le stesse stipulato, mentre le deliberazioni dei competenti organi dell'ente hanno rilevanza ai soli fini del procedimento formativo della volontà di uno dei contraenti (Cass. I, n. 13301/2018) Legittimazione passivaLa legittimazione passiva spetta invece alla controparte contrattuale o al suo erede, ove si tratti di contratto, e a colui al quale dal negozio deriverebbero effetti giuridici, ove si tratti di negozio unilaterale o atto di altro tipo (Messineo, 477; Tommasini, 9). È controverso, in giurisprudenza, se sussista la legittimazione passiva del fiduciante: secondo la tesi prevalente, sussisterebbe la legittimazione del fiduciante, in considerazione del carattere apparente dell'intestazione in capo al fiduciario, il quale non rivestirebbe la qualità di litisconsorte necessario (Cass. S.U., n. 7186/1993). Il destinatario di un atto negoziale unilaterale, qualora vi ravvisi un vizio che ne comporti l'annullabilità, non può tuttavia respingerlo, impedendo che la fattispecie produca i suoi effetti: invero, il negozio unilaterale annullabile è comunque produttivo di effetti e il destinatario dell'atto, per un verso, non è legittimato a farne valere l'annullamento e, per altro verso, non può arbitrariamente inibire la produzione di tali effetti. Piuttosto, può invitare l'autore del negozio a confermare il negozio o a risolverlo consensualmente (Carresi, Oneri e obblighi delle parti nel processo di formazione del negozio giuridico, in Foro pad. 1948, I, 806; contra Nicolò, Il controllo sulle condizioni di validità di una dichiarazione negoziale da parte del suo destinatario, in Foro it. 1948, I, 560). Secondo un'altra tesi, il destinatario di una dichiarazione negoziale unilaterale annullabile può interpellare il suo autore circa l'intenzione di avvalersi dell'azione di annullamento; ove al silenzio della parte interpellata e legittimata a chiedere l'annullamento faccia seguito l'esercizio dell'azione di annullamento, il destinatario può, in relazione alle circostanze, invocare il risarcimento dei danni, configurandosi nella condotta del legittimato un abuso del diritto sanzionabile sotto il profilo della cd. Verwirkung (Cian, Tutela della controparte di fronte all'annullamento o alla ratifica del negozio, in Riv. dir. civ. 1973, I, 562, secondo il quale, peraltro, un potere di rigetto degli effetti del negozio unilaterale da parte del destinatario esiste quando questi riceva una dichiarazione di un rappresentante che non voglia o non possa documentare la propria legittimazione) Annullabilità parzialeL'annullabilità parziale riguarda, soggettivamente, il vincolo del partecipante nel contratto plurilaterale; oggettivamente, il vizio che infici una singola clausola negoziale. Il primo profilo è regolato dall'art. 1446 c.c. Quanto al secondo, la dottrina, argomentando dall'art. 1419 c.c., ammette la figura dell'annullabilità parziale, sostenendo che tale possibilità presuppone che il vizio attenga esclusivamente a clausole accessorie o secondarie ovvero che il contratto sia scindibile (Tommasini, 9; Gentili, La risoluzione parziale, Napoli, 1990, 85). In dottrina, si è poi ritenuto che l'annullabilità parziale può riguardare le sole ipotesi in cui il contratto sia affetto da vizi del consenso, ma non da incapacità, poiché in tale ultimo caso il vizio si estenderebbe al contratto nella sua interezza (Criscuoli, La nullità parziale del negozio giuridico, Milano, 1959, 269). A ciò si è obiettato che possono esservi delle fattispecie negoziali in cui la rappresentanza del genitore o del tutore o l'assistenza del curatore siano richieste solo con riferimento ad una frazione del contratto, con la conseguenza che il vizio che ne discende potrebbe colpire solo alcune clausole negoziali (Gentili, cit., 91). Il vizio della volontà parziale (solo su una parte del contratto) e determinante (del consenso su tale parte), che giustifica la richiesta di annullamento delle singole clausole, non deve essere confuso con il vizio incidente (sul solo contenuto e non sul consenso), che ammette l'esercizio di una mera pretesa risarcitoria (Gentili, cit., 108). Secondo la giurisprudenza, anche per l'annullabilità parziale varrebbe il principio affermato in tema di nullità, secondo cui la conservazione del contratto costituisce la regola, mentre la propagazione degli effetti dell'invalidità della clausola all'intero contratto rappresenta un'eccezione, i cui presupposti devono essere provati dalla parte che invoca tale estensione. In particolare, si è sostenuto che, in base al principio utile per inutile non vitiatur, il giudice deve procedere, attraverso la valutazione della volontà delle parti, all'accertamento della scindibilità o meno del negozio per evitare, se possibile, la totale caducazione del rapporto a cagione del riscontrato vizio cui si ricollega l'annullabilità (Cass. II, n. 6609/1982). In sostanza, l'annullamento parziale del contratto è configurabile soltanto allorché occorre amputarne una parte, senza la quale i contraenti avrebbero egualmente raggiunto l'accordo, e non pure nel caso in cui occorrerebbe procedere, da parte del giudice, ad adeguamenti e rettifiche delle complessive prestazioni al fine del loro riequilibrio (Cass. III, n. 6935/1982). È stato altresì ammesso l'annullamento parziale del contratto per incapacità legale, attinente alla sola parte del contratto che indica la persona dell'incapace, allorché ne faccia richiesta lo stesso soggetto in precedenza incapace, ritenendo la soluzione conforme ai propri interessi e purché non ne derivi alcun pregiudizio per la controparte (Cass. VI-III, n. 12117/2014) Profili processualiL'azione di annullamento, se accolta, comporta una sentenza di natura costitutiva, la cui pronuncia non può essere chiesta per la prima volta in appello (Cass. II, n. 3356/1993; Cass. II, n. 2273/1980). A seguito del passaggio in giudicato di tale pronuncia, il negozio colpito dalla declaratoria di annullamento non è più giuridicamente rilevante. Gli effetti della pronuncia retroagiscono sino al momento della conclusione del negozio (cfr., peraltro, la particolare regola dettata dall'art. 2126, comma 1 c.c., con riguardo all'annullamento del contratto di lavoro) e comportano il ripristino della situazione di fatto e di diritto preesistente al negozio annullato (Cass. sez. lav., n. 6756/1995), con le restituzioni delle prestazioni eseguite, che dovranno avvenire secondo le regole sulla ripetizione dell'indebito (Cass. II, n. 715/2018), e sempre che vi sia apposita e tempestiva domanda rivolta ad ottenere tali effetti ripristinatori (Cass. II, n. 4143/2012). L'effetto retroattivo comporta, ad es., che, in caso di annullamento del contratto definitivo, si verifica la reviviscenza del contratto preliminare e delle obbligazioni con questo assunte, sicché rispetto a quest'ultimo è esperibile l'azione di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. (Cass. II, n. 1395/1998). Inoltre, nel giudizio introdotto da una domanda di annullamento del contratto il giudice può rilevare d'ufficio la nullità del contratto stesso, senza incorrere nel vizio di ultrapetizione (Cass. II, n. 21418/2018; Cass. S.U., n. 26242/2014). Qualora, invece, la parte deduca un vizio del contratto che ne consenta soltanto l'annullamento, ma chieda, tuttavia, di dichiararlo radicalmente nullo, non viola il principio di cui all'art. 112 c.p.c. il giudice che si limiti ad annullare l'atto, trattandosi di semplice adeguamento riduttivo della pronuncia al fatto accertato (Cass. sez. lav., n. 15981/2007; Cass. I, n. 11157/1996). Proposta domanda di annullamento per una certa causale, costituisce però domanda nuova, e come tale inammissibile, la richiesta di annullamento avanzata in corso di causa per altro vizio (Cass. II, n. 698/2016). Infine, incombe su chi afferma il motivo di annullamento, sia questi l'attore o chi lo oppone in via di eccezione, l'onere di darne la prova.. 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